LONDRA 2011
McVicar, Gheorghiu, Pape, Grigolo
McVicar senza McVicar non funziona. Mi era sorto il dubbio dopo il Don Carlo di Francoforte e il Trovatore del Met. Il dubbio è diventato certezza durante questo Faust londinese. Non c'è da stupirsi; McVicar non è un regista da tesi o, per dirla alla tedesca, da konzept, ma un grande tecnico del palcoscenico capace di costruire un'idea di allestimento partendo proprio dalle caratteristiche fisiche e attoriali degli interpreti chiamati in causa. E così questo Faust - sensazionale allestimento nato nel giugno del 2004, pensato per Terfel e rimontato sei anni dopo con Pape - diventa normale routine da teatrone internazionale. Il puzzolente, istrionico, brutale diavolaccio da bassifondi creato da Mcvicar si trasforma in un affascinante gentiluomo dai modi cortesi e dalle pose seducenti, fotocopia esatta delle varie decine di Mephistophelés eleganti che abbiamo visto da mezzo secolo in qua. E come se nel Cyrano di Rappeneau avessero sostituito Depardieu con George Clooney. E dire che Pape, vocalmente, funziona molto meglio di Terfel (soprattutto in basso), la parte sembra scritta per lui, è tra l'altro interprete misurato e per nulla gigione. Però, niente, è una faccenda di carisma. Da tutte quelle belle note veniva fuori pochissimo teatro.
Stessa cosa con Valentin: costruito su Keenlyside che ne faceva un perdente un po' rigido e tonto (di quelli che capiscono le cose sempre un pelo in ritardo) con un Horostovsky platinatissimo e piacione (e vocalmente molto ma molto stanco) diventa una zeppa micidiale. Tra l'altro con una bella e stantia serie di avanti-indietro per il palcoscenico. In mezzo durante i recitativi (senza nemmeno guardare l'interlocutore) al proscenio durante le arie. Per rimanere in tema cinematografico, non puoi sostituire Turturro con Brad Pitt.
Unica reduce dalle recite del 2004, la Gheorghiu ho portato a casa la serata. D'accordo, finta, fintissima, manierata, leziosa, abusatrice di portamenti praticamente in ogni frase... però la stavi a sentire. Non mi ha mai annoiato. Anche perchè la regia di McVicar che puntava molto sull'aspetto diciamo così, un po' "puttanesco" del personaggio, lontano quindi dagli stereoptipi liliali di altre Margherite, aiutava a muovere un po' uno spettacolo che -con gli uomini in scena- si avviava a diventare il solito Faust polentone con quattro superstar e basta.
Resta Grigolo che sostituiva un Alagna il quale già nel 2004 era il più banale e prevedibile del cast. Ormai avviato a una sicura carriera da tenore d'autoradio, il giovane prode del canto italiano si comporta già come un cantante da trant'anni in carriera: i tempi non esistono, gli acuti si tengono quanto si vuole, nei duetti si sgomita per farsi sentire, le frasi più ricche di pathos si dicono rivolti all'uditorio, le sfumature si fanno a casaccio... E dire che la voce è notevole, ricca di armonici, a volte potente, sicura in acuto. Mah.
Sta di fatto che durante i ringraziamenti finali il nostro eroe è uscito correndo dalla quinta e si è precipitato al proscenio facendo il gesto di strapparsi il cuore per lanciarlo al pubblico londinese. Risultato? Delirio da stadio, standing ovation, battimani ritmici mentre Hvorostovsky, Pape e la Gheorghiu se ne stavo dietro a fare anche loro clap-clap...
WSM