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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 gen 2011, 18:06

Enrico ha scritto: la D.G. credeva di vendere meglio con Domingo, sfruttando la pubblicità dei suoi "successi" come promettente baritono...


In effetti credo che Enrico abbia colto il nocciolo del problema, di cui il "Vec domingopulos" è una conseguenza e non la causa.
Secondo me, alla base di tutto c'è l'ignoranza e la mancanza di idee di chi governa oggi le grandi case discografiche.
E' un argomento che abbiamo già sfiorato (lo propose Maugham) ma non mi dispiacerebbe che riprendessimo in mano.
I rampanti e stra-pagati dirigenti delle multinazionali del disco sono ancora convinti che per vendere ...basta scrivere il nome "domingo" in copertina.
Ma da chi credono sia composto il pubblico operistico attuale?
Sarei davvero curioso di sapere quante copie di questa Fedora venderanno...

Salutoni,
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda Enrico » sab 22 gen 2011, 19:23

Leggo (e sento su youtube) che Placido canta nell' Ifigenia di Gluck a Madrid... Oreste ???
Secondo me sarebbe più onesto se cantasse nei concerti (il gala di ieri sera, con lui che non cantava, rischiava di sembrare una commemorazione più che una festa di compleanno) o in ruoli adatti alla sua barba bianca, e la smettesse con le parti da ragazzino.

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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda MatMarazzi » dom 23 gen 2011, 2:38

Enrico ha scritto:Leggo (e sento su youtube) che Placido canta nell' Ifigenia di Gluck a Madrid... Oreste ???
Secondo me sarebbe più onesto se cantasse nei concerti (il gala di ieri sera, con lui che non cantava, rischiava di sembrare una commemorazione più che una festa di compleanno) o in ruoli adatti alla sua barba bianca, e la smettesse con le parti da ragazzino.


Ahimè... Enrico.
sono ormai almeno tre anni che domingo canta (malissimo) la parte di Oreste.
E anche in teatri molto più importanti del Real.
Comunque... sempre meglio in Oreste che il Bajazet del terrore che si ostina a cantare (anche quello) dappertutto e che riprenderà il prossimo giugno sempre in terra spagnola (a Barcellona).

Senti che spanvento!

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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda teo.emme » dom 13 feb 2011, 23:42

A proposito della nuova recensione del non certo recentissimo Idomeneo di Mackerras: devo dire che non condivido nulla di quanto scritto.
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda pbagnoli » lun 14 feb 2011, 14:44

teo.emme ha scritto:A proposito della nuova recensione del non certo recentissimo Idomeneo di Mackerras: devo dire che non condivido nulla di quanto scritto.

Teo!!! :(
Colpito qui m'avete...
M'hai ferito al cuore!!!

Dai, a parte gli scherzi: perché non condividi?
Sii più preciso: dacci dentro!
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda teo.emme » lun 14 feb 2011, 21:25

:D Forse ho esagerato, ma ti espongo brevemente (spero) i punti di disaccordo. E ti dico subito, onde evitare fraintendimenti, che si tratta delle premesse solamente (ossia lo svolgimento del tema), in quanto condivido pienamente, invece, il giudizio circa l’esito complessivo dell’incisione, che rimane – a mio sindacabilissimo parere – alquanto deludente.

