l'argomento che avete introdotto è per me importantissimo e davvero affascinante.
Secondo me, l'errore di tutti noi è che pensiamo che da una parte ci sia l'oggettività e dall'altra la soggettività.
Eppure, secondo me, c'è un altro protagonista in questa disputa, che non è stato ancora tirato in ballo.
Esso non è nè oggettivo, nè soggettivo: sta in mezzo.
Ma andiamo per ordine.
beckmesser ha scritto:mi sembrava che le varie opinioni fossero state sviscerate in ogni piega in numerose altre parti, giungendo alla soluzione che ognuno resta sacrosantamente sulle proprie posizioni.
A parte il fatto che il tema, posto in questi termini, non mi pare sia stato davvero affrontato, quello che mi colpisce è che tu non ti sia accorto di quanto invece sono state utili quelle discussioni!
Certo... nessuno al mondo dichiarerà mai "hai ragione tu, sbagliavo io", ma non puoi fermarti a questo!
Io che sono costretto - dal mio immeritato ruolo di moderatore - a leggere TUTTI i post, ti posso assicurare che molte cose sono cambiate su Operadisc dopo quei dibatti appassionati...
Anche non considerando alcuni (pochi) irriducibili come l'amico PQYD ,
io ho colto in tanti partecipanti una diversa curiosità verso fenomeni vocali ostracizzati dalla nostra critica, un partecipare a discussioni con maggiore attenzione, un esprimere giudizi con diversa cautela, un interrogarsi più profondo, un alleggerire le posizioni, un aprirsi al confronto...
Sono sfumature, sia chiaro, ma che io noto benissimo.
In qualsiasi forum operstico da me frequentato in passato, sarebbe stato impensabile un thread bello e sfumatissimo, dai risvolti chiaramente "fenomenologici", come quello del rapporto spartito/interpretazione (e sto parlando di uno dei temi che da sempre scatenano il furore dei dogmatici).
Quindi non è vero (non è mai vero) che l'esito di una discussione sia quello di restare nelle rispettive posizioni: tutti ne traiamo occasione per una risistemazione delle nostre idee (anche solo a livello pulviscolare)anche se noi stessi siamo i primi a credere di non aver cambiato di una virgola delle nostre idee.
E ora veniamo al sodo.
Ho un cantante che emette un suono e ho diversi testi (diciamo il manuale di Garcia) che mi definisce quando un suono deve essere considerato ben immascherato. In questa situazione ho due elementi oggettivi il fatto che un cantante emetta un suono, e la definizione di suono immascherato data da Garcia. Ma decidere se quel tal suono rientri o meno nella definizione di Garcia (ammesso che mi interessi prendere una tale decisione...) non è nient’altro che una valutazione soggettiva,
Ed è qui che sbagli, secondo me.
Il suono "immascherato" (che è l'unico vero elemento oggettivo) esiste indipendentemente dal Garcia.
E' semplicemente un fatto fisico: è un suono che ha certe caratteristiche perché è emesso in un determinato modo.
Il Garcia ha solo dato una definizione.
A te non interessa capire se un suono è immascherato o no?
Padronissimo...
E' come dire che in musica non ti importa sapere se un tema è minore o maggiore, o se un ritmo è binario o ternario.
Si può godere della musica senza sapere distinguere queste cose...
Ok,
Ma non puoi dire che la definizione di ritmo ternario o di tema minore è affidata alla "soggettività".
Perché non è così.
E nemmeno la definizione di suono aperto o coperto è affidata alla soggettività: è un dato fisico e oggettivo.
Io e PQYD siamo capaci di scannarci (simpaticamente) sul giudizio che diamo di un suono immascherato, ma siamo assolutamente CONCORDI nell'identificarlo.
E ti dirò di più.
Se un membro del forum ora chiedesse "ma insomma, che cos'è un suono immascherato?" io non avrei nessuna difficoltà a farglielo spiegare da PQYD, che pure è il mio nemico!
Perché so che PQYD glielo spiegherebbe tecnicamente con gli stessi termini che userei io.
Il problema, il disaccordo, nasce non quando si analizzano i suoni, ma quando si dà un giudizio su di loro.
