Chailly e Bach

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Chailly e Bach

Messaggioda pbagnoli » mar 23 nov 2010, 12:56

Seguendo il consiglio di teo.emme, mi sono confrontato con il Bach di Chailly, iniziando dai Concerti Brandenburghesi e dalla Matthaus Passio.
Devo dire che ne sono rimasto entusiasta.
Sonorità lievemente asprigne, ordito orchestrale leggero, tempi spediti, ottima spaziatura e differenziazione dei piani, eccellente accompagnamento al canto (nella Passione). I Concerto Brandenburghesi sono probabilmente i migliori che io abbia mai sentito.
Mi domando se non sia questo il territorio d'elezione per questo direttore che mi sembra sempre un filo discontinuo...
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Re: Chailly e Bach

Messaggioda teo.emme » gio 25 nov 2010, 20:35

Sto attendendo l'Oratorio di Natale (appena uscito). Trovo splendido l'approccio di Chailly a Bach: effettivamente i suoi Brandeburghesi sono i migliori che abbia sentito. E poi l'Orchestra di Lipisa è compagine di tale levatura da lasciar stupiti. Sul barocco come repertorio di elezione non saprei...Chailly è uno dei miei direttori preferiti e mi sembra riduttivo (dopo aver sentito il suo Schumann) relegarlo al solo orizzonte barocco.
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Re: Chailly e Bach

Messaggioda pbagnoli » gio 25 nov 2010, 20:42

Io ci ragionavo in rapporto a certi suoi approcci operistici, per esempio verdiani, che mi sembrano spesso paghi di un facile effettismo buono per tutti gli usi. Lo stesso dicasi per altre cose operistiche che ho sentito di lui, nessuna delle quali mi ha convinto veramente: formalmente gradevole, ma c'è sempre qualcosa di meglio.
Su questo Bach eseguito con la Gewandhaus di Lipsia mi sono trovato invece fermamente entusiasta.
Ma ti chiedo: che differenze ci trovi con - per esempio - un Gardiner, il cui approccio a Bach mi sembra fra i migliori documentati (la sua Messa in si minore è un capolavoro in tutte le sue parti)?
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Re: Chailly e Bach

Messaggioda teo.emme » ven 26 nov 2010, 2:12

Caro Pietro, ti rispondo volentieri. E ti rispondo con una frase ad effetto: in Chailly trovo la LIBERTA'...in senso ideologico, formale ed etico. Non sono impazzito, credimi, ma quel che fa Chailly è davvero rivoluzionario: un'orchestra dalla fiera tradizione (che vanta illustri natali e che, tra le tante, è forse l'unica a poter certificare ascendenze dirette con il "sentire" bachiano), moderna, attuale, ma trattata secondo certe suggestioni e suggerimenti che le ricerche filologiche (sulla prassi d'epoca) hanno permesso di riconoscere. Un suono "bello", ma non enfatico o superficiale. Con poca concessione all'edonismo protoromantico, ma allo stesso tempo scevro da dogmatismi e integralismi. L'uso sapiente del vibrato (solo laddove necessario), la screziatura espressiva che non diventa parossistica, le sfumature, il gusto per la personale interpretazione. Insomma: arte e musica. Questo per quanto riguarda il suo Bach. Oggi rivoluzionario: medesima operazione la sta compiendo Abbado (ti consiglio l'ascolto delle sue ultime incisioni dedicate a Pergolesi), orchestra moderna, con approcio moderno, ma rispettoso del gusto e dello stile d'epoca...una sorta di rilettura del barocco congeniale all'uomo del XXI secolo...quindi non il solito museo (o la trascrizione di esso in chiave titanistico-romantica), ma musica che viva e che comunica con l'attualità. Gardiner - e altri suoi colleghi specialisi - sono invece troppo integrati nella loro specializzazione, aldilà dei buoni esiti delle singole esecuzioni: il Bach di Gardiner è buono, ma non mi comunica molto, è corretto, ma non dice nulla di nuovo...tra i barocchisti prediligo (in Bach) Suzuky. Sul suo Verdi posso anche essere d'accordo - atteso che non si tratta del suo repertorio d'elezione. Però ti invito a riprendere il suo Rossini e il suo Puccini (mettendo tra parentesi la carriera sinfonica: importantissima e, in ambito italico, difficile da eguagliare...si pensi al suo Mahler e al suo Shostakovich). Io credo che Chailly sia più a suo agio con compositori che hanno impresso un segno di rottura nel ciclo musicale dell'epoca (come Rossini e Puccini), i cui lavori permettono molteplici letture e suggestioni, piuttosto che le opere di fieri e geniali capisaldi di un mondo immobile e legato a schematismi e formalità che racchiudevano la sapienza dei tempi, senza alcuno sforzo per superarla (come il Verdi prima di Falstaff).
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