Innanzitutto contesto la definizione di “restauratori parziali” relativa a quei direttori che applicano – in modo autonomo e personale – le conquiste della filologia esecutiva a compagini differenti da quelle su strumenti autentici (o copie degli stessi). In realtà non trovo nulla di restaurativo e neppure mi appare come tentativo (disperato?) di recuperare certa lutulenza sonora: mi sembra, invece, un approccio al barocco, moderno e interessante. A partire dall’idea che sottende, ossia che la mera riproduzione di modalità esecutive passate sia una soluzione palliativa, e in fondo arbitraria o illusoria: difficile riprodurre uno scorcio di XVIII secolo nel mondo di oggi, quando è cambiato tutto ciò che gli sta intorno (orecchie ed aspettative del pubblico, luoghi ove eseguire quei lavori, fruizione e fruibilità, contesto culturale, mercato discografico e, soprattutto, modo stesso di eseguire il genere da parte di interpreti che nell’ugola e nella mente – o nella bacchetta – hanno anche repertori successive e sensibilità differenti…). Del resto anche le orchestre “autentiche” hanno modificato il loro approccio – rispetto alle prime esperienze pioneristiche – arricchendo il suono, concedendo suggestioni differenti. E credo che questa via moderna al recupero dell’antico – evitando falsificazioni romantiche, ma trattenendo quelle migliorie tecniche che gli strumenti di oggi permettono, ad esempio ciò che concerne l’intonazione (non credo sia necessario l'uso di legni stonati o archi che richiedono di essere accordati ogni 10 minuti per trovare un suono meno "romantico") - non possa liquidarsi come “restaurazione”. Già ne abbiamo parlato in occasione di una disamina delle diverse scuole dei barocchisti: non credo che Gardiner o Minkovski (quando utilizzano orchestre moderne), o l’interessantissimo Fey, o Fischer, o il Mozart di De Billy e Harding, o l'ultimo Chailly, o – soprattutto – il nuovo Abbado (hai ascoltato le sue ultime incisioni di Pergolesi, Bach e Beethoven?) siano dei restauratori, seppur parziali, con l’intenzione di recuperare vecchie modalità esecutive. Al contrario trovo questa tendenza una evoluzione della prassi autentica (e – sotto, sotto – una grande conquista degli specialisti del barocco, che hanno posto un problema evidentemente sentito e reale). C’è una sorta, cioè, di comunicazione tra le diverse modalità espressive.

Questa la premessa, ma veniamo al merito.

Tu individui talune ragioni per cui l’esperimento di Mackerras non sia del tutto riuscito: ecco in particolare su queste non concordo:

1) inadeguatezza di Bostridge: ti do ragione nella sostanza, non nei motivi. Infatti a me sembra che ciò che manca al tenore inglese sia proprio la perizia tecnica e la padronanza del canto di coloratura (le agilità di "Fuor del mar" sono un autentico disastro). Se a ciò si aggiunge la fantasiosa pronuncia italiana, si comprendono appieno le ragioni di tale inadeguatezza. Bostridge ricalca il modello del tenore mozartiano di matrice anglosassone, dall’emissione slavata, innocua, bianchiccia: un Mozart educato e femmineo che caratterizza da sempre l’approccio inglese al genere (anche Rolfe-Johnson e Langridge sono riconducibili allo stesso modello). Un Idomeneo piagnucoloso e immobile, composto e asettico (allo stesso modo dei vari Tito, Don Ottavio e Ferrando della medesima tradizione esecutiva), stilisticamente inappropriato e molto, molto noioso (confronta il pur problematico Araiza o anche Pavarotti per ascoltare un mondo sonoro e un personaggio del tutto diverso, più vivo e solare). Sono 60 anni che gli inglesi ci propinano questo modello di canto tenorile mozartiano (con il plauso dei loro critici e il "favoreggiamento" delle loro case discografiche), che oggi - quando bene o male, molte rivoluzioni si son fatte e, soprattutto in un certo repertorio si sono scritte parole nuove e inedite - si riproponga ancora questo tipo di canto (e lo fanno sia gli specialisti del barocco, sia i tradizionalisti), mi sembra semplicemente inaccettabile. E' l'equivalente della Rosina soprano coccodé (stile Tetrazzini) che ha infestato le esecuzioni rossiniane almeno fino agli anni '50: riproporla oggi sarebbe operazione ridicola e scombinata...purtroppo riproporre tenori alla candeggina in Mozart non sortisce la stessa riprovazione. Peccato.
2) Lentezza esasperante e mancanza di tensione drammatica: se posso concordare sulla mancanza di tensione (ma è cifra identificativa di tutto il Mozart in salsa inglese, a cominciare dal sempre sopravvalutatissimo Beecham), non condivido il giudizio sui tempi. Mackerras, infatti, non indugia più di tanto in compiacimenti acustici, anzi, talvolta pare molto sbrigativo. Più o meno sono i medesimi tempi scelti da Gardiner. Piuttosto gli imputerei una mancanza di approfondimento, un accontentarsi di un Mozart dalla pura bellezza e pulizia neoclassica: rassicurante via di fuga che copre ogni mancanza di idee (e proprio con Mozart, che scardina, invece, quella compostezza e ragionevolezza fatta di dei, semidei, eroi e leggende). Un po’ come il Mozart di Muti: hai presente, invece, quel che è riuscito a trarre Harding dalla stessa opera? L’intensità, la vitalità, la tragedia, senza alcuna forzatura romantica.
3) Il recupero completo di tutto il materiale predisposto da Mozart. Premesso che non credo si possa imputare ad un’esecuzione, VIVADDIO, integrale la colpa di un fallimento (spesso, anzi, capita il contrario: intervenendo su struttura e forma – con tagli e aggiusti – si compromettono determinati equilibri, col risultato che l’intento di alleggerire si trasforma in appesantimento), quella di Mackerras non recupera affatto tutta la musica scritta per Idomeneo (più completa, anche se non completissima, era quella di Gardiner: che presentava alcuni brani in appendice). Il direttore opera, invece, alcune importanti scelte nell’utilizzo dei recitativi (scegliendo tra diverse redazioni e accorciandone taluni) e nella versione dell’intervento della voce (una versione intermedia tra l’originale e la più breve, cantata nella prima). Certo reintegra i brani espunti da Mozart nella prima esecuzione a Monaco, ma questa è ormai prassi consolidata e irrinunciabile. Omette però – in un’appendice che sarebbe risultata graditissima – i nuovi brani predisposti per la ripresa di Vienna, con l’Idamante tenore...in particolare quella meraviglia che è l’aria “Non temer amato bene”, oltre al duetto “Spiegarti non poss’io”.

