Riccardo ha scritto:Ma Matteo, se ti dicessi - e fosse vero - che la Fleming fosse cantante degli anni Settanta o Venti, tu la troveresti più moderna? Avresti più giovamento nell'ascoltarla?
Non credo, perché tu continui ad ascoltarla con le orecchie di oggi.
Niente di più falso!
Si vede che non sei solito praticare le incisioni antiche!
Se sentissi un disco della Fleming datato 1920 resterei letteralmente folgorato: la giudicherei un genio.
Rimarrei allibito da quel modo di indulgere voluttuosamente nei portamenti e da quel colore vagamente "growl" nel registro misto (di chiara impronta jazzistica) che nel 1920 nessuna cantante classica avrebbe mai osato, per tema di essere definita (quanto meno) "donnaccia".
Se la Fleming avesse cantato nel 1920 come canta oggi sarebbe stata una pioniera sbalorditiva : coraggiosissima e avanti nei tempi! Un vero genio.
E invece sentirla adesso usare questi stessi effetti (dopo che da cinquant'anni li sentiamo regolarmente applicare anche al repertorio operistico, dopo che Leontyne Price li ha introdotti e tutte le cantanti americane - Horne compresa - li hanno poi applicati) non ci fa alcun effetto: anzi odora di stantio.
Sarei rimasto allibito a sentire, nel 1920, una che canta Strauss svicerando tutte le cremosità della voce, vibrando e legando a più non posso, mentre allora le maggiori straussiane (dalle pioniere fino alla Jeritza) prediligevano un canto fermo, poco vibrato, assolutamente privo di legato, come era nello stile dell'epoca.
Quanto meno mi sarei chiesto a chi, a cosa si era ispirata questa cantante out-sider e rivoluzionaria...
Oggi invece sbadiglio, perché so benissimo che tutte queste "trovate" discendono non solo da tanti anni di Strauss "globalizzato" (sul tipo Caballé), ma anche da una mentalità "american ever green", da Musical rassicurante, da dischi natalizi che (oggi) fa passare i vier letzte lieder di Strauss per musichetta di buoni sentimenti e ascolto facile, da proporre nell'ultima notte dell'anno.
Nel repertorio italiano, poi, avrei inneggiato a un'interprete così radicalmente diversa da tutte le colleghe di quegli anni, che non ricorre all'enfasi del registro di petto e ai manierismi che allora erano tradizionali, e che è in grado di muoversi con sirurezza ed energia fra le agilità e gli intervalli.
Per i criteri dell'epoca sarebbe stata una donizettiana e una belliniana sbalorditiva. Il suo "casta diva" avrebbe fatto vacillare la supremazia di gente davvero grande (per l'epoca) come la Mazzoleni e la Russ.
Sarebbe risultato di gran lunga più innovativo e sconcertante.
E invece sentito oggi non dice nulla: anzi, è decisamente vecchio stile, slentato e sbrodolone, malamente contaminato con certo belcantismo in stile "amazing grace" oggi apprezzato in america.
Infine nessuna (ma veramente nessuna) all'epoca avrebbe nè potuto, nè voluto cantare un'Alcina o una Rodelinda. Handel era un autore giudicato del tutto inseguibile in un teatro d'opera.
Sarebbe stata, anche in questo, una pioniera da lasciare di stucco.
Oggi invece Handel lo cantano tutti.
Come vedi, caro Ric, se vogliamo giudicare dobbiamo contestualizzare.
Riccardo ha scritto:Perché il tuo ragionamento potesse funzionare secondo me, dovresti tenerti fuori dalla "storia" e questo credo sia impossibile nonostante tu ci metta tutta la volontà. È un discorso un po' hegeliano, ma ne sono profondamente convinto
Io invece no!
e non perché sia "hegeliano", ma perché se quel che dici fosse giusto non esisterebbe nemmeno la storiografia.
Non potremmo parlare di Giulio Cesare o di Galilei o di Shakespeare.
E invece ne parliamo, non come se fossero qui presenti vicino a noi! Nessuno di noi si immagina Shakespeare o Giulio Cesare col cellulare e il pc wireless. Cerchiamo - per quanto possiamo - di contestualizzare le loro azioni e le loro scelte.
