I Puritani (Bellini)

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I Puritani (Bellini)

Messaggioda pbagnoli » dom 18 dic 2011, 16:02

In questi giorni, nei ritagli di tempo sto andando a sfrucugliare fra i dischi che non ascolto da un po' di tempo. Fra cui - mi duole dirlo - i Puritani.
Mi duole perché trattasi di opera meravigliosa, ricca di musica fra la più ispirata mai scritta e che - se cantata comme il faut - può dare soddisfazioni immense.
Il punto è: quale registrazione?
Quale Elvira?
Quale Arturo?
Quale direttore?
Per quanto riguarda la Primadonna, penso che la discografia metta sul piatto della bilancia le tre più importanti belcantiste della storia, vale a dire Maria Callas, Dame Joan Sutherland e Montserrat Caballé.
Dico la verità: francamente non so scegliere, non rinuncerei a nessuna delle tre, nemmeno alla Montsy per la quale normalmente non mi straccio le vesti. La Sutherland finisce però per convincermi maggiormente per una nota languida a malinconica che, in questo ruolo, trovo irresistibile. La Callas è anch'essa favolosa.
Come tenore Kraus è notevolissimo, anche e soprattutto per astenersi da quel famoso fa sopracuto; Pavarotti invece ce lo mette e non mi piace per niente, e per di più il fraseggio ha un che di più plebeo rispetto al Divino Alfredo. Di Stefano sarebbe perfetto, se non fosse già un po' spampanato.
Direttori: in quest'opera adoro Muti su chiunque altro.

Lo so: ci sono altre edizioni, ma queste mi sembravano le più significative su cui provare a articolare una discussione.
Che ne dite?
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda vitus » lun 19 dic 2011, 18:15

Un post su " i Puritani"? Un invito a nozze. Di registrazioni ce ne sono molte ma poche soddisfano. La migliore per me è un live e non un'incisione ufficiale. Si tratta del live fiorentino con Gedda, Deutekom e Bruscantini del 1970, direttore un Muti non ancora in odore di filologia. Che cast! Geddda, immenso. Forse meno fresco dell'altra registrazione del 1963 ma sempre in linea con le esigenze vocali e stilistiche della parte. Qui manca il fa sovracuto che invece assicura nell'incisione con la Sills. Tra l'altro il fa di Gedda mi piace più della nota del pur grande Pavarotti e non è per nulla uno striminzito falsetto come ho letto da qualche parte ma una nota ben emessa e soprattutto cantata e non sparata. Tornando alla incisione fiorentina, troviamo la Deutekom, che agilità un po' effetto jodel effettivamente le aveva, ma è stata anche voce dotatissima e offre una ritratto di Elvira efficace anche per fraseggio. Dulcis in fundus, Bruscantini in uno dei pochi ruoli seri della sua carriera (prove sempre convincenti, Ashton, Posa e Re Alfonso). Bruscantini cesella da par suo l'entrata di Forth e chiude la cabaletta con un acuto lungo e facile. Altri grandi interpreti, Kraus, giustamente citato da PBagnoli, che io segnalo in un live con la Freni mentre l'edizione con la Caballè pur di livello arriva un po' tardi come per il soprano spagnolo che però esibisce ancora la sua malìa timbrica. Il citato Pavarotti, meno rifinito nello stile e fraseggio ma, acuti sempre belli a parte, sorgivo e spontaneo, forse non quanto un Di Stefano che agli acuti ci arriva più per natura. La Callas e la Sutherland sicuramente. Infine, il mio rammarico per il mancato Forth di Taddei. Scusate la lungaggine e auguri a tutti.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda Riccardo » lun 19 dic 2011, 19:52

Quale registrazione non lo so... Nessuna coglie interamente la bellezza dell'opera.

Arturo: Gedda non è perfetto ma probabilmente il migliore. Se la gioca con Kraus. Al primo manca una certa naturalezza di canto "italiana" che qui è necessaria. A Kraus manca lo slancio giovanile.



Elvira: Callas. Sutherland. Gruberova. Non saprei scegliere tra di loro. Posso solo dire che forse all'australiana in questa parte mancava, a mio gusto, quel languore romantico che traspira dalla musica belliniana.


Julius Rudel secondo me dirigeva quest'opera magnificamente.

Se vogliamo parlare anche di interpretazioni non immortalate in disco, per me sono di assoluto riferimento l'Arturo di Gregory Kunde e, oggi, l'Elvira di Diana Damrau (debutto straordinario l'anno scorso a Ginevra).

