E rispondo a un mio intervento...
MatMarazzi ha scritto:Io ho le mie idee, certo, le mie teorie.
Ma alla fine conta il risultato.
Ad esempio, una delle mie convinzioni più radicate è che l'interprete musicale deve stare MOLTO ATTENTO al ritmo quando si trova di fronte a melodie semplici, specialmente se sentimentali.
Altrimenti le involgarisce.
Una cosa che ho più volte ripetuto alle mie amiche mezzoprano quando mi chiedevano consiglio su "Mon coeur s'ouvre à ta voix" è di non cedere MAI alla tentazione di sbracare e allargare sul refrain.
L'effetto è plateale, da avan-spettacolo. Che rispettino invece la "linearità" della melodia, che ne acquisterà in nobiltà, pulizia, modernità scultorea.
Bene. Sono convintissimo della validità di questa posizione teorica. Formalmente la considero giusta.
Ma solo formalmente.
Perché in pratica ci sarà la cantante che va a tempo e nonostante questo risulterà volgare.
Poi ci sarà la cantante che si prende le peggiori libertà e nonostante questo sarà fantastica.
Basta sentire la Normann, che fa esattamente il contrario di quanto predico: si permette in quest'aria indugi inauditi.
Ed è fantastica! Il più bel "mon coeur" che abbia mai sentito.
La melodia non si spappola perché il "controllo" che lei ha sullo sviluppo della frase è semplicemente spaventoso (e assecondato in modo geometrico dall'orchestra). La sostanza "sonora" si imprime alla melodia come cemento armato.
Pur nella radicale libertà, tutto resta saldissimamente ancorato a un disegno architettonico poderoso.
Perché ho di nuovo tirato in ballo questo post?
Perché ora (a differenza dell'epoca in cui fu scritto) siamo in grado di inserire brani da youtube.
E quindi posso inserire il "Mon coeur s'ovure à ta voix" di cui avevo parlato, il più grande, il più geniale, il più rivelatore che abbia sentito in vita mia.
Quello di Jessye Normann...
Anzi dirò di più: l'unico "Mon coeur s'ouvre à ta voix" che abbia senso!
Cosa fanno di solito i mezzosoprani quando eseguono questo pezzo?
Fanno le porcone... ancheggiano, si sdilinquiscono in legati e indugi tutti di crema: devo sedurre no? e allora lasciatemi fare la porca, anche se sono affascinante come uno stoccafisso (la Borodina) e sensuale come un carrettiere (la Cossotto)
Oppure fanno le sentimentalone, cosa ancora più idiota...
Con una musica così dolce e sentimentale, perché non far finta che Dalila ami davvero il suo bel maschio dai lunghi capelli... almeno per un attimo?
Ed ecco tutti gli effettini dolciastri, come le Garanca o la Bruna Castagna.
O semplicemente fanno le matrone scultoree che pontificano sulla bella melodia: la Schumann Heink e le tedesche in generale (compresa l'immensa Klose) e naturalmente l'inascoltabile - per me - zietta Ebe.
Eppure secondo me le cose non tornano.
Se si canta l'aria in questo modo (seduttività tutta languori o sentimentalismo...) il personaggio non ha senso.
In fondo cosa muove Dalilah? Cosa la fa essere così distruttiva?
Quali sono le radici del suo odio? Perché vuole distruggere Sansone?
E soprattutto - è questa la cosa più interessante - come può essere così sicura di averlo in pugno?
E d'altro canto cos'è che fa tremare l'eroe antico-testamentario?
Cosa gli fa rinnegare il suo credo? il suo Dio?
Solo due belle tette?
Solo un canto sdolcinato?
Ma è davvero possibile?
Non pensate che se Saint Saens avesse voluto semplicemente raccontarci un amorazzo facile facile, una semplice "ivresse" ormonale (con caduta del maschio ai piedi della figona e poi riscatto finale in Dio) non si sarebbe stato alcun bisogno di scomdare l'Antico Testamento?
bastava una storia qualsiasi...
