Bilancio telegrafico d'un'estate

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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda pbagnoli » mar 09 set 2014, 19:07

Complimenti per questa meravigliosa sbafata musicale che ti invidio tantissimo!
Vorrei chiederti una riflessione su quattro cosucce, se puoi:
1 - mi parleresti del Tannhauser di Bayreuth? Perché "regia demenziale"?
2 - Francesco Brigo ha visto l'Olandese, riportandone impressioni differenti. Io l'ho visto solo in video, ma non ne sono stato colpito. Cosa, secondo te, non funziona nella regia?
3 - Thielemann un Muti crucco? Perché? Potresti dettagliare?
4 - Amarilli Nizza, in questo repertorio, mi sembra quacosa di più di un bel paio di gambe. Mio modesto parere, ovviamente, anche se mi riferisco a qualche anno fa. In particolare come Giorgetta era stata interessante

Thanks in advance!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda pbagnoli » mer 10 set 2014, 15:24

vittoriomascherpa ha scritto:Lasciamo, Pietro, un po' di tempo al tempo, che è un gran galantuomo.

Lasciamolo, Vittorio.
Lasciamolo.
Buona giornata
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda vivelaboheme1 » mer 10 set 2014, 16:30

Devo dire che la definizione "Thielemann Muti crucco" l'avevo pensata, e da diversi anni, anch'io. Per certe modalità dell'interprete (la "germanicità" da una parte, l'"italianità" dall'altra perseguite un po' come uno spot), una certa noia che s'ingenera, talora, all'ascolto, e per altre modalità del personaggio. Devo però aggiungere che, rispetto a quanto mi si diceva degli anni giovanili di Thielemann quanto ai rapporti con i colleghi (piuttosto controversi), nel tempo il direttore tedesco sta mostrando apertura e intelligenza, almeno a vedere i programmi della Staatskapelle. Oggi non mi sembra, Thielemann, uno che abbia paura del confronto con i colleghi o lo soffra, ne invita tranquillamente di prestigiosi ed evidentemente ha (giusta) fiducia in se stesso e nella propria carriera. Muti... va be'.

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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda DottorMalatesta » mer 10 set 2014, 18:33

L´hanno anche trasmesso al cinema (meditavo di andare fino ad Innsbruck per vederlo, poi ho rinunciato). Qualche anima bella l´ha riproposto sul Web:



A Bayreuth ho visto che hanno anche pubblicato un volume con una raccolta di saggi relativi all´opera di Wagner e alla sua realizzazione ad opera di Baumgarten und Dramaturg:

http://www.amazon.de/Tannh%C3%A4user-We ... 3793097757

Nonostante alcune firme importanti (Clemens Risi tra tutti) non l´ho acquistato... :roll:

Il Wagner Journal (peraltro una rivista eccellente) ha pubblicato un commento/recensione a questa regia (che non ho letto):

http://www.thewagnerjournal.co.uk/suppl.page(tannh.html

Non ho ancora trovato il tempo di vedere lo spettacolo (di cui immagino uscirà un DVD), ma la recensione di Vittorio non mi invoglia più di tanto... (però un po´ curioso lo sono 8) )

DM

P.S.:

vittoriomascherpa ha scritto:(Ricordo che Stendhal raccomandava di tradurre il francese non in italiano, ma in dialetto milanese o veneziano: da tempo lo faccio con il tedesco e trovo pefetto rendere Ein' feste Burg ist unser Gott con El nostro Dio xé fato de pieróni.)


OT: Appena ho iniziato a lavorare a Merano, mi rivolgevo ai pazienti anziani di lingua “italiana” utilizzando il dialetto veneto. Questi, non capendo un tubo, sgranavano gli occhi pensando che fossi matto. Ho capito poi che un dialetto italian-sudtirolese non esiste (e, anche esistesse, non avrebbe comunque alcuna affinità con il dialetto veronese). Ancora oggi invece mi rivolgo a pazienti sudtirolesi di lingua “tedesca” utilizzando l´Hochdeutsch, il tedesco di Goethe e Schiller, ma anche - molto più terra-terra - il tedesco parlato a Berlino e Monaco (infatti non conosco e non ho intenzione di imparare il dialetto tedesco-sudtirolese!). Questi, non capendo un tubo, sgranano gli occhi pensando che sia matto. Magari se a questa gente parlassi dialetto veronese riuscirei a farmi capire meglio… :mrgreen:
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda DottorMalatesta » gio 11 set 2014, 11:23