Il suono immascherato è bello o brutto?
Il suono immascherato è sbagliato, è giusto... o è l'unico giusto?
Non c'entra Garcia, c'entra il giudizio di valore che diamo ai suoni.
Ed è qui che interviene (in parte) il corto circuito paventato da Tucidide.
Se io stabilisco che un suono è bello PER ME, perchè il mio giudizio dovrebbe essere messo in discussione dagli altri?
E chi stabilisce che il giudizio di un altro possa considerarsi più giusto del mio?
Ora ti dirò, Tucidide, come la penso.
Premetto che io sono un relativista.
Ma non un relativista assoluto! un relativista relativo! (che goduria!)
Scusa, torniamo ai fatti.
Siamo partiti dicendo che un suono si può investigare in modo obiettivo: attraverso la sua matrice "fisica", sensibile e incontrovertibile.
la VALUTAZIONE del suono (bello, brutto, giusto, sbagliato, sensuale, frigido, ecc...) è sottoposta a:
1) il nostro personalissimo e indiscutibile gusto (i giudizi individuali)
2) le convenzioni mutevoli che, di epoca in epoca, hanno costituito il gusto del pubblico e le "grammatiche del canto" (i giudizi collettivi)
Questi due livelli di valutazione sono diversi, ma strettamente collegati fra loro.
Il giudizio individuale è sacro e insondabile: è il mattone che (insieme a tutti gli altri mattoni) forma il giudizio collettivo.
Tanti giudizi individuali formano il giudizio collettivo che però (questo è importante) a questo punto cammina con le sue gambe, prescinde dagli individui e diventa "scuola" o (se preferisci) tradizione.
Ti faccio un esempio.
Metti che domani un soprano emetta durante un'opera un suono strano, nuovo, particolare: ad esempio, un effetto "urlato" alla Mina!
Tutto il pubblico resterà di sasso: perché quel suono non è associato DA NESSUNO DI NOI al vocabolario canoro-operistico.
Un po' lo choc che dovette produrre Duprez quando cacciò nel Guglielmo Tell un bel do diesis di petto.
Di fronte a un caso come questo sono DETERMINANTI i giudizi individuali.
Io, magari, troverò quel suono assolutamente schifoso, per mie insondabili ragioni (magari perché da piccolo ho preso la scossa mentre sentivo un disco di Mina).
Tu invece lo potresti trovare bellissimo, per ragioni altrettanto insondabili (magari perché da piccolo hai mangiato il tuo primo cotechino in un ristorante dove tenevano da sottofondo la voce di Mina).
I nostri giudizi individuali sono entrambi assolutamente soggettivi e assolutamente indiscutibili.
Nessuno può dire a me che sbaglio; nessuno può dire a te che sbagli.
Però mettiamo che (sempre per loro insondabili ragioni) cinquecentomila persone apprezzino (proprio come te, anche se per ragioni diverse) la novità dell'effetto "Mina" nell'opera.
Tutti e cinquecentomila rappresenterete una "forza", che trascende i vari giudizi "individuali" e si configura come un "giudizio collettivo".
A questo punto del tuo ...cotechino non ce ne frega più nulla.
Infatti i giudizi individuali (importantissimi per ognuno di noi, ma solo per noi) non contano più.
Ciò che conta davvero - a questo punto - è il giudizio collettivo, perchè ha la forza (solo lui) di scatenare una serie di reazioni a catena.
La prima conseguenza saranno polemiche furiose (nei fora, sui giornali) tra i sostenitori e i detrattori dell'effetto Mina.
La seconda conseguenza sarà che la cantante dell'effetto Mina diventerà famosissima.
Poi cominceranno a farsi strada le prime "emule" che a loro volta sfrutteranno il successo dell'effetto Mina e lo faranno proprio.
Poi i compositori cominceranno a richiedere espressamente l'effetto Mina nelle loro opere.
Poi i maestri di canto cominceranno a insegnare agli studenti come produrre l'effetto Mina.
Dopo qualche decennio, salteranno fuori gli studiosi, i teorici del canto, i... Garcia che scriveranno i loro bei trattati su come si ottiene l'effetto Mina.