Ma allora qual'è la forza "vera" che vibra in Dalila e che si estrinseca in un'aria fra le più sconvolgenti e fraintese di tutto il repertorio?
E' ovvio che dietro a Dalila e al suo canto che inebria e terrorizza si muove una forza mitica e grandiosa!
Non c'è amore, ma non c'è nemmeno "sesso" nel senso più banale del termine.
C'è invece una potenza "mitologica", un mistero atavico e terrorizzante: c'è l'urlo di quella parte dell'uomo che è preistorico, pre-civile, irrazionale e pre-razionale delle nostre coscienze; c'è quell'animalità superstiziosa, dominata dall'istinto, che - negata e contraddetta dalla civiltà - l'uomo si porta dietro da sempre.
E' questa grandezza, questo mistero, questa forza preistorica, bestemmiatrice di Dio e di tutta la civiltà, che non ho mai ritrovato in NESSUNA Dalila.
Solo il solito "sentimentalismo" o il solito effettismo "sensualone".
Tutte si fidano della superficie e ne fanno un banale canto d'amore e di sesso, un irritante miscuglio di caramello e languore adatto ai salotti di vecchie signore e ai gala natalizi del Met.
Sono arrivato al punto che evito quest'aria con irritazione: persino la Verrett, la Bumbry, la Horne mi fanno girare le palle (e sto parlando delle migliori, non parliamo delle altre).
Alla fine sono arrivato a soportarne solo tre: la Litvinne, la Callas e la Madeira, non perché siano specialissime, ma perché almeno in loro non manca l'emotività zuccherosa e banale delle altre.
Ma nemmeno loro mi hanno fatto capire cosa c'è di così grande dietro a Dalila, al suo odio e alla sua potenza.
Chi è Dalila, intanto?
Non una prostituta. Piuttosto una sacerdotessa.
Una sacerdotessa che però professa una religione opposta al Dio di Sansone.
E non sto certo parlando della religione dei Filistei!!
La sua religione è la più antica di tutte, la più preistorica, la più affondata nelle radici della coscienza antropologica.
E' quella religione che descrisse Bakhofen nel 1861, solo sei anni prima che Saint Saens decidesse di comporre il Sanson (e il "Matriarcato" di Bakhofen fu una bomba, un caso editoriale, un fenomeno di costume).
Quella professata da Dalila è una religione preistorica, non solo pre-giudaica, la religione delle paure arcane e insondabili dell'umanità preistorica.
Al centro di queste paure c'era la donna, col suo mistero, la miracolosa e terrorizzante capacità di procreare, come la terra, con la sua capacità di intrattenere misteriose relazioni coi cieli (il perdere sangue ogni cambio lunare).
Parliamo della religione dominata dagli istinti e dalla paura degli elementi, soggiogata dal mistero della terra, di cui la donna e la sua potenza "animale" era un simbolo vivente, come dimostrano le veneri paleotiche di Willendorf
e soprattutto di Hohle Fels (la più antica statua conosciuta)
Una religione in cui la donna difende, contro la civiltà (maschile), contro la morale (maschile), contro la razionalità (maschile), contro un Dio (maschile), le ragioni di un istinto primordiale, di una sensualità fatta di carne e di terra, in cui urlano le forze più segrete, bestiali, istintive, ma ancora vive alla base della nostra coscienza.
Quella di Dalila non è solo "porconeria"; ma è la sfida che questa sorta di Donna universale, proveniente dalle origini dell'umanità, lancia contro la Storia, contro la civiltà dell'Uomo, contro Dio.
Vista in quest'ottica non ci fa più sorridere il crollo di Sanson (il maschio eroico, tutto muscoli e poco cervello, che si fa manipolare dal bel figone).
