Lohengrin (Wagner)

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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Tucidide » lun 27 lug 2009, 16:56

Mat e Maugham tacciono.
Evidentemente non si sono ancora ripresi dall'incavolatura ( : Andry : : Fuck You : ) ...
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda pbagnoli » lun 27 lug 2009, 18:12

... :(
Che pizza...
Fra qualche giorno qualcuno mi telefonerà e mi dirà: "Il forum sta vivendo un momento di pausa"
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda MatMarazzi » dom 09 ago 2009, 22:08

CAri amici,

Riemergo dai vapori dell'afa padana, per rispondere - con eccezionale ritardo - all'amico Marco, a cui vanno - anzitutto - i sensi della mia invidia più indignata.
Quattro giorni di distanza fra le nostre recite (lui il 15, noi il 19) e il mondo è cambiato.
Quello che racconterò ha dell'incredibile, a riprova del fatto che - come organizzazione - i bavaresi non hanno nulla da invidiare a noi italiani.

Davanti al Nationaltheater scene da fine del mondo: bagarini di ogni nazionalità, gente che si rincorreva, che urlava, che implorava biglietti, una folla oceanica alla porta della biglietteria. Non vi dico che è successo quando ho tirato fuori il blocchetto dei biglietti da distribuire ai soci del Wanderer Club. Uno stormo di signori disperati, bagarini, dame disposte a tutto mi si è fatto intorno come "vo cumprà" ai parcheggi pubblici. E dire che era già la quarta recita.
Il primo Lohengrin di Kaufmann meritava tanta frenesia.

Una volta seduti in platea (piena all'inverisimile) la notizia atroce: il grande tenore è malato, ha la febbre, ma canterà ugualmente in attesa che il sostituto arrivi da Londra in aereo.... :shock:
Sarebbe già stato quello il momento di chiedersi come mai un festival di tanta importanza non abbia un sostituto già lì pronto, anche considerato che si trattava di una nuova produzione, e che il cantante annunciato è con ogni probabilità il maggior tenore di oggi e uno dei maggiori da moltissimo tempo in qua.
Però eravamo felici di sentire Kaufmann almeno per un po' e abbiamo ricacciato indietro la domanda.
Il primo atto di Kaufman è stato un miracolo.
Be'... febbre o non febbre un Lohengrin stratosferico, musicalmente, vocalmente e scenicamente il migliore. Occorre probabilmente risalire a Wittrich o ancora più su, fino a Van Dyck per trovare qualcosa di simile. Nemmeno la febbre intaccava la sontuosità, la nobilità e l'espressività del suo canto.
Siamo usciti all’intervallo convinti che forse ce l’avrebbe fatta ad arrivare alla fine. Al secondo atto, però, le cose sono degenerate: benché gli interventi di Lohengrin siano tutto sommato tranquilli, il povero Kaufmann – tutto lucido, tremante, sudaticcio, con gli occhi spiritati – accusava vistosamente i 39 gradi di febbre che l’annunciatore aveva dichiarato. E’ solo in virtù di una tecnica da primo della classe che è riuscito a tenere la linea delle grandi frasi al finale, ma al momento della firma – quando per fortuna non cantava più – è stato scosso da violenti colpi di tosse.
Ok, nulla di male: può succedere che un artista si ammali. Era ormai evidente che al terzo atto lo avrebbero sostituito. Pazienza. Lo spettacolo è comunque grandioso, gli altri del cast bravi o bravissimi, la direzione di Nagano in gran spolvero, e poi comunque un atto del Lohengrin spettacolare di Kaufmann l’abbiamo sentito.
Non sapevamo cosa ci aspettava. Non potevamo immaginare che uno dei più celebrati festival del mondo non era in grado di prevedere una normalissima sostituzione. Siamo stati sbalzati in una situazione da delirio crucco-felliniano che a raccontarla sembra incredibile.
Il sostituto (di un Kaufmann, non dimentichiamolo) era un ignoto cagnone sessantenne, dalla voce scassata e gigolante, grasso e semipelato, che se ne stava – con abiti civili – ai lati della scena.
Evidentemente non conosceva i movimenti di regia.
La parte scenica è stata così assicurata da un mimo.
Ma ora viene il bello. IL mimo era una donna. Evidentemente non c’era nessuno che conoscesse i movimenti della parte; probabilmente quella tapina che hanno vestito da Kaufmann e scaraventata in scena era un’aiuto-regista o qualcosa di simile.
Quando mi sono trovato di fronte a questa donnicciola alta 1.50, col sedere basso, vestita da uomo, che abbracciava un’Harteros di buoni 10 cm più alta di lei, che incespicava malamente quando doveva trascinarsi dietro la culla di legno o reggere in braccio il fratellino di Elsa (la cui espressione era terrorizzata), ho avuto la sensazione di essere al centro di una barzelletta.
Per un attimo ho persino pensato che fosse un’idea di Richard Jones, il regista-genio capace di tutto e che a un certo punto sarebbe uscito Kaufmann con un cartello “siete su Scherzi a parte”.
Invece no: era tutto vero. Era solo l’incredibile, sfrontata improvvisazione di un teatro che ti chiede (questo sì) 250 euro per posti di seconda categoria, ma che in compenso non si preoccupa di avere un cover (per un ruolo come questo) che abbia assistito alle prove di regia.