Circa l’Arbace di Rolfe-Johnson: il cantante fa come ha sempre fatto, la pronuncia è la solita, il fraseggio è lo stesso. Da Orfeo a Idomeneo, da Tito ad Arbace. La sua presenza è sintomatica del modo di pensare questo repertorio da parte del mondo anglosassone. Affidargli poi questa parte – in un momento di declino vocale – significa fraintenderne la vocalità: Arbace richiede voce calda e pastosa, una sorta di violoncello. Le due arie sono splendide – se ben eseguite – in particolare la seconda.

Il problema complessivo di questa edizione: la mancanza di vita e l’asetticità, accompagnata da palesi carenze tecniche da parte di molti interpreti. Ennesimo esempio di Mozart all’inglese di cui francamente nessuno sentiva più il bisogno. Meglio l’Idomeneo di Jacobs (che presenta, però, altri problemi: a proposito, la prossima tappa del suo ciclo mozartiano è La Finta Giardiniera...), almeno c’è della vita teatrale. Io continuo a consigliarti l’incisione di Fischer (già ne ho accennato): splendida lettura orchestrale (trasparente, agile, intensa, mobilissima) e cast di tutto rispetto (con un protagonista dalla voce quasi baritonale), equilibratissimo e affiatatissimo.

Se invece devo fare confronti col passato – e li faccio volentieri perché “historia magistra vitae” – confesso di avere un debole per la direzione di Bohm con la Staatskapelle di Dresda (è l’incisione in studio DGG): il cast è decisamente censurabile, ma quella direzione (con quell’orchestra) merita da sola il prezzo: paradigmatica l’overture...che ti fa sentire davvero in mezzo al mare, solo in balia delle onde (o del destino). Un capolavoro.

Ecco: come al solito ho scritto troppo.... :D
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda pbagnoli » mar 15 feb 2011, 19:14

