Polifonicamente...cantando

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » gio 26 apr 2012, 0:54

L'ora è tard'assai quindi mi scuso se sarò di risposta fulminea.
Vorrei solo precisare che i video che ho messo per Pueri non sono certo "esemplari"; son stati utili per testimoniare come un brano polifonico non sia il terreno specifico di "professionisti" e che possa essere eseguito con gioia-leggerezza, indipendentemente dalla qualità reale del risultato. Le ragazzine del coro scolastico del penultimo video appaiono ansiose dall'errore, alcune di loro inquadrate sono a bocca chiusa e quando subito dopo aprono bocca, quella bocca è uno spiraglio...non c'è alcuna sicurezza-tranquillità in quel gruppo e questa incertezza si ripercuote anche nel tipo di suono emesso. Il coro maschile in toga rossa, pur avendo grand'incertezze (ci sono innumerevoli suoni incerti entro le sezioni-canto ..come un mare increspato anzicchè una definita onda univoca-sezione) , vive quell'esibizione comunque come un punto d'arrivo..insomma il risultato-qualità non è qualcosa che li condiziona. Si può considerare il canto corale come puro svago, come quel tale che si iscrive alla marcialonga, non avendo in mente di finire la gara..a lui basta la "sfilata del primo giro e poi fa sei passi fino alla carreggiata e si confonde con gli spettatori-corsa" :lol:

A prop dell' Ensamble di Noone, non ho quella raccolta quindi non so dirti nulla di specifico.
Loro sono un gruppo ristretto, di pochi coreuti, uno di quelli in cui il singolo corrisponde alla voce-sezione..cioè c'è un basso1 un tenore1 , un soprano2 ..un contralto1 etc etc etc.
ciò vuol dire che ognuno di loro canta pressocchè in modo professionale, probabilmente sa leggere la partitura e cantando in pochi, è parecchio più semplice trovare e affinare gli equilibri-suono con gli altri colleghi.
Cosa voglio dire? Che è molto più scorrevole raggiungere e migliorare di livello quando si è "pochi e già istruiti".... con un limite però: la gamma dinamica- sonora possibile-esprimibile in 8 (a cappella, senza strumenti) se il brano supera qualche minuto è assai assai ristretto-ripetitiva e il rischio "noia" cui fa riferimento Enrico per altri versi è in agguato..
insomma in 8 non superi un brano di 4-5 minuti .....in 40 fai na messa filata da 40 minuti e passa...più o meno non so se ho reso bene l'idea :)

Sulla suddivisione-articoli, ti chiedo solo di farmi scrivere un altro paio di puntate qui (in una decina di giorni dovrei riuscire a farle..)...se l'esperimento funziona e il mio modo di esporre risulta agevole-scorrevole, sarò io stessa a sistemare meglio ogni singola "puntata", sistemare anche l'italiano che andando sempre di fretta, spesso è sacrificato:(:(
Approfitto per chiedere a chi legge ..se qualcosa non è ben espressa-comprensibile, di segnalarmela o qui stesso o via MP .
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda Enrico » gio 26 apr 2012, 13:05

TaO ha scritto:la gamma dinamica- sonora possibile-esprimibile in 8 (a cappella, senza strumenti) se il brano supera qualche minuto è assai assai ristretto-ripetitiva [...]
insomma in 8 non superi un brano di 4-5 minuti .....in 40 fai na messa filata da 40 minuti e passa


Poi però arriva Minkowski e ti fa quella meraviglia di Messa in si minore con 10 cantanti!
Enrico B.
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » gio 26 apr 2012, 15:11

Messa Si Minore è opera vocal-strumentale e le voci non restano "a cappella" a lottar controvento ed è un susseguirsi di parti solo strumentali e parti vocal-strumentali, e in questo tipo di dosaggio-palleggio Bach è campeon :oops: La si può eseguire come fosse musica da camera barocca? Certo che sì....Minkowski ha sperimentato questo ( assimilando il canto corale al canto solistico-professionistico)...ma m'ha fatto fora il coro :(

un brano polifonico a cappella diciamo che mediamente non supera i 7/8 minuti :oops ...senza accompagnamento musicale, l'attenzione-pubblico va a ramengo, se non li catturi con la dinamica tra sezioni-coro ...quella stessa dinamica, tra tot voci-solista ha meno "forza-calamita" per chi ascolta...non so se sono riuscita a spiegarmi :(:(


Minkowski mi sta benissimo (perchè ha moltiplicato, spero, i conoscitori di un capolavoro senza tempo e senza genere of course), a parte gli scherzi, ma il suo giocattolo elimina ciò che non è "professionistico"....e avvicina parte del repertorio musica sacra (quello appunto vocal-strumentale) alla musica barocca, compresa la branca "opera barocca"...Mi si soffia dal naso il piano di sopra padronale e mi si lascia cucina e sgabuzzino :(


TaO
 
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » lun 30 apr 2012, 22:01

3° Puntata – IL MOTTETTO

Il mottetto

Il mottetto è una composizione musicale di ispirazione sacra, sorta nell’ambito della scuola francese di Notre Dame. Il termine è il diminutivo di ‘motto‘, che a sua volta deriva dal francese ‘mot‘ , cioè parola, piccolo componimento. Esso prevede il canto in forma polifonica sia solo vocale che in connubio con strumenti musicali, da eseguirsi in ambito liturgico.
Il mottetto si sviluppò sulle parti della liturgia che potevano essere trattate polifonicamente, aggiungendo ai frammenti di gregoriano (tenor) una o due voci (rispettivamente motetus e triplum) che cantavano una sorta di commento al testo del tenor su melodie nuove (organum e tropi). In seguito, le voci superiori cominciano a presentare testi d'argomento amoroso o conviviale, assolutamente indipendenti dall'argomento liturgico del tenor (mottetto politestuale), e fuori dall’ambito religioso.
All'inizio del 1400 il mottetto era una forma comune alla produzione sacra e a quella profana ( per occasioni celebrative e simili ), a 3 o a 4 voci. Si unificarono i testi letterari in uno solo, e finirono per prevalere i testi in latino sacro, spesso tratti dai libri liturgici.
Sotto l'aspetto formale, il mottetto era organizzato come una successione di più brani concatenati, in ognuno dei quali era sviluppata una frase del testo letterario.
Nella chançon confluirono le precedenti forme profane di contenuto amoroso e con il testo in lingua francese: il rondeau, la ballade, il virelai. Di solito la chançon era a 3 voci: cantus, contratenor e tenor.

Nelle esecuzioni di composizioni sacre, e ancor più di quelle profane, venivano comunemente usati strumenti musicali, a rinforzo o in sostituzione delle voci.
Organum • Termine adottato sin dal IX secolo per designare la più semplice forma di polifonia (organum parallelo): una melodia gregoriana (vox principalis) è raddoppiata esattamente in parallelo, nota contro nota, da un'altra parte (vox organalis) che procede a distanza di una quarta o di una quinta. Il termine poi passò a indicare altre forme di polifonia, spesso, come la precedente, improvvisate (codificate per iscritto dal sec. XII): si possono qui ricordare il discanto – in cui le parti procedono sempre nota contro nota, ma tra di esse prevale il moto contrario – e le forme di polifonia in cui le note della vox principalis sono prolungate e fungono da bordone alla vox organalis che procede melismaticamente (organum melismatico).

Tropo
Ampliamento di un brano liturgico musicale secondo vari procedimenti: a) inserzione di una fioritura melismatica al termine di uno o piu incisi; b) elaborazione di un melisma gia presente nel brano originario in modo tale che a una singola nota originale corrisponda una sillaba di un nuovo testo («prosa / prosula» nei manoscritti): c) incisi con nuovi testi e nuova musica inseriti prima dei brani come introduzione e/o come sezioni che si alternano alle diverse parti del pezzo originale.


