Cecilia Bartoli

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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Enrico » mer 22 giu 2011, 21:06

Lei dice che questo è lo stile giusto e che quelle che sbagliavano erano la Callas e la Sutherland e tutte le loro seguaci...
Ma il problema è che forse tagli e aggiustamenti dipendono da scelte commerciali: i difetti che noti ci sono anche nei recital di altri cantanti: la Dessay diretta da Pidò, e la Netrebko diretta da Abbado, omettono la seconda strofa dell'aria della Traviata, per esempio: sappiamo che Abbado quando dirige i recital ha il vizio di tagliare il più possibile (penso ai recital verdiani con Alagna e Gheorghiu), e se si tratta di una sua scelta artistica o interpretativa la trovo alquanto discutibile. Ricordiamoci però che anche Bonynge e Signora producevano splendidi dischi integralissimi ma a teatro adattavano spostavano e tagliavano molto più liberamente!
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Tucidide » mer 22 giu 2011, 21:13

Enrico ha scritto:la Dessay diretta da Pidò, e la Netrebko diretta da Abbado, omettono la seconda strofa dell'aria della Traviata,

Nel disco con Pidò la Dessay la fa, la seconda strofa di "Ah, fors'è lui", e riesce quasi a rendere interessante l'andata-ritorno.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Enrico » mer 22 giu 2011, 21:16

Tucidide ha scritto:
Enrico ha scritto:la Dessay diretta da Pidò, e la Netrebko diretta da Abbado, omettono la seconda strofa dell'aria della Traviata,

Nel disco con Pidò la Dessay la fa, la seconda strofa di "Ah, fors'è lui", e riesce quasi a rendere interessante l'andata-ritorno.


Sicuro sicuro sicuro? allora mi sono addormentato io mentre la ascoltavo? ora vado a controllare! :D
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Enrico » mer 22 giu 2011, 21:30

Enrico ha scritto:
Tucidide ha scritto:
Enrico ha scritto:la Dessay diretta da Pidò, e la Netrebko diretta da Abbado, omettono la seconda strofa dell'aria della Traviata,

Nel disco con Pidò la Dessay la fa, la seconda strofa di "Ah, fors'è lui", e riesce quasi a rendere interessante l'andata-ritorno.


Sicuro sicuro sicuro? allora mi sono addormentato io mentre la ascoltavo? ora vado a controllare! :D


Vero, hai ragione: forse non la faceva in qualche versione live diffusa internet. Pidò d'altra parte è finora l'unico che mi abbia fatto ascoltare un Barbiere tutto intero, con riprese e cadenze e variazioni, a Messina nel 1994 (con Blake, Dara, Scalchi, Fardihla e Colombara) mentre invece il solito Campanella a Torino nel 1991 faceva sì cantare a Blake l'aria finale ma gli accorciava ben bene sia il terzetto precedente sia il duetto con Figaro nel primo atto.
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Luca » gio 23 giu 2011, 21:17

Ricordiamoci però che anche Bonynge e Signora producevano splendidi dischi integralissimi ma a teatro adattavano spostavano e tagliavano molto più liberamente!
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E' anche vero, però la Sutherland cantava 'Casta Diva' (e non solo quella!) con autorità regale e sacerdotale, mentre cosa fa la Bartoli? Sperimentazione oppure una prova di opportunismo, dati i suoi mezzi vocali? Beh io non ci sto e quel disco resta per me pessimo!

Saluti, Luca.
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un felice ritorno

Messaggioda RobertSchumann » dom 17 giu 2012, 16:46

Ciao a tutti!
Dopo anni di assenza da Milano, finalmente Cecilia Bartoli tornerà alla Scala per inaugurare la stagione della Filarmonica. Speriamo possa essere l'inizio per una lunga collaborazione!
Cosa ne pensate? io sono contento e non vedo l'ora di andarci
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Re: un felice ritorno

Messaggioda MatMarazzi » lun 18 giu 2012, 16:24

RobertSchumann ha scritto:Ciao a tutti!
Dopo anni di assenza da Milano, finalmente Cecilia Bartoli tornerà alla Scala per inaugurare la stagione della Filarmonica. Speriamo possa essere l'inizio per una lunga collaborazione!
Cosa ne pensate? io sono contento e non vedo l'ora di andarci