marco ha scritto:ho visto i due spettacoli, per me Carsen batte Jones :D

Be’ in termini assoluti, Marco, ti do ragione.
L’Arianna è stato un miracolo di quelli che capitano raramente: una delle regie più fantasiose, esplosive , fantasmagoriche di Carsen. Anche io mi sono divertito di più all’Ariadne che al Lohengrin.
Però, Marco, non è onesto paragonare i due registi su due titoli così diversi.
Ariadne è un’opera sperimentale ed eccentrica, che pare scritta apposta per valorizzare i registi. Una buona regia (solo buona) è un mezzo fallimento, tanto vivace è il materiale di partenza.
Lohengrin (come tutto Wagner) pone invece problemi drammaturgici serissimi; non ultimo quello di tener sveglio il pubblico. Scarsità di azione, complessità concettuale, omogeneità di atmosfera….
Cavarne i piedi è già un ottimo risultato.
Se vuoi essere onesto, devi paragonare il Lohengrin di Carsen (che se ben ricordo vedesti anche tu a Parigi due anni fa) al Lohengrin di Jones. Allora sì che Jones sbaraglia il confronto, per me.
Quello di Carsen era semplicemente una bella “location” (la Parigi occupata nella seconda guerra mondiale). Quello di Jones è una macchina da guerra, un architettura sconvolgente di immagini, un turbinio di idee, una raffica di shock e sovvertimenti, un sequela di emozioni fortissime alternate a ironie anche nei momenti dove più giustificata sarebbe la noia.
Ti posso concedere che la de-costruzione narrativa era in questo Lohengrin un filo troppo cerebrale (a parte che al terzo atto ero troppo alterato per prestare la giusta attenzione). E’ anche vero che per la prima volta, con Jones, ho avuto la sensazione che l’ossessione di seguire un’idea lo portasse troppo in là, quasi più nell’esercizio che nella rivelazione. Di solito la sua eloquenza travolge ogni resistenza e viene da dire che l’opera non può voler dire altro che ciò che egli ci mostra.
Con questo Lohengrin invece ho avuto talora la sensazione di un “soprabito” contenutistico un po’ forzatamente imposto. Non di meno, non credo che vedrò più un secondo atto tanto perfetto nei ritmi, nelle geometrie, nell’entusiasmo con cui procedeva potente come un bulldozer.
Non mi dispiacerebbe parlare ancora un po’ di questa regia.
Salutoni,
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Tucidide » lun 10 ago 2009, 9:38

MatMarazzi ha scritto:Uno stormo di ... dame disposte a tutto mi si è fatto intorno

E tu non ne hai approfittato? :mrgreen:

Comunque la scena che hai narrato ha del grottesco. Io ho vissuto un'esperienza simile a Bologna per I Puritani. In quell'occasione, costrinsero il tenore Albelo a cantare, sebbene totalmente afono, con risultati penosi.
Nel caso di questo Lohengrin, ovviamente, Kaufmann ha la reputazione e il nome sufficienti per potersi rifiutare di sostenere l'intera recita e di pretendere un sostituto, seppure... gigolante (bell'aggettivo: non l'avevo mai sentito :D ).
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda marco » lun 10 ago 2009, 12:36

MatMarazzi ha scritto:CAri amici,

Riemergo dai vapori dell'afa padana, per rispondere - con eccezionale ritardo - all'amico Marco, a cui vanno - anzitutto - i sensi della mia invidia più indignata.
Quattro giorni di distanza fra le nostre recite (lui il 15, noi il 19) e il mondo è cambiato.
Quello che racconterò ha dell'incredibile, a riprova del fatto che - come organizzazione - i bavaresi non hanno nulla da invidiare a noi italiani.

marco ha scritto:ho visto i due spettacoli, per me Carsen batte Jones :D


Se vuoi essere onesto, devi paragonare il Lohengrin di Carsen (che se ben ricordo vedesti anche tu a Parigi due anni fa) al Lohengrin di Jones. Non mi dispiacerebbe parlare ancora un po’ di questa regia.
Salutoni,
Mat


mi dispiace veramente per quello che è successo il 19, fra l'altro il duetto del terzo atto è stato forse il momento più alto musicalmente della serata e l'In fermen land ... :wink:

purtroppo non vidi il L. di Carsen, anche se ricordo di averti parlato della mia intenzione di fare una scappata a Parigi, ma poi non ne feci nulla
mi piacerebbe molto se ci descrivessi lo spettacolo di Jones, non solo ovviamente per me ma anche per gli altri amici del forum che non lo hanno visto e poi perchè come ho già detto non sono riuscito a comprenderlo nella suo svolgimento complessivo
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda VGobbi » lun 10 ago 2009, 19:37

Si potrebbe dare un nome ed un cognome al tenore cigolante?

Grazie!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Tucidide » lun 10 ago 2009, 20:19

VGobbi ha scritto:Si potrebbe dare un nome ed un cognome al tenore cigolante?

Qui ho trovato una locandina relativa al 19 luglio dove si cita un certo Ivar Gilhuus.
E' lui, per caso?
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Luca » lun 10 ago 2009, 21:09

Ivar Gilhuus
=====================================
Sono andato su entrambe le segnalazioni, offerteci da Tucidide. Accidenti, questo signore canta pure Otello ! Bisognerà fare una ricerca in Youtube.

Saluti e grazie a Tucidide.
Luca.

PS.: Sono stato su Youtube ma non v'è traccia !
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda MatMarazzi » mer 12 ago 2009, 15:08

marco ha scritto:mi piacerebbe molto se ci descrivessi lo spettacolo di Jones, non solo ovviamente per me ma anche per gli altri amici del forum che non lo hanno visto e poi perchè come ho già detto non sono riuscito a comprenderlo nella suo svolgimento complessivo


Be' ... ci posso provare.
Lo spettacolo era talmente complesso che rischio di dimenticare qualcosa: inoltre potrei aver frainteso certi simboli, non tutti immediati. Chiedo aiuto a Marco e Maugham e ad altri eventuali testimoni oculari.

Premetto che la regia iniziava prima della rappresentazione.
Già all'arrivo alla Max-Joseph Platz, si poteva vedere l'immensa facciata del Nationaltheater coperta da giganteschi striscioni azzurri, recanti la scritta: "frag'nicht" (non domandare!)
All'ingresso del teatro alcune maschere distribuivano un volantino (che poi avremmo visto in scena): vi era ritratta la foto di un bambino, con sopra scritto: "vermisst" (scomparso).

Ma soprattutto il programma di sala.
Sulla costa era indicato il titolo dell'opera (Lohengrin), ma sulla copertina no.
C'era invece una scritta cancellata: "cronaca di un fallimento".

Un fallimento.
Ed è proprio questo che descrive Jones, con la sua regia: il fallimento di un ideale, di un sogno.
A fallire è "il sogno di Elsa".