Isoritmia
La massima fioritura del mottetto isoritmico si ebbe nell'Ars nova, soprattutto ad opera di Philippe de Vitry e Guillaume de Machault, ma l'isoritmia è attestata in composizioni più antiche[1]. Guillaume Dufay fu probabilmente l'ultimo grande compositore a scrivere mottetti isoritmici. Oltre che nella polifonia tardomedioevale, si trovano esempi di isoritmia anche nella musica indiana, e in compositori contemporanei come Alban Berg, Olivier Messiaen e John Cage.




Mottetto isoritmico
Nuper Rosarum flores (G. Dufay)
Guillaume Dufay

Wiki
Caposcuola della generazione borgognona-fiamminga, Guillaume Dufay (circa 1400 - Cambrai 1474) fu fanciullo cantore (puer altaris) presso la cattedrale di Cambrai e nel 1420 venne in Italia al servizio dei Malatesta a Pesaro e a Rimini; lo troviamo poi, dal 1428 al 1433, nella cappella pontificia a Roma, quindi a Firenze e a Bologna, dove il papa era fuggito in seguito ad agitazioni; dal 1437 al 1444 a Torino alla corte di Ludovico di Savoia, infine a Cambrai, con varie interruzioni. Uomo di grande cultura, Dufay assimilò tutte le esperienze musicali contemporanee, operando una prima sintesi fra il severo tecnicismo nordico e la cantabilità melodica e la chiarezza armonica tipicamente italiane. La sua produzione sacra comprende 9 messe complete, 32 mottetti, sequenze, inni, antifone e 37 frammenti di messe.



Si osservi il modello usato per Nuper rosarum flores, mottetto che Dufay compose in occasione dell’inaugurazione della cattedrale fiorentina di S. Maria del Fiore (1436).
Terribilis est locus iste è l'introito della messa che si celebra per l'intitolazione di una chiesa [GT 397]. Questo canto sarà il tenor del mottetto. La quartina di esametri Organicis Christo (Benevento 38, c. 84r, xi sec.) unita ad esso ne spiega il significato apparentemente in riferimento all'edificio in cui veniva cantato il tropo: forse lo stesso monastero di Montecassino, trattandosi di un tropo tipicamente beneventano.
In grassetto è il testo-tenor, in corsivo è il testo del Tropo aggiunto delle altre due voci.

Organicis Christo persolvite vocibus odax
Elevate a Cristo lodi polifonie
Terribilis est locus isteimpressionante è questo luogo
Symphoniae modulis ut personet aula Tonantiscon armoniose melodie perché risuoni la sede del Tonante
Hic domus Dei estè la casa di Dio
Emicat ista domus fundata in vertice saxise si distingua questa casa
Et porta Coelieretta in cima a una roccia
In quem domo Domini mudularier organa vocise la porta del Cielo in cui s’intonano polifonie per la casa di Dio
Et vocabitur aula Dei e si chiamerà la sede di Dio


Il testo
La partitura

Relazione struttura musicale del mottetto e la struttura architettonica fiorentina.. per saperne di più.. Qui

Mottetto Palestrina

O Bone Jesu

A proposito di recupero dopo secoli, questo mottetto è stato ritrovato solo nel tardo ottocento, insieme ad un altro centinaio. E’ ancora dubbia la sua paternità definitiva (Palestrina o Ingegneri?).
Un’unica pagina a quattro voci miste, con una struttura armonica piana, infatti le quattro voci procedono compatte ritmicamente, ognuna delle quali ha solo un paio di misure ritmicamente difformi. Una strada comune e compatta, segno di fratellanza grata.

O bone Jesu,
miserere nobis,
quia tu creasti nos,
tu redemisti nos
sanguine tuo praetiosissimo.





Partitura
Versione per banda musicale



    Mottetto Komme Jesu di JS Bach

Bach dimostra in maniera indiscutibilmente eloquente la sua completa aderenza alla parola.



Testo originale traduzione italiana
Komm, Jesu, komm, Vieni, Gesù, vieni,
mein Leib ist müde, il mio corpo è stanco,
die Kraft verschwindt je mehr und mehr, la forza mi viene meno sempre di più,
ich sehne mich nach deinem Frieden; io bramo la tua pace;
der saure Weg wird mir zu schwer. l'amaro sentiero mi è troppo difficile.
Komm, komm, ich will mich dir ergeben, Vieni, vieni, io mi darò tutto a te,
du bist der rechte Weg, tu sei la retta via,
die Wahrheit und das Leben. la verità e la vita.
Drum schließ ich mich in deine Hände Pongo me stesso nelle tue mani
und sage, Welt, zu guter Nacht. e al mondo dico addio (buona notte).
Eilt gleich mein Lebenslauf zu Ende, La sabbia dell'esistenza scorre veloce,
ist doch der Geist wohl angebracht. ma lo spirito è pronto.
Er soll bei seinem Schöpfer schweben, Si presenterà al suo Creatore,
weil Jesus ist und bleibt poiché Gesù è e rimane,
der wahre Weg zum Leben. la vera via alla vita.
Fonte
la figura suspirans binaria, presente nella prima frase alla parola JESU,che richiede un’esecuzione legata con appoggio sulla prima e diminuendo leggero della seconda, conferisce efficace espressività alla parola al vocativo, sottolineando l’idea di supplica.
Particolare attenzione poniamo sulla parola "müde" (stanco) riferita al corpo mortale: la comparsa del La bemolle ,il prolungamento dei valori e le legature, sono da considerare elementi che esprimono l’idea di stanchezza e l’anelito di pace. Nella frase successiva, dove infatti compare la parola, Friede (Pace) possiamo verificare un analogo procedimento ottenuto anch’esso con valori lunghi e legature.
Der saure Weg (l’aspro sentiero) aspro come l’intervallo di settima che sottolinea la parola, esprime la difficoltà del sentiero della vita che dobbiamo percorrere.
Notiamo quindi che al ritorno delle parole Komm, Komm , il discorso si fa un po’ più animato con imitazioni in stile fugato. Il tempo 6/8 contrapposto alla gravità del 3/2 precedente, conferisce alla sezione un carattere di danza, un’idea di impaziente desiderio di lasciare il mondo verso il raggiungimento dell’unica Via, Verità e Vita.
La Parola Ergeben mich ( donarmi) viene lungamente evidenziata con un abbondante episodio melismatico sulla sillaba centrale (idea di abbandono, donazione di sé incondizionata).
Anche la parola Leben (vita) è trattata con una vivificante progressione discendente, in cui l’inciso di semicrome si ripete tre volte, numero emblema di Dio. Interessante la parola Leben presente alla parte dei contralti alla battuta 150: quattro note aggravate in catabasi discendente (la vera Vita eterna che si manifesta). Questa compare una sola volta in tutta la composizione , non ha affinità con il contesto ritmico di questa sezione, anzi risulta in contrasto, quasi un Cantus firmus. Affidata ad una parte intermedia, potremmo intenderla come un’idea di incarnazione. (Gesù che scende , che viene a noi)
Il Mottetto si conclude gioiosamente e serenamente nel semplice ed espressivo movimento corale sopra l’ultima strofa. (si presenterà al suo Creatore….) Il corale per tradizione e per la sua sacralità, ma soprattutto perché già conosciuto dalla congregazione, non veniva arricchito con figure retoriche, tuttavia in quest’Aria conclusiva del Mottetto "Komm, Jesu, komm" , Bach rivolge particolarmente l’attenzione alla parola "bleibt" (rimane) espressa con un valore lungo, che esprime un’idea di immobilità e alla parola "Weg" (via) con un’abbondante fioritura di crome, principalmente affidate al soprano, che si dirigono verso la cadenza finale, con regolare aemiòlia, che contiene la parola "Leben" (Vita)."Egli rimane sempre la vera Via verso>>>>>> la Vita."
Il dualismo del doppio coro iniziale si fonde all'unisono nel corale finale.
Non c'è più distinzione : Cristo (Dio incarnato) viene a noi e si fa simile agli uomini prendendo su di sè le loro sofferenze e rendendoli simili a Lui.