Solo così possiamo sperare di comprenderli o tentare di giudicarli.
Sarebbe troppo facile non sapere un piffero di storia romana (ma proprio niente) e poi prendere il De Bello Gallico e sentenziare sulla personalità di Cesare!
Riccardo ha scritto:Ma non sei tu Matteo a sostenere che le opere nascano dal genio di un autore e poi camminino con le poprie gambe attraverso i secoli, con possibilità di diverse letture e interpretazioni a seconda appunto delle sensibilità in costante evoluzione o cambiamento?
Non credi che per le interpretazioni valga lo stesso?
Mi fa piacere che mi citi, Ric!
Infatti il concetto è lo stesso: come un'opera cammina con le sue gambe attraverso i tempi (smarrendo strada facendo il rapporto col "pensiero" del suo autore) lo stesso può fare un'interpretazione.
Però se vogliamo esprimere un giudizio di Shakespeare (proprio su di lui come drammaturgo) non andremo a prendere le inevitabili trasformazioni che l'Amleto (ad esempio) ha subito attraverso i tempi, trasformato e manipolato dalle epoche successive.
Se vogliamo parlare di Shakespeare dobbiamo comprendere l'Amleto solo alla luce dell'epoca e del contesto in cui ha visto la luce.
Lo stesso vale per le interpretazioni canore: è possibile che fra cento anni la gente senta in un disco della Freni cose a cui nemmeno la Freni aveva mai pensato.
MA se allora (come oggi) si vorrà esprimere un giudizio sulla Freni (fu brava? non lo fu?) dobbiamo rifarci a quello che LEI voleva dire e che effettivamente è riuscita a dire al pubblico della sua epoca, fondandosi sulle convenzioni della sua epoca.
Riccardo ha scritto:Amici baroccofili che preferiscono Gemma Bertagnolli a Joan Sutherland ne conosco anch'io, ma non consiglierei loro di contestualizzare le due per capire come probabilmente stanno le cose. Proverei a convincerli di come lo stile, le possibilità espressive della seconda schiaccino senza pietà i limitati mezzi della prima.
Veramente io non suggerivo un confronto con Gemma Bertagnolli.
Ma se ascolto qualche adagio di Handel fatto dalla Kirby devo riconoscere che i "baroccofili" hanno ragione. La Kirby non è necessariamente più brava della Sutherland, semplicemente più moderna, più capace di svelare l'umanità di Handel e non solo la sua spettacolarità.
Riccardo ha scritto:Pensi davvero che la Callas vada contestualizzata, oggi, per essere ancora così apprezzata?
Purtroppo no.
La Callas è stata così grande che le sue eredi non sono state in grado di andare oltre.
Ma questo non è un merito della Callas; è un demerito delle sue eredi e di tutta la nostra epoca.
Oggi i Trovatori e le Norme si fanno ancora con la stessa estetica (più o meno) che la Callas aveva rivelato negli anni 50.
Se saltasse fuori una Callas del 2000 il discorso cambierebbe.
E allora la Callas originale risulterebbe FINALMENTE superata, confinata, come ogni monumento della cultura umana, nell'empireo della sua epoca.
Riccardo ha scritto:Io penso che sia pregio proprio dei grandi l'essere tali relativamente a più epoche, tendendo all'assoluto.
E siamo arrivati, finalmente, al nocciolo di tutte le nostre diatribe.
Non c'è proprio niente di assoluto in questo universo, caro Ric!
Devi aspettare di andare ...di là per vedere qualcosa che tenda all'assoluto.
Qui, come qualcuno ha detto, non tendono all'assoluto nemmeno lo spazio e nemmeno il tempo: figuriamoci un cantante d'opera.
Per me se un cantante d'opera varca la gloria della sua stagione naturale è solo perché o non vi è stato progresso o c'è qualcuno che ci studia sopra e che lo divulga ai posteri.
Proprio come per Dante Alighieri.
Tutto questo sempre e comunque IMHO
Salutoni,
Matteo