Milano - Teatro alla Scala

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Re: La Scala 2009-10

Messaggioda Tucidide » mer 27 mag 2009, 23:18

pbagnoli ha scritto:- qualcuno impedisca a Nucci di bissare il "Sì vendetta tremenda vendetta": ci ha fracassato le palle!

Anche perché la bissa anche se nessuno glielo chiede... come a Bologna! :roll:
Noto che Gilda sarà la Pratt. Staremo a sentire: se davvero è una cantante destinata ad una grande carriera, la Scala ha fatto un bel colpo.

- il cast del Faust non vi sembra a dir poco pietoso?

Abbastanza...

- di puro richiamo edonistico non solo il Simone di Domingo ma anche, temo, Villazon nell'Elisir che - se continua così - annullerà sicuramente l'impegno per far posto al carneade che compare al suo fianco in locandina.

Qui sei un po' troppo cattivo. :D Domingo porterà il suo nuovo ruolo in tutti i teatri d'Europa e in America: se la Scala se lo fosse fatto sfuggire, l'avremmo stigmatizzata. :)
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Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Maugham » ven 29 mag 2009, 11:54

http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp

Leggo questa intervista.
Molto ben fatta; domande secche e risposte brevi.
Leggo e rileggo le risposte di Lissner.
:shock: :shock: :shock:
A voi la palla.

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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Tucidide » ven 29 mag 2009, 21:04

Lissner dice:
«La verità è che molti cantanti non vogliono venire alla Scala perché hanno paura di essere fischiati»

Caro Lissner, e se invece fosse colpa della mala gestione dei teatri?
Per quale motivo un cantante dovrebbe venire in Italia a cantare? Firma un contratto e non sa con sicurezza 1) con chi canterà; 2) chi lo dirigerà; 3) chi sarà il regista; 4) SE le recite si faranno o se non salteranno per lo sciopero.
A questo aggiungiamo che il mercato del disco, che per i divi sponsorizzati rappresenta una bella fetta di popolarità ed introiti, in Italia è negletto. Basta fare qualche ricerchina in rete quando esce un disco di un certo richiamo: siti francesi, inglesi, americani e tedeschi pubblicano recensioni, scrivono, commentano: in Italia poco o niente. Perché mai i divi dovrebbero venire a promuoversi in un territorio così sassoso?
Credo insomma che la questione del loggione, che pure esiste ma in fin dei conti non è e non DEVE essere un problema, sia una bella scusa accampata dal goloso sovrintendente.
Mi stupisce che anche lo stesso Mattioli in altra sede, ossia «Classic Voice» di questo mese, abbia attribuito ai loggioni ed alla loro fauna - citata esplicitamente - il motivo della mancanza di nomi di richiamo nei cartelloni italiani.
Secondo me un tale approccio alla questione è inutilmente polemico a tutti i costi, nonché forviante: gli unici a gongolare sono proprio coloro che si trovano indegnamente citati su una rivista che si intenderebbe specialistica e, più o meno, seria.
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda pbagnoli » sab 30 mag 2009, 17:14