A me poi qui piace tantissimo quest'altra artista, secondo me molto sottovalutata:
da 5:45


Naturalmente aspettiamo
Ich habe eine italienische Technik von meiner Mutter bekommen.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda VGobbi » mar 20 dic 2011, 0:53

Io possiedo solo quella cantata da Callas e Di Stefano. :oops:

Callas sovrumana e Di Stefano, beh ... con lo stile non c'azzecca nulla eppero' ... mi piace, anche troppo! Questo nell'unico ascolto di tanti anni anni fa ... chissa' se riascoltandola adesso, abbia cambiato pure pareri su quest'incisione.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda MatMarazzi » ven 23 dic 2011, 9:20

Anche per me Gedda e Kraus sono gli Arturo più probabili della discografia, i più autentici rubiniani del secondo '900.
Tra gli storici merita una menzione Lauri Volpi, anche se la sua tecnica e il stile lo predispongono di più a un taglio "Duprez". Inoltre il tono è un po' stucchevole.
Però un senso di luminosità immateriale e purezza argentea c'è.

http://www.youtube.com/watch?v=SXF-3cJIK-g


Poi su tutti svetta, secondo me, il rubinano "assoluto": il maggiore dopo Rubini stesso! :) Ossia Kunde!
Che tutte le case discografiche non siano corse per fargli incidere tutti i ruoli Rubini esistenti, negli anni buoni, resta per me un mistero!


Se riuscite a sopportare la Serra, credo sia difficile trovare un tenore che in questa pagina possa fare di meglio.

Interessante il discorso su Di Stefano.
Anche a me il suo Arturo (benché il 1953 sia già un anno tardivo) suscita interesse.
Questo non significa che mi piaccia! :) Però è già notevole che potesse farlo, che l'abbia fatto.
Se si fosse orientato verso certi personaggi supersonici del romanticismo francese, quando l'ebrezza virtuosistica cominciò a contaminarsi di furore popolare (sto pensando al Profeta, ai Vespri Siciliani) non sarebbe stato privo di interesse.

Aggiungo che i primissimi Puritani in LP che ho acquistato (credo fosse il 1980) erano quelli "live" da Buenos Aires, con la Gencer, Gianni Raimondi, Manuel Ausensi e Ferruccio Mazzoli, diretti da Argeo Quadri.
Niente di che in fondo, ma sono tuttora molto affezionato a quell'edizione.

Salutoni,
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda stecca » lun 09 gen 2012, 21:22

vocalmente è notevole il duo Sills/Pavarotti di un live americano degli anni settanta entrambi eccedono ma sono in stato di grazia assoluto, cmq la Callas ha un che di irraggiungibile e di definitivo
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda Triboulet » mer 25 gen 2012, 2:15

I Puritani sono un bel casino! Una di quelle opere difficili da far quadrare. Dirò qualcosa sulle registrazioni a me note, soffermandomi sulla primadonna (che oltre ad essere la mia fissazione è, credo, pure il personaggio principale dell'opera). L'edizione di Serafin con la Callas è sicuramente notevole, eppure non è soddisfacente come avrebbe potuto essere solo pochi anni dopo (basta ascoltare le arie di Elvira cantate nei concerti del 56 e del 57). Si respira in quella registrazione (credo tra l'altro la prima in studio della storia dell'opera) una strana aria rivoluzionaria eppure "provinciale", più che nobile direi quasi paesana, è una sensazione che non so ben descrivere. C'è Maria che è ancora prigioniera dell'idea del "drammatico di coloratura", che spara fin troppo dove non dovrebbe (da finto soprano wagneriano qual'era) e si smarrisce in maniera ancora troppo grezza e artefatta (diremmo una ragazzona di campagna), Pippo è sempre Pippo, baldanza giovanile e grande dizione, però già poca finezza e qualche indulgenza, e Panerai gigioso come al solito in parti che non lo richiedono. Semmai è Serafin che fa un gran lavoro di direzione e concertazione, che suona ancora discretamente moderno (e riapre pure alcuni tagli per l'epoca significativi). Il fatto è che, tra le edizioni in studio, rimane nel complesso la migliore.