Benvenuto! :)
anche io sono contentissimo del ritorno della Bartoli alla Scala e spero che, dopo il concerto, si traduca anche in una presenza nella stagione operistica.
Un salutone,
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda pbagnoli » mar 09 ott 2012, 17:42

In home le mie impressioni sull'ultimo disco di CB
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda DottorMalatesta » mar 09 ott 2012, 19:24

Ciao Pietro,
ho letto con attenzione la tua recensione e su youtube ho ascoltato un paio di brani da questo ultimo recital.
Piccola domanda/provocazione: ma siamo davvero sicuri che la Bartoli non sia una cantante pop??? Voglio dire: veste editoriale, copertina, repertorio e stile (per inciso: anche secondo me la Ciofi in Vivaldi è stilisticamente molto più appropriata) strizzano l'occhio al mondo pop. Bartoli come Madonna? Beh, a mio parere per questo disco (che però non ho ascoltato del tutto) o per Passion non siamo molto distanti da "Songs of the labyrinth" di Sting (peraltro non disprezzabile!).
Non voglio dire che il risultato sia qualitativamente scadente: tutt'altro. Anzi, è forse tutto troppo perfetto! Artificiosamente e gelidamente perfetto! Il problema è che vedo la Bartoli sempre più uguale a se stessa e prigioniera del proprio ruolo... Voglio dire: fermo restando che considero Cecilia una grandissimissimissima artista e una notevolissimissima cantante, mi domando perché non si dedichi con altrettanta dedizione ad incidere e videoregistrare ruoli operistici completi, anziché proseguire in riesumazioni di cadaveri! Pecunia non olet, OK. Operazione vintage, d'accordo, ma in fondo molto molto chic e... kitsch!!!
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda MatMarazzi » mer 10 ott 2012, 17:39

pbagnoli ha scritto:In home le mie impressioni sull'ultimo disco di CB


Anche io concordo in pieno col tuo giudizio. Stesse perplessità!
Questa volta lo sfarzo del marketing ha superato il risultato musicale...
Resta comunque un disco indispensabile, soprattutto per chi ama le rarità del Barocco Italiano.

Salutoni,
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda Triboulet » gio 11 ott 2012, 10:33

Io l'ho trovato molto piacevole, sarà pure che mi aspettavo esattamente quel che in realtà ho trovato. La prevedibilità è un limite ma ha il pregio di non creare aspettative : Chessygrin :

DottorMalatesta ha scritto:Piccola domanda/provocazione: ma siamo davvero sicuri che la Bartoli non sia una cantante pop??? Voglio dire: veste editoriale, copertina, repertorio e stile strizzano l'occhio al mondo pop.


Anche io penso che la Bartoli sia pop, ma non tanto per la pubblicità e tutto il contorno, è il suo approccio alla musica ad essere pop. Quello snaturamento di cui parlava Bagnoli in home, che quand'è eccessivo nella musica classica è evidentemente un limite, nel pop è invece sempre un valore aggiunto! Quando si dice che Elvis o Ferry sono grandissimi interpreti si sottolinea sempre che "personalizzano la musica che cantano". La versione di Jealous Guy di Lennon cantata da Bryan Ferry sembra in effetti una canzone di Ferry, e questo non è un demerito per la cultura pop, è il vero obiettivo dell'interpretazione. Per la Bartoli vale penso la stessa cosa. Motivo per il quale io ho trovato il disco tutt'altro che deludente (che beninteso vuol dire che sapevo già che a tratti mi avrebbe esaltato e a tratti mi avrebbe annoiato), perchè partivo da un altro punto di vista. Poi si dirà legittimamente "ma 300 e passa anni fa certi suoni soffiati erano impensabili", però non capisco perchè, ad esempio, continuiamo ad accettare l'idea di suonare Bach o Scarlatti sul pianoforte, con tutte le dinamiche che questo strumento è capace di emettere. Se tanto mi dà tanto vanno bene anche gli sbadigli della Bartoli, che io vivo esattamente come il Bach sul piano (magari come il Bach eccentrico e personalissimo di Gould). Quel che mi innervosisce di più è quando la Cecilia ha la pretesa di porsi ai vertici della filologia, millantando prassi esecutive e riferimenti storici solo perchè magari è questo quel che oggi "tira di più". Ma del resto molta della filologia è antifilologica (all'epoca di Mozart si eseguivano i recitativi "metrici" come li fa Jacobs?!) il fatto di sovvertire la tradizione di per sè crea vie di fuga per la creatività degli interpreti troppo allettanti per non essere intraprese; quindi, in sostanza, va bene così.
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda DottorMalatesta » gio 11 ott 2012, 13:30