Infatti.
La claque è sempre esistita, per cui non si capisce per quale motivo Mattioli faccia riferimento ai soliti noti come se fossero la causa di tutti i mali in cui versa la musica in Italia oggi. Fuori dagli stretti confini italici - anzi, forse fuori dalla cerchia dei Navigli - non se li fila nessuno, anche perché tutto sommato del fischio italiano non frega nulla a nessuno in Germania, Inghilterra, Francia o USA.
E' anzi comodo fare riferimento ai fischiatori di professione: si scarica la colpa sul pubblico becero e si passano in fanteria le colpe di una gestione fallimentare, come è stata sinora quella di Lissner, capace solo di generare nostalgie per Muti. Il quale Muti è stato dispotico, arrogante, provinciale ed autoreferenziale, ma ha espresso una linea di pensiero, spesso non condivisibile ma pur sempre una linea.
Non vorrei esprimere giudizi preventivi (o profilattici, che dir si voglia): non è mia abitudine.
E tuttavia, non posso fare a meno di rilevare che - a specifica domanda - Lissner risponda che quello che pensa dell'opera italiana sia affar suo. E no, ragazzi: è un personaggio pubblico, dirige quello che una volta fu il più importante teatro d'opera del mondo, quello che pensa non sono solo affari suoi, ma anche di un insieme di persone che vanno da chi ci mette i soldi, agli artisti coinvolti sino al pubblico che fruisce.
E quello che si rileva, una volta di più, è che alla voce "Rigoletto", uno dei capisaldi del teatro d'ogni tempo, figura un vecchio cantante che ha detto tutto quello che poteva dire sull'argomento, che è al dessert e che basa la sua - diciamo così - interpretazione su trucchetti da politeama estivo, il tutto nel contesto di una produzione vecchia, stantia che non ha più nulla da dire. Va bene, ci sarebbe Jessica Pratt, giovane cantante che sta cercando di inserirsi nel panorama interpretativo belcantistico con mezzi interessanti: ammesso che resista e che non cancelli la propria partecipazione a questo Barnum, come credete che possa esprimersi? Al meglio delle proprie possibilità? In uno spettacolo che servirà solo da veicolo agli ultimi latrati di Nucci? Ma per favore!
E lo stesso il Faust. Non è opera italiana - siamo d'accordo - ma è pur sempre ambito lontano dagli interessi culturali di Lissner. E infatti c'è Scandiuzzi, cantante di una modestia imbarazzante, e Giordani, che non c'entra un fico con lo stile di quel particolare ambito culturale. E il Barbiere con la giurassica regia di POnnelle! E con Flòrez, che probabilmente farà Almaviva sino ai 97 anni! In un contesto del genere come volete che risalti il genio interpretativo di uno dei pochi veri fenomeni del nostro tempo, e cioè Joyce DiDonato?
Vogliamo continuare?
A parte la Aikin come Lulu ( una scelta obbligata, dati i tempi: e una vota alla Scala si facevano i debutti importanti! ) e
Mattei nel secondo cast del Don Giovanni, risalta il solo Mazura ultraottuagenario! Per il resto è tutto un florilegio di Robert Dean Smith, Julia Gertseva e Scandiuzzi. All'inaugurazione non avremo Elina Garança; no, avremo un'illustre sconosciuta, di nome Anita Rachvelishvili, che sarà anche bravissima, ma che nessuno ha mai sentito perché ha finito di studiare l'altro ieri.
Ci sarà Villazon? Non lo crede nessuno, perché sta per essere operato e dovrà fare riabilitazione. AL suo posto chi ci sarà? Casciarri?
E taccio dei Dante e Cassiers, registi di nessuna esperienza operistica, che hanno in mano i progetti più importanti della stagione. E' vero che anche Chèreau, quando fu chiamato da Wolfgang Wagner a Bayreuth nel 1976 ad allestire il Ring del Centenario era poco più che una scommessa, per cui aspettiamo fiduciosi e non prevenuti; ma...
Nessuno vuole demonizzare Lissner. Ma si avverte nettamente:
- la mancanza dei grossi nomi di grande prestigio attuale
- la mancanza della Grande Produzione che sbaragli
- l'idea che l'opera italiana sia maltrattata e messa in un angolo. Si ha veramente la sensazione che il sovrintendente francese abbia dello spettatore italiano l'idea che si possa accontentare con qualche latrato e il bis di "Sì vendetta tremenda vendetta".
Ridateci Muti!
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Re: La Scala 2009-10

Messaggioda VGobbi » sab 30 mag 2009, 18:15

Sicuramente ci saro' per la Lulu (opera che confesso faccio fatica a digerirla, a differenza del Wozzeck) solo ed esclusivamente per il gloriosissimo Mazura (di anni ne ha 85 quest'anno. E' del 1924). Per lui, al momento opportuno, cerchero' di approfondire l'opera. Anzi, anche se OT e me ne scuso, c'e' da meravigliarsi che in campo discografico non ci abbia lasciato pressoche' nulla !!!