Trasformata nel fulcro dello spettacolo, nel nocciolo stesso della storia, Elsa assume in questa regia un primato assoluto: Lohengrin non è che lo strumento del suo "sogno", nonché del fallimento.
Tutto ruota intorno a Elsa, al suo sogno impossibile, alla sua ribellione cocciuta, coraggiosa, trascinante.
Per inciso voglio sottolineare l'assoluta bravura di Anja Harteros, che forse - in un altro spettacolo - non avrebbe lasciato come Elsa un segno tanto profondo.
Ma a Monaco la Harteros assorbe profondissimamente la regia di Jones, se ne fa carico completamente, ne condivide ogni responsabilità.
Persino quella sua faccia bella, ma dura, quasi inespressiva, come acciecata dal proprio ideale; persino la sua voce limpida e fredda, inflessibile, tipica di chi non ascolta più nessuno, non vuol sentire altri che se stessa; persino la rigidità con cui indossava la sua divisa da "fattorino" con tanto di bragoni e bretelle, che certo non valorizzavano la sua bellezza ...
L'Harteros è stata l'interprete che non solo aderisce a un'idea (singolare), ma la fua sua, vi trasfonde la propria personalità.

Ma torniamo al "sogno di Elsa".
Un sogno di isolamento e di negazione.
Una casa.
La casa che Elsa sogna deve essere semplice e perfetta, con mobili puliti, linee leggere, strutture di legno (che giustamente Maugham ha definito "da Ikea"). Deve avere l'orticello, la piccionaia, un piano superiore con le camere da letto (in cui non può mancare la culla) e uno inferiore con il salotto e il caminetto.
Nell'ultimo atto si leggono persino (tra le composizioni di fiori) le frasi scritte da Wagner sul suo rifugio di Bayreuth, villa Wahnfried.
L'infallibile Maugham che se ne è accoto potrebbe tradurle per noi...

La casetta di Elsa è più che un focolare, è più che un rifugio, è più persino di una poetica restaurazione della "famiglia felice".
E' la negazione della realtà, della società che si trasforma, delle logiche della contemporaneità: è il rifiuto del "passatista" (di cui parlavamo tempo addietro) di adeguarsi alle mutazioni del presente.
Infatti nella sua casa (scena del matrimonio) lei e suo marito sono vestiti con abiti antichi, tradizionali, di una Baviera che non esiste più. I rituali delle nozze (una fascia viola che avvolge le braccia degli sposi, intenti a brindare) evoca pratiche lontanissime, pre-industriali.

Nel sogno di Elsa convergono impulsi tradizionalisti (il ritorno a un vagheggiato passato) e persino "socialisti". Lei infatti rifiuta il "ruolo" che il lavoro appiccicca addosso a ogni essere umano: nella società attuale, ogni uomo non è altro che il lavoro che svolge. La sua schiavitù al "ruolo" è la prigione dell'essere umano.
Elsa no. Lei sogna la sua casa, dove sarà libera di essere lei stessa. Non più un ruolo, non più un lavoro.
Sarà lei stessa, sganciata dal resto della società, dalle logiche del lavoro, dall'evoluzione dei tempi, libera solo di coccolare i suoi sogni di famiglia felice, focolare scoppiettante e bambini che giocano.

Tutto questo è chiaro fin dal preludio, di cui Jones sfrutta le tensioni e le esplosioni con un'intensità che lascia sconvolti.
Al centro del palco, Elsa ci volge le spalle, immobile davanti a un cavalletto da disegno tecnico. E' vestita da fattorino (il suo vero lavoro), ma ha in mano un pennarello.
Lentamente comincia a tracciare sul foglio bianco i perimetri della sua futura "casa". Questa lunga scena (lunga quasi quanto tutto il preludio) trae le proprie tensioni dalla musica. Man mano che si sviluppa il tema del Graal, che accede ai suoi sublimi fragori, noi vediamo il progetto prendere forma. Siamo tutti con lei: la musica di Wagner ci spinge a condividere il Graal di Elsa, la sua silenziosa, individuale rivoluzone.