Triboulet ha scritto:Poi si dirà legittimamente "ma 300 e passa anni fa certi suoni soffiati erano impensabili", però non capisco perchè, ad esempio, continuiamo ad accettare l'idea di suonare Bach o Scarlatti sul pianoforte, con tutte le dinamiche che questo strumento è capace di emettere. Se tanto mi dà tanto vanno bene anche gli sbadigli della Bartoli, che io vivo esattamente come il Bach sul piano (magari come il Bach eccentrico e personalissimo di Gould).


Anch'io pensavo a Glenn Gould, il primo vero artista pop nel mondo della classica (e non solo per il battage pubblicitario, ma proprio per lo spirito di (ri)creazione dell'antico)!!!
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Cecilia Bartoli e i ruoli Cinti

Messaggioda MatMarazzi » gio 11 ott 2012, 16:40

Era tempo, in particolare dopo il Comte Ory a Zurigo (che per me è stata una rivelazione), che volevo proporvi una mia personale riflessione sul caso di Cecilia Bartoli.
Me ne sono astenuto finora, perché atterrito dall'idea che avrei scritto un romanzo... e purtroppo così è stato.
Me ne scuso in partenza con chi avrà la voglia di leggere.

Partirei con una considerazione.
Quali sono le caratteristiche di colui che riteniamo essere un "grande interprete".
Di solito tendiamo a rispondere anzitutto la capacità di scavo (quindi la "profondità").
L'interprete "profondo" è come un palombaro che oltrepassi la superficie del mare per svelarci gli abissi nascosti in un personaggio, che, da soli, non saremmo stati in grado di vedere. Una Callas insomma... Una Moedl.
Il contrario di un grande interprete sarebbe quindi l'artista "superficiale", che resta a pelo dell'acqua.
Proprio per questa sua capacità di andare "sotto" e "oltre", un'altra delle caratteristiche del "grande interprete" sarebbe l'azione
Attore, in realtà, vuol dire colui che agisce.
Egli è colui che "muove" continuamente ciò che interpreta, in una corsa narrativa, ok, ma anche psicologica, nella quale il pubblico è trascinato.
Ecco perché di solito il cattivo interprete viene qualificato, oltre che come superficiale, anche come "statico" (l'immagine che ci viene in mente è quella del tenore piantato in mezzo al palcoscenico con la mano sul cuore).

Forse però non è sempre vero che gli obbiettivi di un interprete debbano essere - in tutti i casi - la profondità e il dinamismo.
E' possibile secondo voi che ci voglia arte (e magari tantissima arte) anche per essere "superficiali e statici"?
Se ci pensiamo un po', la risposta è sì.

Non è detto infatti che le profondità degli abissi siano sempre meglio (più belle, più interessanti) della superficie del mare.
Ci sono casi in cui i fondali sono bassi e sabbiosi, tanto che la vista di una mare dall'alto risulta molto più emozionante.
Ci sono casi di forme d'arte che si sostanziano proprio nel linguaggio, nella loro dimensione più esteriore.
E in questo caso ci vuole un interprete specializzato nell'esteriorità!
Le opere di Vivaldi ne sono un esempio.