Per il resto, stendo un velo pietoso sul Rigoletto per la presenza di Nucci od il Barbiere con Florez (quante volte l'abbiamo gia' ascoltato!?!), stracontento per la mancanza di un titolo pucciniano (era ora, a meno che avessero proposto qualche titolo insolito, magari la "Fanciulla"). Sul cast del Faust concordo con Bagnoli, del debutto di Domingo nel ruolo di Simone non credo sia un evento degno di nota. Resta l'Oro del Reno ma Pape mi esalta meno di quanto mi aspettassi (ma cerchero' di esserci).
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Tucidide » dom 31 mag 2009, 11:36

pbagnoli ha scritto:La claque è sempre esistita, per cui non si capisce per quale motivo Mattioli faccia riferimento ai soliti noti come se fossero la causa di tutti i mali in cui versa la musica in Italia oggi. Fuori dagli stretti confini italici - anzi, forse fuori dalla cerchia dei Navigli - non se li fila nessuno, anche perché tutto sommato del fischio italiano non frega nulla a nessuno in Germania, Inghilterra, Francia o USA.
E' anzi comodo fare riferimento ai fischiatori di professione: si scarica la colpa sul pubblico becero e si passano in fanteria le colpe di una gestione fallimentare, come è stata sinora quella di Lissner, capace solo di generare nostalgie per Muti. Il quale Muti è stato dispotico, arrogante, provinciale ed autoreferenziale, ma ha espresso una linea di pensiero, spesso non condivisibile ma pur sempre una linea.

Più che altro i fischi non fanno piacere a nessuno, a prescindere dalla coscienza di esserseli meritati oppure no.
Quindi, se in aggiunta alle deficienze gestionali di cui sopra, ci mettiamo pure l'ambiente "a rischio", beh, il quadro che si viene a delineare non è dei più allettanti.
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda pbagnoli » dom 31 mag 2009, 12:37

Alberto, ci potrà anche essere quello che fischia per partito preso: di tipi così ne esistono dappertutto, figuriamoci se la Scala fa eccezione.
Il problema è che il fischio va a colpire la scartina, la mezza calzetta, e passi; ma qualche volta, nel mucchio, colpisce anche il fuoriclasse, quei due o tre che ci sono, perché lo spettatore è talmente abituato alla mediocrità da non saper più distinguere le cose belle quando gli compaiono davanti al naso.
Insisto: il problema non è nei blog.
Il problema è nella mediocrità di una gestione - non solo la Scala, è ovvio - che mette la scartina nel posto che dovrebbe essere del fuoriclasse. Se il bloggaiolo non ha altri termini di paragone perché non vede più in là del proprio orticello, pensa che la realtà sia confinata in quel perimetro e fischia la scartina tornando ad ascoltarsi i dischi.
Poveretti, in fondo non hanno tutti i torti nemmeno loro :D
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Tucidide » mar 02 giu 2009, 13:07

pbagnoli ha scritto:Alberto, ci potrà anche essere quello che fischia per partito preso: di tipi così ne esistono dappertutto, figuriamoci se la Scala fa eccezione.
Il problema è che il fischio va a colpire la scartina, la mezza calzetta, e passi; ma qualche volta, nel mucchio, colpisce anche il fuoriclasse, quei due o tre che ci sono, perché lo spettatore è talmente abituato alla mediocrità da non saper più distinguere le cose belle quando gli compaiono davanti al naso.
Insisto: il problema non è nei blog.
Il problema è nella mediocrità di una gestione - non solo la Scala, è ovvio - che mette la scartina nel posto che dovrebbe essere del fuoriclasse. Se il bloggaiolo non ha altri termini di paragone perché non vede più in là del proprio orticello, pensa che la realtà sia confinata in quel perimetro e fischia la scartina tornando ad ascoltarsi i dischi.
Poveretti, in fondo non hanno tutti i torti nemmeno loro :D

Non so... a dire il vero, mi pare che, specie nei teatri grossi e blasonati, come appunto la Scala, siano i grandi a rischiare maggiormente di essere fischiati.
Alla scartina, come dici tu, si perdonano molte più cose, e di fatto la passano sempre liscia o quasi. Questo è anche giusto, visto che è congruo pretendere di più da chi arriva preceduto da una fama gloriosa.
Quello che non mi sembra corretto è aspettarsi da un grande nome qualcosa che si sa già in partenza che non si potrà avere, dando per scontato che una star, in quanto tale, debba percorrere il medesimo cammino di quelle del passato.
E così si va a sentire Kaufmann aspettandosi una posizione del suono alta come quella di Lauri Volpi, si va a sentire Terfel aspettandosi una linea vocale paragonabile a quella di Pol Plançon oppure (se fossi analfabeta direi "piuttosto che" :) ) di Tancredi Pasero, ci si appresta all'ascolto della Ninona (alias Nina Stemme) aspettandosi l'acciaio della Nilsson. Altre sono le carte vincenti di questi artisti, che piacciano o no.
Ecco da dove vengono i fischi, secondo me.
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda pbagnoli » mar 02 giu 2009, 17:36

