Carissimi amici,
ieri sera ho assistito al Rienzi qui a Roma ne valeva la pena anche se non mi hanno pienamente convinto alcune cose. Anzitutto l'opera è stata privata dei balletti (in omaggio al Grand Opera francese di cui si sente nella musica l'innegabile impronta, anche se qua e là udiamo già anticipi di Lohengrin e Maestri Cantori), poi la regia di Hugo De Ana piuttosto cupa e pesante (d'accordo che non è un'opera comica, però...) e, a mio avviso, un pò troppo essenzialistica, solo una colonna quando si parla di Laterano, di Foro, di Colosseo ecc. Molte immagini proiettate (tra l'altro spesso i versi di Petrarca che, sappiamo, adorava questo pseudo-condottiero) e pochissimi veri e propri colpi di scena: anche la scena della scomunica non è che mi abbia persuaso. Luci e costumi adeguati e buon movimento delle masse. Visivamente l'opera poteva convincere e facendo il confronto con le foto - riprodotte nel programma di sala - dell'unico allestimento di quest'opera fino ad oggi dato qui a Roma risalente al 1965-66 (dirigeva De Fabritiis con Pier Miranda Ferraro protagonista e in italiano) si vedeva che la regia (almeno come apparato tecnico) ha fatto passi da gigante.
Dirigeva abbastanza bene S. Soltesz di cui avevo già udito lo scorso anno una pregevole Elektra. Dinamica direzione nelle scene drammatica ma ben piegata anche nelle scene più liricheggianti. Coro molto impegnato anche perché nel Rienzi domina da parte del Coro sempre la 'caciara' del popolo. Bella però l'esecuzione dell'invocazione alla Madonna delle donne durante la repressione attuata dal protagonista al III atto.
A. Schager ha offerto un buon Rienzi: la voce ricordava un pò quella del giovane R. Kollo, ma il cantante era più a suo agio nei momenti epici (pervasi da forte noncuranza dopo il precipitare degli aventi espressa anche con risatazze molto più degne di un Duca di Mantova nei suoi saloni che al tribuno) invece che nella famosa invocazione del V atto dove personalmente non mi ha convinto: in basso si sentiva poco e non mostrava (ma simulava) la dolorosità del momento. Ma il ruolo è arduo e forse la stanchezza in simili casi incide parecchio. Brava la Irene di M. Uhl trepida nei duetti con il fratello e con il suo innamorato Adriano che qui era una splendida A. Denoke: ottima vocalmente e grande attrice per questi ruoli "en travesti", la vera ovazione c'è stata con il suo "Gerechter Gott" che apre la scena 3 del terzo atto. Davvero il migliore elemento in campo. Molto brava fra i personaggi minoril'ambasciatore di pace di H. Bradbury, soprano dalla fresca ed accattivante voce. Gli altri interpreti maschili (Astakov imponente Stefano Colonna; Puskaric, buon Paolo Orsini; Borovinov, passabile Raimondo) oscillavano dal buono al discreto.
Il pubblico non era numerosissimo, ma tutto sommato corretto.
Saluti, Luca.