Tutti gli altri personaggi dell'opera sono in subbuglio. Sono tutti vestiti da "dipendenti" (immaginate un grande hotel, un grande magazzino, quello che volete). Ci sono i fattorini, alle cui fila appartiene Elsa, le guardie per la sicurezza, gli impiegati, i camerieri, i custodi, i manager e gli amministrativi (fra cui Ortrud, nel suo impeccabile tailleur grigio con tacchi e caschetto biondo). Tutti sono "lavoratori", incatenati al loro ruolo professionale, tutti con la loro brava divisa.
Persino il re, persino Telramund indossano una livrea; persino quella specie di delegato sindacale che è l'Araldo, ripreso dalle telecamere ad ogni suo intervento.
Tutto questo cosmo di lavoratori è in subbuglio per la "ribellione" di Elsa, la quale, senza nemmeno guardarli, continua a portare avanti e indietro i suoi mattoni.
Quella pazza velleitaria, con i suoi progetti edili, sta creando subbuglio, silenziosamente fa adepti.
Altri infatti cominciano ad aiutarla, a portare mattoni a loro volta...

Telramund e Ortrud, sia pure per ragioni diverse, le si oppongono.
Vedono l'assurdità, vedono il pericolo di questo "sogno".
Dichiarono l'impossibilità di un progetto di vita "solipsistico": la società si fonda sulla propria costante mutazione e sulla distribuzione dei ruoli. La nostra "prigione" è la nostra salvezza. I sogni come quello di Elsa sono destabilizzatori e nocivi.
Elsa viene fermata (nel suo continuo andiriviene con i mattoni), viene posta in giudizio, simbolicamente alzata su un mucchio di mattoni con un pilone in mezzo (quasi un rogo da novella Giovanna d'Arco).

Lei si giustifica dicendo: "è possibile".
Ho sognato un uomo così e così.. un uomo libero dalle catene della società, libero dalle divise, fedele a quelle tradizioni che lasciavano l'essere umano al centro di tutto.
Che si mostri, allora! E infatti, lateralmente, entra Lohengrin.
E' completamente diverso dagli altri, anzitutto perché non ha una divisa.
Ha una maglietta azzurra, pantaloni che sembrano di una tuta. Regge in mano un cigno (il cui significato si scoprirà, poderoso, al finale). E' l'uomo "libero" che Elsa sognava, che incarna la "possibilità" di vivere fuori dagli schemi sociali.
Elsa ha vinto; Telramund è sconfitto. E l'atto si conclude con Elsa e Lohengrin che, insieme, lavorano da bravi muratori alla fatidica casa; intorno a loro sempre più persone li aiutano, passano dalla loro parte.

I disperati tentativi di Telramund e Ortrud di dimostrare la follia del sogno collettivo in cui Elsa sta trascinando tutti falliranno nel corso del secondo atto.
Telramund fa addirittura un gesto (forte, ripreso al finale da tutto il coro) che vorrebbe sottolineare il proprio fallimento: niente può più salvare il mondo. Si infila in bocca una pistola, fermato in tempo da Ortrud.

Questo "rovesciamento" fra buoni e cattivi è tipico di Jones, del suo bisogno di non fidarsi delle apparenze.
Nella sua prospettiva, il pericolo è Elsa.
Sia pure animata dai migliori propositi, Elsa è l'eversione. Se qualcuno rinuncia a far parte dei meccanismi sociali, la società si frantuma.
Ciò che Elsa otterrà è di creare una nuova società, ma più primitiva ancora, dove coloro che pretende di liberare non potranno che essere la sua stessa copia, molto più schiavi di prima (la fine di tutte le utopie novecentesche).
Eppure il suo velleitarismo fa presa, si trascina dietro folle di adepti. E' ormai l'intero popolo che lavora alla casa di Elsa.
E' veramente difficile descrivere lo splendore dei cori del secondo atto, il cui ritmo incalzante e gioioso si fonde all'incessante lavoro di tutto il popolo intorno alla casa, che si eleva sempre più...
E soprattutto è indescrivibile il finale, di una bellezza visiva da togliere il fiato.