Fonte testo




Fonti testo
Tropo
Mottetto
Mottetto-Sapere
Mottetto-Wiki
Mottetto - Zavagli
StoriaMusica

Gli Ascolti

Indichiamo alcuni mottetti… da Des Prez a Mozart, per uniformità su temi liturgici, cercando di indicare come la strada non sia interrotta, ma un continuo confluire-deviare fluido.

Gli esempi dei mottetti/Youtube sono presenti nella playlist di ascolti di musica sacra..
Playlist Ascolti


Mottetto 8 voci – Mirabilia testimonia – Des Prez


Mottetto a 4 voci – Lauda Anima mea Dominum - Lasso


Esempio Monteverdi – Beatu Vir

Esempio Lully

Esempio Vivaldi – pax sincera


Esempio Mozart – Exultate Jubilate
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » lun 30 apr 2012, 22:07

E' stato un po' arduo far coincidere word con i codici bbcode, ma credo che tutto sia a posto...almeno spero : Blink :

Ho preferito basarmi su quanto è già reperibile in rete, anzicchè arrampicarmi di mio ...sennò finivo nel 2056 :( . Spero che il tutto sia scorrevole-comprensibile..
la prox puntata non so se sarà sul madrigale o sulla scuola franco-fiamminga e veneziana...per la verità non so neanche..le ho in cantiere entrambe..ma non so se arrivo per il finesettimana prox..vedrem..buona lettura, buoni ascolti..
spero di esser stata utile :oops:
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda pbagnoli » mar 01 mag 2012, 10:36

TaO ha scritto:
spero di esser stata utile :oops:

Assolutamente sì, Valeria.
Hai dato notizie importanti e - credo - per lo più sconosciute a un gruppo di melomani.
Grazie, a nome di tutti
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 12 mag 2012, 17:42


4a Puntata

Scuola Fiamminga: Dufay, de Près, Willaert, Lasso
- Il faro Venezia (Gabrieli, de Rore)
- La polifonia cattolico-papale romana (Palestrina, da Vittoria)



Scuola fiamminga: Dufay, De Près, Willaert, Lasso



Il video è la prima puntata della serie BBC dedicata alla musica sacra, puntata che si occupa del periodo gotico-medievale. A partire dal 48mo minuto, essa si dedica alla matrice fiamminga…


Dufay
Caposcuola della generazione borgognona-fiamminga, Guillaume Dufay (circa 1400 - Cambrai 1474) fu fanciullo cantore (puer altaris) presso la cattedrale di Cambrai e nel 1420 venne in Italia al servizio dei Malatesta a Pesaro e a Rimini; lo troviamo poi, dal 1428 al 1433, nella cappella pontificia a Roma, quindi a Firenze e a Bologna, dove il papa era fuggito in seguito ad agitazioni; dal 1437 al 1444 a Torino alla corte di Ludovico di Savoia, infine a Cambrai, con varie interruzioni. Uomo di grande cultura, Dufay assimilò tutte le esperienze musicali contemporanee, operando una prima sintesi fra il severo tecnicismo nordico e la cantabilità melodica e la chiarezza armonica tipicamente italiane. La sua produzione sacra comprende 9 messe complete, 32 mottetti, sequenze, inni, antifone e 37 frammenti di messe.

Adieu ces bon vins


De Près
Cantore presso il Duomo di Milano dal 1459 al 1472, Josquin des Prés, o Desprèz (nel Vermandois, Piccardia circa 1440 - Condé-sur-l'Escaut, Valenciennes circa 1521) entrò più tardi a far parte della cappella del duca Galeazzo Maria Sforza e dal 1479 fu, con ogni probabilità, alle dipendenze del cardinale Ascanio Sforza (di qui il soprannome Josquin d'Ascanio datogli da S. Aquilano). Dal 1486 al 1494 appartenne alla cappella papale e nel 1503 entrò a servizio presso il duca Ercole I d'Este a Ferrara; visse poi stabilmente in Francia, fino al 1515 sotto la protezione di Luigi XII, e negli ultimi anni fu canonico prebendario del capitolo di Condé.
Le sue composizioni si distinguono da quelle dei predecessori e dei contemporanei per l'attenzione con la quale egli perseguì l'equilibrio delle strutture compositive, ottenuto anche variando l'articolazione dei vari episodi nelle singole opere.
Il suo merito storico è l'attenzione posta, per la prima volta nella storia musicale, nello stabilire rapporti di coerenza espressiva tra il testo poetico letterario e l'invenzione musicale. Nella sua produzione, da quella degli anni giovanili a quella della maturità, si avvertono una crescente attenzione nei confronti dei valori metrici, poetici e concettuali dei testi letterari assunti e l'impegno a risolverli in musica. Da questo nuovo rapporto derivano la chiarezza della scrittura, l'equilibrio e la varietà delle forme, il lirismo dell'invenzione melodica.
Per questi meriti Josquin des Prez è considerato il primo musicista del Rinascimento; l'integrazione espressiva tra la parola e il canto che egli per primo perseguì fu un principio al quale, in modi diversi, si rifecero i compositori europei della successiva generazione.
El grillo è buon cantore


Willaert
Originario delle Fiandre, Adrien Willaert (Bruges circa 1490 - Venezia 1560) giunse in Italia, prima a Ferrara, alla corte del duca Alfonso I d'Este, poi a Milano, cantore presso l'arcivescovo Ippolito II d'Este, e infine a Venezia, maestro di cappella in San Marco dal 1527 fino alla morte. Nei quasi trentacinque anni della sua attività veneziana, affiancò alla sua attività di compositore il ruolo di pedagogo, insegnando per la prima volta in Italia la tecnica fiamminga e raggruppando attorno a sé una vera e propria scuola. Nell'ambito sacro scrisse 9 messe e più di 350 mottetti, mostrandosi in questi ultimi un vero maestro, padrone di tutte le tecniche conosciute: oltre all'attaccamento alle tradizioni fiamminghe (cantus firmus, costruzioni a canone), esibì apertura alla sensibilità italiana e interesse per tutte le modalità di scrittura polifonica.

Vecchie letrose


Orlando di Lasso
Fu fanciullo cantore presso il viceré di Sicilia F. Gonzaga; poi, dopo il 1549, fu a Napoli e quindi maestro di cappella in San Giovanni in Laterano a Roma. Dopo un viaggio in patria, in Inghilterra e in Francia, nel 1557 si stabilì a Monaco, dapprima come tenore della cappella del duca Alberto V di Baviera, poi dal 1562-63 come maestro di cappella. Seguì il duca nei suoi viaggi attraverso l'Europa, venendo a contatto con esperienze musicali diverse e godendo del favore delle grandi corti. La sua vastissima produzione abbraccia quasi tutti i generi musicali dell'epoca, comprendendo circa 700 mottetti, 58 messe, poco meno di 200 madrigali, 33 villanelle, più di 90 Lieder tedeschi, circa 150 chansons. Insieme con G.P. da Palestrina, Lasso è figura dominante della sua generazione: delle profonde differenze che lo separano dal musicista italiano si può considerare emblematica, nel campo della musica sacra, l'importanza preminente che assume in lui, rispetto alla messa, il mottetto, scritto per due sino a otto voci. In questo genere di composizione, Lasso riesce a dimostrare come la musica possa trarre dal testo l'essenziale della sua sostanza espressiva senza assoggettarvisi. Padroneggiando magistralmente le risorse della scrittura madrigalistica, egli fa risaltare con tutta la finezza della propria arte anche le minime intenzioni descrittive o emotive del testo. Gli effetti di questa maestria sono apprezzabili sia seguendo il profilo armonico cromaticamente impreziosito, sia nei contrasti ritmici e nella melodia dalle linee fantastiche e inconsuete. Nella sua evoluzione stilistica, il compositore accoglie inizialmente esperienze intense e complesse, con una forte e raffinata caratterizzazione psicologica, per volgersi poi a un linguaggio più rarefatto, caratterizzato da un'essenzialità rigorosa. Il suo linguaggio contrappuntistico preannuncia, per qualche aspetto, lo stile recitativo della monodia affermatasi nel decennio successivo alla sua morte.
Alala qua la



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Per saperne di più..