Tucidide ha scritto: Quello che non mi sembra corretto è aspettarsi da un grande nome qualcosa che si sa già in partenza che non si potrà avere, dando per scontato che una star, in quanto tale, debba percorrere il medesimo cammino di quelle del passato.
E così si va a sentire Kaufmann aspettandosi una posizione del suono alta come quella di Lauri Volpi, si va a sentire Terfel aspettandosi una linea vocale paragonabile a quella di Pol Plançon oppure (se fossi analfabeta direi "piuttosto che" :) ) di Tancredi Pasero, ci si appresta all'ascolto della Ninona (alias Nina Stemme) aspettandosi l'acciaio della Nilsson. Altre sono le carte vincenti di questi artisti, che piacciano o no.
Ecco da dove vengono i fischi, secondo me.

Bravissimo, Alberto!
Ecco una considerazione interessante, che fai benissimo a fare.
E' effettivamente qui che entra in gioco l'ottusità dell'ascoltatore, che cerca cose che non può avere precludendosi la gioia di ascoltare il meglio che un cantante gli può dare. Se ne parlava con Matteo, l'altro giorno.
Quanti fra un paio d'anni aspetteranno al varco la Stemme gongolando del fatto che non avrà gli acuti d'acciaio della Nilsson?
Quanti fra un paio d'anni aspetteranno al varco la Netrebko che - è vero - è stata scritturata nel ruolo meno adatto a farla risaltare (non è nemmeno una sprovveduta, però: ascoltare per credere), ma che non ha di sicuro sovracuti a proflusione nel suo bagaglio?
Un po', sicuramente.
E tuttavia, pur non misconoscendo la portata di questo problema, continuo a pensare che il problema vero stia nell'inadeguatezza della proposta rispetto all'attesa. Credo che anche il loggionista più becero sia disposto a perdonare un sovracuto meno squillante se la produzione è all'altezza delle aspettative
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Tucidide » mar 02 giu 2009, 20:17

pbagnoli ha scritto:Quanti fra un paio d'anni aspetteranno al varco la Netrebko che - è vero - è stata scritturata nel ruolo meno adatto a farla risaltare (non è nemmeno una sprovveduta, però: ascoltare per credere), ma che non ha di sicuro sovracuti a proflusione nel suo bagaglio?
Un po', sicuramente.

Sinceramente, della Netrebko "belcantista" mi preoccupa di più l'assenza di un autentico armamentario virtuosistico, di cui i sovracuti sono solo uno degli aspetti, nemmeno il più importante.
E tuttavia, pur non misconoscendo la portata di questo problema, continuo a pensare che il problema vero stia nell'inadeguatezza della proposta rispetto all'attesa. Credo che anche il loggionista più becero sia disposto a perdonare un sovracuto meno squillante se la produzione è all'altezza delle aspettative

Tu dici? Il problema secondo me non risiede in un sovracuto o in un pugno di note, ma in tutto il resto. La Stemme non piacerà ad alcuni come Bruennhilde perché è una cantante del tutto diversa dalla Nilsson. Non sono due note a separarle, ma un universo intero di suoni, di sensibilità musicale ed approccio alla musica di Wagner.
Il problema non sta nel preferire l'una all'altra. Il problema sta nel credere che solo una sia la via da percorrere per risolvere Bruennhilde. Non si deve rinnegare la Nilsson per apprezzare la Stemme: si può cercare di capire pregi e difetti dell'una e dell'altra e cogliere le differenze che le loro interpretazioni evidenziano.
Ma se non si parte con questi presupposti, hai voglia a calare la Stemme in uno spettacolo anche strepitoso...
Ad ogni modo, noto con disappunto come anch'io mi sia fatto trascinare dalla foga delle recensioni preventive, addirittura giungendo al "fanta-commento" delle previste reazioni del loggione.
Robe da matti. :shock: :roll:
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Maugham » mer 03 giu 2009, 12:27