Lohengrin ed Elsa sono seduti al tavolo, circondati da tutto il popolo. Stanno firmando il contratto di nozze.
Una corista li riprende con la telecamera (le cui immagini sono proiettate in alto, al centro della scena).
Lohengrin firma (ovviamente con una X), Elsa firma proprio mentre il coro conclude il suo canto sulle parole "Elsa von Brabant". Nell'entusiasmo collettivo la casa (ormai finita) ruota su se stessa, lasciandoci ammirare in tutta la sua bellezza.
Sul retro però vi è un'apertura sottile (una specie di porta di servizio) a cui Ortrud si avvicina.
E' la crepa nel sogno di Elsa.

Frag' nicht! Non domandare Elsa.
Le prime scene del terzo atto sono un incantevole rappresentazione di felicità domestica.
Ora Elsa e Lohengrin indossano vecchi e ridicoli abiti da cerimonia, della più antica tradizione bavarese. Lei ha uno splendido vestito bianco da sposa, e non più i bragoni e le bretelle del fattorino.
Anche lui è vestito da sposo: non ha più quella specie di tuta azzurra con cui era comparso.
E tuttavia... particolare inquietantissimo... sono tutti i coristi che ora indossano la sua stessa maglietta azzurra.

I timori di Telramund si sono avverati: il popolo, obnubilato dal sogno di Elsa, si è tolto una divisa per mettersene un'altra.
Elsa non ha sciolto la società e liberato gli uomini; ne ha costituito un'altra ben peggiore, in cui gli uomini sono ancora più schiavi.
Per ora lei, Elsa, non se ne è ancora resa conto. Abbraccia il marito, l'uomo libero, si bea della favolistica serenità della sua casa nuova e scintillante.
Ma il dubbio instillatole da Ortud agisce.
Cosa si nasconde ditro all'uomo "libero"? Cosa si nasconde dietro al suo cigno?
Cosa nasconde Elsa dietro il suo stesso sogno?
Guai a chiederselo...

Ma Elsa chiede. Rovina... Telramund irrompe in casa e viene ucciso da Lohengrin. Il cadavaere viene condotto via. Elsa fugge dalla sua casa.
Rimasto solo Lohengrin misura quello spazio senza senso, quella casa della menzogne. e ne distrugge un simbolo di straordinaria importanza: la culla, il nido del "futuro felice"; trascinatala a piano terra, le darà fuoro.
La casa sparisce.
Splendido l'intermezzo sfolgorante di ottoni, mentre in scena vediamo solo Lohengrin, avvolto dall'osurità, seduto, la testa nelle mani.
Arriva la rivelazione. Mentre il cadavere di Telramund è portato come un martire, un eroe, in mezzo al palcoscenico, l'uomo libero svela il segreto, ma questa volta non sul passato (di Lohengrin), quanto sul futuro.
Solo Lohengrin infatti conosce la risposta che tutti, a questo punto cercano. A chi darà ragione il futuro? Il mondo sarà davvero trasfigurato dal sogno di Elsa?
Il cigno è la risposta. E Lohengrin quel cigno l'aveva in braccio quando è entrato.
Poi l'ha messo da parte, quasi a voler negare la verità anche a se stesso, trascinato a sua volta da Elsa: ma il momento della verità è arrivato.

Nuovamente in braccio a Lohengrin, ora il cigno si trasforma: è il bambino scomparso, il futuro contro cui Elsa aveva eretto la sua casa. Ed è un bambino vestito da "lavoratore", in livrea.
Questo Elsa ha chiesto, questa è la risposta. Ad occhi sbarrati, sopra il cadavere di Telramund, la giovane donna fissa il proprio fallimento, mentre il fondale della scena si solleva, lasciando scorgere una specie di grande caserma, o prigione, o sala mensa, ... come volete, ma certo un luogo ben diverso dalla casetta dei sogni di Elsa.
E' in questo luogo grande, ostile e metallico, in cui, guardandosi attorno smarriti, i coristi - vestiti come Lohengrin, con la maglietta azzurra che a questo punto ricorda una divisa da carcerati - si siedono mestamente nelle panche, comprendendo finalmente di trovarsi in una prigione ben più atroce e spersonalizzante di prima.
Mentre cala il sipario, tutti ripetono lo stesso gesto che era stato del loro "martire" Telramund: si infilano una pistola in bocca.