vittoriomascherpa ha scritto:Proprio cosí nuovo, poi, che l'Olandese sia l'alter ego di Daland? Non è invece, nel testo e nella musica, del tutto ovvio? Il vortice sarcastico della fine del prim'atto non lo esprime con una chiarezza agghiacciante senza che ce lo debba evidenziare Gogler?


Interessante. In cosa ritieni l´Olandese alter ego di Daland? A me, anche senza considerare quanto ne scrive Dahlhaus, sembra che Olandese e Senta si esprimano musicalmente con un linguaggio radicalmente “altro” rispetto a quello con cui si esprimono Daland/Erik/Mary/Seemann. Olandese e Senta vivono ai margini della realtà, (forse anche ai margini della società), di qui il rifugiarsi nel sogno, nel “fiabesco” (la ballata di Senta). L´unico momento in cui avverto una forte vicinanza tra Olandese e Daland è il momento del duo al primo atto “Ah, ohne Weib ohne Kind bin Ich”: con quel danzante (e volgarotto) andamento di valzer, l´Olandese esprime il proprio desiderio di integrazione, lui emarginato, nella società borghese (ed interessante notare come, di fatto, “compra” la sua accettazione: la borghesia chiude le porte in faccia a chi ha il portafogli vuoto, con buona pace della Gastfreundschaft, l´ospitalitá che il marinaio dovrebbe conoscere).

Mi chiedo anche se sia cosí "nuova" una Senta volitiva, "contestatrice": la parte fu "creata" dalla Schröder-Devrient, che del resto Wagner aveva conosciuto un bel pezzo prima di scriverla, e anzi era stata causa della sua decisione di scrivere opere. Anche dell'Olandese non ho mai visto, come mia abitudine, un DVD, ma da nessuna delle piú o meno dieci regie che dell'Olandese ho visto in teatro avevo mai ritratto l'impressione d'una Senta «psicotica, fragile, delirante».


L´influenza che lo spettacolo di Kupfer (senza però dimenticare, lo ribadisco, l´antecedente di Herz) ha avuto nel modo di rappresentare Senta è però forte. È stato uno spettacolo indubbiamente “storico”. E sottolineare l´aspetto visionario, allucinato, fragile di Senta mi sembra legittimo. Esattamente come sottolinearne l´aspetto volitivo.

il discorso sul disgustante "fetone" finale di Neuenfels sarebbe a mio parere molto complesso —io ci ho visto un'anticipiazione, in forma negata, della necessità del ritorno alla natura nel Crepuscolo


Quanto al feto di Neuenfels, ne ho parlato a lungo, ma mi fa piacere riprendere la discussione.
Riferimento al contrario al finale del Crepuscolo, dici? Perché no? Il Ring si conclude con il tema della maternità di Sieglinde e quindi, nonostante il paradosso di un mondo che finisce, resta l´utopia (?), la speranza di un nuovo inizio. Il Wagner della rinuncia, il Wagner discepolo (a suo modo) di Schopenhauer non fa termina il suo viaggio musicale nel nichilismo, ma nella luce. Su questo tema così luminoso, su questa luce poi potremmo parlare delle. È una luce illusoria, è un “ritorno di fiamma” dell´utopia feurebachiana dell´Ur-Ring…? Comunque, nessuna luce nel finale del Lohengrin. Un finale cupo, nero, disperato come nessun altro finale wagneriano.
Indubbiamente la scelta di mostrare un feto, anzi – un aborto – (al di là della scelta esteticamente raccapricciante) sottolinea l´incompiutezza, l´incapacità/impossibilità di portare a compimento l´ideale di perfezione (o la perfezione ideale) cui si tendeva (il ricorrere continuo del cigno nello spettacolo, più o meno spennato, più o meno accompagnato a simbologie di morte, avvalora la mia lettura). Se ti va, ne possiamo riparlare nel thread dedicato…

Ciao e grazie,

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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda DottorMalatesta » gio 11 set 2014, 13:56

vittoriomascherpa ha scritto:Il succo (molto antipatico) del mio discorso è: certe cose che si presumono evidenziate in una regia "nuova" sono invece talmente implicite nel testo che non mette nemmeno conto di porle in evidenza. Per questo, Gogler non m'ha interessato (e ancor meno m'è "piaciuto"): scenario opprimente e nulla di nuovo.