E poi chi l'ha detto che rappresentare la superficie, l'esteriorità sia facile?
Non lo è.
Intanto perché non è mai facile "rappresentare" niente (non esiste una forma d'arte che sia facile).
E poi perché la rappresentazione della superficie ha regole e priorità tutte sue... che bisogna conoscere.
Uno può essere un interprete profondissimo, ma poi non essere in grado (se glielo chiediamo) di darci una splendida rappresentazione della superficie.
Noi amiamo la Moedl (ad esempio) perché - da "profondissima" interprete quale era - ci faceva cogliere gli abissi che si celavano dietro a tanti personaggi. Ma proviamo a immaginarla in personaggi meno "abissali"; forse più elementari (e non di meno sublimi).
Proviamo a sentirla nei Lieder di Brahms o in quelli di Wolff. Non è che forse - in questi autori - le preferiremo altri interpreti?
Anche la "superficie" non è facile da gestire ...artisticamente.
Richiede un estremo controllo sul "linguaggio".
E come diceva Alberich, ci vuole lo stesso genio per rendere arte una natura morta o un grande soggetto storico.
E ci vuol niente per rendere brutti entrambi.
Idem per il dinamismo.
Come non dobbiamo pensare che "superficiale" sia solo l'interprete che "non riesce a essere profondo", così "statico" non è solo l'interprete che "non riesce a essere dinamico".
La stasi, l'assenza di azione, il congelamento del tempo è un risultato altissimo da raggiungere per qualsiasi artista: non meno faticoso e complesso della corsa disperata degli interpreti "dinamici".

Dato che non tutti possono fare tutto, per me è già un grande risultato che un interprete sappia essere o solo "statico" o solo "dinamico".
Oppure che sappia esaltarsi solo nelle rappresentazioni delle superfici o solo nella rappresentazione delle profondità.
Tutt'al più dovrà essere così accorto da non lasciarsi tentare da personaggi "dinamici" (se non lui non lo è) o "profondi" (idem).


La Bartoli è una grande interprete. La sua è una personalità artistica enorme.
Io poi la trovo di un'intelligenza fuori dal comune.
Amo la sua curiosità insaziabile, la sua incredibile capacità di persuasione, il carisma che sprigiona, l'entusiasmo della ricerca che instancabilmente esercita sulla storia della musica e su se stessa, sulle possibilità della voce, sui confini dell'espressione canore.
Detto questo però NON E' E NON SARA' MAI un'interprete profonda, nè un'interprete dinamica.

Lì credo che non c'entri l'intelligenza che uno ha.
E tantomeno l'impegno che uno può metterci.
E' una forma, un'articolazione del proprio pensiero... che c'è o non c'è.

La sua superficialità interpretativa è evidente qualsiasi cosa canti. Che sia un grande ruolo barocco, che sia un'arietta da concerto, sempre alla superficie resta.
E ci mette tutto l'impegno poverina: anche in scena cerca la collaborazione con registi forti, si impegna moltissimo.
Mette a frutto un'espressività estrema; ogni anno affina l'esperienza; sovraccarica l'espressione, ma non c'è niente da fare: negli abissi di un personaggio non saprà mai scendere. L'individuazione della ragioni "profonde", invisibili, che muovono Cleopatra, come Semele, come Fiordiligi, come Amina le sono precluse. Potrà comprendere come nessun altra la ...buccia dei frutti che addenta, ma al nocciolo non ci arriva.
Deve essersene accorta lei stessa (abbiamo detto che è una donna di grandissima intelligenza).
E questo spiega (in parte) la stranezza del suo repertorio, la cura maniacale con cui seleziona i suoi pochi personaggi operistici, cercando di tenersi il più possibile distante da quelli in cui ...troppi e troppo grandi sono gli esempi di "interpretazioni più profonde" di quanto lei non potrebbe mai fare.
In compenso si è concentrata sul Barocco, avvedendosi che in questo repertorio la "superficie" è parte notevole della sostanza artistica, assai più che nell'opera romantica o novecentesca.
Ed è per la stessa ragione che ha sempre preferito il concertismo al teatro.
O il CD monografico all’incisione di un'opera intera!

Ora però io mi chiedo: il suo caso è solo quello di una che non può essere "profonda" o è anche quello di una favolosa, fuori dal comune pittrice delle superfici?
Mi pare che la seconda ipotesi sia quella giusta.
Il mondo intero (che la adora) le ha riconosciuto questa capacità... di comprendere ed esaltare l'involucro delle cose come nessun'altra, facendone forme di arte spesso elevatissima.
Non è un caso che lei (che, ripeto, è donna intelligentissima) ha messo al centro della sua arte proprio quell'aspetto che è il principale di ogni "superficie", ossia il LINGUAGGIO.

