CONFRONTI: Sutherland/Silss

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Messaggioda Riccardo » lun 28 mag 2007, 15:35

MatMarazzi ha scritto:A me pare che, proprio per le sue origini britanniche, la Sutherland non sia una rossiniana simile agli americani.
C'è sempre in lei una placidità vittoriana, un abbandonarsi alla strumentalità del fraseggio, un fluttuare sui legati che non ha molto a che spartire col furore muscolare e quasi isterico degli americani (dalla Silss a Blake, dalla Horne alla Blythe).
E' un'altra cosa.

Ho tirato fuori la Sutherland semplicemente perché si cercava un denominatore comune culturale alla felice riuscita in terreno rossiniano.

Ma mi aspettavo questa risposta da te e la condivido! Dal punto di vista stilistico la differenze sono anche per me estreme, se non addirittura esemplari di due stili e sensibilità totalmente opposti.
Non è un caso che, da estimatore di Blake, abbia sempre tifato più Sills che non Sutherland.
Che cosa avrebbe combinato la Sills in Semiramide?
E perché si lasciò sfuggire la versione rossiniana di Elisabetta I?
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Messaggioda MatMarazzi » lun 28 mag 2007, 23:35

Riccardo ha scritto:Non è un caso che, da estimatore di Blake, abbia sempre tifato più Sills che non Sutherland.
Che cosa avrebbe combinato la Sills in Semiramide?
E perché si lasciò sfuggire la versione rossiniana di Elisabetta I?


Io invece preferisco tifare Joan, nel senso che fra le due (in astratto) mi pare quella dal peso artistico maggiore.
E poi ...(ma questo è solo un gusto del tutto soggettivo) amo poco l'estroversione. Mi piacciono di più gli interpreti che scavano di quelli che accumulano e caricano.

La Silss attira la mia attenzione, lo ammetto. Suscita spesso (beh, non spesso, diciamo talvolta) la mia ammirazione.
Ma non sento affatto la nostalgia di una sua Semiramide o di una sua Elisabetta I. I ruoli Colbran richiedono, secondo me, un peso di personalità e di carisma regale.
Canterà come una gallina a cui si tira il collo, ma per me la Gencer resta l'unica Elisabetta rossiniana a poter tener testa al mito della Colbran.

:)

Salutoni,
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Messaggioda pbagnoli » mar 29 mag 2007, 14:14

Anch'io sono per mia tendenza più portato verso la Sutherland che non verso la Sills, anche se certe volate dell'americana mi mettono la frenesia.
Io, contrariamente a Matteo, adoro i funambolismi e certi numeri mi fanno diventar matto, anche se con la Sills ogni tanto capita di provare una certa qual sazietà
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Sills/Sutherland

Messaggioda Riccardo » mar 29 mag 2007, 23:24

Dal thread su Brownlee:
MatMarazzi ha scritto:Io invece preferisco tifare Joan, nel senso che fra le due (in astratto) mi pare quella dal peso artistico maggiore.
E poi ...(ma questo è solo un gusto del tutto soggettivo) amo poco l'estroversione. Mi piacciono di più gli interpreti che scavano di quelli che accumulano e caricano.
La Silss attira la mia attenzione, lo ammetto. Suscita spesso (beh, non spesso, diciamo talvolta) la mia ammirazione.
Ma non sento affatto la nostalgia di una sua Semiramide o di una sua Elisabetta I. I ruoli Colbran richiedono, secondo me, un peso di personalità e di carisma regale.

Sul principio mi sento d'accordo. Non riesco però ad essere sicuro sul fatto che le due appartengono all'una o all'altra categoria in modo rigido.

Se da un lato l'australiana aveva una vocalità fuori dal comune, rifinita e scolpita ai limiti della perfezione, l'americana non sempre era irreprensibile nelle volate sovracute, a volte per imprecisione nell' intonazione a volte per usura vocale arrivata ben presto.

Se da un lato la prima appare spesso monocorde nell'interpretazione, granitica e algida in qualunque ruolo abbia affrontato, la seconda non lascia sfuggire una frase che non sia colorata e cesellata in modo espressivo.