Cari Pietro e Tucidide,
avete perfettamente ragione nell'evidenziare di come gli orizzonti limitati di certo pubblico -sia in termini di preferenze che di mercato- siano alla radice di molti degli attuali mali scaligeri.
Ne abbiamo parlato a lungo.
Con il mio messaggio però mi proponevo -almeno in prima battuta- di non andare, non so come dire, sui contenuti; il mio stupore era legato esclusivamente al tipo di risposta dato da Lissner a ben precise domande.
Che sono quelle che da tempo ci poniamo su operadisc.
In parole povere:
a) Perchè certi titoli del grande repertorio italiano non vengono allestiti
b) Perchè molti grandi nomi del teatro d'opera moderno alla Scala non mettono piede.
Le risposte di Lissner mi hanno spiazzato.
Ovvero:
Non ci sono voci per certi titoli. (che sono poi quelli su cui la Scala ha costruito parte della propria storia)
I grandi nomi del gotha lirico disertano la Scala per timore di essere fischiati.
Inoltre tra le righe possiamo leggere che, a prescindere dai fischi e dalle diserzioni, a Lissner questo repertorio non interessa particolarmente. Altrimenti alla precisa domanda dell'intervistatore avrebbe risposto altrimenti.
Poichè chi parla è Lissner e non un appassionato qualunque e dal momento che la Scala è un teatro, per storia, tra i più importanti -se non il più importante- del mondo ho trovato la cosa preoccupante.
Tutto qui.

Saluti
WSM
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda MatMarazzi » mer 10 giu 2009, 9:57

Caro Maugham,
grazie di averci proposto quell'intervista, che ho trovato imbarazzante e offensiva.
Io, come sai, seguo Lissner da tanti anni e ho riflettuto sul suo caso abbastanza da essermi fatto un'idea sul perché le sue produzioni a Parigi e a Aix (tutte incentrate su Wagner, Strauss, Janacek, il repertorio novecentesco e quello barocco) fossero così strepitose mentre alla Scala il livello è infimo, tanto nel repertorio a lui caro, quanto nel repertorio della tradizione italiana.
Secondo me, la ragione consiste nel fatto che a Parigi e a Aix Lissner era circondato di segretari e responsabili artistici fra i migliori d'europa.
---di quei segretari a cui basta dare un piccolo imput (tipo, "vorrei fare un bel Prokof'ev, che ne dite?"... oppure "ieri, ho cenato con Boulez... ha detto che ad aprile è libero... cosa gli facciamo fare?" o ancora "mi piacerebbe che Bondy ci facesse qualcosa di barocco") per ritrovarsi sul piatto una serie di scritture favolose, meditate, aperte sul mondo, ricche di intuizioni capaci di far scuola.
Lissner doveva essere, in quei teatri, l'uomo delle relazioni, dalla bella faccia fotogenica, che lavora per i contributi ministeriali, va a cena con artisti, sponsor, partner, politici, intellettuali... l'uomo delle frequentazioni radical-chic, delle interviste patinate, dei rapporti con i sindacati caro alla Gauche (pure muovendosi per l'Europa in suite da principe indiano).
L'aspetto artistico doveva appena sfiorarlo, lasciandone l'incombenza ai suoi fantastici collaboratori.

Alla Scala cosa ha trovato Lissner? Gli stessi segretari onnipotenti e super-professionali?
Tutt'altro. Ha trovato la stessa merce di pressapochismo, provincialismo e disinformazione che caratterizza da almeno vent'anni tutti i nostri teatri.
Il risultato è sotto i nostri occhi: il repertorio italiano - per il quale pure la Scala dovrebbe essere un riferimento planetario - è condotto con una dabbenaggine e una mancanza di idee da lasciare interdetti. Ma persino il repertorio "lissner" (se così posso esprimermi), ossia quello delle grandi tendenze attuali che avevano trovato un porto ideale nello Chatelet e a Aix, viene gestito a Milano con titubanza, incertezza: niente più che la riesumazione di produzioni vecchie e con cast banali nella migliore delle ipotesi.

Lissner rappresenta per la Scala un semplice disastro.
Un anti-mutiano come me deve ammettere che il dictator di Molfetta era meglio.
Di Muti non condividevo (anzi detestato) la linea. La giudicavo reazionaria, provinciale, passatista, egocentrica.
Ma almeno era una linea.
Lissner non ha una linea. Naviga a vista, non sa quello che fa.
E le risposte che ha dato in quella intervista a Mattioli lo confermano.