L'edizione Sutherland-Pavarotti-Cappuccilli (che non posseggo) mi sà della classica edizione per vociomani (motivo per il quale l'ho sempre evitata), come poco mi entusiasma l'edizione di Muti (buona la direzione, ma a mio gusto un po' troppo inflessibile) con la Montse e Kraus (che tutto sembrano fuorchè giovinotti innamorati). A questo punto, tra le edizioni integrali in studio, preferisco la Sills con Gedda (che anche nel 75 fa la sua figura), ma Beverly è eccessiva come al solito e sempre ipergioiosa, ipertriste, ipertrillosa (me lo si passi), ed Elvira ai miei occhi è invece un personaggio assai sottile, o dovrei dire sottilmente banale, nel senso di acerbo, vezzoso (appunto) e lagnoso come solo una nobile adolescente poteva essere (che si sia un po' di Malibran, in fondo?!).

E quindi rimane ben poco. La Gencer è secondo me l'Elvira migliore a livello di compromesso fra vocalità e personaggio. Vocalmente è ancora ineccepibile (e forse è la cosa che si avvicina di più alla Grisi) e riesce con la sua "fragilità lirica" un po' altezzosa, un po' commiserativa e un po' snob a convincere sia nei brani classicamente vittimisti/retorico-psicotici che in quelli più propriamente ruffiani. E le finezze non sono quasi mai fine a loro stesse. Si ha insomma l'impressione di avere ancora un'Elvira vecchio stampo filtrata dalla lezione callasiana. Ma il resto di quell'edizione è dimenticabile.
Tra le cose recenti c'è un dvd con la Gruby. La Gruberova tarda (credo siamo nel 2001) è sempre affascinante, epperò si parta sempre dal presupposto che lei "ronzeggia" (alla maniera sua) un po' tutte le nostre paladine belcantiste, siano esse donizettiane o belliniane. Filologicamente siamo proprio fuori, ma l'idea di un'Elvira completamente matta (ma proprio delirante) in ogni battuta che canta (compresi i duetti) è assai affascinante. Esperimento che va preso ovviamente per quello che è.

Non ho nostalgia di una Elvira della Dessay. Ho la sensazione che farebbe un compitino sicuramente sopra la media ma non imprescindibile e rivoluzionario (assomiglierebbe più a Sonnambula che non a Lucia). Semmai auspico una Stuarda per Natalie.
Secondo me l'Elvira dei giorni nostri è proprio, potenzialmente, la Netrebko. E dico potenzialmente, giacchè la sua prestazione, nel complesso, non è esaltantissima (io suggerisco comunque l'edizione del dicembre 2006 che ora si trova pure su youtube, con Kunde non più freschissimo ma ancora valido). I problemi sono tanti. Il primo: Anna non è nella sua dimensione, giacchè pare troppo concentrata a "cantare". Per lei dominare questa scrittura è una fatica immonda, e sembra più intenta a eseguire come può scale, portamenti, figurazioni veloci, che non a delineare il personaggio. Nell'intervista-backstage che le fece la Fleming all'epoca dice qualcosa tipo "ah, in queste opere bisogna cantare, cantare, cantare, non c'è molto spazio per altro." Esempio: Son vergin vezzosa, di cui avrebbe potuto dare una lettura definitiva a livello di feeling se avesse avuto gli strumenti tecnico-vocali, risulta quindi lenta, stanca, priva di colore, inventiva, sensualità. Il libretto non la aiuta nè la stimola di certo ("del resto dico 200 volte Ah vieni Arturo!" ironizza), e forse il ruolo di fanciulla tra i merletti non la esalta ("sì, va bene la principessa, ma preferisco ruoli più.... [faccetta, come a dire "intriganti"]). In più il muffoso allestimento del Met (contrariamente a quello della sua Traviata) e la direzione abbastanza grigia contribuiscono a mortificarla ulteriormente in una dimensione direi post-bellica che certo non le appartiene. Eppure io non la cestinerei in toto la sua performance, sicuramente incompleta e non pienamente soddisfacente, ma che almeno lascia, più o meno consapevolmente, intravedere una strada credibile.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda dario79 » mer 25 gen 2012, 18:17

cosa intendi per "classica edizione per vociomani" a proposito del'edizione pavarotti-sutherland? per quanto ne so, è una delle testimonianze discografiche più notevoli che ci abbia lasciato pavarotti, che non è certo il mio tenore preferito.
gentilmente sapresti dirmi qualcosa in più su quest'edizione e come venne accolta dalla critica?
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda Triboulet » mer 25 gen 2012, 19:29

