Caro Pruun,
tu dici che non "ci prendiamo".
Secondo me, non ci capiamo.
Io ho ripetuto certi concetti diecimila volte, ma mi pare che ancora non sono riusciti a chiarirli.
Che a me non interessi la tecnica vocale in funzione dell'interpretazione è assolutamente falso.
E spero di non doverlo ripetere ancora, perché la tastiera del mio pc si rifiuterebbe di scriverlo un'altra volta.
Il canto (come la recitazione) sono importantissimi, perché sono lo strumento dell'interpretazione.
Non è possibile distinguerli, è semplicemente illogico.
Pruun ha scritto:quella pazzia non mi è piaciuta perché l'opera, per me, parte sempre dal canto.
MA ANCHE PER ME!!!!
E' da quando abbiamo aperto questo forum che lo ripetiamo!
E' il canto (in quanto strumento dell'interpretazione e solo in quanto tale) che permette di arrivare all'unico fine possibile di un interprete d'opera, che resta solo ed esclusivamente quello di ...interpretare un'opera!!!
E' proprio sul canto che io ammiro la Dessay come Lucia.
Perché è il canto che le permette di giungere ai risultati espressivi che ottiene.
Naturalmente anche la recitazione.
A me fa specie che parlando di interpreti d'opera si continui a citare il canto come loro unico mezzo espressivo.
E' falso e anti-storico.
L'opera è nata come genere teatrale e musicale, non come genere musicale.
Fin dal 600 gli interpreti d'opera hanno sempre recitato e cantato, non solo cantato.
Quindi nella valutazione di un'interpretazione si dovrà considerare sia ciò che si vede (la recitazione), sia ciò che si sente (il canto).
L'interprete deve essere attore esattamente come deve essere cantante.
Il fatto che la Dessay, oltre che cantare, sappia anche recitare (proprio come la Malibran o la Pasta o la Ungher o la Schroder-Devrient e le altre grandi dive romantiche), non è certo un difetto.
(oddio... lo è nella misura in cui ci dimostra quanto pessime sono state come attrici alcune Lucie da noi idolatrate!)
Quindi, tornando a noi, il canto (E LA RECITAZIONE) sono gli strumenti con cui un interprete d'opera si esprime.
Una frase come quella che tu hai scritto (e la cito)
Il canto per me viene prima di tutto ed è DAL canto che nasce l'interpretazione, non NONOSTANTE il canto.
una frase come questa, ripeto, è logicamente assurda.
L'interpretazione operistica non può nascere NONOSTANTE il canto, come non può nascere NONOSTANTE la recitazione.
Se uno canto o recita male, non può essere interprete, perché l'interpretazione giunge a noi attraverso segni sonori e visivi: se non sai gestire i segni sonori e visivi, non potrai nemmeno interpretare.
Ma è vero anche il contrario.
Ossia se c'è interpretazione, allora (che ti piaccia o meno) vuol dire che c'è anche canto ad alto livello, proprio perché tale interpretazione non può che estrinsecarsi dal canto (e dalla recitazione).
Io ancora non capisco perché tu ed altri continuiate a trattare il canto e l'interpretazione come cose diverse.
E' logicamente assurdo.
Tu cosa diresti se io, a proposito di un oratore, affermassi:
"quello non sa parlare, però che grande oratore che é!"
Diresti che sono pazzo! Uno che non sa parlare non può essere un grande oratore.
Se mi è parso un grande oratore, vuol dire che sa parlare.
Allo stesso modo, se io ti dicessi: "quello sì che sa parlare bene! Però non si capisce nulla!"
ancora una volta tu mi guarderesti come se fossi scemo.
Infatti se un oratore non fa capire nulla di quel che vuol dire, significa che non sa parlare bene!
Non si giudica, non si può giudicare, l'eloquenza di un oratore, prescindendo dal FINE PER CUI PARLA!!!
Ciò di comunicare concetti.
Così non si giudica un interprete d'opera, prescindendo dal fine, dalla ragione per cui è lì, su un palcoscenico, vestito come uno stupido, a lanciare versi a bocca aperta: OSSIA INTERPRETARE UN'OPERA!
Quindi per tornare a noi la precisazione che non si interpreta NONOSTANTE il canto è lapalissiana.
E' ovvio che non si interpreti nonostante il canto, perché il canto (e la recitazione) sono i mezzi attraverso i quali un interprete d'opera estrinseca la sua interpretazione.