Un po' mi immagino che cosa dirà Matteo. Che quello della Sills era tutto fumo, tutta superficialità alla ricerca dell'effetto più immediato, tanto da rischiare a volte la più becera baracconata. La Sutherland una maestra di ricerca e di studio meticoloso, di riflessività e approfondimento.

Voi che ne dite? Ha ragione Matteo? (se ho ampliato male il tuo pensiero rettifica :wink: ) O forse le cose stanno un po' diversamente?

Il temperamento, la versatilità, l'entusiasmo musicale della Sills a me ispirano una naturale simpatia. Il suo canto è pure gioia di far musica e teatro.

Se a qualcuno interessa di potrebbe fare qualche confronto audio dei ruoli più significativi incisi da entrambe negli anni migliori. Magari Lucia, Norma, Maria Stuarda.
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda MatMarazzi » mer 30 mag 2007, 1:59

Riccardo ha scritto: Sul principio mi sento d'accordo. Non riesco però ad essere sicuro sul fatto che le due appartengono all'una o all'altra categoria in modo rigido.


E su questo, Ric, sono d'accordo.

Un po' mi immagino che cosa dirà Matteo.

lo so... lo so... mi ripeto! :)


Che quello della Sills era tutto fumo, tutta superficialità alla ricerca dell'effetto più immediato, tanto da rischiare a volte la più becera baracconata. La Sutherland una maestra di ricerca e di studio meticoloso, di riflessività e approfondimento.


In effetti vorrei rettificare un poco! ;)
Sulla Sills è vero: avrei detto quasi così.
Sulla Sutherland no: secondo me la stupenda Joan non ha mai riflettuto assolutamente a nulla di ciò che faceva! ehehehe...
Io non mi aspetto che i cantanti "riflettano".
Hanno già troppe cose, poverini, di cui occuparsi.
Il massimo che mi aspetto da loro è che ...provino emozioni e che riescano a condividerle con chi ascolta.

La Sutherland era un monumento vivente e risonante.
Chiusa, imprigionata, nella sua corazza di granito finissimo, non sapeva nè voleva esprimere altro che la sua stessa monumentalità.
Dall'alto del suo piedistallo, sciorinava imperturbabile i suoi misteri ultraterreni, tanto incomprensibile e narcotizzante quanto l'origine dei suoni che produceva, che - a teatro - non si capiva da dove uscissero: il pubblico si faceva piccolo piccolo, si rintanava stordito nella sua seggiolina, in devozione attonita verso questo idolo platonico.

Non era calda... non era femminile... non era sensuale... non era donna... non era nemmeno umana. Tutto vero.
Era tanto monocromatica che quando cantava l'odio non si distingueva dall'amore, la felicità dalla paura. E' vero.
Faceva modesta figura nei personaggi che ESIGONO almeno un po' di umanità. Ancora vero.
E tuttavia in quei personaggi dove la monumentalità poteva essere di per sè un valore espressivo la Sutherland era la più grande: e non era, checché tu ne dica, solo questione di agilità, suoni lindi e omogenei, acuti iperurani. Era anche e soprattutto questione di fraseggio, di rubato, di elaboratissime tensioni ritmico-dinamiche.

Ecco: poiché tu affermi che la Sills era più calorosa e reattiva (il ché è vero) io ti suggerirei non di confrontare le due artiste sulla base dell'umanità (è ovvio che vincerebbe la Sills) e nemmeno su quella della monumentalità (vincerebbe la Sutherland).
Ti suggerisco invece di dare un voto al "meglio" di entrambe: ossia all'umanità della prima e alla monumentalità della seconda.
Poi confronteremo i risultati.

Io personalmente alla Sutherland "astratta e metafisica" (i ruoli Pasta, Turandot, Alcina, donna Anna, Marguerite de Valois, Semiramide) attribuirei un bel 10!