Come ho sottolineato non posseggo quell'edizione, quindi è difficile che io sappia dirti di più di una registrazione che non ho :mrgreen: Siccome conosco bene sia la Sutherland che Pavarotti riesco ben a immaginare che il prodotto non desterebbe il mio interesse. Che poi la critica ne abbia parlato bene o male mi interessa relativamente. E' una delle prime edizioni pseudo-filologiche, a mia memoria; trattasi sempre di filologia "alla Bonynge" (che mischia versioni diverse a piacimento, apre tagli incompiuti e ne orchestra le parti mancanti ecc.) ma siamo pure negli anni 70. Se la tua domanda era "è una buona edizione?" sono sicuro che dal punto di vista strettamente vocale è più che soddisfacente (ecco perchè parlavo di "vociomani"), anzi quasi una garanzia, ma siccome io di solito ricerco un approfondimento psicologico maggiore da parte degli interpreti (o anche una più o meno consapevole adesione del carattere dell'interprete a quella del personaggio) mi dirigo su cose che possono soddisfarmi in tal senso. Tutto dipende da quel che cerchi.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda dario79 » mer 25 gen 2012, 19:54

a me bonynge non mi ha mai convinto, la maria stuarda che mi ritrovo a casa mi ha deluso tantissimo, è stato il mio primo approccio con la sutherland , devo dirti che fra direttore e orchestra non si capisce chi sia il peggiore. non immaginavo che fosse proprio lui a dirigere questi puritani per vociomani. ciao.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda MatMarazzi » sab 28 gen 2012, 15:27

Grazie Triboulet per il bellissimo excursus dei Puritani novecenteschi (e oltre).
Mi soffermerei sulla tua perplessità a proposito della Callas.
Sono d'accordo che, asoltata in rapporto al suo belcanto successivo (quello che piace a noi), la sua Elvira possa apparire aspra e spigolosa... e ci viene facile scambiare la cosa per immaturità rispetto ai risultati successivi.
Però Elvira è un caso un po' a parte, nella galleria belcantistica della Callas.
In quanto personaggio pensato per la Grisi (e contemporaneamente per la Malibran, aggiungerebbe Riccardo) si distacca fortemente da tutte le altre eroine che la Callas ha affrontato.
Non è strano che (esclusa Chicago) non abbia più ripreso il personaggio.
E non è strano che, in questo caso, la "prima Callas" risulti - almeno per me - talmente convincente da non farmi sentire la nostalgia di un successivo ritorno al personaggio.
D'altronde capisco benissimo le tue perplessità.

Se vuoi io ti propongo una chiave di lettura su quei Puritani, che ho già espresso in questo forum. Un filo Bellini-Wagner che nasce da Serafin (il Serafin dell'immediato dopo-guerra) prima che dalla Callas.
Anzi, per non ripetermi, citerò esattamente quello che ho scritto moltissimo tempo fa, nell'ottobre del 2007.
http://www.operadisc.com/forum/viewtopic.php?f=10&t=623&start=15

Parlando dell'Elvira della Caballé ho scritto:
c'è qualcosa di istintivamente largo, direi montuoso, scottiano, in quel colore scuro e denso, in quel modo "romantico" di assaporare le frasi.
E quel qualcosa è tanto, tanto sottolineato da Muti (e anche questa è una cosa che hai detto pure tu).
Insomma... grava su questi Puritani un'atmosfera di cieli nuvolosi e dirupi scozzesi, di colori cangianti alla "turner".