Monodia e Canto monodico
http://www.parodos.it/musica/monodia.htm

Monodia

Canto a una sola voce o a più voci che eseguono una sola linea melodica, oppure canto a una sola voce con accompagnamento strumentale. Il termine, di derivazione greca, fino al IX secolo viene utilizzato per designare il canto a una sola voce, senza accompagnamento e aggiunta di altre parti. La monodia, intesa come esaltazione del puro elemento melodico, fu coltivata nell'antichità e nel medioevo fin quasi agli inizi della polifonia, il termine ha un'accezione assai vasta e a volte indica l'unico tipo di musica di una civiltà. Quando alla monodia sono aggiunti degli strumenti che procedono all'ottava o all'unisono viene chiamata omofonia (ma il significato del termine varia a seconda della lingua). Monodici furono l'antica musica greca, il canto gregoriano sia solistico che corale compresi inni, tropi e sequenze, il canto bizantino, l'ambrosiano, il gallicano, il mozarabico ed i canti analoghi delle varie chiese cristiane primitive, i primi canti profani in latino classico o dell'epoca (secoli IX e X), i canti dei goliardi, le chansons de geste, le melodie dei drammi liturgici (salvo qualche rara intrusione polifonica), dei trovieri e trovatori, dei Minnesänger e Meistersinger, le cantigas spagnole, le laudi spirituali italiane del XVIII secolo, ecc. Nell'ambito della monodia rientra anche la canzone popolare di tutti i tempi.

Canto monodico

Il canto ad una sola voce con accompagnamento strumentale, coltivato occasionalmente quale frutto di improvvisazione nell'antichità e nel medioevo, prende il nome di canto monodico. Il genere si sviluppa compiutamente solo all'inizio del XIV secolo, con l'Ars nova, in Italia e Francia. Nel XV secolo cede un po' il passo al crescente sviluppo della polifonia, anche se un certo tipo di polifonia quattrocentesca, quella della Scuola di Borgogna, è evidentemente ancora concepita per voce e strumenti. Nel secolo XVI, contemporaneamente al rigoglio polifonico, il canto monodico rifiorisce nella forma dei madrigali profani polifonici adattati per voce solista, soprano, con accompagnamento strumentale od anche sotto l'aspetto di canti lirici deliberatamente strutturati in stile monodico con accompagnamento di liuto o viole (frottole, contrabbassi intabulati, ecc.) e come parte di intermedi. Tuttavia, lo stile dell'accompagnamento fondamentalmente polifonico, la concezione di una melodia non sorretta da una precisa e sistematica regolarità armonica del basso, l'assenza di abbellimenti virtuosistici nel disegno vocale e la mancanza di una traduzione in musica degli "affetti" contenuti nel testo impedirono al canto solistico di assurgere a vera monodia, anche se ne fu comunque l'immediato precedente.
Col barocco (1600 - 1750 ca.) si assiste all'affermazione in musica di nuove forme e generi accanto a quelle già esistenti; in campo vocale nascono l'opera, l'oratorio, la cantata; sul fronte strumentale la fuga la suite, la ciaccona e in genere le forme di variazione su tema, la sonata, il concerto, il concerto grosso. Il netto cambiamento delle idealità artistiche determina il declino dell'egemonia polifonica e la definizione, lo sviluppo e la supremazia del canto monodico. Le caratteristiche essenziali della monodia sono infatti presenti nelle melodie a voce sola, in stile recitativo sorretto dagli accordi del basso continuo, genere alla base del linguaggio del recitar cantando, indi del melodramma, elaborato dalla Camerata de' Bardi. Lo stuolo di studiosi facenti capo alla Camerata fiorentina, discutendo sulla situazione della musica e della poesia della loro epoca in relazione a quanto si conosceva della musica greca, avevano rilevato che la polifonia, con i suoi intrecci, non era in grado di far comprendere le parole e i sentimenti del testo, la monodia era l'unica in grado di farlo e nacque il melodramma. Da qui la storia del canto monodico si dipana attraverso quella dell'opera, della cantata, dell'oratorio, del lied, della sonata, ecc.

Fonti web
http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/musica/Dall-antichit--al-rinascimento/La-musica-nell-et--umanistico-rinascimentale/Musica-vocale--la-scuola-fiamminga.html
http://www.arturu.it/v/musica/storia/?id=2_7&capitolo=2&sottocapitolo=7
http://www.parodos.it/musica/monodia.htm



Polifonia papale : Palestrina e da Vittoria

E’ la seconda puntata della serie BBC sulla musica sacra, dedicata all’apice della polifonia cattolica rinascimentale che si sviluppo attorno a Palestrina e allo spagnolo da Vittoria.

Palestrina
Biografia e opera http://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-pierluigi-da-palestrina/
http://www.sapere.it/enciclopedia/Palestrina,+Giovanni+Pierluigi+da-.html
Tratto da
…mentre in O. Di Lasso la ricerca espressiva è compiuta con effetti inconsueti, in senso drammatico e soggettivo, il trattamento della consonanza e della dissonanza in Palestrina (e nell'insieme i caratteri della melodia e la condotta delle parti) si mantiene in un ambito di controllata misura, dove il gioco delle tensioni è calibrato con compiuto rigore. Per tali caratteristiche la concezione palestriniana della musica sacra assurse a un carattere che i posteri ritennero esemplare: col nome di “stile antico” lo stile palestriniano rimase modello per lo studio del contrappunto.
Super Flumina Babylonis


Luis da Vitoria
Biografia e opera
http://archiviomusicaledellangelo.wordpress.com/meister-diario-musicale/musicus-suavissimus/
Tratto da:
E la musica, accanto al dichiarato desiderio sempre accarezzato di tutto abbandonare per dedicarsi alla pura contemplazione, rappresenta per Tomàs Luis l’estrinsecazione più pura di questa condizione di vita. Da qui, per lui padrone assoluto della tecnica – che lo pone accanto a Palestrina o al Lasso – 1’assunzione esclusiva del testo sacro come un messaggio di profonda intensità da rivivere ogni volta con estenuata compartecipazione, con una spiritualità che si veste di accenti intimamente patetici da raggiungere a volte una intensa, sebben contenuta, drammaticità. Accanto e dopo la levigata purezza sonora del Palestrina la musica del De Victoria – ugualmente semplice e lineare – è arricchita da un appassionato senso del dolore e della gioia, dello stupore o della serena ma fremente contemplazione. Tutto questo è raggiunto senza che mai si incrini la architettura classica del discorso musicale e persino con accenti di indubbio arcaismo; discorso attentissimo al rigore del contrappunto, ma sempre scosso da fremiti dissonanti.
Dunque: la “suavitas” così amata e ammirata dai contemporanei e così “moderna”, così vicina ed emozionante per noi, e questo “colore” drammatico, interiore, penetrante in scavo entro la “gravitas” della limpidezza apollinea; è la modulazione estrema del “colore” entro 1’atmosfera tersa, lo stile omogeneo ed essenziale, il trionfo in piena luce della musicalità plastica della polifonia.
In questa “suavitas” che penetra la “gravitas” polifonica della gran scuola è possibile individuare il più significativo contributo che la musica “spagnola” del De Victoria ha dato a quella europea: un contributo sia musicale che culturale, dal momento che questi due aspetti sono inscindibili allorché si tratta di personalità così prepotenti come quella dello spagnolo De Victoria ed è in questa “suavitas” fatta di colore intenso e raggiante nella vasta gamma dei sentimenti da esprimere che va ravvisato il fascino emotivo e la immediata comunicatività che trascina noi oggi all’ascolto della musica di Tomàs Luis De Victoria.