Quello che la Bartoli ha fatto per il "linguaggio canoro" del nostro tempo è incalcolabile.
Col tempo potremo misurare che razza di contributo epocale ella abbia rappresentato: già adesso possiamo misurare in generazioni intere le cantanti che lo sono debitrici!
Nessuna come lei ha esplorato, scandagliato, sviluppato le possibilità del vocalismo classico e del colorismo moderno, fondendoli insieme ed inventando suoni, sperimentando effetti, portando il virtuosismo e l'espressività vocale a livelli inauditi.
E' stata lei a dimostrare che vocalismo all'italiana e colorismo sono compatibili: che si può spogliare la propria voce di armonici, sviluppare i più complessi vocabolari di aperture e cromatismi pur mantenendo agilità ed estensione mirabolanti.

A Bagnoli lo assicuro in prima persona (avendo sentito spesso la Bartoli dal vivo): non uno degli effetti Bartoli va perso.
Non c'è un'alchimia coloristica che non arrivi.
Poi, è chiaro, dipenderà anche dal tipo di teatro e di acustica, o dal tipo di supporto orchestrale (e questo vale per tutti i coloristi: anche la Von Otter in certe occasioni si sente poco).

Molti soffrono (e giustamente) della sperequazione fra incredibili possibilità espressive della Bartoli (tipiche di una geniale pittrice di superfici) e e pochezza di ...concetti effettivamente espressi (tipico dell'interprete che in profondità non riesce ad andare).
Per ovviare a questo problema occorrerebbe evitare che la Bartoli si cimentasse con autori per i quali noi ...non ci accontentiamo della superfice, ...ma sentiamo la mancanza degli abissi.
Così è Steffani... non solo perché lo accostiamo a Monteverdi e Cavalli (che amiamo più per la loro profondità che per l'involucro), ma anche per tutto l'impegno incautamente profuso da lei stessa a presentarlo come un compositore più profondo e inquietante dell'apparenza.
Con Vivaldi questo problema non si poneva.
Se potessimo ascoltare la Bartoli solo in autori dove non ci aspettiamo ...calate negli abissi, potremmo esaltarci di ciò che solo lei può dare: rappresentazioni semplicemente sublimi delle superfici.

Idem per quanto riguarda l'aspetto del dinamismo interpretativo.
Qualcuno potrebbe obbiettare che una Bartoli può essere definitiva in tutti i modi, tranne "statica".
Una che si agita come lei, che alle volte in scena sembra una pazza, che esaspera tutto, che sottolinea tutto, che accumula smorfie ed effetti di tutti i tipi, che vorrebbe esprimere sempre troppo... magari fosse un po' più statica! :)
Dobbiamo intenderci su cosa intendiamo per staticità espressiva.
In realtà l'esagitazione della Bartoli (talvolta caricaturale) è una conseguenza delle sue scarse o nulle capacità di dinamismo teatrale (interpretativo, cioé psicologico e poetico).
Nè i suoi personaggi, nè i suoi concerti (e in questo senso nemmeno la sua carriera) presentano evoluzione.
Semplicemente perché non ne è capace.
L'ossessione della contrapposizione, del contrasto estremizzato, della frammentazione isterica, non è altro che la più prevedibile delle reazioni dell'interprete che non sa e non può evocare un vero movimento, una vera evoluzione.
Avvedendosi lei stessa del proprio limite tenta di porvi rimedio moltiplicando gli effetti al fine di simulare il dinamismo, come se l'accumulo e la stratificazione degli effetti potessero sopperire alla mancanza di movimento.

Ma anche in questo caso... siamo sicuri che questa mancanza di "movimento" espressivo, questa "staticità" sia sempre e comunque un difetto?
Si, lo è... quando - come nei casi suddetti - la Bartoli finge di ignorare questo suo limite e cerca di supplire in qualche modo alla sua mancanza di dinamica interpretativa.
Quando invece la "stasi" (la mancanza di azione) diventa un obbiettivo da perseguire, un progetto ARTISTICO, allora la Bartoli è grandiosa.
Chiunque abbia visto anche solo un suo concerto dal vivo sa cosa intendo.
Ma anche molti dei suoi CD (in particolare quello di Gluck e quello di Vivaldi) ne danno ampiamente conto.
Pochissime cantanti al mondo sono in grado di bloccare letteralmente il tempo come lei.
In bocca a lei, un'aria barocca di venti minuti (non necessariamente virtuosa) è capace di sospendere l'ascoltatore in una dimensione irreale; l'uditorio si ammutolisce, pendendo dalle sue labbra; lo scorrere del tempo si relativizza, è come se intorno si pietrificasse.
Ci si perde, letteralmente, nel suo canto.
Nulla succede e nulla potrebbe succedere, perché a quel punto la "stasi", la più totale immobilità è diventata arte.
Non conosco molti interpreti (anche profondissimi e dinamicissimi) che potrebbero ottenere un risultato simile.