Se mai può essere vero il contario: che si possa cantare nonostante l'interpretazione (come si può parlare per ore senza comunicare un picchio!).
ma questo significa semplicemente fallire in modo miserabile il fine stesso per cui esiste l'interprete d'opera, che è (lo ripeto ancora) INTERPRETARE UN'OPERA.
Quindi se "interpretare NONOSTANTE il canto" è logicamente impossibile, "cantare NONOSTANTE l'interpretazione" è il peggiore dei fallimenti.
C'è solo un fine per l'interprete d'opera: ed è INTERPRETARE L'OPERA.
E c'è solo un mezzo per farlo: cantando e recitanto.
Ogni altra considerazione non esiste.
E PUNTO lo dico io!
Ovvio... c'è canto e canto, e c'è autore e autore.
Bene, per me Donizetti, per quanto sia grande l'artista che ci sta dietro, non può, non può mai prescindere dal canto.
In base a quanto si è detto prima, questo discorso vale per qualsiasi compositore d'opera.
Il canto (e la recitazione, non dimenticarla, perché è importante esattamente quanto il canto) è lo strumento per qualsiasi opera, non certo per Donizetti soltanto.
La Dessay, perdonami, questo lo fa:
A me invece pare che la Dessay, perdonami, canti per le due ore della sua parte.
E mi piacerebbe che ragionassimo un po' su quelle due ore, invece che perdere tutto questo tempo e queste energie su di un urlo.
Evidentemente l'urlo sta molto a cuore a te!
Come dimostra il fatto che l'80 per cento del tuo post è dedicato a quello!
Però non capisco perché alle prese con il repertorio italiano debba ricorrere a questi mezzucci, come l'urlo (se lo facesse scappare nel repertorio francese una cosa del genere.... ma qui si cade nello sciovinismo e sto facendo un processo alle intenzioni): quell'urlo, caro Mat, non è giustificato da niente, né dal momento musicale, né dall'interpretazione, né dalla partitura... da NIENTE!
Non ci sta. Punto. E per me la dessay ha toppato nell'inserirlo. PUNTO. (IMHO sempre, ovvio)
L'emotività non va a comando, tu lo sai, ed è vero che il canto non è tutto soggettivo o oggettivo.
Riconosciamo, quindi oggettivamente, che quell'urlo è un'aggiunta della Natalie, ok?
Bene quest'aggiunta non mi trasmette proprio nulla, ma nulla nulla....anzi, mi sembra come quelle attricette da 4 soldi che per voler strafare in scena... alla fine non commuovono ma fanno ridere.
E mi spiace, mi spiace perché è un'artista che stimo.
Ma non in Lucia, non i questa Lucia, almeno.
Anche perché c'è un problema pratico: l'urlo stressa le corde vocali... innegabile, no?
Ed ecco uno "Spargi d'amaro pianto" francamente improponibile, urlato anch'esso,
Ha carisma, è vero, ma è un carisma che agisce in maniera così avulsa dall'aspetto musicale che non mi tocca.
Lucia è la mia opera preferita, ne ho almeno un centinaio a casa e quando posso me la vado a vedere a teatro... sono il primo cui farebbe piacere un'angolatura di lettura nuova. Ma non questa: sembra di ritornare alle intemperanze di sessant'anni fa (frasi aggiunte ecc).... dove è moderna questa esecuzione?
E poi quando sembra che stai per rivelarci cosa davvero non ti è piaciuto della Lucia della Dessay (una delle peggiori della Storia...) eccoti ancora all'attacco!
Tanto per dirtene una: la Dessay avrebbe potuto benissimo non emettere l'urlo, emettere un urlo muto a quel punto della pazzia (sta su youtube se vuoi renderti conto del momento scenico) allora l'avrei trovata un'interpretazione personale (anzi, per me ancora più terrificante e inquietante) ma rispettosa dei valori musicali.... prescindendo da quelli... per me si fallisce a priori... soprattutto nel belcanto romantico, dove (tu lo sai meglio di me) non c'è più l'astrazione del belcanto, ma non c'è nemmeno il verismo... (fermo restando che anche in quello sopporto cordialmente le frasi che dovrebbero essere cantate e normalmente si parlano)
Insomma, pare che quell'urlo sia stato in grado di far sparire tutto il resto.
Allora, ok! Parliamo dell'urlo.
Questa discussione mi ricorda (scusami lo svolazzo autobiografico) quando andai con mia nonna a vedere l'Aida di Ronconi alla Scala (con Pavarotti, che a me sembrò quasi altrettanto insopportabile come Radames che come idomeneo).
