da teo.emme » lun 07 set 2015, 13:03
A me è successo con la Sutherland e con Karajan.
Agli inizi della mia carriera di ascolto mi sembravano il top sempre e comunque: ogni loro interpretazione era per me INTOCCABILE, anche le più improbabili e mal riuscite... Poi il tempo passa, il gusto matura e si ascolta altro. E soprattutto ci si sofferma su elementi e fattori che, magari prima neppure considerati o ritenuti marginali, diventano ora imprescindibili. Nel canto, ad esempio, ritengo imprescindibile la chiarezza della dizione, l'eloquenza, la capacità di far percepire il senso della frase, la pronuncia. Non mi basta più il suono (bello, perfetto, intonato), ma quello che col suono si comunica e che lo trasforma in musica. Il risultato è che oggi della Sutherland non riesco più ad ascoltare nulla, neppure i suoi dischi storici (Semiramide, Lucia, Alcina etc...): perché di un canto strumentale in cui non si percepiscono le parole non so più che farmene. Lo stesso vale (in proporzione minore) con la Caballè della seconda parte della carriera e soprattutto vale per Karajan. Mi sono formato - come tutti noi - sui dischi (centinaia) di Karajan, ma oggi in qualsiasi repertorio sceglierei altri interpreti...e non solo il secondo periodo (quello del vero Karajan secondo me), ma anche relativamente alle incisioni migliori.
Di contro ho invece rivalutato cantanti e interpreti che un tempo disprezzavo (come la Moedl e la Suliotis)
Matteo Mantica
"Fuor del mar ho un mare in seno"