Ecco che "esasperazione della superficie" e "staticità" possono diventare non più solo oggetto di critica (come è giusto in molti casi), ma le ragioni stesse che fanno della Bartoli una delle maggiori "interpreti" di tutti i tempi.
Basta solo trovare personaggi e contesti musicali che si nutrano di queste caratteristiche.

In questo senso, il Comte Ory a Zurigo mi ha rivelato tante cose.
Lei fu meravigliosa (teatralmente e poeticamente!).
Mai l'avevo sentita così perfetta come nel ruolo della Comtesse de Formoutiers.
Mi sono chiesto come mai...
In fondo non ha fatto cose diverse dal solito.
Era sempre lei, con i suoi virtuosismi strepitosi e "a caffettiera", la gestualità eccessiva, il suo aspetto (come ho scritto in sede di recensione) "un po’ casalingo e un po’ gran Diva".
Allora cosa mi spiegate questo risultato fantastico, rivelatorio, che ha cancellato dalla mia memoria tutte le sue Cleopatre, Semele e Donne Elvire.
Evidentemente l'unica spiegazione sta nella natura e nella funzione di quel preciso personaggio (un ruolo Cinti Damoureau), che poteva sviluppare sinergie rivelatore con le caratteristiche della Bartoli.


Io sono anni che rifletto sulla drammaturgia di Scribe e sulle caratteristiche del Grand Opéra.
Putroppo però non ero mai arrivato a capire il senso dei ruoli scritti per la Cinti-Damoureau: Mathilde del Guglielmo Tell, Elvira della Muta di Portici, Isabelle del Robert le Diable, e gli altri diecimila da lei creati.
Non capivo come fosse possibile che le cronache parlassero di una "forte personalità" eppure che i ruoli creati da lei fossero tutti così... amorfi, convenzionali, tutti fatti con lo stampino: brave e virtuose aristocratiche innamorate?
Eppure Scribe era uno che, in termini di psicologie profondissime, ci andava giù pesante...
Come mai queste eroine (che spesso compaiono nel secondo atto o alla fine del primo) sono così inerti e inamidate?
E dire che, da almeno un secolo, tutta la drammaturgia francese si fondava più sulle donne che sugli uomini...
Anche senza risalire a Gluck e Rameau, pensiamo ai personaggi Scio per Cherubini al Theatre Feydeau!
O ai personaggi Branchu di Spontini...
Le donne sono sempre state le assolute protagoniste dell'opera in Francia.

E allora com'è che proprio quel genio di Scribe riserva loro trattamenti tanto psicologicamente statici?
Ho persino pensato che la Cinti fosse semplicemente una produttrice di belle notine, senza alcuna personalità, è che Scribe (costretto a sistemarla nei Grand Opéra, in quanto primadonna dell''Academie) le riservasse uno spazio secondario, quasi da orpello coreografico.
Eppure la tesi non mi convinceva.
Intanto perché Scribe ha spesso dichiarato la sua folle ammirazione per la Cinti.
E poi perché ho troppo stima di lui (e per il pubblico francese) per pensare che personaggi tanto inerti potesse trovare spazio in una forma drammaturgica tanto meditata e perfetta come il Grand Opéra.
E infine, ripeto, perché le cronache parlano della Cinti come di una personalità scenica fortissima...

