Grazie Marco del tuo resoconto a cui unisco un po' di invidia chiuso come sono in mezzo agli appennini in una zona dove il web e anche il telefono funziona a manovella.
Sono riuscito a vedere questa Bohème solo in video e quindi il mio giudizio vale per quello che vale.
Ho trovato Michieletto discretamente bravo nel muovere le sue pedine sul palcoscenico. E qui mi fermo. Perchè più che bravo mi è sembrato soprattutto furbo.
Un paio di anni fa un amico mi ha regalato un romanzo di Faletti.
"Leggilo, a te che piacciono i gialli, le storie di polizia medico legale, i serial-killers, Criminal Minds e C.S.I. Vedrai finalmente un autore italiano che in questo genere non ha niente di che vergognarsi rispetto ai tuoi anglosassoni."
L'ho letto. Dopo una cinquantina di pagine riconoscevo lo stile a blocchi della Cornwell, la scrittura kinghiana corsivo compreso, i dialoghi tirati giù da Ellroy, l'ironia grottesca di Lansdale.
Niente di male, intendiamoci. Una buona lettura. Un prodotto "furbo" assemblato con estrema abilità.
Così ho trovato questa Bohème di Michieletto. Un po' di Pelly nei costumi e nei movimenti (oltre al vistoso plagio, ops citazione della Vie Parisienne all'apertura del secondo atto), un'occhio a Herheim nel realismo contemporaneo delle scenografie, una pennellata di giovanilismo da musical tirato giù da Rent, qualche carsismo nel viavai della gente nel secondo atto...
Niente di male, intendiamoci. Non è che sempre si può vedere la Bohème di Richard Jones (Bregenz anche in dvd) o quella di Lurhmann (Sidney anche in dvd) e quindi si è trattato di uno spettacolo godibile. Mi stupisco solo di fronte a tutti gli oh di meraviglia che sto leggendo in giro. E quindi forse mi sbaglio e mi è sfuggito qualcosa.
Ugualmente dico la mia: mi è sembrata solo una discreta Bohème che, come in un bignami, ti riassume tutto quello che è stato detto su quest'opera in tema di giovanilismo contemporaneo.
Siamo però lontanissimi dallo struggente e malinconico allestimento di Jones, ambientato tutto su un tavolino da caffè parigino ingrandito a dismisura dove dolcissime e fragili figurine lillipuziane si muovevano tra portaceneri immensi, immense scatole di fiammiferi e Musetta canta la sua canzone a cavallo di una penna sfera gigantesca come la Hayworth sull'atomica.... come dicevo prima, non si può sempre avere il meglio. Anche se Salisburgo potrebbe e dovrebbe permetterselo.
Gatti ha, come suo solito, confezionato momenti magici in fatto di timbri e colori peccando però, come suo solito, di astrattezza. A cosa serve tenere quei tempi lentissimi quando perfino un mantice come la Netrebko doveva prendere fiato dove poteva per chiudere la frase? E quindi una Bohème dove il drettore marci per conto suo a me non interessa.
Ho trovato la Netrebko in forma smagliante. Bravissima, sicura in tutta la linea, in alcuni punti addirittura tonante fin troppo per Mimì.
Alla tua c'era Kaufmann?

In quinta e richiamato al dovere mentre era a cena?
Ma ti rendi conto che hai assistito alla contemporanea presenza dei due divi più affetti da cancellite della storia.
Kaufmann cancella a New York e a Londra e la Netrebko lascia in braghe di tela Berlino, Milano e Monaco.
Ma a Salisburgo, eccolì lì, sul palco, addirittura Kaufmann reperibile come un medico del pronto soccorso.
Con Pereira filano dritti e ubbidienti.
Sarò irrivirente ma a me è venuta in mente una scena di Amarcord.
Vi ricordate quando lo zio di Titta (Ingrassia) finisce su un albero urlando "Voglio una doooooonnnaaaa"? Bene, tutti provano a farlo scendere e non ci riescono. Ci riesce solo, al tramonto, una monaca nana mandata dal manicomio che nemmeno si prende la briga di salire sull'albero. Le basta urlare: "Ven zò! E fala finìda con toti stal patachédi!" (Vieni giù e falla finita che tutte queste pataccate!")
Chissà cosa avrà detto loro Pereira......
Saluti
WSM