E alla Sills "umana e reattiva" che voto darei?
Francamente non mi spingerei tanto oltre una piena sufficienza.
Su questo versante sono troppe le belcantiste che le hanno fatto mangiare la polvere: l'umanità, la femminilità, la coerenza psicologica della Gencer o della Callas mi sembrano mille volte più palpabili ed evidenti che nella Sills.
E' vero che ci metteva tutto l'impegno a coinvolgere l'ascoltatore, subissandolo di accensioni, slanci, sussurri, scoramenti, lacerazioni.
Non si fermava di fronte a nulla: cercava mille colori (troppi?) per differenziare le vocali, a rischio magari di aprire in modo improvvido e produrre sonorità chiocce e belanti; esasperava le consonanti facendole esplodere brutalmente, sullo stile Gencer, ma - a differenza di quest'ultima - senza conoscere così bene la lingua italiana da evitare certe penose scivolate di pronuncia; lanciava alcuni sopracuti con un furore talmente scomposto da ritrovarsi in bilico con l'intonazione, lei che pure era una vocalista fantastica.
Tutti questi sarebbero peccati veniali (sai quanto frega a me di sentire qualche nota spiacevole! :) ).
Il vero problema è che un simile armamentario di retorica holliwoodiana, un simile accumulo di effetti su effetti (a volte belli, a volte bellissimi, a volte brutti, a volte bruttissimi) mi sembra spesso controproducente. Non dico "fumo senza arrosto", ma certamente la fa apparire un'attrice che per costruire il personaggio si limita a truccarsi sempre di più, a ricoprirsi la faccia di strati di cerone, a imbellettarsi con tutti i colori e le sfumature possibili... mentre sarebbe bastato un viso espressivo, sia pure "acqua e sapone".

Devo però anche dire che, sia pure rovinato da tutta quell'enfasi pseudo-divistica, la Sills il talento dell'animale da teatro ce l'aveva.
Ci sono frasi che lasciano interdetti, tanto risultano poetiche e coinvincenti: hai presente, all'inizio del Devereux, quella semplice frase "fido alla sua regina? E basta... o Sara?"
Infine va sottolineato che ci sono personaggi che, grosso modo, possono avvantaggiarsi proprio di quel frastornante accumulo di effetti, di tanta egocentrica esteriorità.
Ad esempio le regine donizettiane (non Anna Bolena, non Lucrezia Borgia, ma quelle incoerenti, dissociate, contraddittorie scritte per la Ronzi de Begnis o la Ungher) e in particolare Maria Stuarda, ruolo in cui la Sills mi pare l'unica (scusa il sentimentalismo da Genceriano) in grado di far vacillare la turca sul suo trono.

Non ho difficoltà ad ammettere che in questi ruoli la Sills avesse ragione della Sutherland (la cui Stuarda è - per me - la peggiore della discografia). In compenso la Sutherland mi pare non solo superiore, ma infinitamente superiore, incommensurabilmente superiore nei ruoli Pasta e in tutti quelli dove l'umanità può anche essere messa da parte e smaterializzata (come solo la Sutherland sapeva fare) fra le nebulose stellari.

Questo è ciò che ne penso io. Ma mi piacerebbe davvero tanto sentire le opinioni dei nostri compagni di forum.

Un salutone,
Matteo
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda Riccardo » mer 30 mag 2007, 14:13

MatMarazzi ha scritto:
Un po' mi immagino che cosa dirà Matteo.

lo so... lo so... mi ripeto! :)

No, tutt'altro...Provo ad immaginare ma come vedi riesci lo stesso a spiazzarmi :)

Ti suggerisco invece di dare un voto al "meglio" di entrambe: ossia all'umanità della prima e alla monumentalità della seconda.
Poi confronteremo i risultati.

Io personalmente alla Sutherland "astratta e metafisica" (i ruoli Pasta, Turandot, Alcina, donna Anna, Marguerite de Valois, Semiramide) attribuirei un bel 10!

E alla Sills "umana e reattiva" che voto darei?
Francamente non mi spingerei tanto oltre una piena sufficienza.
Su questo versante sono troppe le belcantiste che le hanno fatto mangiare la polvere: l'umanità, la femminilità, la coerenza psicologica della Gencer o della Callas mi sembrano mille volte più palpabili ed evidenti che nella Sills.

