beckmesser ha scritto:in questo, Gottfried mi sembra affidabile, e ciò che lui scrive per testimonianza diretta lo si vede confermato dalla linea artistica (o dall’assenza di linea artistica)
Bella discussione. Non entro troppo nel merito. Però vorrei aggiungere due piccole considerazioni.
La prima a proposito di Gottfried.
Lo conobbi personalmente, quando venne a Ferrara per parlare.... AL LYON'S CLUB!!! (sì, avete capito bene).
E sapete quale era l'argomento? Ricordo ancora il titolo: "Wagner è filosemita".
Documentò con calore - di fronte a persone sonnecchianti e disattente - le sue sensazionali scoperte sul fatto che Wagner era legatissimo alla cultura giudaica e ad essa vicinissimo.
Io ho sempre trovato l'argomento dell'antisemitismo di Wagner (sia pro, sia contro) di scarso interesse.
Non di meno, potrete immaginarvi la mia sorpresa nel trovarmi pochi mesi dopo, sugli scaffali delle librerie, le sue rabbiose accuse contro l'anti-semitismo di Wagner.
In quel momento ho smesso di considerare interessante qualsiasi cosa provenisse da Gottfried Wagner.
Per il resto condivido moltissime delle cose che avete scritto, e tuttavia vorrei chiosare la seguente affermazione di Maugham
Maugham ha scritto:Ora come ora, a quanto ne so, sulla collina non si professa nessuna estetica se non quella (artisticamente buona o cattiva) afferente al dato drammaturgico e musicale del teatro wagneriano
Ma ne sei proprio convinto?
La Bayreuth del dopo-Chéreau sarebbe dunque una “pura” “innocente” contemplazione del teatro Wagneriano? senza altre preoccupazione che non quella di valorizzare Wagner sul piano drammaturgico e musicale?
A me pare che le cose non stiano affatto così: da trent’anni (ossia da quando Wolfgang ha permesso ai rampolli della Contestazione di fare del festival la loro “Woodstock chic”), che Bayreuth sia tornato ad essere il tempio dell’arte ideologizzata.
Siamo onesti: se si considera – a priori - negativo l’uso politico della musica di Wagner, allora c’è ben più da dolersi degli anni attuali che di quelli, ormai francamente lontani, in cui un’altra ideologia era stata sposata. La gloriosa Bayreuth, che da alcuni sempliciotti (che pure non vi si sono mai recati) viene ancora descritta come covo di sopravvissuti nazisti, è in realtà stretta da decenni in una catena ideologica semplicemente opposta, a cui non accedono se non intellettuali “schierati” (almeno sul fronte registico), tanto che ormai essi non fingono nemmeno più di trovare in Wagner ciò che non esiste (come Chéreau e Boulez tanti anni fa), ma lo accusano apertamente per ciò che vi trovano. La stessa Katharina (che non fa mistero del proprio credo più di quanto non facesse Winifred) ha descritto l’avo e il suo universo di valori – nella regia dei Maestri Cantori – in modo a dir poco derisorio (eppure deliziosamente efficace, vero Pietro?)
Non è distinguendo fra la Bayreuth ideologizzata di allora e quella “de-ideologizzata” di oggi che si risolvono i problemi. Mentiamo a noi stessi…
Il fatto è che (in qualsiasi epoca o civiltà, nella Bayreuth di Winifred, come in quella di Katharina) se la politica “c’entra” con l’arte, l’arte “non c’entra” con la politica.
Può essere interessante cogliere il sostrato ideologico che spesso supporta l’espressione artistica. Ma guai a fare di quel sostrato uno strumento di valutazione: non è lui che fa di un’opera d’arte un’opera d’arte. Non è per le sue idee che Caravaggio è Caravaggio. Poteva essere più “nazista” di Hitler o più comunista di Marx, ma restava sempre Caravaggio. E le sue opere restavano “arte”. Così come può essere interessante associare la tragedia di Euripide all’Atene di Pericle, ma se Euripide fosse stato uno scribacchino, a nessuno interesserebbe l’associazione.
Come dico sempre, l’arte è questione di linguaggi, non di contenuti.
Salutoni.
Mat