Mi ricordano l'intuizione, anzi la solitaria battaglia del vecchio Serafin del dopo guerra, quando incontrò la Callas, quel giovane soprano dalla voce dura, possente, stridente, adatta a Turandot e Gioconde.
Serafin prese sotto braccio la Callas e la condusse in tutti i suoi debutti belliniani (Norma e Puritani) e Wagneriani (Walkiria, Isolde, Kundry).
Bellini-Wagner; Wagner-Bellini.
I primi anni della Callas in Italia sembrano concentrarsi su questa bipolarità.
Anche nei suoi primissimi 78 giri (proprio del 49) la Callas si presentò con Norma, Puritani e ...Isolde? Niente Verdi... niente Puccini...
E in questo rapporto Wagner-Bellini della giovane Callas, Serafin c'è sempre in mezzo!
Anche nel caso più estremo, più di rottura rispetto alla tradizione: i Puritani di Venezia del 49 (perché Norma in fondo, era roba da soprani drammatici).
Si dirà... ma la Callas cantò i Puritani per caso, per sostituire la Carosio, essendo già a Venezia per cantare la Walkiria (ancora Wagner).
...Nulla è un caso!
Chi doveva dirigerla in Walkiria? Serafin.
E chi la diresse in Puritani? Serafin.
Ci credete voi che la Callas non avesse già pronta la parte?
E che non l'avesse studiata proprio con Serafin, come già Norma?
Secondo me non era un caso: era il disegno che Serafin pensava di realizzare, il suo antico sogno, reso possibile da questa giovane, strana cantante: rileggere Bellini alla luce di Wagner.
E infatti i Puritani discografici di Serafin hanno una dimensione romantica assolutamente insolita, un'intensità procellosa di colori, una vastità di orizzonti che solitamente non si ascolta.
E la sua Elvira (sentita con le orecchie di allora) stordiva per i colori aspri, rocciosi, le leghe impure e gli slanci grandiosi, sublimi, assoluti.
Oggi siamo abituati a sentire la Callas nei ruoli che la tradizione aveva affidato ai lirici-leggeri.
Anzi, semmai troviamo che in Elvira sia anche troppo "pesante".
Ma allora questa Elvira (prima di Lucia, MOLTO prima di Amina) guardava lontano, oltre il mare, oltre alla Scozia!
Guardava verso l'Irlanda!
Scusate la divagazione, ma ho come la sensazione che Muti (e la Caballè) siano stati gli unici a riprendere quel discorso e a tentare un Bellini visto con gli occhi del poi... preannunciatore del sogno wagneriano.
E non c'è nulla di più bello (per chi ha la fortuna di venire dopo) che scoprire in una musica suggestioni implicite ed embrionali che solo la storia avrebbe svelato.


Mi piacerebbe sapere, Triboulet, cosa ne pensi!
E cosa ne pensano gli altri amici del forum.

Salutoni,
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda Triboulet » lun 30 gen 2012, 1:53

Mat io rimango sempre incatato dai tuoi interventi, che alle volte sono così poetici da essere estremamente persuasivi (è un complimento eh! : Chessygrin : )...
Dunque, cosa ne penso... andiamo con ordine:
MatMarazzi ha scritto:In quanto personaggio pensato per la Grisi (e contemporaneamente per la Malibran, aggiungerebbe Riccardo) si distacca fortemente da tutte le altre eroine che la Callas ha affrontato.
Non è strano che (esclusa Chicago) non abbia più ripreso il personaggio.


Io tanto per cominciare non sento un abisso stilistico tra i suoi Puritani del '53 e la sua Lucia del '53, o se vuoi dalle recite messicane di Puritani e Lucia dell'anno prima. Penso che tendesse ad assimilare questi personaggi ad una poetica e ad uno stile comune. Quanto al fatto che non li abbia più cantati dopo il 53... beh, semplicemente non la scritturavano per quel ruolo! Ricordiamoci che la Callas post-dimagrimento cantava quasi esclusivamente alla Scala (in nuovi allestimenti, e in qualche titolo tappabuchi) e al Met (nei soliti 4 ruoli) e in pochissimi altri posti. A Chicago e a Dallas, con Rescigno, aveva carta bianca, tant'è che proprio lì farà cose che viceversa non le davano la possibilità di fare (Butterfly, Trovatore, Puritani... senza dimenticare i pianificati Macbeth e Barbiere saltati dopo la separazione da Meneghini). In realtà lei fremeva per cantare quel ruolo "se volete sentire il mio mi bemolle allora fatemi fare i Puritani". Selezioni vennero inserite in concerti nel 56, nel 57 e nel 58 (l'intera scena della pazzia con tanto di comprimari). Io penso che non abbia più ripreso il personaggio per un caso (più spettacolare allestire con Maria una Lucia o una Traviata, titoli comunque più popolari e più istrionici).

MatMarazzi ha scritto:Ci credete voi che la Callas non avesse già pronta la parte?
E che non l'avesse studiata proprio con Serafin, come già Norma?
Secondo me non era un caso: era il disegno che Serafin pensava di realizzare, il suo antico sogno, reso possibile da questa giovane, strana cantante: rileggere Bellini alla luce di Wagner.