Sulla Sutherland sono d'accordo con te. Nel terreno che le appartiene, risulta difficilmente superabile.

Sulla Sills però ho qualche obiezione da farti, pur condividendo l'approccio critico che hai proposto. Siamo sicuri che sul piano dell'"umanità e reattività" la Sills sia seconda a Gencer e Callas?
La Sills, oltre ai mezzi espressivi che hai scritto tu, faceva uso di strumenti belcantistici secondo me più soddisfacenti rispetto alle altre due. Variava sempre nelle ripetizioni che di rado erano tagliate; nei dischi in studio si possono davvero sentire tutte le battute scritte dall'autore. Sfruttava tutto lo sfruttabile a livello espressivo per esprimere l'energia che aveva in corpo, quell'umana e reattiva energia. Per me non è poco.

Hai presente come sfuma e colora "Vanne sì mi lascia indegno.." nella Norma; il duetto con Giovanna nella regina donizettiana (perché non ti piace qui?).
Ricordo bene che quando ti chiesi della Sills anni fa tu tirasti proprio fuori il vinile della Stuarda... :) Perché ritieni sia il suo ruolo più riuscito?
La Sutherland, che tu qui trovi fuori parte, esegue la cavatina alternativa della Malibran, probabilmente perché le conveniva su ogni fronte.

Ad esempio le regine donizettiane (non Anna Bolena, non Lucrezia Borgia, ma quelle incoerenti, dissociate, contraddittorie scritte per la Ronzi de Begnis o la Ungher) e in particolare Maria Stuarda, ruolo in cui la Sills mi pare l'unica (scusa il sentimentalismo da Genceriano) in grado di far vacillare la turca sul suo trono.

Della Ronzi de Begnis però cantò soltanto il Devereux (per il quale è passata alla storia), non so se anche Gemma di Vergy. Della Ungher non so se abbia fatto Parisina, Maria di Rudenz e Straniera. Sono più ruoli in cui si è buttata la Caballé no?

È più un'intervista a te che non una risposta, ma se hai voglia di commentare sarebbe credo interessante per tutti! :)
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Messaggioda VGobbi » mer 30 mag 2007, 18:18

Sutherland. Non ho mai compreso la sua fama, specie nel repertorio italiano. Marazzi la descrive come una cantante (interprete mi pare del tutto nulla) chiusa nella sua corazza di granito finissimo, non sapeva nè voleva esprimere altro che la sua stessa monumentalità. Aggiungerei con il rischio, invero elevato, di incomunicabilita'. Forse sentendola dal vivo, la sua voce (che si dicesse immensa e travolgente) non lasciava indifferenti, ma le sue testimonianze discografiche, nei non pochi ruoli che l'ho ascoltata, mi ha sempre lasciato freddo. Tecnica cristallina, sovracuti spettacolari e pindarici, registro vocale brunito ed esteso, tutte doti uniche e rare che possedeva la Joan, inutile negarlo, ma incapace di trasmettere le emozioni che un ascoltatore desiderebbe quando ascolta un'opera. A me la Joan riesce a piacermi, tantissimo per inciso, quando affronta il repertorio straniero, specie quello francese. La sua Esclarmonde resta il suo irragiungibile capolavoro ma Norma, per citare un ruolo di cui ingiustamente l'hanno rappresentata come una delle migliori interpreti, non e' Esclarmonde. Norma e' un ruolo molteplice, complesso, in cui comprende l'amore di una madre, le sfuriate di una donna vendicatrice per il tradimento di Pollione, l'autorita' che deve saper emanare una sacerdotessa. E la Joan in questo gravosa parte appare fin troppo placida, fallendo o perlomeno non rendendo piena giustizia nei non pochi momenti di furore di cui e' cosparso il capolavoro di Bellini.