Anzi, la sua sconfitta è normalissima.
nell'ottica antico-testamentaria, è solo col miracolo della grazia che l'uomo può riscattarsi da Baal, dall'animalità della sua origine.
Da solo non può farcela.
La "donna universale", la "venere paleolitica" è più forte; la preistoria lo schiaccia.
Proprio come Oreste, che sarebbe destinato a soccombere alle Furie, senza l'intervento divino (una donna ancora, certo, ma nata dal cervello di un maschio, senza bisogno di madre) e l'areopago ateniese (simbolo dalla civiltà razionale e "maschile", che porta "ordine" in un mondo spaventoso e selvaggio, dominato da ataviche leggi di sangue, vincoli animali e preistoriche rivendicazioni del matriarcato).
Altro che "musica sdolcinata". Altro che banale sensualità e languorosa femminilità.
In quest'aria dovrebbe suonare, fra le volute melodiche sublimi, una sfida millenaria: la parte "animale" dell'umanità, il suo lascito primigenio e pre-civile, che dagli abissi della coscienza risorge e sfida la più recente parte "civile".
Questo dovrebbe essere "mon coeur s'ouvre à ta voix"!!!
Ora, so anche io che è molto difficile che la Normann si sia posta di questi problemi.
Eppure....
Come spiegate allora la sua faccia? La sua espressione?
Evidentemente istinto artistico: ossia quella misteriosa voce interiore che spinge un interprete verso soluzioni rivelatrici!
Per la prima volta, ascoltando lei, ho trovato una Dalila che non sorride.
Nel suo canto e nella sua voce si imprime un'espressione crudele, spaventosa, sprezzante e persino ironica: l'espressione di una sfida incommensurabile, di una minaccia blasfema e bestiale!
Pensateci anche voi: quale altra Dalila della storia ha mai esibito (in questo brano) un'espressione simile?
Nessuna...
Macché occhioni socchiusi e sorrisi languidi!
La Dalila di Jessye Normann non è più una donna e non è mai stata un'amante: è una specie di idolo pagano, gigantesco, maestoso, senza sentimenti, se non una millenaria ansia di vendetta e la determinazione implacabile di distruggere l'uomo che ha di fronte e il Dio "civile" che egli difende.
Sembra una raffigurazione orrifica e bellissima della "madre terra", una sanguinaria Venere paleolitica, ascesa dalle profondità della Storia per annientare Samson, NON PER AMARLO.
Che volete che vi dica! La Normann ci sarà arrivata coll'istinto... non importa.
Importa invece che è la prima volta che questo brano mi fa tremare.
Sentite, vi prego, quando la Normann attacca il refrain ..."Ah reponds" (sia la prima, sia la seconda volta).
Proprio come dichiaravo nel pezzo che ho quotato, la cantante fa il contrario di ciò che il buon gusto direbbe di fare.
Invece di aderire alla melodia senza sbrodolamenti ritmici (che accentuano il caramello), lei la fa a pezzi la melodia.
La stira ritmicamente fino a farla diventare irriconoscibile, la dilata fino a farla svanire, la fa diventare come un odore, o meglio un alito che i venti (la "brise legere") portano su dalla terra, dall'alba dei tempi: e ne fa un canto eterno, primigenio, di profumi animali e di sesso.
E soprattutto un canto di morte: guardate come si eccita e strabuzzi i suoi enormi occhi neri quando afferma "la freccia è più lenta a portare la morte di quanto è la tua amante ad abbracciarti".
Con fiati disumani, lunghissimi, che sembrano non finire più... con legati cementificati in un velluto nero come la pece, che straborda di armonici, che incatena questa melodia pur privandola di ritmo e pulsazione, e con lo sguardo carico d'odio e di disprezzo, la sua Dalila seduce e distrugge, e soprattutto mette paura.
Ecco cos'è il potere del canto.
E se anche prevedo che Tuc dirà che a lui la Normann in questo brano non piace (me lo sento) lascio a voi giudicare.
Salutoni,
mat