Riccardo ha scritto:Perché - ed è poi la vera domanda - quest'operazione sperimentale è ammessa qui ma non nella questione Blake-Percy di cui più sopra?
Caro Ric,
il mio atteggiamento critico verso un artista non è di chiusura, sulla base di preconcetti e dogmatismi (almeno spero).
Anzi, vorrebbe essere il contrario.
Se anche sostengo delle tesi, tu dovresti cercare di vedere in esse non il mio punto di partenza, ma il mio punto di arrivo.
Parto dal dato (il suono) e poi tento di formulare tesi, di aggregare sintesi.
Non parto mai dalle tesi per opprimere il dato.
Una volta ascoltata un'intepretazione posso (come tutti) riportarne un giudizio negativo o positivo (per non parlare delle infinite gradazioni intermedie).
A quel punto mi interrogo sulle ragioni del mio giudizio.
E alla fine (ovviamente) cerco di darmi delle risposte.
Nel caso di Blake partivo da una sensazione di insoddisfazione.
Non trovavo nel suo Percy quella definizione coerente che mi aspettavo, nè la capacità di attribuire un senso - oltre che al proprio personaggio - anche al delirio di Anna.
Forse mi aspettavo troppo da lui: ero convinto che finalmente con un Blake (ho detto niente!!) avrei avuto un'idea del vero "peso" drammaturgico di Percy, dopo anni di insoddisfazioni.
Con un tenore tecnicamente in grado di affrontare il ruolo, per giunta di grande personalità drammatica, avrei avuto l'immagine vera di un personaggio che a me pareva troppo fragile, inutile e rinunciatario.
E invece questa rivelazione da Blake non l'ho avuta: e non ho nemmeno avuto la sensazione che ne hai tratto tu, di un personaggio che si nutra della popria emotività nervosa e inquieta.
Ebbene, no!
Il Percy di Blake mi pareva semplicemente un diversivo simpatico e rilassante (con tutti quei bei ghirgori) alla storia di Anna... come se, per non annoiare troppo il pubblico con le smanie della regina, e per permettere alla prima donna di tirare il fiato, gli autori ci avessero messo in mezzo un bel tenorino a roulades, piacevole, prevedibile, ma che in fondo non aggiunge nulla alla storia e alla situazione.
Questo è l'effetto che mi fece Blake.
Mi aspettavo di capire e non ho capito.
A parte la felice sensazione di "tutte le note al loro posto" non registravo nessun progresso da Gianni Raimondi.
Allora mi sono posto la domanda: com'è che in Oreste o in Rodrigo (ugualmente inutili sul piano drammatico) Blake mi fa l'effetto di un catalizzatore, come se tutta l'opera ruoti intorno a lui?
Com'è che in Percy non ci riesce?
A quel punto l'ipotesi (perché di ipotesi si tratta) che tra le grandi costanti drammaturgiche dei ruoli Rubini e le caratteristiche tecnico-poetiche di Blake non scoccasse la scintilla mi è parsa essere la risposta soddisfacente.
E ne sono ancora convinto.
Anche perché, negli altri ruoli Rubini da lui interpretati, Blake mi ha lasciato ugualmente indifferente.
Ora, nell'esposizione della tesi (in questo thread) ho proceduto al contrario: sono partito definendo le costanti dei ruoli Rubini per puntare il dito sull'inadeguatezza (per me!) di Blake.
La sostanza è assolutamente uguale.
Ma temo che - da questo processo a ritroso - tu abbia frainteso il mio approccio, pensando che io mi incaponissi in un postulato (rubini è così e così) per arrivare alle conseguenze (blake non va bene).
Questo però non è il mio stile. Anzi, è proprio lo stile che rigetto.
Se Blake mi fosse piaciuto avrei dovuto cercare altre risposte e formulare altre tesi, per rispondere a una diversa domanda: "cosa apparenta la tecnica di Blake a questo ruolo Rubini?"
La Bartoli.
Lei in Sonnambula (o per lo meno il frammento concertistico del cd) mi ha convinto.
Anche in questo caso il punto di partenza è la sensazione che ne ho tratto.
La sensazione di qualcosa di convincente e bello.
Perché mi è piaciuta?
Come è possibile che lei (terrena e umana fin nel prosaico) mi convinca in un ruolo Pasta nel quale io vedo soprattutto la capacità di elevazione oltre l'umano, di stilizzazione della passione, verso le grandi sintesi del Romanticismo?
Anzitutto ascoltando in quel cd in me agisce (inevitabilmente) il filtro mentale dell'immagine di Maria Malibran.
Non è la maschera altera della Pasta che abbiamo davanti agli occhi, quanto la dolcezza carnosa, le labbra sensuali della Malibran, fragrante incarnazione dell'umanità, del voluttuoso, della tenera carne che seppe sedurre lo stesso Bellini (il maggior pastiano che ci fosse).
Perché chiedi a me se sono disposto ad ammettere "altre letture" di un capolavoro?
Chiedilo a Bellini... divenne un fanatico ammiratore della Malibran, negli stessi ruoli che pure aveva concepito per l'altra!
La Bartoli mi ha convinto di qualcosa...
Continuo a preferire (manco a dirlo) le Amine estenuanti e sublimi di Callas e la Sutherland, che tennero alta la fiaccola della Pasta, ma ammetto che anche lei, con quell'esibizione spudorata di umanità paesana, riesce a far quadrare il cerchio e a dar l'idea di qualcosa che esiste.
Certo, bisognerebbe sentirla nell'opera intera. Forse i nodi verrebbero al pettine; ma - almeno per questo brano - occorre partire dal dato che QUEI SUONI hanno saputo interagire (almeno per me) con QUELLE NOTE.
Ti sorprendi? Mi trovi incoerente?
Non vedo perché...
Non sono io che ho detto (in altro thread) che Vickers e Tamagno - pur opposti - sono stati i migliori Otello che abbia sentito?
Cosa avevano in comune?
Nulla, tranne il fatto di riuscire persuasivi entrambi.
Ed è su questo che dovremo riflettere...
Quali suoni di Vickers funzionano in Otello? Perchè?
Cosa scatenano a contatto con le note di Verdi?
Salutoni
Mat