La Sills la conosco troppo poco per poterla giudicare. Ma in quelle poche cose, mi ha sempre esaltato il suo funambolismo, anche se a volte fine a se' stesso.
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Messaggioda pbagnoli » mer 30 mag 2007, 18:42

Nei ruoli Ronzi la Sutherland non rendeva: e va bene.
Nei ruoli Pasta, però, è stata trascendentale: questa è una verità storica e in questo sito non possiamo basarci solo sugli "imho". Tralascerei di commentare le considerazioni di Vittorio, perché a me e a molti altri partecipanti del forum ben note, se non per quanto concerne la storia della freddezza interpretativa: la Sutherland è stata la massima interprete di una visione apollinea (e lo dico con preciso riferimento a Nietszche e a La nascita della tragedia, con tutte le considerazioni fra apollineo e dionisiaco) dei ruoli che le venivano affidati, né d'altra parte sarebbe potuto essere altrimenti, stanti le sue caratteristiche.
Negli stessi ruoli, però, la Sills secondo me ha detto cose importanti: oltre alla Stuarda, anche nel Devereux. Ma era un'interprete fondamentalmente dionisiaca.
Anche la Caballé, paradossalmente, è stata assai più pertinente proprio nei ruoli Ronzi che non nei Pasta nei quali avrebbe potuto calarsi meglio, stante la propria vocalità. Paradossalmente perché lei sarebbe stata un'apollinea della più bell'acqua, ma la voglia di cimentarsi con questi ruoli era tanta e tale da infondere un autentico furore dionisiaco. Che poi ci sia riuscita sempre o completamente, beh, questo è un altro paio di maniche...
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Messaggioda Riccardo » mer 30 mag 2007, 19:32

pbagnoli ha scritto:Anche la Caballé, paradossalmente, è stata assai più pertinente proprio nei ruoli Ronzi che non nei Pasta nei quali avrebbe potuto calarsi meglio, stante la propria vocalità. Paradossalmente perché lei sarebbe stata un'apollinea della più bell'acqua, ma la voglia di cimentarsi con questi ruoli era tanta e tale da infondere un autentico furore dionisiaco. Che poi ci sia riuscita sempre o completamente, beh, questo è un altro paio di maniche...

La Caballé nelle sue velleità "dionisiache" mi è sempre risultata insopportabile oltre limite.
Nessun confronto con una Sutherland che, nei terreni a lei inadatti, se non altro li cantava a modo suo sfoderando le carte che aveva e non quelle che non erano alla sua portata.
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Sills/Sutherland

Messaggioda Luca » mer 30 mag 2007, 22:30

1. La Caballé nelle sue velleità "dionisiache" mi è sempre risultata insopportabile oltre limite.

2. Nessun confronto con una Sutherland che, nei terreni a lei inadatti, se non altro li cantava a modo suo sfoderando le carte che aveva e non quelle che non erano alla sua portata.
============================================
Sul primo punto concordo, anzi vado oltre: la Caballé resta anche nella sua età dell'oro un sempre gradino sotto a Sills e a Sutherland (e non solo a loro: aggiungo Gencer e Scotto). Tutto talmente apollineo ma anche talmente noioso... perché a circuito chiuso. Poi quando ha fatto la "dionisiaca" (o ci ha provato) ha rifatto il verso alle veriste '20-'50 (cf. Gioconda).

Sul secondo punto mah... Sono un estimatore e fan accanito della Sutherland, però Adriana Lecouvreur e Suor Angelica se le poteca risparmiare. A mio avviso rappresentano per lei un boomerang che le si è ritorto contro. Il verismo ed il naturalismo poco hanno a spartire con il registro sfavillante o con la malinconia che la Sutherland infondeva alle sue eroine italo-francesi.