No non ci ho mai creduto infatti! Sono daccordo con te! quei Puritani erano pronti, come chissà quali altri ruoli. La Callas si scoprì belcantista già in Grecia, intorno al 42. All'epoca aveva, ad esempio, in repertorio un po' di arie di Rossini (Semiramide, Cenerentola, Barbiere... e pure Otello!) e altre cose che andavano ben oltre Tosca e Gioconda.
Questo era un programma dell'epoca:
7/21/43: Concert (2° della Seria dei Pomeriggi Musicali): Athínai, Kósta Moussouri Theatre (teatro all’aperto),
Mavrommateon St., ore: 1830: maestro Andréas Parídis (accompanist)
María Kalogeropoúlou
Atalanta (Händel): Care selve
Fidelio: Abscheulicher !. . . Komm, Hoffnung
Die Entführung aus dem Serail: Martern aller Arten
La cenerentola: Nacqui all’affanno
Il trovatore: D'amor sull'ali
Adriana Lecouvreur: Io son l’umile ancella

Ergo la storia che si racconta che la Callas (soprano drammatico) scoprì "per caso" la sua natura è una menata bella e buona.
Io penso che quando Serafin la conobbe pensò subito di farle studiare certi ruoli, o può darsi che lei li avesse addirittura già preparati e li tenesse in caldo nell'attesa che arrivasse un'occasione del genere. Del resto lei stessa, raccontando l'aneddoto, non riferisce certo di essersi stupita per la scelta del ruolo, quanto per fatto che lei dovesse prepararlo (che non vuol dire necessariamente "studiarlo da zero") in pochi giorni e durante le recite di Walkiria.
Quanto al sogno di Serafin, io credo che più che un sogno fosse una convinzione. Io penso che Serafin, e molti come lui di quella generazione, credessero sul serio all'influenza italiana di Bellini in Wagner e alla "giustezza" del canto italiano in quel repertorio (la stessa Callas se ne convinse e ne andava fiera). E quando si presentò l'occasione di far quadrare il cerchio, per Serafin fu come un dimostrare al mondo che aveva ragione "avete visto? lei canta Wagner ma anche Bellini... non sono poi così distanti!" (vedi il disco del 49). E quindi il Wagner della Callas era bellinizzato e il Bellini wagnerizzato col risultato che erano falsi tutt'e due, però inventavano quella via di mezzo che dimostrava la teoria :D io però questo lo sento come un limite, in qualche modo. Limite del quale la Callas matura si liberò, almeno in parte.

MatMarazzi ha scritto:Ma allora questa Elvira (prima di Lucia, MOLTO prima di Amina) guardava lontano, oltre il mare, oltre alla Scozia! Guardava verso l'Irlanda!


Detto così sei convincente! : Chessygrin : però non può essere, forse, che fosse solo un misunderstanding storico? cioè... parliamo tanto della "verità" di certe voci rispetto a certe scritture (chessò l'Otello tamagnano) e degli equivoci di secoli di cattiva tradizione, avvertiamo come superati il Bach e il Beethoven filo-wagneriani di Furtwangler e poi dovremmo dar merito di "intuizione dell'anticipazione" al Bellini filowagneriano di Serafin? Non franitendermi, io sono anche fan sia dell'Otello heldentenor sia dei Puritani proto-teutonici, giacchè se non c'è una verità più vera a livello filologico e parimenti convincente a livello interpretativo io mi tengo il falso storico che comunque è persuasivo, epperò ammettiamo che da un certo punto di vista sono visioni superate entrambe, non mi spingerei nel dire che non sento la mancanza di una Elvira della "seconda Callas", se solo penso all'incisione di Lucia del '59 (grande meraviglia purtroppo assai sottovalutata) e ascolto i brani dei Puritani dei concerti mi vien da dire che la Callas, suo solito, era andata oltre come aveva fatto per Violetta, Lucia, Lady Macbeth e Medea, nè più nè meno.
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Re: Puritani: quale registrazione?

Messaggioda Triboulet » lun 30 gen 2012, 2:14

Così, una ripassatina a beneficio di tutti:

Callas - Puritani 1949


Callas - Puritani 1953


Callas - Puritani 1957
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Serafin, Wagner e Bellini

Messaggioda MatMarazzi » sab 04 feb 2012, 13:02

Caro Triboulet,
in questo caso stiamo parlando della poetica di Serafin, non di quella della Callas.
E non stiamo parlando di una corretta valutazione stilistica di Bellini (non è questo che mi aspetto dal Serafin degli anni '40), ma di una lettura dirompente e originale, tale da cambiare le prospettive fino a quel momento assunte per quest'opera.
La questione del misunderstanding va a mio parere calata nel contesto storico, come ogni conquista nella storia interpretativa.

Anche se tutti noi sentiamo (oggi) il fascino dell'approccio filologico, come miraggio (perché miraggio è) di avvicinamento a un vagheggiato archetipo, la storia dell'interpretazione - vista nel suo plurisecolare percorso - è tutt'altro!
La sua ricchezza sta nelle deviazioni, nelle fratture, nelle proiezioni anacronistiche ma vitali di istanze ed estetiche proprie del tempo dell'esecutore (e non del compositore). Non è per questo che tanto ci esaltano (pur essendo nell'epoca dello "storicamente informato") le stranianti immagini contemporanee dei grandi registi?

