Il canto: tecnica o tecniche?

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda teo.emme » ven 03 dic 2010, 13:04

Trovo inconcepibile la posizione di CB: legittima, certo, ma per me totalmente astrusa, astratta, integralista e persin pericolosa.

Giusto/sbagliato sono categorie da maneggiare con le pinze...attesa la relatività dei valori che sottendono. Così pure canto/non canto: se la muisica leggera non è canto che è? E pure nella musica operistica: il canto non si esaurisce nel "belcanto", esistono altri stili (prima e dopo) che hanno implicazioni totalmente differenti. O forse ritieni che per cantare Mussorgsky o Wagner o Henze si debba seguire pedissequamente il Tosi e il Mancini? Il Boris non è l'Agrippina, così come il Parsifal non è la Semiramide: l'emissione astratta e aulica, la trasfigurazione idealizzata della parola, sono concetti che in questi casi non c'entrano nulla! A meno di sostenere che dopo Rossini non esiste più il canto: ma sarebbe scemenza imperdonabile. I diversi stili declinano certi principi tecnici che costituiscono, per me, la base del canto lirico (che è solo una specie di canto, non il canto tout court), ma non si può dimenticare che il Tosi scrive per una realtà musicale del tutto circoscritta nel tempo: il tempo del belcanto! Ora tu sei liberissimo di sostenere che preferisci il repertorio che termina con la morte di Donizetti, ma ti precludi naturalismo, espressionismo, verismo, realismo etc... Repertori diversi, musica diversa, stili diversi che hanno seguito l'evoluzione e il progresso del teatro musicale. Puoi anche negare tutto questo CB, come chi negava che la Terra girasse intorno al Sole, ma con buona pace di tutti e delle dotte disquisizioni (ricche di suggestioni filosofiche e infarcite di sacre citazioni) con cui ci si prodigava nel difendere il sistema tolemaico, la Terra ha continuato a girare intorno al Sole.

Non comprendo poi l'invettiva contro il microfono e la modernità! Sembrano discorsi di quelle comunità amish che rifiutano l'energia elettrica perchè non contemplata nell'Antico Testamento. Ti chiedo, dunque, come ascolti i cd? Come ti muovi sulle strade? Usi la televisione? E il computer? E le medicine? Tutto orribile frutto dell'orribile modernità....
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda pbagnoli » ven 03 dic 2010, 14:47

teo.emme ha scritto:Trovo inconcepibile la posizione di CB: legittima, certo, ma per me totalmente astrusa, astratta, integralista e persin pericolosa.

: Groupwave :
Eccolo lì.
Il Cielo mi è testimone che quasi mai teo e io siamo d'accordo su qualcosa, ma stavolta ha espresso il concetto con le parole che io stesso avrei voluto utilizzare!
L'unico aggettivo che toglierei è "pericolosa"; la sostituirei con "ridicola".

Cesco, damm a trà, come si dice dalle mie parti: lascia perdere.
Grazie comunque di averci dato l'occasione di ribadire quei concetti che da sempre sono capisaldi del nostro pensiero, che sono considerati con sempre maggior interesse nella comunità (soprattutto la definizione di "colorismo", che dobbiamo a Matteo Marazzi) e che spero ti possano essere utili nel prosieguo della tua conoscenza del mondo dell'opera e della musica in genere.
Facci sapere se possiamo esserti ancora utili!
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Tucidide » ven 03 dic 2010, 14:58

Cantare bene ha scritto:nessuno di noi può dire di aver sentito cantare gli aedi o i trovatori, ma una cosa è certa: quelle diavolerie chiamate "microfoni" allora non esistevano. E, visto che le rivoluzioni non esistono se non nelle favole che raccontano agli studenti, sono sicuro che a quei tempi non si cantasse molto diversamente da come si cantava nel Rinascimento o nel Barocco... la voce si usa in un solo modo, il resto è vociferazione buona solo per questa nostra modernità fracassona e diabolica.