La regia di Ronconi era semplicemente uno strazio.
Ma ciò che scandalizzò mia nonna era il fatto che durante la scena del bagno di Amneris e delle sue ancelle, qualche figurante aveva il seno scoperto.
Tutto il resto della regia non stava in piedi, ma a mia nonna questo non interessava.
Lei ce l'aveva con quelle tette al vento!
E quando si parlava dell'Aida di Ronconi (anche vent'anni dopo) si finiva sempre li! le tette al vento!
Perdonami Pruun,
ma tu con l'urlo della Dessay mi ricordi molto mia nonna con le tette di ronconi (ok, ok, ...non erano proprio le sue!).
Anche i concetti sono simili.
Anche lei diceva "ma cosa le giustifica quelle tette? sono nello spartito? sono nel libretto? sono autorizzate dalla prassi esecutiva? Forse che ai tempi di Verdi ai teatri d'opera si mostravano le tette delle donne?
No! Questi sono solo mezzucci per interessare il pubblico che vuole solo vedere le donne nude! Questa non è arte! Questa non è l'opera! ecc... ecc..."
Ora, premetto che ho detestato quell'Aida di Ronconi.
Ma trovavo e trovo assurdo che tutta la critica debba concentrarsi su un aspetto tanto insignificante come un paio di figuranti che mostrano il seno.
Tra l'altro mi sembrava una cosa perfettamente naturale (siamo in un bagno!), che non disturbava.
E poi erano belle tette! Sode e ballonzolanti il giusto!
Quanto al fatto che ai tempi di Verdi non si facessero, pazienza!
Ai tempi di Aida non si usava nemmeno la luce elettrica per illuminare il palcoscenico.
Allo stesso modo, quell'urlo della Dessay - se anche mi fosse dispiaciuto - non sarebbe stato in grado (per me) nè di salvare l'interpretazione della Dessay, nè di affossarla.
E' solo un urlo, vivaddio! Ci sta per qualche secondo...
Non si diventa bravi cantanti perché si caccia un urlo!
Ma soprattutto, caro il mio Pruun, non si diventa la peggiore Lucia della storia perché si caccia un urlo.
E tuttavia, visto che stiamo parlando di quell'urlo, ti dirò perché non mi è dispiaciuto.
Intanto, noi non sappiamo se nell'ottocento i cantanti urlassero o no.
C'è una cosa che mi ha sempre stupito del Belisario.
L'opera si conclude, come sai, con una cabaletta isterica e visionaria della protagonista, la matrona Antonina.
Terminata la cabaletta, Donizetti - prima di far calare il sipario - lascia tante battute senza la voce, unicamente affidate al coro e all'orchestra. La didascalia del libretto (riportata anche dallo spartito) dice chiaramente che durante quelle battute Antonina deve lanciare "un urlo acutissimo" e precipitare al suolo.
La Gencer, ovviamente, non urla. In compenso lancia un re sopracuto (QUELLO SI' NON SCRITTO) che tiene per circa mezz'ora!
Il finale del Belisario mi fa pensare che anche nell'800, quando era il caso, i cantanti urlassero; altrimenti non si capisce quella didascalia che richiede espressamente un urlo, mentre la musica non prevede alcun intervento "vocale" del cantante.
Questo lo dico non perché voglia giustificare filologicamente l'urlo della Dessay!
Non me ne frega un emerito... niente che sia giustificato o meno!
Lo dico solo perché prima di affermare il contrario, dovremmo esserne assolutamente certi.
Altra cosa: tu affermi che quell'urlo è anti-musicale e anti-teatrale.
Ebbene, questo proprio non sta in piedi.
Puoi dire che non è un suono "carino" e belcantistico; puoi dire che è anti-canoro (nel senso che non rientra nel vocabolario sonoro del canto classico), puoi anche dire (ma su questo ci sarebbe da discutere) che è anti-stilistico e anti-storico.
Ma non puoi dire che è anti-musicale o anti-teatrale.
La sua collocazione è totalmente musicale (non ho bisogno di Youtube perché ho in video tutta la scena della pazzia).
Cade nel tempo di mezzo, in un momento che fra l'altro al pubblico di oggi (abituato a subirne- ahimè - il taglio) risulta lungo e inconcludente.
E cade in una nota ben precisa: proprio quando l'orchestra raggiunge il climax tonale, prima di placarsi sul piacevole tema della cabaletta.
Ecco, il tema della cabaletta è bellissimo, ma può (dico solo che può) risultare oggi fin troppo "grazioso" in rapporto al momento spaventoso che sta descrivendo.
