Carissima,
grazie intanto della risposta (e scusa per il mio ritardo).
Dunque, seguiamo un punto alla volta. Partiamo da Giovanni Guicciardini.
Tu affermi, se ho ben capito, che in quanto interprete del Duca della Lucrezia (parte considerata di basso cantante) non poteva essere un baritono acuto alla Ronconi.
E questo proverebbe che l'ipotesi del conte "tenorile" è azzardata.
Io risponderei che:
1) non possiamo mai desumere le caratteristiche di un cantante dai ruoli che cantava, essendo prassi - ancora negli anni 50 e persino l'oltre - l'arrangiarsi le parti su misura. Come sai, è un esempio che ho già fatto, se noi dovessimo giudicare le caratteristiche della Malibran o addirittura dell'Alboni sul fatto che hanno cantato Amina della Sonnambula, dovremmo giudicarle soprani acutissimi, addirittura in possesso del mibemolle sopracuto - scritto in partitura! Così naturalmente non è: la Malibran si abbassò la cabaletta finale di una quarta!!! A quel punto avrebbe potuto cantare Amina anche Jean Madeira!
Tu ci ricordi che Guicciardini cantò varie volte il mio concittadino Don Alfonso d'Este. Hai ragione. Ma che mi rispondi se ti dico che nel 1863 cantò l'Otello di Rossini a Milano? Come vedi non è spulciando nel suo repertorio che si individua la sua vera natura vocale.
2) mettiamo però che sia come dici tu: ossia che la sua vera voce fosse assai poco tenorile.
Be' in questo caso può essere utile ricordare quanto riferisce il suo biografo, Casali, a proposito dei problemi incontrati da Guicciardini proprio col Trovatore e in particolare con l'aria "Il balen del suo sorriso". Ci fu addirittura un battibecco tra baritono e compositore dietro le quinte, quando, alla prima, "Ah dell'indegno rendere" suscitò qualche risata dal pubblico.
Veniamo all'altra questione: la teoria che i baritoni "tenorili" siano un approdo successivo alla prima guerra mondiale.
Ebestignani ha scritto:parli di una tipologia vocale che ,tutto sommato ,fino a prima della seconda guerra mondiale i baritoni italiani e tedeschi di chiara fama possedevano,a parte Titta Ruffo. I baritoni large size, quelli che con un soffio spazzavano il leggio e via dicendo,erano quelli successivi: da Franci in poi. E li' posso anche essere d'accordo,un baritono grosso e tonitruante con Verdi puo' pure entrarci poco.
Come avevo scritto, l'oscuramento (e l'iper-drammatismo) delle vocalità maschili, seguendo l'abbassamento della principale ossia il tenore, è un fenomeno che io colloco tra fine ottocento e primi anni del '900.
E' chiaro che non è stato un fenomeno caduto nel giro di una notte: la notte prima tutti erano così, il mattino dopo tutti erano colà!
No, come tutte le trasformazioni ha richiesto del tempo.
Non c'è dubbio che baritono acuti e tenorili fossero più rari negli anni 40-50 (quando la trasformazione era giunta a conclusione) rispetto agli anni 10; ma è altrettanto vero che negli anni 10 erano più rari che all'epoca di Verdi, sessant'anni prima.
Resta il fatto che nessun "Balen" (degli anni 10, 20, 30, 40, 50, ecc....) esibisce il sol "dolcissimo" espressamente richiesto da verdi.
Tornando ai baritoni della Belle Epoque, non vedo perché accanirsi tanto a tenere Titta Ruffo "a parte". Ruffo è proprio il segno del cambiamento, quanto Caruso lo era fra i tenori.
Sarebbe come se volessimo negare la progressiva "baritonalizzazione" timbrica dei tenori novecenteschi, sventolando casi "antichi" come quello di De Lucia e Bonci.
...Ma e allora Caruso? Ah... ma Caruso non c'entra!
Lui è un fenomeno a parte!
Eh no! Caruso non è a parte: è proprio la chiave di volta del fenomeno, esattamente come Ruffo per la corda baritonale.
3 punto.
Non capisco perché collochi Guelfi fra i baritoni coloristi.