O magnum mysterium



° Il faro Venezia
Allievi di Willaert :de Rore, Andrea e Giovanni Gabrieli

Tutto ebbe inizio con un maestro venuto dal Nord, il fiammingo Adrian Willaert, che nel 1540, dopo essere giunto a Venezia, con un gruppo di allievi e di fedelissimi musicisti, diede avvio all’interno della cappella musicale della Basilica di San Marco a una scuola che sarebbe diventata un faro, un ineludibile punto di riferimento per la musica europea del XVII secolo.
Tra coloro che gravitarono nella scuola di Willaert e della sua “Musica Nova”, racchiusa in una fondamentale raccolta di composizioni, ci fu anche il veneziano Andrea Gabrieli (1533-1586), inizialmente cantore, poi organista e quindi compositore ufficiale della Repubblica Veneta scrisse musica sacra e profana, tra cui ben 250 madrigali, da 3 a 12 voci.. Una delle caratteristiche peculiari della “Musica Nova”, ispirata da Willaert, fu quella di far passare l’ago della bilancia dalla musica vocale a quella strumentale. Tra i generi di composizioni che permisero di attuare questo graduale passaggio ci fu anche quello dei “ricercari”, ossia brani polifonici che potevano essere cantati e suonati su organi e altri strumenti a tastiera (es. clavicembalo).
Agnus Dei - da Missa Brevis


Giovanni Gabrieli
(1557-1612) fu allievo dello zio Andrea e suo successore in San Marco, ed è il più importante esponente della scuola veneziana del '500: fra le sue composizioni (che presentano tendenze al barocco) possiamo ricordare la raccolta dei Concerti, contenente anche opere dello zio Andrea, le Sacrae Symphoniae e e Canzoni et Sonate: è identificato come il primo compositore dell'epoca moderna, grazie alle novità ritmiche e timbriche, spesso contrastanti con i tempi correnti: tra le altre cose sviluppò lo stile policorale, e le combinazioni di voci e strumenti.

Magnificat

De Rore – Mia Benigna Fortuna

******
Considerazioni personali su..
L’incontro tra la scuola fiamminga e l’assai feconda creatività musicale veneziana precostituirà le basi per cui Venezia sarà un polo d’attrazione e d’avanguardia per gran parte del secolo successivo (Monteverdi e Vivaldi solo per indicare i maggiori). Quell’incontro, inoltre, favorì la sperimentazione musicale ad ampio raggio, visto che gli stessi compositori si misuravano su generi e stili profondamente diversi, dalla monodia solistica (per voce o per singolo strumento musicale fosse)alla polifonia-contrapuntistica, così come dalla musica che oggi chiamiamo “da camera”con pochi strumenti ad arco e/o a fiato ad un più ampio impiego orchestrale che desse luogo a sonorità differenti a seconda della finalità espressiva voluta. E’ in questo tessuto che nella prima metà del seicento trova spazio l’esperimento Opera, con le sue esigenze proprie di coniugare la forza delle parole e l’evocazione sonora-musicale all’interno della cornice teatrale.
Il musico componeva musica vocale e strumentale, musica da camera e per strumento solista, come madrigali e mottetti che univano vocalità e strumentazione alle esigenze espressivo-poetiche del testo. E’ da quell’incontro, da quella palestra continua, da quel confronto/competizione che in seguito hanno preso forma generi tra loro distinti e separati. Può essere un limite di conoscenza-approfondimento quello di considerare un periodo storico “omogeneo” e “dominato” da un unico genere-tratto musicale, come se gli altri non esistessero o andassero il letargo temporale. Limitandomi a considerare i tre maggiori (Lasso, Palestrina, Vittoria ..in ordine alfabetico e non di merito ovviamente), essi diedero tre risposte differenti alla medesima vena compositiva: Vittoria fu l’unico che visse la composizione musicale come espressione di spiritualità mistica, volta a rimarcare /diffondere il messaggio cristiano-cattolico, Palestrina può considerarsi come l’architetto massimo, colui che definisce/calibra con equilibrio-misura i vari termini in campo perché il castello-costruzione si presenti maestoso-evidente, Lasso è un curiosissimo miscelatore di forme, suoni, incroci e tavolozze. Hanno convissuto nello stesso periodo e hanno percorso strade difformi e due su tre non si sono preclusi ciò che era estraneo all’ambito religioso-spirituale,seminando buona parte di ciò che nei periodi successivi è stato usato come architrave di partenza per la musica occidentale, per come è arrivata a noi. Non sono tre monoliti-simili, sono tre geniali costruttori di melodie e armonie che si sono mosse dal profondo spiritual-sacro al profano-amoroso-galante.
Il rinascimento? Ah sì, è il periodo dei mecenati, delle corti e del continuo contrapporsi tra gli stati-nazione e tra fedi religiose ..cattoliche e protestanti . Tutto entro unico recinto, compatto e omogeneizzato. La musica vocale/polifonica? Ah si, quel genere solitamente da chiesa, in cui non si capisce mezza parola perché non procedono placidi all’unisono, scandendo allo stesso momento la stessa sillaba. Un genere-ramo secco , defunto secoli fa, che se nato per funzioni religiose può piacere solo se si è credenti/cristiani. E l’incontro con testo poetico di madrigali e di mottetti che è estraneo dalla cornice religiosa ma darà nutrimento alla canzone popolare che noi chiamiamo "musica leggera"? Monocorde itinerario, perché un liuto o due violini o un oboe o giù di là hanno poca “varianza” e impercettibile base ritmica. No, noi abbiamo bisogno di essere semplicemente bombardati/circondati da un profluvio di suoni in contemporanea – siano essi di un’orchestra o di un complesso rock o di un sintetizzatore-discomusic.
Siamo cresciuti avendo quelle sonorità, piacevano a noi, piacevano a chi ci stava intorno ….. finendo per fare l’errore di considerare quel parco-sonoro come l’unico “valido” (ossia portatore di valore e di senso). Non è un caso che abbia scelto come esempi ascolto degli esponenti di scuola fiamminga ciò che esula dal religioso o "altissimo poetico", proprio perchè vorrei trasmettere la consapevolezza di quanto siano vari i repertori di quegli autori, i loro approcci e il loro "risultato"...proprio perchè la musica aveva da ricoprire esigenze d'ascolto differenziate...tali e quali alle nostre..che non ascoltiamo o pretendiamo lo stesso "quadro" se andiamo a svagarci in sala-ballo o se ci eclissiamo tra le panche di un tempio.

Si trascura l’impatto della stampa – non si stampavano/editavano/vendevano solo testi..ma anche spartiti musicali… e si trascura il fatto che i compositori avevano la sana abitudine di viaggiare-ascoltare non un unico genere (il loro principale), ma un grappolone differenziato-composto……e da quel grappolone differenziato-composto poi elaboravano la propria Arte, non appiattendosi su sentieri sicuri già battuti mille volte.
La diffusione, grazie alla stampa, di testi e di spartiti e l’abitudine al confronto, grazie ai viaggi-ascolti di musiche/contesti differenziati e compresenti sono state le due chiavi di volta che hanno permesso di accelerare/diffondere/accogliere fonti musicali disomogenee che poi il compositore/musicista faceva confluire nelle sue creazioni. Si considera che la compresenza di forme ed espressioni musicali multiformi sia una “conquista di libertà dei tempi moderni, di noi cresciuti svegli e svezzati…. Io credo che l’omogeneità sia una ricostruzione ex-post e che la libertà e le esigenze espressivo-compositive si intreccino in ogni epoca, proprio perché i singoli sono sempre portatori di “peculiarità” e di esigenze di stati d’animo e di comunicazione non sovrapponibili in un unico ritratto, come l’idea d’omogeneità imporrebbe. La disomogeneità in ultima analisi non è una compagna d’avventura solo di noi contemporanei, ed è dalla conoscenza, contaminazione, accordanza/discordanza che si compone/scompone il puzzle prossimo venturo.