Maugham ha scritto:"Non ci sono voci per certi titoli". (che sono poi quelli su cui la Scala ha costruito parte della propria storia)


Certo, se pensa di andare a prendere la Gruberova (che non canta un'opera alla Scala da vent'anni) e proporla in Norma a un pubblico che non ha seguito la sua evoluzione, la sua lenta conquista del repertorio drammatico proto-romantico, e se la ritrovebbe ora vecchia, oscillante, pigolante... allora è vero quello che dice. La Gruberova non verrebbe mai a fare Norma alla Scala e se venisse la farebbero a pezzi.
Ma perché? Perché non esistono più le voci? (pazzesco...)

Per fare una Norma ci vuole una diva riconosciuta e consacrata dal pubblico a cui la si propone...
cosa che la Gruberova è a Monaco, Zurigo, Berlino, Barcellona, Vienna... non a Milano.
In quei teatri si è conquistata il diritto di affrontare Norma passando per decine di Bolene, Devereux, Stuarde, Semiramidi, Beatrici di Tenda...
Questo non vuol dire che non si possa scritturare la Gruberova anche a Milano (dove al contrario sarebbero ancora dispostissimi ad applaudirla nella sua ormai inascoltabile Zerbinetta).
Tutt'altro! La si deve scritturare... Non è possibile che una diva sua pari ne sia esclusa da vent'anni.
La si vuol chiamare nel repertorio italiano?
Bene... le si proponga un Belisario di Donizetti, grande dramma bizantino che alla Scala non è mai stato rappresentato e dove la protagonista (madre, cospiratrice, moglie fedifraga) può anche essere una donna matura.
Le si proponga la Fausta, monumentale rilettura donizettiana della Fedra di Racine, scritta per la Ronzi de Begnis.
Sono personaggi grandi, adatti a una vecchia leonessa come lei, ma tratti da opere meno esposte e rischiose di una Norma, semplicemente perché meno note.

Il problema vero è che Lissner non sa nemmeno cosa siano il Belisario e la Fausta.
Per lui l'opera italiana è solo Rigoletto, Lucia, Barbiere di Siviglia, Elisir d'amore...
E anche queste affrontate con la sufficienza (e l'ignoranza) di uno che ha il coraggio di affermare - all'osservazione di mattioli che forse egli non ama l'opera italiana - "i miei gusti non contano", lasciando così intuire che è proprio vero.
E no... non ci siamo!
Se non ti piace l'opera italiana, caro Lissner, la cosa conta parecchio.
Perché se non la ami, non la conosci, e quindi non hai gli strumenti (nè la voglia) per rilanciarla, darle nuova linfa, fare della Scala il teatro guida della sua rinascita.
E' proprio perché non ami l'opera italiana (e non la conosci) che il massimo che sai partorire è il Rigoletto di Nucci, il barbiere di Florez, la traviata della Cavani, l'aida di zeffirelli. E' proprio per questo che, pur disponendo di un cavallo di primissima razza come la Netrebko, la vai a interpellare proprio nel suo peggiore ruolo italiano, la Lucia.
Quindi non è affatto vero che "i tuoi gusti non contano". Contano eccome!
Forse non contavano alla direzione di un teatro fresco e privo di tradizione come lo Chatelet... o a un festival dal passato cameristico come Aix.
Ma se si dirige la Scala, ossia il tempio dell'opera italiana, il teatro di Bellini e Verdi, il faro di una tradizione secolare, allora bisogno amarla l'opera italiana...e dichiararlo a gran voce in tutte le interviste, e andarne fieri, e dimostrarlo nei fatti.

Dici che i grandi maestri non è facile convincerli a dirigere l'opera italiana?
Ci credo... chissà con quali arti può convincerli uno che non ama l'opera italiana.
Siciliani convinse Mitropulos (fresco dei suoi trionfi in Wozzeck ed Elektra) a dirigere l'Ernani.
Ghiringhelli convinse Karajan (già mitico per i Mozart, i Wagner, gli Strauss) a dirigere la Lucia.
Forse Siciliani e Ghiringhelli amavano l'opera italiana, e quel che più conta... la conoscevano.

Poichè chi parla è Lissner e non un appassionato qualunque e dal momento che la Scala è un teatro, per storia, tra i più importanti -se non il più importante- del mondo ho trovato la cosa preoccupante.