Tocchi un'altra questione su cui si parla da tempo, almeno qui. L'importanza del disco, del microfono, dell'amplificazione, e il loro ruolo nella storia dell'evoluzione del canto. Per te sono diavolerie, ma senza di esse tu non ascolteresti Plançon e Schipa.
Sì, hai ragione. Non ho mai sentito un trovatore (se non l'opera di Verdi :D ) e quindi posso solo immaginare come doveva essere il suo canto. Ma come non l'ho sentito io, non l'hai sentito nemmeno tu. :D Quindi anche tu ti basi su tue sensazioni.

Tucidide ha scritto:Se neghi che Freddie Mercury sia un cantante, allora non lo è stato nessuno fino a Francesco Rasi. :shock:

"Freddie Mercury"? Che cos'è? Bah... ripeto, quella che tutti chiamano "musica leggera", per me non esiste. Aut-aut: Musica o non-musica, il resto è chiacchiera.

Dai, su... :roll:
Probabilmente non ti interesserà nulla, ma posso dirti che dal mio punto di vista una posizione del genere non conferisce autorevolezza e rispettabilità, bensì il contrario.

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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda MatMarazzi » ven 03 dic 2010, 15:22

Riccardo ha scritto:Effettivamente nei Conservatori per "colori" si intendono solitamente le indicazioni dinamiche, per gli strumentisti e credo anche per i cantanti.

Ma è evidente che Matteo intende il colore in un'altra accezione, non dinamica ma qualitativa e che - guardate un po' - è la stessa che usava Garcia, anche se nel suo caso limitata a "chiaro" e "scuro".


Non sapevo che nei conservatori si usasse il termine colore in questa accezione; non di meno lo considero un uso scorretto.
In qualunque manuale il termine colore (in musica) viene associato al concetto di timbro; molti considerano i due termini sinonimi.
Ha senso parlare dei "colori" dell'orchestra proprio perché essa fonde strumenti diversi, ognuno col suo particolare colore-timbro.
Che i timbri della voce umana siano costituiti dalle vocali mi pare fuori discussione(una consonante non è un timbro), quindi tutti i cantanti (anche i vocalisti) hanno a disposizione una maggiore varietà timbrica rispetto a tanti strumenti.
Ciò non toglie che il canto in maschera limita la varietà timbrica delle vocali, facendole tendere a un suono che anche i trattatisti storici chiamano indistinto.

Molto bello il riferimento a Garcia e alle sue preoccupazioni chiaroscurali... talmente estremistiche che, probabilmente, lascerebbero di stucco gli ammiratori di Joan Sutherland (che però, non dimentichiamolo, usava a sua volta il chiaroscuro, ed è probabilmente questo che intendono certuni parlando dei suoi ...colori).

Tornando all'apertura dei suoni che progressivamente ha invaso il canto "classico" (scusa Tuc, ma anche io trovo assurda e anti-storica la definizione di canto "lirico"; l'importante comunque è intendersi), lo stesso è avvenuto anche nell'ambito del teatro parlato.
Nel corso del 700, infatti, ancora vigeva l'antica prassi per cui gli attori parlavano "immascherando", ossia raccogliendo i suoni nelle cavità facciali proprio come i cantanti.
Non si capiva quasi niente... ma la loro voce arrivava dappertutto!
E poi i suoni avevano qualcosa di aulico che si adattava al teatro classico.

Poi ci fu la rivoluzione di un'attrice (proveniente da ambiente popolari) che cominciò a recitare "parlando normalmente", ossia aprendo i suoni! :)
Ovviamente ci fu chi si scandalizzò ("pare di essere al mercato, non a teatro") ma poi la nuova "tecnica" attorale prese piede e oggi nessuno la discuterebbe più.
Questa attrice rivoluzionaria si chiamava Adrienne Le Couvreur! :)

....Vi siete mai chiesti perché Michonnet, mentre la rivale di lei, la Duclos, sta tenendo il suo monologo, le indirizza uno sprezzante "canta.. canta..."?
Già... Anche il teatro di prosa ha avuto la sua rivoluzione "colorista"!
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda MatMarazzi » ven 03 dic 2010, 15:38

Cantare bene ha scritto:Un'ultima cosa. Marazzi compie un errore grossolano quando scrive che il "limite" del belcanto "[...]era che le vocali - ossia i "colori" della voce - risultavano come omogeneizzati in un suono indistinto, rendendo molto difficile la valorizzazione e persino la comprensione della parola cantata. Ma, ripeto, non si trattava affatto di un limite per le estetiche barocche, che sottoscrissero, come abbiamo detto, il predominio della musica sulla poesia, del suono sulla parola."
Basta leggere i due più importanti trattatisti del '700, Pier Francesco Tosi e Giambattista Mancini, per smentire questa assurdità.