La prossima puntata, sarà dedicata al madrigale rinascimentale, genere che ha interessato gran parte dei compositori che abbiamo incontrato in questo viaggio a ritroso e che insieme al mottetto è stato una proficua palestra d’incontro tra il testo poetico e le esigenze propria della forma musicale, percorso nel quale la polifonia vocale è stata pian piano soppiantata dall’esigenza di unificare il messaggio-testo verso il canto monodico, così come l’esigenza di impianto armonico poliedrico ha dato lasciapassare ad un’ampia combinazione strumentale-orchestrale. Non so se e quando sarebbe emersa l’esigenza di un unico territorio lirico-sonoro-teatrale se non fosse stata immediatamente preceduta dalle forme del mottetto e del madrigale. Chissà.
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 12 mag 2012, 18:05

X pbagnoli -
Ho da completare la parte sul madrigale (spero di inserirlo nel prossimo finesettimana) e dopo ci metteremo d'accordo su come strutturare le singole parti che vorrai inserire nel sito.
Penso per completezza-percorso che sarà poi il caso di aggiungere una puntata specifica sugli inglesi, e almeno su Bach, Handel, Berlioz e Bruckner...
poi si potrebbe aprirne uno sullo Stabat Mater di Pergolesi ...a cui magari collegare quello diversissimo di Rossini.. (e sul secondo i melomani hanno certo da dire la loro...)
Potremmo poi chiudere il cerchio prendendo in esame ad es. i Requiem (a partire dalla bella analisi che sta facendo Triboulet)...so che sai che ce ne sono diversi...di diversi autori e di diverse epoche...per es. c'è il requiem in tedesco di Brahms anche....
per poi magari chiudere il cerchio con la Missa Solemnis e Finale Nona di Beethoven a cui avevo fatto cenno qualche messaggio indietro.

Vorrei inoltre, ogni tot puntate, aprire una piccola parentesi "da esperienza vissuta" in cui raccontare direttamente, in breve, il punto di vista di chi qualcuna di quelle cose le ha imparate e cantate...(ma questa parte magari la lasciamo solo in forum :lol: ) ..perchè non so se avete l'idea diretta di cosa sia e magari serve anche a voi farvene un'idea "indiretta" :roll:

Un'ultima informazione "tennica" :shock:
posso qui in forum - laddove non trovassi online l'ascolto corrispondente sul tubo o altrove in web - inserire ugualmente qualche titolo-brano con la dicitura tipo : l'utente-forum che vuol ascoltare mi chiede in MP e invierò il file via mail?
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda pbagnoli » sab 12 mag 2012, 18:59

TaO ha scritto:
posso qui in forum - laddove non trovassi online l'ascolto corrispondente sul tubo o altrove in web - inserire ugualmente qualche titolo-brano con la dicitura tipo : l'utente-forum che vuol ascoltare mi chiede in MP e invierò il file via mail?

Credo proprio di sì.
Grazie di tutto
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » dom 13 mag 2012, 12:42

Sarà fatto ...perchè non è sempre facile far combaciare gli esempi che mi sembrano pertinenti con ciò che invece è disponibile bello e pronto in rete..alla prox!
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 26 mag 2012, 16:37

Madrigale


1 - Madrigali della prima metà '500
2 - Madrigali del secondo '500
3 - Madrigalisti del tardo '500
4 - Monteverdi
5 - Gesualdo
6 - Considerazioni/Conclusioni



-----------------------------------


1 - Madrigali della prima metà 500

Etimologicamente parlando ..
Madrigale = Componimento poetico di origine popolare, che compare in Italia almeno dal sec. 14°, consistente all’inizio in un breve quadretto di natura campagnola e pastorale, talvolta tendente all’epigramma, con uno schema metrico fisso (due o tre terzine di endecasillabi variamente rimati seguiti da 1 distico a rima baciata o 2 a rima alternata), più tardi di tono complimentoso e galante, in endecasillabi o settenarî.

Marenzio – Così nel mio parlar voglio esser aspro (dalle "Rime" di Dante - CIII)



Così nel mio parlar voglio esser aspro
come ne gl'atti questa bella pietra
la qual ogn' hor impetra
maggior durezza e più natura cruda,
e veste sua persona d'un diaspro
tal che per lui e perché ella s'arretra,
non esce di faretra
saetta che giamai la colga ignuda.
Et elle ancide e non val c' huom si chiuda
né si dilunghi da I colpi mortali
che, come havesser ali,
giungon'altrui e spezzan ciascun'arme
perch' io non so da lei né poss'airtarme.


In musica, il termine indica sia le intonazioni a due o tre voci di madrigali trecenteschi, opera di musicisti italiani attivi nel sec. 14° e che appartenevano alla corrente stilistica dell’ars nova, sia la maggior parte delle composizioni polifoniche su testi profani.

Questa forma si sviluppò in tre fasi: una prima (1525-1560 ca.); una mediana (1560-1590 ca.); una tarda (1590-1620 ca.).


    I madrigali della prima fase: 1525-1560

Erano composti in stile omofonico (una melodia predominante con un accompagnamento subordinato), in genere per quattro voci. Tra i maggiori autori di questa fase si ricorda il fiammingo Philippe Verdelot.

Verdelot

Verdelot, compositore di origine francese, ma vissuto a lungo in Italia, fu maestro di cappella a Firenze (S. Maria del Fiore) e musicò diversi testi del contemporaneo Macchiavelli, utilizzando e perfezionando la forma Madrigale

Verdelot – Quando Amor i belli occhi a terra inchina


Quando Amor i belli occhi a terra inchina,
e i vaghi spirti in un sospiro accoglie con le sue mani,

et poi in voce gli scioglie chiara, soave, angelica, divina,
sento far del mio cor dolce rapina

et si dentro cangiar penseri et voglie ch' i' dico:
"Or fien di me l'ultime spoglie:
se 'l ciel si onesta morte mi destina."
--------------------------------------------------------------------------


2 - Madrigali del secondo '500
    I madrigali della fase intermedia: 1560-1590

erano polifonici (due o più parti vocali indipendenti), più espressivi e spesso imitativi o descrittivi dei suoni della natura e della vita sociale. I fiamminghi Adrian Willaert e Orlando di Lasso, prediligevano trame più fitte fino a brani per cinque voci.

Willaert
Ave Maria

Parentesi – Villanella
Vecchie letrose -


Lasso

Matona mia cara

Al dolce suon

[/b]


Lacrime di S. Pietro di O.Di Lasso (1594) è composta da 20 madrigali e un mottetto finale, a 7 voci dispari (1594)[/b]
da Wikisu testo di L. Tansillo (nato a Venosa…terra di Gesualdo…leggi oltre)
Vedi Wiki

Testo delle Lacrime S. Pietro

Il pezzo finale non è un madrigale, ma piuttosto un mottetto in latino: Vide homo.
Qui, Cristo crocefisso parla in prima persona, e parlando in prima persona, affronta il tradimento di Pietro e in effetti il peccato di tutta l'umanità.
Vide homo..(finale delle Lacrime di S. Pietro)



Vide homo quae pro te patior, Guarda uomo, quanto patisco per te,
Ad te clamo, qui pro te morior, chiamo te, io che muoio per te,
Vide poenas quibus afficior; guarda le pene che m'infliggono;
Vide clavos quibus confodior; guarda i chiodi con cui mi traffiggono
Non est dolor sicut quo crucior; non c'è dolore come quello di cui soffro,
Et cum sit tantus dolor exterior, e se così grave pare il dolore esterno
Intus tamen dolor est gravior, . quello interiore è ben più grave
Tam ingratum cum te esperio. poiché ti sento tanto ingrato.