Bene.
Vedere entrare la Bartoli nel Comte Ory a Zurigo è stato sufficiente a chiarirmi tutto.
Come in molti Grand-Opéra, il personaggio Cinti entra molto tardi: praticamente alla fine del primo atto.
Fino a quel punto il pubblico aveva subito le giravolte più pazze, estreme, estravaganti del protagonista: Ory.
La tensione si era accumulata all'inverosimile: il dinamismo estremo (psicologico, morale, narrativo) incarnato dal tenore stava giusto cominciando a stancare.
Il pubblico cominciava a sentire il peso dell'opera e forse qualcuno sperava in una pausa.
A quel punto... tutto si è fermato.

Il suono di un clacson, una vecchia Dyane entra in scena; la Bartoli (occhiali scuri e fazzoletto in testa) scende dall'auto.
E' come un macigno che piomba sull'opera e ne blocca completamente la corsa.
Il pubblico, stremato dal tenore, si riprende, risveglia tutta l'attenzione, pende letteralmente dalla Diva che come un buco nero ne calamita ogni resistenza.
Non è solo per il volteggiare dei virtuosismi e lo smisurato carisma che la Bartoli, come la Cinti, può raccogliere su di sè, bloccandola, tutta la tensione della narrazione, rigenerando il pubblico.
Tutto ciò avviene per la specifica capacità della cantante di rappresentare l'anti-azione teatrale e musicale.
E' a quel punto che ho finalmente capito cosa sono i ruoli Cinti e che senso hanno nel Grand-Opéra di Scribe

Il Grand-Opéra è un meccanismo enorme.
Le sue proporzioni immense richiedono, paradossalmente, molto più equilibrio architettonico di un'opera di più modeste dimensioni.
E' più facile che crolli una cattedrale (se non costruita su contrappesi perfetti) che non una casetta,
Questo Scribe lo sa perfettamente.
Ora, al centro delle sue opere c'è un fortissimo elemento dinamico, ossia il ruolo scritto per Adolphe Nourrit: il tenore.
I personaggi immaginati per lui (Masaniello, Robert di Normandia, Arnold, Raoul, Helazar, ovviamente il Comte Ory) sono i motori delle rispettive opere: e non solo perché agiscono, prorompo, non si fermano mai, ma anche per la loro instabilità psicologica, emotiva e morale.
Rappresentano il movimento non solo della narrazione, ma anche della lacerazione propria nelle nuove poetiche del Romanticismo: essi infatti sono sempre costantemente in bilico fra bene e male, fra giusto e sbagliato, fra dovere e volontà.
E' evidente che il tenore-Nourrit non potrebbe da solo sostenere il peso di un edificio enorme come il Grand-Opéra....
Un'opera di più ridotte dimensioni può anche gravare su un solo personaggio (pensate ai ruoli Ronzi de Begnis con Cammarano).
Ma non un Grand-Opéra. Troppo grande...
Tutta la struttura finirebbe per schiantarsi sotto la corsa del protagonista ipercinetico.
C'è bisogno di un bilanciamento: una forza centripeta che equilibri la devastante pressione centrifuga dei ruoli Nourrit.

Ed ecco il personaggio di Laura Cinti Damoureau.
Guai se l'interprete fosse "dinamica" a sua volta: la violenza del tenore si moltiplicherebbe in lei.
Se chiamiamo una Callas nel Guillaume Tell facciamo franare tutto.
Guai se l'interprete fosse "profonda". L'oasi di conformità morale ed etica che questi personaggi incarnano deve proprio competere con gli abissi di orrore e di paura in cui il tenore annaspa (e ci fa annaspare).
La sua funzione "Cinti" è tutt'altra: è e deve essere come un magnete gigantesco che attrae il pubblico (stremato all'inseguimento del tenore), blocca la corsa degli eventi, inchioda la narrazione a un punto fermo, raffreddo il clima surriscaldato in monumenti etici antichi, aristocratici e secolari.

Insomma, la Cinti è l'anti-Nourrit.
Se Nourrit è la spinta dinamica, la Cinti è l'ancoraggio statico e l'interprete deve essere non meno grande di lui, non meno forte e non meno espressiva; anche se la sua espressività, la sua grandezza dovrà essere di segno opposto.
Dovrà avere la forza titanica di afferrare un treno in corsa e di bloccarlo col proprio micidiale carisma.
Appena entra in scena, è come se la telecamera lasciasse le profondità degli abissi e salisse in superficie, placandosi (nella sublime "stasi" di un "Selva Opaca") sul movimento ipnotico, rassicurante ed eternamente ripetitivo delle onde.