No, non hai scritto troppo: hai scritto cose molto belle, come al solito.
Provo a risponderti brevemente, purtroppo il tempo è tiranno anche per me.
:arrow: La mia non è precisamente una critica alla conduzione di Mackerras, direttore di cui stimo l'approccio curioso e interessato; è più che altro una constatazione di quella che, grazie anche a lui, diventò una "terza via" di approccio a questo repertorio. La mia sensazione è che con Mackerras questa sia ancora una sperimentazione; con altri direttori - fra cui Chailly e Abbado, davvero notevoli come intenzioni ed esiti in Bach e Pergolesi (sì, mi sono procurato le incisioni che mi hai consigliato!!!) - i risultati sono molto, ma molto più interessanti. Non credo che dipenda da miglior competenza tecnica, ma solo dal periodo: Mackerras è stato uno dei precursori di questa "terza via", Chailly e Abbado possono usufruire della strada già percorsa dagli altri. La sensazione che ho sentendo lo "Stabat mater" di Pergolesi diretto da Abbado è precisamente questa: i suoni sono aspri, scabri, quasi solenni, il taglio è vivido e teatralissimo. Ora, a te questo potrà anche non piacere, ma molto di questa teatralità, di questi colori strumentali così diversi da - poniamo - quella Staatskapelle di Dresda di cui tu parli alla fine del tuo intervento - lo si deve anche agli esperimenti non sempre centrati di quelli che tu chiami scherzosamente i baroccari. I quali baroccari avranno sicuramente, in molti casi, estremizzato determinate conseguenze, ma sono state le loro premesse ad uscire dalle secche in cui era piombato certo repertorio, Haendel e Vivaldi per esempio
:arrow: anche sull'utilizzo di tutto - o quasi - il materiale disponibile non sono riuscito a spiegarmi bene (me ne scuso, oltre che con te, anche con gli altri: per me questo è un periodo di particolare difficoltà). In assoluto sono sempre favorevole, soprattutto in disco e in studio, all'utilizzo di tutto il materiale disponibile; a condizione, però, che ci siano artisti in grado di nobilitare la materia, altrimenti tanto vale stare sul conosciuto. Altrimenti detto: è giusto che il disco ci abbia fatto conoscere la versione completa di "Ah forse è lui" e di "Addio del passato" e che ne abbia fissato alcune interpretazioni archetipiche; ma se non ho a disposizione l'interprete che sappia variare i da capo; che sappia dare un significato e un'inflessione particolare a ogni frase; be', allora forse tanto vale che stia sulle versioni classiche e vecchie che, almeno, avevano il dono della brevità. A cosa mi serve far sentire tutto il materiale disponibile di Arbace se poi ho un Rolfe Johnson totalmente fuori forma che rende quei momenti in modo pestifero? Il che mi porta al punto successivo
:arrow: so quanto tu abbia in uggia il Mozart inglese, forse più che il Mozart baroccaro. Rispetto ovviamente la tua opinione, ma non la condivido. Mozart tedesco e inglese hanno una loro storia e una loro dignità ben precise che rimanda a grandi interpreti. Non sosterrò che Bostridge sia un grande interprete di Idomeneo, ma un'idea del personaggio se l'è fatta e la racconta coerentemente; idea che, per inciso, non ho mai sentito in Pavarotti, a onta di una migliore "sanità" complessiva di emissione che, forse, appaga maggiormente l'orecchio. Lo stesso dicasi di Rolfe Johnson che, secondo me, aveva fatto un Idomeneo di tutto rispetto con Gardiner, e un pessimo Arbace con Mackerras. L'incisione di Fischer... non l'ho dimenticata, credimi: seguo sempre, e con molta soddisfazione (come ti dico sempre) i tuoi consigli discografici!!! Mi procurerò anche questo

Grazie, comunque, delle tue splendide osservazioni e di alimentare come sempre in modo sagace il contraddittorio! :D
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Re: nuovi articoli in home

Messaggioda teo.emme » mar 15 feb 2011, 20:28

Guarda, ringrazio te per aver dato occasione di affrontare una delle mie opere preferite in assoluto (il repertorio mozartiano è quello che prediligo). Solo alcune precisazioni:
1) Il suono scarno, asciutto, aspro creato da Abbado per il suo Pergolesi (e il suo Bach) è affascinante: mi piace moltissimo questa nuova giovinezza del grande direttore (le sue ultime sinfonie di Beethoven sono una delle poche vere rivoluzioni compiute negli ultimi decenni nell'interpretazione beethoveniana). Aldilà delle battute sui baroccari, il mondo degli specialisti del barocco è estremamente vario e sfaccettato. Una realtà interessantissima: ho sempre sostenuto che non è tanto il mezzo, ma il modo a fare di un'interpretazione la riuscita o il fallimento. Certo tra queste compagini vi sono alti e bassi...oggi come oggi eseguire un Don Giovanni con orchestrone romantiche è operazione inutile, ci sono altre modalità espressive che vale la pena affrontare. Penso ad Harding, a De Billy, a Pappano anche...e anche i complessi "filologici" sono vari e ciascuno ha una sua identità (riuscita o meno)...naturalmente la Scala neppure ci ha pensato e pare che l'anno prossimo avremo un "bel" Don Giovanni diretto "sontuosamente" da Barenboim!
2) sull'integrità o meno del testo sono del tutto d'accordo. Avevo frainteso, cioè avevo creduto tu attribuissi a Mozart certe lungaggini :D
3) sì, il Mozart all'inglese fatico davvero a sopportarlo...è più forte di me, lo trovo superatissimo, noiosissimo! Sono 60 anni che è immutabile! Abbiamo superato certi eccessi romantici, non ancora l'arguzia superficiale e distacca, sorniona, umoristica di Beecham e dei suoi epigoni... Secondo me manca di vita teatrale, di spirito, di verve. Non nego affatto dignità e valore: solo che oggi si potrebbe andare un po' oltre...ecco tutto. Penso a quello che fa Harding e poi lo confronto con la "porcellana delle grandi occasioni" del tipico Mozart inglese e mi cadono le braccia. Un Mozart educatissimo e innocuo, certo...ma perché mai dovrebbe essere educatissimo e innocuo? Non deve mica accompagnare il tè delle 5.00 in un elegante e pittoresco salotto della Londra bene... Non credi?

