Ve ne spiego le ragioni.
E' un must di questo sito pensare che l'evoluzione esecutiva, pur non essendo sempre per il meglio (lo affermo soprattutto per non fare arrabbiare teo.emme
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Attenzione: questo non vuol dire che oggi giudichiamo quella determinata incisione una ciofeca! Vuol semplicemente dire che forse si inserisce meno bene nel quadro del nostro gusto e sensibilità.
Applicherei queste considerazioni al Requiem di Mozart inciso da Bohm nel 1983 per la Deutsche Grammophon, con i complessi dei Wiener e, come solisti vocali, Edith Mathis, Julia Hamari, Wieslaw Ochman e Karl Ridderbusch.
Orchestrazione turgida e peccaminosa.
Tempi solenni, lentissimi, esasperanti.
Ideazione lugubre e disperata.
La mia sensazione è che negli ultimi trent'anni ci abbiano fatto sentire un Mozart completamente diverso, anche in una partitura come questa che - teoricamente - di brillante non ha proprio nulla.
Appena 8 anni dopo, con Gardiner, siamo in un mondo completamente diverso.
Facciamo due piccoli esempi, giusto per capirci:
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Vi sembra che la solennità lenta e inesorabile di Bohm abbia maggior verità drammatiche da raccontare rispetto alla cruda ed essenziale narrazione di Gardiner?
Lo strumentale di Gardiner - la sua splendida orchestra - ha sicuramente ranghi molto più ristretti rispetto ai Wiener, ma il sound mi sembra egualmente molto ricco.
Voi cosa preferite?
Siete - come me - dell'idea che la lettura di Bohm sia invecchiata oppure che abbia ancora molto da raccontare?