Dobbiamo sforzarci di contestualizzare i Puritani di Serafin, prima di tutto chiedendoci come l'opera venisse considerata a cavallo fra le due guerre.
Sia la critica, sia l'accademia, sia il pubblco la giudicava terribilmente ingenua (come tutta la tradizione italiana pre-verdiana), piena di coccodé e acuti, da rappresentarsi con galanteria cavalleresca, come un film in bianco e nero sui tre moschettieri.
Musicalmente la si affidava a direttori da routine (non certo i grandi, impegnati in cose "serie": Wagner, l'ultimo Verdi, al massimo Mozart).

In questo contesto c'è un direttore che soffre della sottovalutazione di Bellini; e, per dimostrarne la grandezza, fa quello che in ogni tempo si è sempre fatto.
Cerca di solleticare l'interesse del pubblico evidenziando i punti di contatto col repertorio che quel pubblico considera "grande".
Lo stesso facciamo ancora noi.
Quanti sono gli appassionati d'opera che snobbano e disprezzano il Musical?
Inutile osservare che questo snobismo è idiota, e che, come sempre accade, lo snobismo è figlio di non conoscenza.
E' infatti pur sempre quel pubblico che decreata i successi; è dal suo giudizio che dipende l'inserimento o meno del Musical classico nelle stagioni d'opera.
Occorre quindi persuaderlo, quel pubblico... si devono trovare le strade per fargli drizzare le orecchie e prestare attenzione.
E' l'operazione che, oggi, viene chiamata "sdoganamento".
Basta vedere cosa hanno fatto i teatri d'Opera (in particolare lo Chatelet, ma non solo) che ci stanno provando.

Per prima cosa sono partiti dai Musical di quegli autori (Sondheim - Bernstein - Gerswhin - Weill) che in vari modi si sono aggiudicati la stima delle élites intellettuali. Il raffinato pubblico operistico potrà così dire di non essere andato a sentire il "musical" (quella roba lì) bensì Sondheim, Bernstein, ecc...
Successivamente si è passati a musical più di consumo, ma stando attenti a selezionali sulla base dei temi più "sensibili" alla contemporaneità (ad esempio la questione negra di "Show Boat") o dotati di richiami alla letteratura "alta" (John Bernard Shaw di My fair Lady) sufficienti per tranquillizzare i colti (?) che affollano l'opera.
La tappa successiva è quella di appoggiarsi a illustri interpreti d'opera - meglio se connessi ai repertori più sofisticati, come Barocco e Novecenteo.
E così gli allestimenti di Musical sono firmati da Jones, Carsen, Mc Vicar, la Zambello; tra i direttori troviamo persino Harding e Gardiner; tra i cantanti la Von Otter, Gilfry, Gunn, Spence, Terfel, Mattei...
Il pubblico d'opera va a teatro sulla fiducia nei propri beniamini ("per vedere Carsen mi tocca sentirmi un musical"), riconosce una comunanza rispetto alle sue abitudini e intanto si familiarizza.
Ecco, questo è un classico approccio di "sdoganamento", di quelli che a migliaia hanno arricchito la storia dell'interpretazione operistica.

Poi è chiaro che, fra trent'anni, quando il Musical classico sarà entrato nel repertorio operistico con la stessa stabilità di Rossini o Janacek, e gli interpreti avranno sviluppato le più raffinate specificità linguistiche, i nostri nipoti si scandalizzeranno dei nostri pionieristici tentativi "di operizzarlo"!
E ci saranno anche quelli che ci daranno degli "oscurantisti", perché andavamo a sentire Gilfry e la Milne in Sound of Music.
Proprio come noi ci scandalizziamo delle orchestrazioni Straussiane che Benvenuti riservò a Monteverdi ...o dei puritani "schumaniani" di Serafin.

Tornando a Serafin, a lui interessava convincere un pubblico e una critica recalcitranti, perché dominati dalle estetiche idealiste e dal wagnerismo, del valore culturale dell'ultimo capolavoro Belliniano.
E per farlo, doveva far leva sugli aspetti più "futuribili" dei Puritani: ossia l'elemento "romantico", quindi scottiano e byroniano, caro alle estetiche idealiste.
Doveva lavorare sul suono orchestrale (come ha fatto) per dimostrarne i legami col sinfonismo d'oltralpe (quello sì adorato dal pubblico di allora).
Doveva dilatare il melodismo e incupire le atmosfere tragiche (dato che per l'epoca l'opera buffa era qualcosa di serie B).
Purtroppo gli mancava una cosa... una voce per Elvira.