Potrei smontare in due parole quello che affermi proprio citando il Tosi e il Mancini! :)
Ma farei il tuo gioco... ossia, scusa se mi permetto, darei la sensazione al lettore che ciò di cui stiamo parlando sia una cosa tanto difficile, per studiosi e iniziati...
Preferisco fare una cosa molto più semplice.
Fermare la prima persona che passa per la strada e chiederle "quando ascolti Vasco Rossi capisci tutto quello che dice? Ogni singola parola? E quando ascolti un cantante d'opera?" :)
Come vedi basta usare il buon senso e soprattutto le orecchie... per non commettere errori grossolani.

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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Riccardo » ven 03 dic 2010, 15:57

MatMarazzi ha scritto:Molto bello il riferimento a Garcia e alle sue preoccupazioni chiaroscurali... talmente estremistiche che, probabilmente, lascerebbero di stucco gli ammiratori di Joan Sutherland

Infatti la Sutherland, dei precetti di Garcia ha sempre solo applicato, stratosfericamente, una sola parte.
Tutta la questione del colore l'ha sacrificata a vantaggio dell'omogeneità.
E questa è stata la sua straordinarietà; con vantaggi e svantaggi, come si è detto...
I suoi margini di manovra erano sostanzialmente solo quelli di volume (dinamica) e fraseggio, ma non altri.

Uno come Blake o la Horne stessa hanno invece esasperato il colorismo di Garcia, non certo limitandosi a "chiaro" o "scuro" ma esasperandone le mille sfumature...così anche la Gruberova (specialmente quella della seconda parte della carriera), non a caso un'altra che dà sui nervi a molti ascoltatori affezionati al suono "strumentale". Naturalmente, in questo caso, tutto a scapito di un'omogeneità e di un'eleganza generale della linea.

MatMarazzi ha scritto:Non sapevo che nei conservatori si usasse il termine colore in questa accezione; non di meno lo considero un uso scorretto.

In realtà ho esperienza più che altro per il pianoforte.
Probabilmente questa terminologia si spiega con il fatto che questo strumento è "sutherlandiano" per natura, nel senso che rispetto a i legni (oboe e clarinetto in particolare) e agli strumenti ad arco il margine di modifica del timbro è notevolmente più limitato (anche se non impossibile, specialmente nei pianoforti più moderni).
E' probabile dunque che, siccome di fatto per cambiare timbrica o tocco nel pianoforte bisogna intervenire sulla dinamica - anche a livello di indicazioni nello spartito -, la terminologia abbia finito per sovrapporsi.

Comunque non c'è dubbio che sia imprecisa, molto meglio parlare di dinamica e colore come due cose distinte.
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Tucidide » ven 03 dic 2010, 17:32

MatMarazzi ha scritto:Poi ci fu la rivoluzione di un'attrice (proveniente da ambiente popolari) che cominciò a recitare "parlando normalmente", ossia aprendo i suoni! :)
Ovviamente ci fu chi si scandalizzò ("pare di essere al mercato, non a teatro") ma poi la nuova "tecnica" attorale prese piede e oggi nessuno la discuterebbe più.
Questa attrice rivoluzionaria si chiamava Adrienne Le Couvreur! :)

Questa non la sapevo assolutamente.
Io però non assimilerei al parlato la tecnica "colorista". Se è vero che i suoni vocalici si possono declinare in mille sfumature, nel canto e nella prosa non amplificati non si può semplicemente "parlare". Un sostegno del fiato, un'amplificazione naturale che sfrutta le cavità facciali deve esserci e c'è anche lì.
E' una cosa che si nota, si sente benissimo ascoltando un attore dilettante oppure una persona non abituata a parlare senza microfono in un teatro. La voce parlata, anche in un teatrino di 400 posti, sembra provenire dall'oltretomba, è là, lontana, spenta. Se invece l'attore usa amplificazione naturale e sostegno, insomma la voce "impostata", la voce arriva. Sarà piccola, sarà secca, sarà opaca, sarà poco sonora, ma non dà l'idea di "parlato". E questo secondo me vale per tutte le categorie canore, declamatori, vocalisti, coloristi che siano.
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Enrico » ven 03 dic 2010, 18:35

