da teo.emme » ven 26 nov 2010, 2:12
Caro Pietro, ti rispondo volentieri. E ti rispondo con una frase ad effetto: in Chailly trovo la LIBERTA'...in senso ideologico, formale ed etico. Non sono impazzito, credimi, ma quel che fa Chailly è davvero rivoluzionario: un'orchestra dalla fiera tradizione (che vanta illustri natali e che, tra le tante, è forse l'unica a poter certificare ascendenze dirette con il "sentire" bachiano), moderna, attuale, ma trattata secondo certe suggestioni e suggerimenti che le ricerche filologiche (sulla prassi d'epoca) hanno permesso di riconoscere. Un suono "bello", ma non enfatico o superficiale. Con poca concessione all'edonismo protoromantico, ma allo stesso tempo scevro da dogmatismi e integralismi. L'uso sapiente del vibrato (solo laddove necessario), la screziatura espressiva che non diventa parossistica, le sfumature, il gusto per la personale interpretazione. Insomma: arte e musica. Questo per quanto riguarda il suo Bach. Oggi rivoluzionario: medesima operazione la sta compiendo Abbado (ti consiglio l'ascolto delle sue ultime incisioni dedicate a Pergolesi), orchestra moderna, con approcio moderno, ma rispettoso del gusto e dello stile d'epoca...una sorta di rilettura del barocco congeniale all'uomo del XXI secolo...quindi non il solito museo (o la trascrizione di esso in chiave titanistico-romantica), ma musica che viva e che comunica con l'attualità. Gardiner - e altri suoi colleghi specialisi - sono invece troppo integrati nella loro specializzazione, aldilà dei buoni esiti delle singole esecuzioni: il Bach di Gardiner è buono, ma non mi comunica molto, è corretto, ma non dice nulla di nuovo...tra i barocchisti prediligo (in Bach) Suzuky. Sul suo Verdi posso anche essere d'accordo - atteso che non si tratta del suo repertorio d'elezione. Però ti invito a riprendere il suo Rossini e il suo Puccini (mettendo tra parentesi la carriera sinfonica: importantissima e, in ambito italico, difficile da eguagliare...si pensi al suo Mahler e al suo Shostakovich). Io credo che Chailly sia più a suo agio con compositori che hanno impresso un segno di rottura nel ciclo musicale dell'epoca (come Rossini e Puccini), i cui lavori permettono molteplici letture e suggestioni, piuttosto che le opere di fieri e geniali capisaldi di un mondo immobile e legato a schematismi e formalità che racchiudevano la sapienza dei tempi, senza alcuno sforzo per superarla (come il Verdi prima di Falstaff).
Matteo Mantica
"Fuor del mar ho un mare in seno"