Ps: fammi sapere di Fischer... :D
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Due insigni musicologi

Messaggioda Riccardo » mar 22 feb 2011, 17:13

Le osservazioni che Maugham muove in home page alle nuove leve della musicologia nostrana mi sembrano ineccepibili e rivelatorie di alcuni mali che affliggono l'italica realtà musicale (e non solo, ma il resto in questa sede non interessa).

Complimenti per il pezzo: è perfetto, e utile mi auguro!

Salutoni,
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda MatMarazzi » mar 22 feb 2011, 18:18

Riccardo ha scritto:Le osservazioni che Maugham muove in home page alle nuove leve della musicologia nostrana mi sembrano ineccepibili e rivelatorie di alcuni mali che affliggono l'italica realtà musicale (e non solo, ma il resto in questa sede non interessa).


Giusto.
E aggiungo (cosa che "per compassion" Maugham non ha segnalato) che far assurgere L'elixir (e perché poi quella x?) d'amore e il miraggio da viagra che esso adombrerebbe ...a emblema dello spirito italico cozza contro il fatto che il soggetto dell'opera è in tutto e per tutto francese: fu Scribe l'autore e le Philtre l'opera che Romani praticamente tradusse.
Per quanto riguarda Scalfari poi (ancora peggiore di Ferrara a mio gusto) sarebbe forse il caso che l'autorevole (?) editorialista leggesse meglio il libretto di da Ponte prima di confondere il mito e la tragedia del libertino spagnolo con le piccole prurigini dei politici nostrani e di pensare che l'intento dell'opera sia (come volevano i romantici tedeschi, appunto) l'edificante condanna del cattivone (leggasi: colui che non rispetta i nostri codici etici).
C'è talmente tanta dabbenaggine dietro a questi scritti che - ha ragione Maugham - l'intero mondo dell'opera ne esce impoverito.

Un complimenti per il bellissimo editoriale anche da parte mia.
SALUTONI
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda pbagnoli » mar 22 feb 2011, 23:03

Splendido pezzo, zio Bill.
Hai centrato alla perfezione tutta la tragica ignoranza dei giornalisti che si ergono a magistri elegantiarum, componendo lenzuolate tremende e insopportabili (quelle di Scalfari, la domenica, invece che editoriali sono praticamente dei piccoli trattati) che grondano ignoranza da tutti i pori.
E' vero che, solitamente, quando non si capisce una fava di qualche cosa, se ne scrivono paginate intere con l'intento di dimostrare che la si sa lunga.
Vecchio vizio
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda Alberich » mer 23 feb 2011, 11:49

Ferrara e' una fogna di giornalista. Viene sempre citato come uno dalle posizione nette, ma bravo ad argomentare. Io lo trovo il trionfo della superficialita' e generalmente molto poco preparato. Scalfari puo' piacere o non piacere (personalmente sono dieci anni che non lo leggo), ma in questo caso usa un semplice espediente retorico. Al contrario Ferrara si lancia in una disamina storico-sociologica veramente idiota.
Grazie a Scalfari la tesi difensiva del nostro imputato sarà diversa. Macchè concussione, stavo solo... "esibendo la mia protezione".

La tesi difensiva di Berlusconi, almeno da un punto di vista politico, e' precisamente questa. Mi pare abbia fatto bene Scalfari a ricordargli che non e' una tesi difensiva che mette al riparo dalle conseguenze delle proprie azioni. D'altra parte i libretti d'opera sono parte della cultura popolare, citarli, almeno alcuni, e' come citare un proverbio.
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda Teo » mer 23 feb 2011, 12:09

Alberich ha scritto:Ferrara e' una fogna di giornalista. Viene sempre citato come uno dalle posizione nette, ma bravo ad argomentare. Io lo trovo il trionfo della superficialita' e generalmente molto poco preparato. Scalfari puo' piacere o non piacere (personalmente sono dieci anni che non lo leggo), ma in questo caso usa un semplice espediente retorico. Al contrario Ferrara si lancia in una disamina storico-sociologica veramente idiota.
Grazie a Scalfari la tesi difensiva del nostro imputato sarà diversa. Macchè concussione, stavo solo... "esibendo la mia protezione".