Per il pianoforte io ho sentito parlare più spesso di "coloriti", non di colori: e si tratta comunque di dinamica, di interpretazione dei vari segni di ppp, mf, sf, ff, etc.; ed è anche vero che spesso sia negli strumenti sia nel canto si parlava di "colore" con riferimento al timbro.
Il problema è che se i colori del canto stanno nelle vocali, e se i coloristi cantano con le vocali "naturali", allora potremmo chiamare loro "vocalisti" : Chessygrin :
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Cantare bene » ven 03 dic 2010, 21:05

teo.emme ha scritto:ma non si può dimenticare che il Tosi scrive per una realtà musicale del tutto circoscritta nel tempo: il tempo del belcanto!

Anche ammettendo che i diversi stili sottendano tecniche fonatorie diverse (falsità bella e buona, ma ammettiamola), sembri non aver capito il contesto nel quale ho citato il Tosi ed il Mancini: stavo parlando proprio del belcanto, e correggevo la descrizione distorta che ne faceva il Marazzi.
I trattatisti comunque non hanno mai inventato nessuna tecnica, ma hanno solo di volta in volta consolidato la tradizione vocale che li precedeva arricchendola con le conoscenze che derivavano dalla loro personale esperienza didattica e di ricerca, anche scientifica (vedi Garcia). Io nell'evoluzione della tecnica osservo più la continuità che lega le varie fasi del percorso, rispetto alle fratture e alle differenze. Le rivoluzioni non esistono.

Con la tecnica del belcanto (cioè l'unica tecnica di canto autenticamente italiana, autenticamente occidentale) si canta tutto, dal Gregoriano a Wagner e anche oltre:




Tucidide ha scritto:
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Terminolgia scientifica, eh... : Blink : : WohoW :

A parte il fatto che non vedo perché dovrei usare una "terminologia scientifica", dal momento che non mi trovo in un ambito accademico, trovo comunque molto più efficace un'immagine come quella del "lupo mannaro stitico", rispetto a qualsiasi dissertazione scientifica, per descrivere il vociferare "affondato" e tutto spinto "di culo" (e quindi di gola) di Kaufmann (e questo è linguaggio, se non scientifico, certamente tecnico: la tecnica di Kaufmann prevede espressamente la ricerca di una propulsione "defecatoria", la insegnano molti pseudomaestri anche in Italia... bella roba!).

MatMarazzi ha scritto:
Cantare bene ha scritto:Un'ultima cosa. Marazzi compie un errore grossolano quando scrive che il "limite" del belcanto "[...]era che le vocali - ossia i "colori" della voce - risultavano come omogeneizzati in un suono indistinto, rendendo molto difficile la valorizzazione e persino la comprensione della parola cantata. Ma, ripeto, non si trattava affatto di un limite per le estetiche barocche, che sottoscrissero, come abbiamo detto, il predominio della musica sulla poesia, del suono sulla parola."
Basta leggere i due più importanti trattatisti del '700, Pier Francesco Tosi e Giambattista Mancini, per smentire questa assurdità.


Potrei smontare in due parole quello che affermi proprio citando il Tosi e il Mancini! :)