Lissner se ne deve andare da Milano. La realtà è questa.
E' l'uomo sbagliato: ormai è chiaro.

Salutoni,
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Maugham » gio 11 giu 2009, 11:30

MatMarazzi ha scritto:Caro Maugham,
grazie di averci proposto quell'intervista, che ho trovato imbarazzante e offensiva.


E io Matteo ringrazio te di aver proseguito nel post che, mi sembrava, non interessasse poi molto gli amici di OD.
Hai perfettamente ragione e come sempre le tue analisi -oltre ad essere sorrette da argomentazioni convincenti- non si limitano a deprecare.
Ma propongono alternative.
Aggiungo solo questo.
L'intervista in questione anch'io l'ho trovata imbarazzante non solo per i contenuti ma anche per la forma.
Ovviamente perchè Lissner qui parla come direttore artistico e sovrintendente della Scala.
Ovvero la massima autorità -così dovrebbe essere- in campo operistico nazionale e una delle più autorevoli nel mondo.
So che mi ripeto; ma anche in questo sta, per me, la gravità di certe affermazioni.
Ovvero, leggendo l'articolo, sembra che Lissner abbia frainteso le micidiali respensabilità del ruolo che ricopre e per cui, immagino, sarà giustamente retribuito.
Un uomo di teatro a capo di una tale istituzione non può concedersi il lusso di allargare le braccia adducendo -quasi fossero cause di forza maggiore- la mancanza di voci, le intemperanze del pubblico e la riottosità delle grandi bacchette nei confronti di un certo repertorio. Semmai lo può fare chi è a capo di un'istituzione meno prestigiosa, che ha altri budget, altri interlocutori politici ed economici, altre aspettative da parte del pubblico.
Chi "comanda" la Scala DEVE avere la capacità di scovare voci in tempi di vacche magre -ammesso poi che tutta questa penuria sia reale-, DEVE (come sostieni) portare gli intemperanti dalla sua parte convincendoli della bontà delle sue scelte, DEVE essere in grado di convincere grandi musicisti a misurarsi con titoli che, per ignoranza, vengono considerati di serie B ma che invece sono il ponte che ha traghettato la Scala nella storia dell'opera.
E' il suo lavoro e quello per cui, presumo, è stato chiamato cinque anni fa.
Non ci sono voci? Domandiamoci questo allora. Chi erano i vari Damrau, Netrebko, Villazon, Di Donato, Westbroek, Herlitzius, Stemme, Kaufmann, Mattei, Delunsch cinque/dieci anni fa? O sconosciuti o quasi sconosciuti. Qualcuno li avrà scovati, valorizzati, proposti, no? Qualcuno di questi nomi l'avrà scoperto anche lui o chi per lui.
Mi chiedo: perchè il novanta per cento degli artisti a cui Opéra magazine ha nell'ultimo anno dedicato la copertina (la copertina!) alla Scala o non li abbiamo visti o li abbiamo visti di sfuggita in ruoli non adatti?
Il pubblico contesta? Ma andiamo! Alla Scala hanno sempre contestato. Come contestano al Met, a Salisburgo, a Parigi, a Londra.
Ad Amsterdam. Sai che ho letto (sulla Lonely Planet, non certo su una rivista specializzata) che sono state fatte petizioni contro la gestione artistica del locale teatro d'opera per le scelte troppo all'avanguardia in campo registico effettuate negli ultimi anni. E che "Stopera" -così gli olandesi chiamano il loro teatro- è un termine dispregiativo nato dalla contrazione di due parole come Municipio e Opera per definire l'importanza del peso politico nelle decisioni artistiche a dispetto delle richieste del pubblico.
Perchè la Scala dovrebbe fare eccezione?
Dicono che non ci sia stata praticamente sera in cui la Callas non abbia avuto qualche problema dalla galleria. Lo stesso Karajan venne aspramente e ripetutamente criticato. All'Ernani di Muti (c'ero) l'unico che salvò dal putiferio fu Bruson, All'Aida con Pavarotti pestarono sul tenore (c'ero), ai Foscari con la Ricciarelli (c'ero) andarono pesante. Buarono persino Domingo e Kleiber nella ripresa dell'Otello. E mi ricordo che anche alla mitica Forza del bicentenario -adesso a seguito dello sdoganamento cellettiano ricordata come il "vero" spettacolo verdiano da sospirone sui tempi andati- il loggione era tutt'altro che tranquillo.
Mi domando; ma cosa si aspetta un uomo di spettacolo quando gli si affida il timone di un teatro come la Scala?
Insomma, scusate la foga, ma le frasi di Lissner mi hanno immalinconito; mi sono sembrate una resa di fronte a qualcosa di erroneamente ritenuto inevitabile, una resa colorata inoltre (forse sono troppo permaloso :oops: ) da una sorta di albagia tutta quanta gallica (e cartesiana :roll: ) nei confronti degli Italiani. "Siete fatti così. Più in là di Leo Nucci nel Rigoletto non andate"