La tesi difensiva di Berlusconi, almeno da un punto di vista politico, e' precisamente questa. Mi pare abbia fatto bene Scalfari a ricordargli che non e' una tesi difensiva che mette al riparo dalle conseguenze delle proprie azioni. D'altra parte i libretti d'opera sono parte della cultura popolare, citarli, almeno alcuni, e' come citare un proverbio.


Premesso che della diatriba Ferrara vs Scalfari non me ne frega un fico secco: questa o quella per me pari sono...; comunque sia, io ci andrei molto, ma molto cauto con certi "termini".
A prescindere da quello che pensiamo, credo che il tema della discussione, così ben argomentato dal nostro Maugham, esuli dalla diatriba politica e/o giudiziaria in corso (io l'ho proprio letto quale paradigma di un certo tipico stile italiano...purtroppo : Hurted : )
Dico questo semplicemente perché sovente si comincia con buffetti e carezze, per poi finire a calci e cazzotti... : Sailor :

Salutissimi.

Teo
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda Alberich » mer 23 feb 2011, 12:16

La diatriba destra-sinistra non c'entra nulla. A me Ferrara non piace come giornalista perche', come ho scritto, lo trovo superficiale e spesso poco e mal documentato. Non contesto le sue idee, ma il suo modo di far giornalismo.
Se poi il termine fogna non va bene, lo cancello, nema problema.
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Re: Due insigni musicologi

Messaggioda MatMarazzi » mer 23 feb 2011, 12:19

Alberich ha scritto:Ferrara e' una fogna di giornalista. Viene sempre citato come uno dalle posizione nette, ma bravo ad argomentare. Io lo trovo il trionfo della superficialita' e generalmente molto poco preparato. Scalfari puo' piacere o non piacere (personalmente sono dieci anni che non lo leggo), ma in questo caso usa un semplice espediente retorico. Al contrario Ferrara si lancia in una disamina storico-sociologica veramente idiota.
Grazie a Scalfari la tesi difensiva del nostro imputato sarà diversa. Macchè concussione, stavo solo... "esibendo la mia protezione".

La tesi difensiva di Berlusconi, almeno da un punto di vista politico, e' precisamente questa. Mi pare abbia fatto bene Scalfari a ricordargli che non e' una tesi difensiva che mette al riparo dalle conseguenze delle proprie azioni. D'altra parte i libretti d'opera sono parte della cultura popolare, citarli, almeno alcuni, e' come citare un proverbio.


Alberich, io rispetto ovviamente il tuo punto di vista.
Però, se dobbiamo giustificare Scalfari e l'ingenuità imbarazzante dell'uso del sottotitolo del don Giovanni in quanto "era solo un espediente retorico", lo stesso dovremmo fare con Ferrara: anche per lui la citazione di Mila era strumentale ad altri discorsi.
Tanto più che Scalfari, mostrando in questo senso tutto il candore e la povertà logico-argomentativa che lo ha caratterizzato sempre, cade precisamente nella rete di Ferrara: ossia leggere il mito di don Giovanni proprio in quella chiave etico-moralistica (e da romanticismo tedesco) che da Ponte intendeva sfidare: don Giovanni è l'urlo della materia, del razionalismo, del relativismo borghese contro la morale, la religione, la metafisica. Al centro dell'opera c'è un atto eroico, l'auto-immolazione volontaria di chi dice "no" anche di fronte alla morte... e non la punizione eticamente consolante del cattivaccio, come crede il povero Scalfari! :)
Prendendo per i fondelli non tanto il moralismo tedesco (contrapposto al materialismo italico), quanto l'atteggiamento ipocrita di italiani materialisti che scimmiottano il moralismo tedesco, vestendosi da censori "romantici", Ferrara intendeva proprio stigmatizzare il candore - ben poco credibile, per altro - di cui puntualmente, come un povero tordo nella rete, Scalfari ha dato prova.
La tesi di Ferrara (è vero, hai ragione) è di una ingenuità sciocca e deprimente. Ma la risposta di Scalfari lo è molto di più, almeno per me.
E soprattutto - questo mi pareva il senso del pezzo di Maugham - l'uno e l'altro farebbero assai migliore figura a mantenere i loro discorsi nel solo settore che dominano e conoscono: ossia il cicaleccio vano del cortile politico.
che riprendano in mano l'opera quando avranno qualcosa di serio da dire!

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