Sai quale sarà l'ultimo passo?
Salteranno fuori i "dogmatici" che cominceranno ad affermare che l'unico modo per cantare (in tutti i tempi e in tutti i repertori) è quello dell'effetto Mina, e chi canta diversamente "sbaglia".
Ecco. Si è creata una tradizione!
O se vuoi una "scuola".
La tradizione è proprio l'anello mancante di tutta questa discussione.
E' una via di mezzo fra l'oggettività e la soggettività.
Fra il dato oggettivo e "fisico" (il suono dell'effetto Mina) e il giudizio personale, insondabile che ne dà ognuno di noi si incunea questa tradizione pratica e scolastica, questa "cristallizzazione del giudizio collettivo" che va presa per quello che è: non una legge universale, ma una tipica sintesi del pensiero umano, una formula pratica di definizione, uno strumento utilissimo di valutazione.
insomma, UNA CONVENZIONE.
E' la stesso caso della Scienza.
La Scienza non è oggettiva, nè soggettiva. Non è la "verità" e non è nemmeno "unica".
E' solo una tecnica di comprensione dell'oggetto elaborata dall'uomo, convenzionale, tradizionale, fondato su determinati postulati (nè giusti, nè sbagliati, semplicemente "posti"), che si è venuta strutturando nel tempo e che ci aiuta moltissmo nel far evolvere la nostra civiltà.
E' chiaro che uno stesso fenomeno può essere valutato diversamente, a seconda delle diverse prospettive scientifiche da cui lo si guarda.
E' chiaro che può perfino essere valutato al di fuori della scienza.
E' chiaro inoltre che la stessa scienza cambia, la scienza sbaglia, la scienza evolve, la scienza regredisce...
Perché non è un dato oggettivo (come il fenomeno): si finge oggettiva per non essere più esclusivamente soggettiva.
Lo stesso caso (visto che è l'esempio che avevi fatto) è quello della legge.
Il dato oggettivo è il comportamento degli uomini, la legge (anzi le leggi) sono soltanto un modo pratico, convenzionale, sviluppatosi nel tempo e diverso a seconda delle varie civiltà ...di interpretare il dato oggettivo.
La legge non è nè infallibile, nè certa, nè assoluta... è una semplice convenzione, soggetta a evoluzioni e mutazioni anche radicali... eppure senza di lei vivere in comunità sarebbe estremamente difficile.
Anch'essa non è oggettiva, ma si finge tale per praticità.
E così facendo ci aiuta a vivere meglio.
La scienza, la legge, la lingua (altra convenzione) proprio come le grammatiche del canto, le tradizioni esecutive, le scuole interpretative non sono altro che convenzioni storiche elaborate dagli uomini, che ci aiutano a comprendere un po' meglio ciò che ci troviamo a dover interpretare.
Non sono oggettive. Ma non sono nemmeno del tutto soggettive, perchè le comunità hanno "assunto" e "concordato" di attribuire ad esse un valore superiore a quello della soggettività.
Ecco il protagonista che secondo me ancora mancava ai vostri dibattiti.
La convenzione rappresentata dalle piccole e grandi SINTESI del pensiero umano.
E' sbagliato prescindere da esse: vivremmo da selvaggi.
Ma (e qui arrivo a ciò che mi preme di più) è sbagliatissimo anche l'opposto: ossia appoggiarsi a queste convenzioni fino a farne la VERITA', dimenticarsi che solo di convenzioni si tratta, negare la loro mutevolezza, e usarle con prepotenza per gravare sul DATO, sul FENOMENO.
Le convenzioni hanno una funzione meramente UTILITARISTICA.
Guai a dimenticarsene!
C'è da avere paura di quel giudice che è convinto, applicando la legge, di FARE IL BENE.
C'è da avere paura di quello scienziato che è convinto di difendere la VERITA'.
E allo stesso modo c'è da guardarsi attentamente da quegli "esperti" d'opera che affermano che "la tecnica di canto è una, tutto il resto è sbagliato".
Costoro non solo - come ogni dogmatico - sono in torto, ma - come ogni dogmatico - possono anche fare danni.
Salutoni
Mat