Allora fallo, la questione è nodale e se puoi affrontarla citando il Tosi ed il Mancini te ne sarò grato.
Da parte mia, riporto un paio di passi dal Tosi (1723), due fra tanti, per avallare questa mia tesi:
"Non si stanchi mai il maestro di far solfeggiare lo scolaro finché vi conosca il bisogno, e se mai lo facesse vocalizzar prima del tempo, non sa istruire"
"Procuri che profferisca le parole in maniera che senza affettazione alcuna siano così distintamente intese che non se ne perda sillaba [...], ché se non si sentono, quel cantore esculde la verità dell'arteficio"
Così sentenzia il Mancini (1777):
"Lo scolare per maggior suo vantaggio deve accostumarsi fin da principio a proferir le note solfeggiando, e deve maggiormente proseguire allorquando passerà a vocalizzare nella vera e chiara posizione"
E volendo potrei andare avanti, citando anche il Mengozzi (1803).
Quella storiella secondo cui la tecnica del belcanto sia incompatibile con l'intelligibilità della parola è solo un falso: il belcanto nasce dalla parola, nasce dal recitar-cantando, e non c'è emissione corretta se non c'è corretta articolazione e pronunzia. La Sutherland non è affatto l'esempio massimo di tecnica belcantista: il suo manierato "WOWOWOW" (soprattutto dopo i primi anni Sessanta, in quanto prima era molto più chiara nella dizione) si pone in netto contrasto con i precetti sopra esposti. Esemplare secondo me è sempre Tito Schipa, che io considero un po' come la massima allegoria del Canto. Dal punto di vista della mera dizione (articolazione e pronunzia), trovo davvero esemplare la Callas.

Da imparare a memoria:
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Messaggioda Tucidide » sab 04 dic 2010, 0:35

Cantare bene ha scritto:A parte il fatto che non vedo perché dovrei usare una "terminologia scientifica", dal momento che non mi trovo in un ambito accademico

Perbacco, CB, non scattare sempre come una molla! :D Notavo solo, in modo divertito ed ironico, che hai usato espressioni piuttosto colorite e triviali per descrivere il canto di Kaufmann.
Mi chiedo una cosa, però. Se per te la pronuncia è così fondamentale, al punto da trovare censurabile la famosa dizione nebulosa di Dame Joan, allora come mai trovi tanto riprovevole Kaufmann, che annovera fra i pregi più cospicui l'intelligibilità della dizione, almeno quella tedesca (non lo dico io, ma i tedeschi)?
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda teo.emme » sab 04 dic 2010, 1:19

Cantare bene ha scritto:Anche ammettendo che i diversi stili sottendano tecniche fonatorie diverse (falsità bella e buona, ma ammettiamola), sembri non aver capito il contesto nel quale ho citato il Tosi ed il Mancini: stavo parlando proprio del belcanto, e correggevo la descrizione distorta che ne faceva il Marazzi.
I trattatisti comunque non hanno mai inventato nessuna tecnica, ma hanno solo di volta in volta consolidato la tradizione vocale che li precedeva arricchendola con le conoscenze che derivavano dalla loro personale esperienza didattica e di ricerca, anche scientifica (vedi Garcia). Io nell'evoluzione della tecnica osservo più la continuità che lega le varie fasi del percorso, rispetto alle fratture e alle differenze. Le rivoluzioni non esistono.


Le rivoluzioni e i progressi esistono eccome: solo che taluni preferiscono fingere che non ci siano. Tosi e Mancini scrivevano di un teatro musicale il cui centro era il cantante, il suo virtuosismo e l'astrazione idealizzata della voce. Già a partire dal romanticismo le cose cambiano. Con Wagner i presupposti estetici mutano radicalmente. Non parliamo poi di quel che è venuto dopo (Puccini, Strauss, Berg, Schonberg, Shostakovich, Prokofiev etc..)

Cantare bene ha scritto:Con la tecnica del belcanto (cioè l'unica tecnica di canto autenticamente italiana, autenticamente occidentale) si canta tutto, dal Gregoriano a Wagner e anche oltre


Questa è una FESSERIA! Il belcanto è uno stile LIMITATO nel tempo...l'opera non finisce con esso, né esso è la parte migliore del teatro lirico. Pensare che si possa cantare Parsifal nello stesso modo in cui si canta Rodelinda è una baggianata, su cui davvero non varrebbe la pena soffermarsi. Ancor peggio, però è sostenere che dopo il belcanto vi sarebbe il diluvio! E poi, ribadisco, un conto sono certi presupposti tecnici (che io ritengo siano la grammatica del canto lirico: non trovo affatto superata la definizione), altro il modo di declinarli attraverso stili e repertori radicalmente differenti!