Dal mio punto di vista non c'entra nulla: i baritoni coloristi di cui parliamo hanno non solo caratteristiche vocali ben diverse, ma è soprattutto la loro formazione tecnica e il loro repertorio a essere inconfondibile e per nulla rapportabile a quello di Guelfi (la cui formazione è invece quella del solito baritono declamatore all'italiana, erede alla lunga - ci piaccia o meno - dei Gobbi e dei Cappuccilli).
I baritono coloristi nascono da esperienze mozartiane, britteniane e liederistiche. Il loro repertorio (prima di conquistare i terreni di Verdi e ora persino Wagner) si fondava su Billy Budd, Don Giovanni, Conte delle Nozze, Papageno e Guglielmo, Eugenio Oneguin, Pélleas, eventualmente (come concessione populista) Figaro e Dandini di Rossini e il Malatesta di Donizetti.
Il loro terreno d'elezione - a parte il concertismo raffinato che spazia da Schubert a Cole Porter - si può rintracciare nel '900 più chic: di Britten, oltre a Budd, sono specialisti di Taquinius del Rape of Lucretia, Demetrius del Midsummer, Owen Wingrave, Sid dell'Albert Herring; di Henze cantano il Prinz von Homburg, Mittenhofer nell'Elegia per due Giovani Amanti - non a caso creato da Fischer Dieskau - e Pentheus delle Bassaridi; di Messiaen cantano il San Francesco, di Ravel Ramiro dell'Ora Spagnola, di Janacek il Guardiacaccia della Piccola Volpe Astuta).
Sono specialisti del Musical, delle opere contemporeanee (specie quelli dove possono esibire i loro pettorali, come il Tram chiamato Desiderio di Previn), dell'Operetta (Eisenstein e Danilo) e non disdegnano il barocco (Enea di Purcel, Orfeo e soprattutto Ulisse di Monteverdi sono loro specialità).
Ultimamente hanno aperto spaccati assolutamente imprevedibili in Gounodt (Mercutio e Valentino) e soprattutto in Massenet (Amleto è rinato grazie a loro, Erode pure e - incredibile - per loro è stato rispolverato Werther nell'inutilissima variante Battistini).
Sono stati i capifila della rivoluzione "attorale" nel canto operistico (tenori e soprani hanno tenuto dietro). Fieri del loro aspetto giovane e moderno, attori scioltissimi, con le aperture e le mezzevoci "colorate", per nulla interessati al suonone potente e all'acuto a perdifiato, ma con una facilità vocale sui la e addirittura sibemolle che li faceva assomigliare ai tenori.
Modelli? Sicuramente Fischer Dieskau ma non solo: nel loro patrimonio genetico ci sono anche Souzay, Uppman, Allen, Le Roux e altri baritoni-tenori "jeune premier" da delicatezze liederistiche e fisicità da Broadway.
Ci vedi Guelfi in questo ritratto?
Ci piaccia o non ci piaccia (a te non piace, a me invece non dispiace affatto) Guelfi ha tutti altri modelli in testa, tutt'altro repertorio, tutt'altra formazione, tutt'altro stile, tutt'altra presenza e soprattutto tutt'altra tecnica.
I baritoni che io ho denominato "coloristi" sono altri. Sono Thomas Hampson, Bo Skhovhus, Simon Keenlyside, Rodney Gilfry, Gerald Finley, Nathan Gunn, Peter Mattei, limitandomi ai principali.
Io credo di aver capito pero' dove vuoi arrivare quando ti rivolgi a giovani con emissione multiforme,carismatici,moderni,
in grado - mi sembra un ovvio corollario - di proseguire la lezione e il magistero di Dietrich Fischer Dieskau.
Come ho detto FD è stato solo uno dei loro modelli, ma né Hampson, né gli altri si sono limitati a seguire lui: l'erede diretto di un Fischer Dieskau è un certo tipo di baritono tedesco, con molte pose intellettualistiche del vecchio modello del Cavalier-Bariton (Goerne), vocazione all'introspezione sublime (Volle) e recitazione quasi espressionistica (Henschel).
Se ho citato FD in questo trhead è solo perché lui è stato il primo ad applicare il colorismo in verdi.