******
Ultima modifica di TaO il sab 26 mag 2012, 18:56, modificato 7 volte in totale.
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 26 mag 2012, 16:41


    3. Madrigalisti del tardo '500
    I madrigali della fase tarda
Spesso si ricorreva ad audaci progressioni armoniche e al cromatismo (l'inserimento di note estranee alla tonalità prevalente) per produrre effetti di grande intensità drammatica. I massimi compositori in questa fase furono gli italiani Luca Marenzio, Carlo Gesualdo e Claudio Monteverdi.

Queste possibilità venivano adesso a incrociarsi con nuove sollecitazioni provenienti dal mondo letterario: nelle sue Prose della volgar lingua (1525), Pietro Bembo aveva sottolineato l’importanza imprescindibile dell’effetto sonoro del testo - frutto di una specifica commistione di suoni e accenti, dotato di proprietà quali la gravità e la piacevolezza - sulla sua significazione complessiva. La nuova sensibilità comportò il riconoscimento di Francesco Petrarca quale modello assoluto di lingua e di stile (petrarchismo), nonché la ricerca di combinazioni nuove di suoni e ritmi.

Marenzio – Solo et pensoso (su sonetto Petrarca)


Solo et pensoso i piú deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sì ch'io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch'Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co'llui.


Libertà compositiva e gusto del suono trovano piena realizzazione nell’intonazione musicale, tesa ora a stabilire un rapporto esclusivo con la parola e dunque astrofica (ciò anche quando i testi posti in musica non siano madrigali poetici, ma appartengano a metri definiti, quali il sonetto, l’ottava, la canzone ecc.). A differenza della frottola, inoltre, il madrigale musicale non privilegia alcuna voce, ma distribuisce equamente il peso espressivo della composizione tra i diversi membri della compagine polifonica.

Da Firenze e Roma (città, quest’ultima, in cui è ipotizzabile un’influenza diretta di Bembo sul nascente orizzonte madrigalistico), verso la fine degli anni Trenta il centro produttivo ed editoriale si sarebbe spostato a Venezia, ove si imposero i madrigali di Jacques Arcadelt.

Le oltre mille raccolte di madrigali stampate nella seconda metà del secolo danno la misura del successo del nuovo genere poetico-letterario. Il magistero contrappuntistico di Adrian Willaert e di Cipriano de Rore aveva fornito strumenti sempre più raffinati alla realizzazione musicale del testo poetico, creando un equivalente profano dello stile alto dei mottetti sacri, nonché un perfetto analogo dello stile poetico aulico.

A Rore, in particolare, si deve l’introduzione dei “madrigali cromatici” (Venezia, 1544), cosiddetti in quanto vi si fa abbondante uso di crome, ossia di note nere di valore piccolo, anche nei passaggi sillabici, così da rendere complessivamente più rapido e incisivo l’assetto ritmico. Con la parola cromatico si indica anche quel particolare stile compositivo che ricorre con sistematicità a movimenti melodici semitonali, e dunque a note alterate, che “cromatizzano”, cioè coloriscono, le concatenazioni armoniche.

Rese in tal modo inusitate e spesso impervie, queste ben si prestavano ad interpretare situazioni enigmatiche, o anche di tormento amoroso, irrequietezza, angoscia: se ne sarebbe avvalso come di una cifra personalissima – da alternare, assecondando con ciò le antinomie del testo poetico, a sprazzi di semplicità e scorrevolezza - il principe Carlo Gesualdo da Venosa, in particolare nel terzo e nel quarto libro dei suoi madrigali.
Rore - Mia benigna Fortuna

Un altro filone, i cui inizi si fanno risalire alla fortunata antologia stampata nel 1555 dall’editore e compositore Barré, è costituito dai madrigali cosiddetti “ariosi”, caratterizzati da un andamento spiccatamente declamatorio. La tessitura polifonica, prevalentemente omofonica, lascia sempre apprezzare la configurazione dell’aria, cioè della melodia, affidata alla voce superiore.

Con gli ultimi decenni del secolo, quando nuovi modelli letterari (e in particolare Torquato Tasso e Battista Guarini) si affiancano agli autori della prima fase (Petrarca e i petrarchisti, Ariosto), l’arsenale tecnico dei madrigalisti può ormai attingere a tutte le risorse della scrittura polifonica, alla ricerca di soluzioni sempre più sottili e icastiche.
Sono infatti le singole immagini evocate dal testo poetico che la scrittura musicale madrigalistica intende sottolineare e amplificare con i mezzi di significazione che le sono propri.

Le nette opposizioni di senso (piacere/dolore; vita/morte/; chiaro/scuro ecc.) proprie dei testi intonati saranno di volta in volta rappresentati dalle configurazioni melodiche (movimenti ascendenti o discendenti, per gradi congiunti o per salti più o meno ampi e scomodi), la tessitura (combinazioni vocali via via diverse per numero, qualità, ambito di estensione, uso di procedimenti omofonici o imitativi), il ritmo (durate dei singoli suoni e loro reciproco rapporto, alternanze suono/pausa), le combinazioni armoniche (a partire dalla opposizione fondamentale consonanza/dissonanza). Sarà ancora il testo a giustificare possibili comportamenti eccentrici rispetto alla norma contrappuntistica, laddove questo faccia riferimento a stati di alterazione, di irragionevolezza, di perdita della coscienza di sé.


Oltre ai compositori d’oltralpe attivi in Italia, popolano questa fase della storia del madrigale numerosi italiani, tra i quali si distinguono Giovanni Pierluigi da Palestrina (attivo a Roma), Luzzasco Luzzaschi (Ferrara), Andrea e Giovanni Gabrieli (Venezia), Luca Marenzio (Roma, ma con rapporti consolidati con Ferrara, Mantova e Firenze) e il ricordato Carlo Gesualdo (Napoli e per un breve periodo, dal 1594 al 1597, Ferrara, sposo in seconde nozze di Eleonora d’Este).

.......
Ultima modifica di TaO il sab 26 mag 2012, 18:58, modificato 4 volte in totale.
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 26 mag 2012, 16:58

Mi scuso se tra una puntata e l'altra passa del tempo, ma non riesco ad essere più rapida :shock: anche perchè raccolgo, raccolgo..e poi è sempre difficile discernere e potare :x :oops:
La prossima puntata, sempre se questo modo d'esporre vi è congeniale, rientrerò nel fiume "musica sacra" prima con una fermata sul preterosso Vivaldi (che come Monteverdi ha anche scorrazzato entro l'Opera) e poi focalizzando su sua maestà Sebastièn (Bach) e chiudendo con GF Handel (altro compositore multitasking rispetto ai generi che ha frequentato :P )

Se PBagnoli poi è d'accordo, posso riformulare in forma-articolo le puntate precedenti..o almeno posso fare qualche tentativo in merito..perchè non so esattamente qual è il limite-testo entro cui circoscrivere il singolo articolo..ma avremo tutto il tempo per fare taglia-cuci :lol:

Buon finesettimana e grazie a chi avrà seguito fin qui almeno!
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda pbagnoli » sab 26 mag 2012, 17:42

Valeria, è tutto molto bello però dovresti cercare di splittare un po' la materia: i post così sono veramente troppo lunghi, si fa un po' di fatica a seguirli per intero.
Ti sarebbe possibile dividere un post in due o tre tornate, in modo da semplificarne la fruizione? Grazie!!!
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Re: Polifonicamente...cantando

Messaggioda TaO » sab 26 mag 2012, 18:29

4 - Monteverdi

Madrigalisti di fine '500 - Monteverdi



Proprio verso la fine del Cinquecento, epoca della massima fioritura della civiltà madrigalistica, si manifestano in modo sempre più deciso alcuni fenomeni, tra loro anche eterogenei, che di quella civiltà indicano la crisi ventura, prospettando scenari nuovi.
Si fa strada, innanzi tutto, una nuova sensibilità armonica, per cui la dimensione verticale della musica, l’emissione simultanea di suoni diversi, non è più l’esito della sovrapposizione di autonome linee vocali, ma vuole essere considerata come realtà in sé, dotata di sintassi e regole proprie ( armonia).
Parallelamente si registrano con frequenza, in ambito polifonico, soluzioni che si sottraggono al tradizionale equilibrio contrappuntistico tra le voci optando per procedimenti di tipo omoritmico-accordale o comunque per una bipolarizzazione tra la voce acuta (canto, melodia) e quella inferiore (basso). Sono, queste, esperienze che si richiamano ai già ricordati madrigali ariosi.
In ambiente fiorentino la polemica anticontrappuntistica avrebbe condotto ad una umanistica riaffermazione del canto a voce sola, il solo capace di evitare la disintegrazione del tessuto prosodico. Mai del resto era venuta meno presso le corti musicofile italiane la prassi del canto monodico accompagnato.