Una che potesse, sì, far fronte al vocalismo della parte (e alle interpolazioni di scuola a cui il pubblico non avrebbe rinunciato), ma anche ingigantirsi in un respiro grandioso, cantare Bellini come fosse Schumann o Brahms, inasprirsi in tinte scure e tempestose: in una parola aveva bisogno di una Wagneriana con trilli, legato e sopracuti.
L'apparizione della Callas (quella giovane) ha reso possibile il suo sogno e il nostro, tanto che (con tutti i titoli che si potevano proporre al pavido Legge, a cui interessava solo il massimo repertorio) uno dei primissimi che Serafin impose alla EMI fu proprio i Puritani con la Callas.

Tu affermi che la CAllas, negli stessi anni, cantava Lucia allo stesso modo.
Hai ragione... ma infatti non stiamo parlando della Callas; in quel caso lei fu lo strumento di Serafin.
La Callas successiva che amiamo noi - abbastanza matura e indipendente da avvistare in proprio le nuove rotte - si dovette legare nel belcanto ad altri complici (Karajan in Lucia, Bernstein in Sonnambula). Lo stile sublimante e tardo romantico fu mantenuto solo per i ruoli belliniani, specie se diretti da Serafin (e ancora perfettamente ravvisabile nell'efficacissima - da questo punto di vista - Norma del 1960 alla EMI).
Nei primi anni di carriera, invece, non c'era distinzione: la diva cantava tutto (magnificamente bene) allo stesso modo.
Ma quel modo interessava Serafin: e non per Puccini o Verdi (in questa fase) e in fondo nemmeno per Lucia.
E curiosamente nemmeno per Amina, che pure era un ruolo Belliniano e Pastiano.

Il caso di Amina rappresenta per me la quadratura del cerchio.
Lì sì che la Callas (dal 1955) modificherà la sua emissione in senso "moderno"; lì sì che inizieranno a fae capolino quelle rarefazioni sonore e quelle liquidità coloristiche che associamo alla sua "seconda maniera".
Perché allora, a differenza di Norma ed Elvira, anche la Sonnambula non apparve già nelle prime operazioni Callas-Serafin?
Perché al direttore (nè allora, nè dopo, quando la Callas divenne un'Amina storica) interessò mai di dirigerla in quest'opera (fatte salve le pagine scelte del 1955, dove peraltro la Diva appare insolitamente impacciata)?

Eppure la giovane CAllas già conosceva la parte e Serafin lo sapeva.
Infatti, quando i due si recarono da Siciliani per l'audizione (a cui fece seguito, pochi mesi dopo, la prima Norma Callas-Serafin), la cantante si esibì proprio in Sonnambula.
Il fatto è che La Sonnambula non poteva rientrare nel progetto "tardo-romantico" di Serafin.
Anch'egli, uomo del suo tempo, non poteva fingere di vedere in una trama pastorale e semi-seria gli orizzonti della tragedia romantica.
Evidentemente quel sogno Wagner-Bellini non poteva funzionare per tutto.
E questo spiega perché Lucia è meno efficace con Serfain che (dopo) con Karajan.

Bellissimi gli ascolti.
Ed è vero che la Callas più tardiva gioca con efficacia dei suoni "nuovi" colori.
Eppure io continuo a prediligere l'incredibile incisione del 1949. Intanto perché Serafin le offre un supporto grandioso, e poi perché a me pare più originale questa Elvira divelta da ogni memoria "lirica", che si sublima in un vero e proprio Liebestod che avrebbe fatto piangere lo stesso Wagner.

Salutoni e grazie,
Matteo
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Re: Serafin, Wagner e Bellini

Messaggioda Enrico » sab 04 feb 2012, 14:29

MatMarazzi ha scritto:
Eppure io continuo a prediligere l'incredibile incisione del 1949. Intanto perché Serafin le offre un supporto grandioso, e poi perché a me pare più originale questa Elvira divelta da ogni memoria "lirica", che si sublima in un vero e proprio Liebestod che avrebbe fatto piangere lo stesso Wagner.


Nei miei cd le registrazioni del 1949 delle arie di Bellini e di Wagner risultano dirette da Arturo Basile.
C'è qualcosa che non so?
Enrico B.
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