Da lui hanno sicuramente tratto ispirazione gli Hampson e Company, ma non solo. Per fortuna tanti aspetti un po' ridicoli e superati di FD non li hanno accolti, fondendo la sua lezione a quella di altri artisti come Uppman (sintesi di canto operistico e musical), Hakegard e Hinninen (per la modernità della parola e il pianissimo aperto), Souzay, Thomas Allen, e altri...
In pratica io ritengo che Hampson sia andato ben oltre Fischer Dieskau: il suo Macbeth, ad esempio, è tanto più singificativo e riuscito. Idem per il Conte di Keenlyside o l'Oneguin di Skhovhus.
Suppongo quindi che Guelfi e Keenlyside rientrino nella categoria,a parte che Guelfi non lo so ma gli altri due hanno ormai i loro annetti.
Su Guelfi ho già risposto. A me pare che non c'entri nulla col discorso che stiamo facendo.
Quanto agli annetti, spero che quando parlo di "gioventù" si intenda un discorso sul personaggio!
Da una parte c'è un trentenne che si ingobbisce e si trucca da vecchio; dall'altra c'è un quarantenne asciutto, sportivo, dinamico. In quel senso si parla di gioventù.
Leo Nucci a trent'anni entrava in scena già livido e intabarrato come una brutta copia di Gino Bechi. A cinquanta Keenlyside ci consegna un suo Rigoletto caloroso e atletico, dandoci l'immagine di un ragazzo che non è riuscito a diventare uomo.
Gia' io penso che DFD,grandissimo interprete e musicista,potesse rendere bene qualche personaggio verdiano,magari in disco,cosa che del resto ha puntualmente fatto,la Callas direbbe grazie al suo sapiente arroccamento dietro i microfoni della DG,ma ammettiamo che fosse solo un pettegolezzo cattivo.
Ho già detto che sarei molto curioso di trovare questo fantomatico articolo in cui la Callas si permette simili facezie!
Peccato che non siamo riusciti a farlo saltar fuori!
Inoltre, sai... se ancora oggi (che i coloristi trionfano nel mondo nei ruoli Verdiani) c'è ancora chi si scandalizza di quei suoni, figurati ai tempi di Fischer Dieskau!
se non ha cantanto più spesso questi personaggi, è forse perché il pubblico non voleva saperne di rinunciare ai Gobbi e ai Bastianini.
Sai... se è per questo Vickers non ha mai fatto un Verdi in Italia (nemmeno Otello). E mentre da noi trionfava in Don Carlos un Flaviano Labò... lui poveretto doveva fare Don Carlo solo a Londra!
E la Sutherland? Ha mai fatto Norma in Italia? No certo...
Tutto questo prova il basso livello della Norma della Sutherland e dell'Otello di Vickers (o del Rigoletto di Fischer Dieskau) o piuttosto del nostro pubblico?
Ma penso anche che,nello stesso Rigoletto, la sua incisione piu' riuscita, qualche problemino quando si esce dall'effusione lirica,cioe' nei passi di vocalita' piu' tesa, ci sia
Cosa intendiamo per problemino? Note che non ci piacciono?
Se intendiamo questo, ti dirò che trovo tantissimi "problemini" nella Traviata e nella Lucia della Callas.
Certo... Gianna d'Angelo in questi ruoli di problemini ne aveva meno!
Quanto a Hampson io l'ho sentito dal vivo (oltre che nei tuoi stessi Tosca e Masnadieril) fin dagli ultimi anni '80.
Concerti liederistici, Don Giovanni, Traviata, Doctor Faust, Ballo in Maschera (quest'ultimo sensazionale), Prinz Von Homburg. Un gigante, seppure con la tendenza al narcisismo e quella ancora più spiacevole dell'enfasi granguignolesca (entrambi portati della lezione di FD).
I Masnadieri sono stati molto meno esaltanti del resto, ma occorre anche considerare la brutta, bruttissima realizzazione di Zurigo: uno spettacolo catastrofico musicalmente e teatralmente, nel quale lui si sentiva (giustamente) il divo salva-recita, in diritto di sbracare a più non posso. Come Scarpia invece l'ho trovato grandioso.
Venendo alla questione Vinay sollevata da Vit, dirò che per me Vinay è sempre stato un baritono!
Salutoni,
Mat