Probabilmente allora la regia di Gloger (non Gogler :wink: ) mi ha aiutato a vedere aspetti dell´opera che prima non avevo considerato. Ripeto, l´ho trovata interessante soprattutto per la lettura radicalmente diversa rispetto a quella di Kupfer (che considero tuttora un riferimento nella storia interpretativa dell´Olandese).
A teatro la forma conta tanto quanto (se non più) i contenuti (e questo tendo spesso a dimenticarlo :oops: ). Però a mio parere questo Gloger è un regista che tecnicamente ci sa fare. Da tenere d´occhio...

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Re: 3 - Muti crucco

Messaggioda Tucidide » ven 12 set 2014, 22:26

vittoriomascherpa ha scritto:Entrambi ci tengono molto a accreditare sé stessi come "uomini di cultura". Muti ha fatto stampare per anni da Flimm sui programmi del Festival di Pentescoste che "ha studiato filosofia a Napoli". Quell'altro rilascia interviste dicendo "prendo Mahler sul serio". Ma v'immaginate... Giulini o Sawallisch che fanno uscite del genere?

Ma soprattutto è, PER ME, un «Muti crucco» perché m'annoia dirigendo "alla crucca" la musica tedesca, come quell'altro m'annoiava dirigendo "alla terrona" la musica italiana.

Personalmente non condivido molto l'idea di un Thielemann "Muti crucco", anche perché mi sembra che i loro canoni estetici di suono orchestrale, di timbrica e di agogica siano diversissimi. Ma a quanto pare non è questo il punto (anche se, mi chiedo, se due direttori differiscono su queste sciocchezzuole, a che pro confrontarli?).
Per quel che riguarda gli sbandierati titoli culturali di Muti, ho letto più volte su note biografiche ufficiali che Maurizio Pollini è laureato in fisica nucleare, ma non ho mai pensato che il renderci edotti sul suo curriculum studiorum fosse, da parte del celebre pianista, un atto di boria.
Quanto al Muti che dirige alla terrona - vedi che strano? - io l'ho sempre vista in modo diversissimo: basta ascoltare le sue asciuttissime direzioni di Cavalleria e Pagliacci, assai meno "solari" e "mediterranee" di quelle di altri direttori, anzi piacevolmente ripulite di tutti i turgori sonori di certa tradizione (per inciso, ripeto che a mio avviso il grande Muti è anche e soprattutto quello del repertorio di fine Ottocento e primo Novecento).
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda teo.emme » sab 13 set 2014, 15:21

Per me invece la definizione di Thielemann come di un "Muti crucco" pare molto azzeccata: non certo perché vi sia una qualche simiglianza nel suono orchestrale, ma per una decisa comunanza nell'approcciarsi alla "grande tradizione". Così come Muti si propone (o è proposto) come il depositario dell'opera italiana (verdiana in particolare) quale eletto erede di Toscanini, così Thielemann si propone (o è proposto) come il continuatore della gloriosa scuola di Furtwaengler, di cui ricalca il repertorio e di cui è considerato l'epigono. Che poi vi siano - nella realtà d'ascolto - effettivi elemnti di comunanza ai presunti modelli è vero e falso: è vero dire che entrambi si ispirano a quegli esempi ricalcandone il repertorio e certi stilemi espressivi, però è falso indicarli come gli eredi legittimi (credo che neppure ubriaco Furtwaengler avrebbe "prodotto" qualcosa di simile al ciclo beethoveniano diretto da Thielemann coi Wiener; così come neppure il peggior Toscanini - direttore e soprattutto musicista che non apprezzo per nulla - avrebbe ridotto il Ballo in Maschera vaudeville).