Salutoni, Luca.
Ultima modifica di Luca il gio 31 mag 2007, 14:08, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda beckmesser » gio 31 mag 2007, 11:32

Ad ogni riascolto, la Sutherland mi dà l’impressione di essere una di quelle cantanti che “invecchiano” abbastanza male… Nulla da dire, ovviamente, sull’eccellenza della vocalista, ma a me pare che quelle pazzie così piene di placido buon senso (Lucia, Elvira, Amina…), quei giochi di nuances francesi che profumano tanto di musica da salotto (Fille, le donne dei Contes, Lakmè…) comincino a mostrare abbastanza crudamente lo strato (per ora magari sottile) di polvere che li ricopre. Provando il gioco dei voti, per mio conto un 10 pieno lo merita solo per Turandot e Donna Anna (per inciso, forse le uniche incisioni fatti con grandi direttori diversi dal marito: sarà un caso?).
Per la Sills, mi sembra avvenga esattamente il contrario: vero è che, al contrario della Sutherland, bisogna fare a monte una cernita spietata delle (ahimè molte) esecuzioni discutibili già sul piano meramente vocale (quel Don Pasquale!), ma alcune sue cose mi sembrano acquistino novità ad ogni ascolto. In particolare, la sua Lucia resta per me quella nel complesso più emozionante: sarà che anche il contesto della sua incisione è dei più felici (Schippers, Bergonzi…), ma per mio conto la progressione emotiva della scena finale, dallo spettrale recitativo che sembra nascere dal suono dell’armonica a vetri fino al delirio barocco della cabaletta, resta una delle pietre miliari della storia del disco…
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda MatMarazzi » lun 04 giu 2007, 16:45

Riccardo ha scritto:Sulla Sills però ho qualche obiezione da farti, pur condividendo l'approccio critico che hai proposto. Siamo sicuri che sul piano dell'"umanità e reattività" la Sills sia seconda a Gencer e Callas?
La Sills, oltre ai mezzi espressivi che hai scritto tu, faceva uso di strumenti belcantistici secondo me più soddisfacenti rispetto alle altre due. Variava sempre nelle ripetizioni che di rado erano tagliate; nei dischi in studio si possono davvero sentire tutte le battute scritte dall'autore. Sfruttava tutto lo sfruttabile a livello espressivo per esprimere l'energia che aveva in corpo, quell'umana e reattiva energia. Per me non è poco.


Caro Ric,
non è un merito della Sills il fatto di aver cominciato a cantare Donizetti quando l'esperienza critica e filologica aveva già fatto passi ulteriori rispetto ai tempi della Callas e della Gencer.
Quel che è certo e che se qualcuno non avesse prima rilanciato queste opere (sia pure in condizioni critiche meno evolute) non ci sarebbe stata nemmeno la possibilità per la Silss di inciderle.
E comunque le battute si sentiranno pure tutte, ma le note no. Perché la Silss è talmente esagerata nel cambiare le note (e non solo nelle cabalette) che alle volte mette in gioco il discorso stesso dell'autore.
Se donizetti, in una frase, ti piazza un trillo in un certo punto è perché, evidentemente, vuole sottolineare musicalmente qualcosa.
Se il cantante invece mette dieci trilli prima e altrettanti dopo, il discorso si compromette.
E comunque Ric nessuno toglie alla Silss un virtuosismo maggiore rispetto alla Callas e alla Gencer (virtuosismo dovuto anche alla voce più piccola e che poi si sconta nella aridità dei centri e nella modestia del colore), ma mi sembra francamente incredibile che si possa paragonare l'espressività della Callas o della Gencer a quella della Sills.
Parliamone, ma a me pare che siamo a un mondo di distanza.

Riccardo ha scritto:Della Ronzi de Begnis però cantò soltanto il Devereux (per il quale è passata alla storia), non so se anche Gemma di Vergy.


Be' e la Maria Stuarda dove me la metti?
Se non è un ruolo Ronzi quello...
Comunque io citavo la Ronzi e la Ungher più come tipo vocale-psicologico... Non per effettivi ruoli cantati.
Si dice che la Verrett è un Falcon, anche se non c'è un solo ruolo della Falcon che lei abbia mai cantato.

