MatMarazzi ha scritto:
Intanto mi complimento moltissimo per la lettura del caso "Krauss".
...'sagerato.
Devo ricordarti chi mi ha aperto gli occhi tanti e tanti anni fa sulle vere ragioni del canto wagneriano, a me che ancora mi rimbesuivo con Flagstad e Melchior?
A pare le facezie, devo dire che riascoltare Clemens Krauss ci costringe ancora oggi a riflettere profondamente proprio su tutto ciò che sarebbe venuto dopo e che, adolescenti, accogliemmo come "rivoluzionario".
Rivoluzionario un piffero.
Rivoluzionario fu questo signore austriaco che, avendo a disposizione un cast pensato da altri per un direttore a lui completamente opposto come caratteristiche, si trovò a cambiare completamente le carte in tavola costringendo gli artisti a ragionare in modo differente.
Pensa a che Siegmund confezionò il grandissimo Vinay sotto le sollecitazioni di Krauss! Era questo, a regola, il direttore più adatto all'inquieta mobilità del suo fraseggio: se rifletti su che Tristan riesca a compitare con Karajan, ti rendi conto di quanto poco avrebbe reso con Knappertsbusch.
Mi stupisco invece un po' più della Modl che, a regola, aveva già vissuto (e proprio con Vinay!) la portata rivoluzionaria di un'impostazione direttoriale di rotura, l'anno precedente e proprio sul Colle, con il direttore che nel 1951 aveva preparato l'orchestra per il Parsifal di Knappertsbusch (il quale arrivò solo per la generale): e mi riferisco a Karajan, ovviamente.
Arrossisco dalla vergogna, come italiano, quando leggo i commenti di chi dimostra tuttora di non capire una trionfale ceppa di tutto ciò che riguarda il modo di eseguire Wagner maturato sul Colle; e mi consolo solo parzialmente perché questo problema di comprensione di base non è tipico solo ed esclusivamente di una sparuta minoranza di italiani ignoranti. Ricordo che sulla presentazione dei dischi dei Meistersinger diretti da Kubelik c'era scritto "For those who prefer their Wagner sunged rather than barkled", dando per scontato che Thomas Stewart, Franz Crass o Sandor Konya, anziché i declamatori che furono, fossero dei belcantisti adusi a Bellini... Beata ignoranza! E poi ci si meraviglia che l'indotto intorno all'opera lirica vada a puttane...
Chiedo scusa per la divagazione.
La tua osservazione sulla Modl, in realtà, apre proprio la porta a quelle considerazioni sul Tristan di un anno prima. Nel 1952, con Karajan, aveva accettato tutta la meravigliosa portata rivoluzionaria della destrutturazione operata dal direttore (anche lui austriaco, guarda caso); l'anno dopo, con Kraus, fa più fatica.
E' colpa del titolo?
E' maggiormente legata al ruolo che lei stessa si era ritagliata con Knappertsbusch?
E' colpa dell'impostazione registica?
Mah.
Quanto a London, merita un riascolto.
Il fraseggio con Krauss è estremamente mobile e variegato. Ho inserito apposta la scena del Graal in modo che chiunque se ne possa fare un'idea.
Non è stato affatto un cantante banale, il buon George