Ps: questi integralismi mi convincono sempre di più del fatto che per me sia giunta l'ora di sospendere le mie riflessioni sull'opera, terreno di troppi fanatismi, fastidiosi come i capricci di quelle primedonne del belcanto che alla loro vanità pretendevano venissero sacrificate le ragioni dell'arte e della musica. Meglio ritornare alla sinfonica e a riflettere su di essa (col vantaggio, poi, di ascoltare musica infinitamente migliore).
Ultima modifica di teo.emme il sab 04 dic 2010, 2:06, modificato 1 volta in totale.
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Riccardo » sab 04 dic 2010, 1:44

teo.emme ha scritto:Meglio ritornare alla sinfonica e a riflettere su di essa (col vantaggio, poi, di ascoltare musica infinitamente migliore).

:shock: :shock: :shock:
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Messaggioda teo.emme » sab 04 dic 2010, 2:04

Riccardo ha scritto:
teo.emme ha scritto:Meglio ritornare alla sinfonica e a riflettere su di essa (col vantaggio, poi, di ascoltare musica infinitamente migliore).

:shock: :shock: :shock:


Sì, Riccardo...l'opera mi sta decisamente stufando. Mia considerazione personale...senza alcuna pretesa di condivisione!
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Riccardo » sab 04 dic 2010, 2:14

teo.emme ha scritto:
Riccardo ha scritto:
teo.emme ha scritto:Meglio ritornare alla sinfonica e a riflettere su di essa (col vantaggio, poi, di ascoltare musica infinitamente migliore).

:shock: :shock: :shock:


Sì, Riccardo...l'opera mi sta decisamente stufando. Mia considerazione personale...senza alcuna pretesa di condivisione!

Capisco Teo, in realtà ho anch'io i miei momenti di forte oscillazione tra musica strumentale e operistica...

Ma più che altro mi stupiva la tua affermazione secondo cui la musica sinfonica sarebbe migliore di quella operistica! E' un'idea difficile da sostenere, così come lo è l'ipotesi inversa, non credi?
Ultima modifica di Riccardo il sab 04 dic 2010, 2:36, modificato 1 volta in totale.
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Cantare bene » sab 04 dic 2010, 2:24

A questo punto, preferisco rispondere al solo Tucidide, il quale è l'unico qui che sappia leggere correttamente ciò che io scrivo, e soprattutto rispondendo in modo PERTINENTE. Anzi, colgo l'occasione per ringraziarlo.

Tucidide ha scritto:Se per te la pronuncia è così fondamentale, al punto da trovare censurabile la famosa dizione nebulosa di Dame Joan, allora come mai trovi tanto riprovevole Kaufmann, che annovera fra i pregi più cospicui l'intelligibilità della dizione, almeno quella tedesca (non lo dico io, ma i tedeschi)?

Conosco pochissimo Kaufmann nel repertorio italiano (ho sentito alcune tracce del suo disco sul verismo, che trovo osceno a partire dalla dizione, e parte del suo Cavaradossi, cantato malissimo). L'ho sentito qualche volta in quello francese, dove la sua pronuncia è ridicola (non sa fare le "é", ad esempio), ed in quello tedesco, in cui è plausibile che riesca a dare il meglio di sé.
La dizione nel canto è fondamentale: il canto nasce sulla parola. Kaufmann scandisce chiaramente le sillabe, sì, ma esagera in questa "declamazione" e diventa caricaturale. Le vocali poi sono tutte artefatte ed ingolfate, per cui irriconoscibili. Nel canto bisogna saper porgere la parola con naturalezza, senza "affettazione", senza manierismo. Kaufmann è la caricatura di un tenore. Tanto "caricata" è la sua dizione, tanto artificiosa ed innaturale è la sua emissione (emissione e dizione sono fenomeni interdipendenti), tutta scurita artificiosamente, tutta sbadigliata e vomitata, gridata in alto, svaccata in basso, al centro biascicata e nasale, strozzata sul passaggio, sforzatissima di gola, sempre spinta: una gran fatica. Non parliamo poi delle sue famose mezzevoci... Trovo riprovevole Kaufmann perché non usa la propria voce, ma fa di sé una caricatura facendo "la voce grossa", cercando un suono contraffatto ed artificioso che non è suo. E' una voce tutta costruita, è un falso...
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