Spero di non aver dimenticato nulla...
Magari poi ci riguardo e correggo la forma italiana.
Ora devo scappare.

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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Luca » mer 12 ago 2009, 15:44

La descrizione di Matteo è interessantissima e molto particolareggiata ed ho visto qualche scena dello spettacolo in Youtube, come anche lì si trova quello di Palermo allestito da De Ana che mi piace di più. Però trattandosi di Lohengrin che è un'opera che amo moltissimo (e che purtroppo ho visto un'unica volta 'rovinata' da Ronconi a Firenze), pur nella genialità registica di chi ha composto lo spettacolo, me ne sarei andato dopo il I atto.
Queste interpretazioni psicologico-politico-ideologiche, mi pare che ormai hanno fatto il loro corso. Lohengrin è anche fantasia, tuffo in un passato arcano, e tante altre cose.

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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Rodrigo » mer 12 ago 2009, 20:53

Luca ha scritto: Lohengrin è anche fantasia, tuffo in un passato arcano, e tante altre cose.


Bellissima considerazione!
Forse dirò una sciocchezza, ma a me la storia del cavaliere del cigno ricorda per più di un aspetto la trama, e più ancora il clima psicologico, del Tancredi rossiniano.
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Luca » mer 12 ago 2009, 21:11

ricorda per più di un aspetto la trama, e più ancora il clima psicologico, del Tancredi rossiniano...
============================================================================
E' vero quanto affermi Rodrigo! Anche la tua è una bella considerazione: il Lohegrin presenta qualche analogia di atmosfere paesaggistiche e cavalleresche anche con La Donna del Lago e col Guglielmo Tell.

Saluti, Luca.
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda MatMarazzi » mer 12 ago 2009, 23:00

Luca ha scritto:Queste interpretazioni psicologico-politico-ideologiche, mi pare che ormai hanno fatto il loro corso. Lohengrin è anche fantasia, tuffo in un passato arcano, e tante altre cose.
.


Caro Luca,
evidentemente nella mia cronaca arruffata, mi sono espresso molto male.
La lettura di Jones infatti non era nè piscologica, nè ideologica, nè tantomeno politica.
Era un lettura "mitica": ossia una storia "simbolica" che descrive problemi universali dell'umanità.
Esattamente come fece Wagner.
Ho infatti la sensazione che anche per lui il contesto favolistico di Lohengrin (o come dici tu "arcano", "fantasioso") non fosse che un fondale di cartapesta.
I problemi che Lohengrin racconta vanno ben al di là di castelli e laghi brumosi.

Questo almeno a mio modo di vedere.
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda Luca » gio 13 ago 2009, 7:01

Son d'accordo con te, caro Matteo, che il Lohegrin ha dietro tutta una vicenda di scovolgimenti mentali e caratteriali (l'eterna lotta tra il bene ed il male con le inevitabili ripercussioni), tuttavia per quanto ho visto io nei flash di Youtube, la parte visiva era quanto di più fredda e lontana dal medioevo in cui W. immagina la storia. E questo va rispettato, almeno a mio modo di vedere.

Salutoni, Luca.

PS.: Spero che producano il DVD completo della recita per visionbarlo integralmente.
Luca
 
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Re: LOHENGRIN - KAUFMANN - NAGANO - JONES - MONACO 2009

Messaggioda pbagnoli » gio 13 ago 2009, 15:25

Ho letto anch'io con estremo piacere la cronaca di Matteo: a parte l'inconveniente grossolano del tenore (ecco qualcuno che riesce a fare una figura ancora più barbina della Scala), dev'essere stato uno spettacolo indimenticabile.
E tuttavia leggendo non sono riuscito a farmi un'idea completa di quello che vogliono essere i due amanti diabolici nella concezione di Jones. Come viene risolto il momento del duetto con Elsa? Cosa diventa l'Entwaite Gotter? E com'erano gli interpreti di Ortrud e di Telramund?
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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