Per tutto questo ci vogliono personalità enormi.
E quello che la Bartoli mi ha fatto capire è che ci vuole genio non solo per evocare il movimento, ma anche per cristallizzarlo.
Anzi, forse è più facile, per uno scrittore, buttare giù una narrazione fatta solo di colpi di scena, che non tenere desta l'attenzione del lettore su dieci pagine di descrizione...

L'anno dopo la Bartoli ha affrontato, sempre a Zurigo, un altro ruolo rossiniano: Desdemona dell'Otello.
Ha fatto le stesse cose, stessa recitazione, stesso canto, stesso virtuosismo, stesso carisma.
Eppure è stato un clamoroso buco nell'acqua.
Cosa c'era di diverso.
Semplicemente la funzione drammaturgica di un ruolo Colbran, che non ha nulla a che fare con quella di un ruolo Cinti.

Voi direte quel che volete; ma secondo me è solo dalla Bartoli che possiamo attenderci (ora come ora) un Robert le Diable, un Guglielmo Tell e una Muta di Portici con gli stessi equilibri perfetti di quelli a cui Scribe aveva pensato.
Scusate la lenzuolata,
Mat
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda DottorMalatesta » ven 12 ott 2012, 9:22

Ciao Mat,
non sono assolutamente in grado di rispondere con altrettanta competenza a quanto di così interessante hai scritto. 8)
Solo pensavo ad un'altra grandissima : Love : : Love : : Love : , Natalie Dessay.
Grandissima virtuosa, usignolo al pari della Cecilia nostrana. Eppure... Eppure la Dessay è interprete profonda (cosa che le consente di essere l'unica Traviata da far dimenticare (!!!!!) la Callas, scusate se è poco), la Bartoli no. E, concordo appienissimo con te, questa NON è una questione qualitativa!!! Entrambe sono tra le più grandi cantanti degli ultimi decenni, e la loro importanza storica è fuor di discussione. Solo, la Bartoli ha la grandezza, la teatralità, l'immediatezza, il gusto del colore, il decorativismo di un Tiepolo, la Dessay, intride brani di egual virtuosismo con uno sguardo che va oltre, non immemore della profondità malinconica di certi ritratti di Rosalba Carriera.
E la perfezione di entrambe in alcuni ruoli e non in altri è forse dovuta ad un diverso approccio che risalta gli aspetti più intimi di quei ruoli (come hai sapientemente illustrato).
Grazie!
Ciao,
Malatesta
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Re: Cecilia Bartoli

Messaggioda MatMarazzi » lun 15 ott 2012, 23:14

DottorMalatesta ha scritto: pensavo ad un'altra grandissima : Love : : Love : : Love : , Natalie Dessay.
Grandissima virtuosa, usignolo al pari della Cecilia nostrana. Eppure... Eppure la Dessay è interprete profonda (cosa che le consente di essere l'unica Traviata da far dimenticare (!!!!!) la Callas, scusate se è poco), la Bartoli no. E, concordo appienissimo con te, questa NON è una questione qualitativa!!! Entrambe sono tra le più grandi cantanti degli ultimi decenni, e la loro importanza storica è fuor di discussione. Solo, la Bartoli ha la grandezza, la teatralità, l'immediatezza, il gusto del colore, il decorativismo di un Tiepolo, la Dessay, intride brani di egual virtuosismo con uno sguardo che va oltre, non immemore della profondità malinconica di certi ritratti di Rosalba Carriera.
E la perfezione di entrambe in alcuni ruoli e non in altri è forse dovuta ad un diverso approccio che risalta gli aspetti più intimi di quei ruoli (come hai sapientemente illustrato).
Grazie!
Ciao,
Malatesta


Caro doc,
infatti il concetto era proprio quello.
La Dessay è l'esempio perfetto dell'interprete profonda e dinamica. Il contrario della Bartoli.
Proprio per questo (al di là di considerazioni prettamente vocali) non sento la sua mancanza nei ruoli Cinti.

Forse la Dessay non riuscirebbe a evocare l'immobilità.

Un salutone,
Mat
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