L'urlo di rivolta di Lucia, che rifiuta di ascoltare il fratello e di calarsi fra gli uomini, la sua fuga al lato opposto del palcoscenico, e quindi il sorriso dissociato di chi VUOLE restare fuori dalla realtà, giustifica perfettamente la gioiosa gradevolezza (sinistra e terribile a questo punto) della cabaletta, il suo uscire dal mondo.
Sentire da quell'esplosione rabbiosa (sull'accordo del climax, lo ripeto) emergere la delicata e saltellante melodia della cabaletta produce un effetto musicalmente portentoso.
E dal punto di vista teatrale esalta proprio lo scollamento fra la realtà rifiutata (l'incontro col fratello) e la fuga nel delirio salvifico e nella morte (la cabaletta).
Ricapitolando, quell'urlo potrà anche essere (come le tette di Ronconi) irritante, fuori della tradizione, anti-belcantistico (ma ne siamo sicuri?), però è IPER-TEATRALE (in quanto serve a sviluppare una poderosa dinamica patologica con la cabaletta) e IPER-MUSICALE, perché è collocato proprio nell'accordo che tende a una tensione tonale e cadenzale, in preparazione alla cabaletta.
Ben diverso (e inutile) è l'urlo della Sills su "va, la morte sul capo discende" del Devereux: quello sì non significa niente.
Ben diversa (e inutile) è la risata demente (in tutti i sensi) della Caballé nella cabaletta della Lucrezia Borgia.
Questi esempi (di urla davvero idiote, a differenza di quella della Dessay) li cito solo per dimostrarti che sarebbe ora di finirla con le banalità su come "si faceva sessant'anni fa".
Sessant'anni fa, nessuna Lucia avrebbe mai urlato...
Poi, intendiamoci, io sarei al tuo fianco nell'affermare che non si può fare della Dessay sia una grande Lucia in virtù di quell'urlo. Sarebbe sciocco.
Ma lo è anche affermare che la Dessay è una delle peggiori Lucie della storia per colpa di quell'urlo.
Bene, ora che abbiamo sviscerato il problema dell'urlo, io mi chiedo come mai non abbiamo detto neanche una parola dei colori variegatissimi esibiti dalla Dessay durante "il dolce suono".
Perché non abbiamo perso un secondo a proposito della narcotizzante sospensione ritmica di "ardon gli incensi", tenuto dalla liquidità del legato su un filo di fiato, striato di orrore.
O perché non abbiamo parlato dell'equilibrio sonoro difficilissimo con la glasharmonica, gestito divinamente dalla Dessay con quei vocalizzi della trasparenza di cristalli.
Non erano tutte questioni più interessanti dell'urlo?
E perchè (visto che l'opera si deve vedere e non solo ascoltare) non parliamo anche delle infinite proiezioni mimiche, di quegli sguardi smarriti e angoscianti, di quel guardarsi intorno incoerente e tenerissimo, di quel voler negare il sangue il cui odore la soffoca? Tutti gesti che (lo dico per inciso) sono integrati a ogni più piccolo suono provenga dall'orchestra, nascono e si sprigionano da essi, a dimostrazione che il vero interprete d'opera non prescinde mai dalla musica, proprio come la Dessay.
Siamo di fronte a una delle interpretazioni vocali e fisiche più elettrizzanti e tormentose che abbia mai visto.
Una delle poche (sia pure non al livello della Callas, ne convengo) che sappia dare a questa musica quei brividi di orrore misti di fragilità e dolcezza che Donizetti proprio voleva dare!
Brutta copia della Devia?
Scusami, Pruun, ma a costo di sembrarti villano, sono io che (per citarti) mi sbellico dalle risate!
Pensa che io non ho alcun dubbio a considerare la Lucia della Dessay superiore (ma di molto) alla stessa Sutherland, che con questi ruoli da romanticismo "nero" e da lacerazioni psicanalitiche non avrebbe mai dovuto impegnarsi (e che credo avrebbe irritato lo stesso Donizetti).
Altro che brutta copia...
Be' ok, scusa la lunghezza del post e salutoni!
Mat
PS: Bostridge sarà anche inadeguato a Idomeneo, ne convengo, eppure paragonarlo a Pavarotti è, per me, come paragonare la Sacher a un bombolone del barettino dietro casa!
Se Bostridge è inadeguato, Pavarotti come Idomeneo è semplicemente uno spasso: forse anche far ridere è un'arte!