Tornando ai ruoli Pasta (Anna Bolena, Norma, ecc...) lì la Silss non mi convince perchè - almeno a mio gusti - sono ruoli in cui tutto (la linea di canto, la psicologia) pare convergere verso una sorta di sublimazione dell'umanità, una specie di elevazione oltre le umani passioni, verso (appunto) il sub-lime romantico.
Se una cantante non ha in sè questa capacità di levitazione (come aveva la Callas o come aveva la Sutherland) non mi convincerà del tutto in questi ruoli.
La Gencer per me resta un idolo nel repertorio ottocentesco italiano, eppure la sua Beatrice di Tenda, la sua Norma, la sua Anna Bolena non raggiungono (almeno a mio gusto) i vertici di Devereux e Stuarda.
E pure la Sills, con quel suo modo espressivo da Minnie Mouse (come disse anni fa la nostra vecchia amica Radmila), non mi pare credibile in questi ruoli.
Può colorare, variare, inserire sopracuti quanto vuole... ma non arrivo a crederle.
Mi tengo la Bolena della Callas (anche se incompleta) e sogno quella che avrebbe fatto la Sutherland al momento giusto...

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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda Riccardo » lun 18 giu 2007, 22:43

Con clamoroso ritardo provo a risponderti!
MatMarazzi ha scritto:non è un merito della Sills il fatto di aver cominciato a cantare Donizetti quando l'esperienza critica e filologica aveva già fatto passi ulteriori rispetto ai tempi della Callas e della Gencer.

Non dico sia un merito, però di fatto è dalla sua ugola che possiamo ascoltare per la prima volta in disco interi pezzi di spartito prima costantemente espunti.
C'è poi da considerare che i progressi critici e filologici in genere vengono stimolati dagli stessi cantanti e direttori che si hanno a disposizione. Tant'è vero che tutt'oggi, specie nel Donizetti, ai cantanti che non possono o non vogliono, l'esperienza critica non ha insegnato proprio nulla.
La Devia continua (anzi, dovrebbe aver finito lo scorso luglio) a cantare Lucia con la coda della cavatina tagliata. E dal disco della Sills sono passati 37 anni... La Anderson e Blake riaprivano i tagli a loro piacimento nel 1982.
Certo contano i suggerimenti della critica, ma poi mi pare che il peso maggiore l'abbiano sempre l'intenzione e la capacità espressiva degli artisti.
Oltretutto non so nemmeno fino a che punto i passi tagliati per tradizione di Bolena o Lucia siano stati riscoperti dagli studiosi, visto che non solo e non tanto di interi brani si parla, ma di piccole sezioni di battute, credo mai espunte dagli spartiti Ricordi. A modificare il testo erano soltanto gli scarabocchi belli e buoni di Gavazzeni e colleghi su di uno spartito che riportava (e riporta) tutta la parte.

MatMarazzi ha scritto:Se donizetti, in una frase, ti piazza un trillo in un certo punto è perché, evidentemente, vuole sottolineare musicalmente qualcosa.
Se il cantante invece mette dieci trilli prima e altrettanti dopo, il discorso si compromette.

Pensa un po' quanto si compromette il discorso allora se le battute con trilli o colorature scritte da Donizetti vengono espunte del tutto come avviene nei dischi della Callas o più comunemente secondo la prassi dell'epoca (e spesso ancora attuale)! L'esito semplicemente non è più l'Anna Bolena, ma un'altra cosa! È una selezione interessante, magari ben interpretata, ma per me maledettamente compromessa nelle opportunità espressive.
Dove stanno tutti i colori e le ombreggiature delle frasi di Anna, se nel duetto con Giovanna vengono tagliate le quartine di coloratura? Quella frase muore secondo me.

Impaziente di leggerti, ti saluto :wink:
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda MatMarazzi » mar 19 giu 2007, 11:22

Riccardo ha scritto:Non dico sia un merito, però di fatto è dalla sua ugola che possiamo ascoltare per la prima volta in disco interi pezzi di spartito prima costantemente espunti.