Sulla spendita dei titoli accademici (veri o presunti), invece, non vi vedo nulla di sconvolgente, nel senso che è tipicamente italico fregiarsi dei più svariati Dott. e Prof. con abbondanza inversamente proporzionale al livello medio della preparazione che offrono le italiche università: non solo Muti - filosofo o latinista, come scrive Isotta - è vittima di questo viziaccio nazionale (antipatico, inutile e borioso, ne convengo, ma che continuerà sino a che non si porrà mano alla questione del il valore legale dei titoli di studio), ma anche il ricordato Pollini, Sinopoli che era medico e laureando in archeologia...etc..
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda DottorMalatesta » lun 15 set 2014, 16:02

Ammetto di capire a fatica (ma probabilmente è un problema mio) definizioni come „crucco“ e „terrone“ applicati alla direzione d´orchestra.
Comunque sia un po´ di vero c´è nel dire che Thielemann si rifà ad una certa scuola direttoriale tedesca (Furtwängler) e che Muti si rifà ad una certa scuola direttoriale italiana (Toscanini). Ma l´italianità e la germanicità (ammesso che dietro ai termini ci sia una sostanza) non mi sembrano concetti a senso “unico”.
Non nascondo che, nonostante l´eccellenza tecnica e di alcuni risultati, sia Muti che Thielemann mi sembrano fotocopie in technicolor degli originali (un po´ come certi film di Stanlio e Ollio riproposti, orrendamente, a colori): nessuno dei due mi sembra “rivoluzionario” né in termini di contenuti né di forma.

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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda teo.emme » lun 15 set 2014, 18:33

vittoriomascherpa ha scritto:Spero che il tuo paragone non sia serio: non nascondere che si ha una laurea, com'è il caso di Pollini ed era quello Sinopoli, è cosa del tutto lecita. Muti, a onor del vero, non mi risulta abbia mai dichiarato d'essere laureato in alcunché, ma la solita congrega d'adulatori lascia credere che sia "filosofo e latinista".

In altre parole: non mi sembra che ci si debba vergognare d'avere portato a termine un corso di laurea, e men che meno d'avere conseguito un'abilitazione professionale, solo perché i parcheggiatori hanno l'abitudine di dire "avanti dottó".

Certamente non vi è nulla da celare - nei titoli accademici come nelle abilitazioni - ma non nascondiamoci il fatto che questo, in Italia, è paragonabile quasi sempre al "dottò" del parcheggiatore: la cronaca è piena di piccoli e grandi abusi in nome dei titoli (cruscanti?). Poi vi è anche una questione di luogo e opportunità: che Muti abbia studiato filosofia o che Pollini sia laureato in fisica, poco mi interessa nel momento in cui li ascolto.
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda teo.emme » lun 15 set 2014, 18:37

DottorMalatesta ha scritto:Non nascondo che, nonostante l´eccellenza tecnica e di alcuni risultati, sia Muti che Thielemann mi sembrano fotocopie in technicolor degli originali (un po´ come certi film di Stanlio e Ollio riproposti, orrendamente, a colori): nessuno dei due mi sembra “rivoluzionario” né in termini di contenuti né di forma.

Il fatto è che secondo me non sono nemmeno fotocopie, cioè si limitano - mediaticamente - ad apparire come epigoni...che poi la colpa sia della stampa o di certa vanagloria se ne può discutere. Detto questo ribadisco che neppure un Furtwaengler ubriaco fradicio avrebbe diretto un ciclo beethoveniano come quello propinato a Vienna da Thielemann...
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Re: Bilancio telegrafico d'un'estate

Messaggioda teo.emme » mar 16 set 2014, 9:57

vittoriomascherpa ha scritto:Queste considerazioni mi convincono sempre di piú che gli amici e ammiratori preconcetti e per cosí dire "intellettualizzanti" di Muti non gli abbiano mai reso un buon servizio.

Questo è sicuro...mi chiedo, peraltro, da dove nasca la definizione di Muti quale "latinista"....
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