Altri stimoli nel senso di un diverso incontro tra musica e parola provenivano dal mondo della letteratura e della drammatica in particolare, forte quest’ultima del recente successo del genere della favola pastorale (Aminta di Tasso, Pastor fido di Guarini).


L’interpretazione della situazione affettiva tendeva insomma a sostituirsi alla restituzione musicale della singola immagine o del concetto espresso dalla singola parola: a quella, come è comprensibile, meglio si sarebbe prestata la duttilità del canto monodico, manifestazione apparentemente immediata della soggettività, piuttosto che la raffinata e sofisticata complessità della scrittura polifonica. La nascita dell’opera, a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo, avrebbe offerto adeguata risposta alle nuove esigenze espressive.

In ambito madrigalistico, tradizione contrappuntistica e nuove tendenze si confrontano esemplarmente nell’opera di Claudio Monteverdi (1567-1643), che vide pubblicati in vita otto libri di madrigali.
I primi cinque (1587-1605), che mostrano la spiccata predilezione per le rime di Tasso (libri I-III) e quindi Guarini (IV-V), si iscrivono nella tradizione energicamente espressiva di Wert e Marenzio.
Non mancano omaggi al recitativo dei monodisti (Sfogava con le stelle, Libro IV, su testo di Rinuccini) e frequenti licenze di scrittura, giustificate in quanto richieste dal dettato poetico: sono queste le caratteristiche della seconda practica (già avviata da Rore, Marenzio, Wert), contrapposta ad una prima practica, tipica della produzione franco-fiamminga, in cui le regole del costrutto musicale avrebbero avuto ragioni più forti rispetto al senso del testo intonato.

L’uso del basso strumentale, introdotto negli ultimi sei madrigali del Libro quinto, non verrà più abbandonato. A partire dal Libro sesto (1614) Monteverdi esplora le possibilità espressive della monodia accompagnata e dello stile recitativo o rappresentativo (tale non perché usato sulle scene, ma perché adatto alla rappresentazione ideale di situazioni e affetti), amalgamandolo o contrapponendolo ad un sapiente impiego della compagine strumentale (in questo senso va inteso il titolo, Concerto, apposto al Libro settimo). I tre principali stati dell’animo umano (“concitato, molle, temperato”) sono rappresentati infine con altrettanti stili musicali nel Libro ottavo (Madrigali guerrieri et amorosi), e in particolare nel celebre Combattimento di Tancredi e Clorinda, il cui testo è estrapolato dalla Gerusalemme liberata di Tasso.

Fonti Web:
http://www.parodos.it/musica/madrigale.htm
http://www.unisi.it/ricerca/prog/musica/schede/madrigale.htm


Claudio Monteverdi

L’opera svolta da Monteverdi si colloca a cavallo di due epoche: con i suoi madrigali può essere considerato l’ultimo grande polifonista del Rinascimento e insieme apre la strada alla nuova musica, la “monodia accompagnata”, cioè il canto solistico dei primi melodrammi, che dominerà il mondo musicale dal ‘600 (il Barocco) e oltre.

Monteverdi compone nella sua vita 9 libri di Madrigali.

Nel Terzo Libro dei Madrigali, pur all’interno di una struttura ancora sostanzialmente polifonica, compare già l’uso di declamati, l’isolamento momentaneo di una singola voce, dissonanze non preparate e a volte molto violente, frammentazione del tessuto musicale.
Il Terzo Libro ebbe un successo strepitoso e il nome di Monteverdi cominciò a circolare negli ambienti colti delle corti italiane ed europee.

Ai madrigali del Quinto libro, del 1605, ancora polifonici a 5 voci, viene aggiunto per la prima volta il basso continuo, costituito da una linea melodica che il musicista scriveva in chiave di basso e che faceva da sostegno armonico a tutta la composizione; a partire da una sola linea (o voce) di Basso scritta dal compositore era necessario sviluppare "d'improvviso" (ovvero improvvisando) le altre voci necessarie alla completezza e pienezza delle armonie. Per il Basso Continuo, che verrà usato in tutto il periodo Barocco, veniva abitualmente incluso almeno uno strumento capace di suonare accordi, come il clavicembalo, l'organo, il liuto, la chitarra o l'arpa; inoltre, poteva essere compreso un certo numero di strumenti in grado di suonare note gravi, come il violoncello, il contrabbasso, il violone, la viola da gamba o il fagotto.
Sempre nel Quinto libro fa anche capolino la monodia, cioè la preminenza di una voce, normalmente il soprano, sulle altre. Tale tendenza giungerà a prevalere nel corso dei quattro libri successivi. (fonte: wikipedia)

L '«Ottavo Libro» è tra le raccolte di genere profano monteverdiane, l'opera maggiore e contiene lavori scritti in un periodo di 30 anni. E’ una raccolta, simmetricamente distribuita in canti «guerrieri» e «amorosi» e comprende composizioni quali il «Combattimento di Tancredi e Clorinda» e l’allegorico «Ballo delle ingrate».

Nella scena drammatica “Tancredi e Clorinda” l'orchestra e le voci formano due entità separate, che agiscono come copia una dell'altra. Ciò che fa spiccare questa composizione sulle altre, è il primo utilizzo del tremolo (una veloce ripetizione dello stesso tono) e del pizzicato (pizzicare le corde con le dita) per ottenere effetti speciali nelle scene drammatiche.


Lamento della Ninfa (dal vi libro madrigali)



Partitura

Non havea Febo ancora recato al mondo il dì,
ch'una donzella fuora del proprio albergo uscì.
Sul pallidetto volto scorgeasi il suo dolor,
spesso gli venia sciolto un gran sospir dal cor.
Sì calpestando i fiori errava or qua, or là,
i suoi perduti amori così piangendo va:
"Amor", dicea, il ciel mirando, il piè fermò,
"Dove, dov'è la fè che'l traditor giurò?"
Miserella, ah più no, no, tanto gel soffrir non può.
"Fa che ritorni il mio amor com'ei pur fu, o tu m'ancidi,
ch'io non mi tormenti più.
Non vo' più ch'ei sospiri se non lontan da me,
no, no che i martiri più non darammi affè.
Perchè di lui mi struggo, tutt'orgoglioso sta,
che si, che si se'l fuggo ancor mi pregherà?
Se ciglio ha più sereno colei che'l mio non è,
già non rinchiude in seno amor si bella fè.
Nè mai sì dolci baci da quella bocca avrai,
nè più soavi, ah taci, taci, che troppo il sai."
Sì, tra sdegnosi pianti, spargea le voci al ciel;
così nei cori amanti mesce amor fiamma e gel.
*****

Pur ti miro (dall'Incoronazione di Poppea)


Testo e partitura

Concerto Arpeggiata con diversi brani di Monteverdi..



Fonti Web
http://harmoniaeweb.blogspot.it/2009/04/claudio-monteverdi.html

sul Combattimento di Tancredi e Clorinda (1638)
http://harmoniaeweb.blogspot.it/2009/04/claudio-monteverdi-il-combattimento-di.html
http://www.atuttascuola.it/collaborazione/sabry/claudio_monteverdi.htm
Ultima modifica di TaO il sab 26 mag 2012, 18:59, modificato 2 volte in totale.
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