La Sills, lo racconta lei stessa, non ne voleva sapere di fare il Roberto Devereux al NYCO (ossia l'opera che le ha dato la gloria in questo repertorio).
Fu il direttore del teatro a convincerla, dopo aver ascoltato una registrazione radiofonica di quest'opera.
Ora, ovviamente la Sills si guarda bene da specificare che registrazione fosse; ma noi lo sappiamo benissimo. Si trattava della riscoperta pionieristica che nel 1964 era stata fatta a Napoli, con Leyla Gencer, che aveva raccolto un tale successo da circolare, sotto forma di nastri pirati, in tutto il mondo.
Nel 1964 a Napoli, tagliavano le opere, le eseguivano secondo i loro criteri, ecc... però c'erano persone che "osavano" questi titoli e trovavano il modo di renderli vivi e pulsanti, nonostante criteri esecutivi che oggi possiamo trovare non condivisibili.
Tu puoi anche scandalizzarti dei tagli di Gavazzeni (ed è giusto: glieli rimproveravano anche all'epoca), ma se Gavazzeni - da bergamasco e biografo donizettiano - non avesse lottato con le dirigenze della Scala, nessuno avrebbe allestito Anna Bolena.
E fu per merito di quelle recite scaligere (infarcite di tagli) che l'opera tornò alla luce.
La Silss non l'avrebbe mai cantata (e sarebbe rimasta ai suoi vani coccodé nel tradizionale repertorio leggero) se prima qualcuno non avesse dimostrato il valore dell'opera e imposto la sua modernità al pubblico.

Inoltre, sinceramente, ritengo che la Bolena della Callas e il Devereux della Gencer siano molto più interessanti di quelli della Sills.

Siamo tornati a parlare di corteccia e nocciolo.
Tu difendi l'opera; io stavo parlando di interpretazione.
Posso essere d'accordo con te che un'opera vada eseguita (almeno oggi) in un certo modo. Ma non inneggerò alla Bolena della Serra perché, a Ferrara, gliela sentii fare assolutamente integrale.
Il pubblico uscì stremato da quelle che giudicò "le insopportabili lungaggini dell'opera"; io stesso mi annoiai mortalmente e rimpiansi qualcuno dei buoni vecchi tagli di Gavazzeni.

:)
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Re: Sills/Sutherland

Messaggioda Riccardo » mar 19 giu 2007, 14:31

MatMarazzi ha scritto:La Silss non l'avrebbe mai cantata (e sarebbe rimasta ai suoi vani coccodé nel tradizionale repertorio leggero) se prima qualcuno non avesse dimostrato il valore dell'opera e imposto la sua modernità al pubblico.

Ma su questo io non discuto, è un dato storico.
Quello che voglio dire è che oggi io valuto il disco della Callas o quello della Sills o della Gruberova per come suonano oggi alle mie orecchie. Che la Callas abbia riscoperto il ruolo è un dato importante ma che non influenza la mia fruizione odierna!
Che Blake abbia portato alla luce il bisogno di cantare il Rondò di Almaviva, e tutto ciò che ne consegue a livello di rivalutazione del personaggio, non è il motivo principale che me lo fa ritenere superiore a Florez (che invece non ha scoperto proprio nulla).
La ragione principale nasce dall'ascolto dell'uno accanto all'altro, senza ragioni temporali. Ed ecco che intuiamo che Florez, anche se canta il "Cessa", non costruisce un personaggio eroico e protagonistico, ma segue il filone di Alva e compagnia.
Dall'ascolto si notano tante differenze che poi sono perfettamente coerenti con la personalità e gli intenti degli interpreti, ma la partenza è dall'esecuzione!
Siamo proprio tornati al discorso dell'altro thread :)
MatMarazzi ha scritto:Posso essere d'accordo con te che un'opera vada eseguita (almeno oggi) in un certo modo. Ma non inneggerò alla Bolena della Serra perché, a Ferrara, gliela sentii fare assolutamente integrale.
Il pubblico uscì stremato da quelle che giudicò "le insopportabili lungaggini dell'opera"; io stesso mi annoiai mortalmente e rimpiansi qualcuno dei buoni vecchi tagli di Gavazzeni.

Ma su questo sono d'accordissimo. Fare tutti i chicchirichì non significa automaticamente essere grandi interpreti, anzi. Tante volte servono per sopperire al resto. Però i chicchirichì se sfruttati a dovere trovo siano un'opportunità preziosa! :D

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