Saluti
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda MatMarazzi » gio 11 giu 2009, 12:01

Quoterei tutto, caro Willy.
E' semplicemente sacrosanta ogni parola del tuo post.

Strano però... Ai tempi delle vecchie "imprese" (di cui ci parlava l'amico Dr.Cajus, che vorrei leggere più spesso) il direttore artistico che falliva veniva mandato a casa l'anno dopo. Oggi invece il direttore artistico che fallisce si lamenta pubblicamente, affermando che ..."il suo lavoro è tanto difficile" (lo sapevamo anche prima): quanto è difficile fare buoni cast, quanto è difficile convincere gli artisti, quanto è difficile fare cose belle, quanto è difficile farsi applaudire....
Come dice giustamente Willy, il lavoro del direttore artistico è proprio questo: lo sappiamo che è difficile (e proprio per questo ben remunerato) non ha bisogno Lissner di fare le interviste con Mattioli.
E' sempre stato difficile; e dire che gli antichi impresari di cui parlavamo prima rischiavano molto di più di Lissner: la bancarotta!
Erano i loro soldi a essere messi in gioco.
L'attuale direttore artistico, pur non riuscendo a fra fronte ai problemi del suo lavoro e ammettendolo bellamente - fra un risotto e l'altro - sulla stampa, resta lì, a percepire il suo stipendio.
C'è qualcosa che non mi torna.

Salutoni,
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Re: Lissner e La Scala disertata

Messaggioda Tucidide » gio 11 giu 2009, 12:44

Maugham ha scritto:Non ci sono voci? Domandiamoci questo allora. Chi erano i vari Damrau, Netrebko, Villazon, Di Donato, Westbroek, Herlitzius, Stemme, Kaufmann, Mattei, Delunsch cinque/dieci anni fa? O sconosciuti o quasi sconosciuti. Qualcuno li avrà scovati, valorizzati, proposti, no? Qualcuno di questi nomi l'avrà scoperto anche lui o chi per lui.
Mi chiedo: perchè il novanta per cento degli artisti a cui Opéra magazine ha nell'ultimo anno dedicato la copertina (la copertina!) alla Scala o non li abbiamo visti o li abbiamo visti di sfuggita in ruoli non adatti?

Questo è verissimo: avessi io la possibilità di andare a teatro gratis, spesati viaggio e albergo, per visionare artisti... :D
Per altro, il racconto della scrittura della Carmen del prossimo Sant'Ambrogio sa da fiaba netrebkiana. :D La giovanotta di belle speranze che va all'audizione per una particina, ed esce scritturata per la Carmen dell'apertura, in compagnia di due divi affermati come Kaufmann e Schrott. :shock:
Il pubblico contesta? Ma andiamo! Alla Scala hanno sempre contestato. Come contestano al Met, a Salisburgo, a Parigi, a Londra.
Ad Amsterdam. Sai che ho letto (sulla Lonely Planet, non certo su una rivista specializzata) che sono state fatte petizioni contro la gestione artistica del locale teatro d'opera per le scelte troppo all'avanguardia in campo registico effettuate negli ultimi anni. E che "Stopera" -così gli olandesi chiamano il loro teatro- è un termine dispregiativo nato dalla contrazione di due parole come Municipio e Opera per definire l'importanza del peso politico nelle decisioni artistiche a dispetto delle richieste del pubblico.
Perchè la Scala dovrebbe fare eccezione?

Oh, finalmente! Abbiamo il coraggio di dirle, 'ste cose! :)
Anche per questo, come dicevo, trovo che da parte anche di certa stampa si attribuisca un peso eccessivo alle turbolenze del loggione. Chi scritturava la Callas, ai suoi tempi, se ne fregava giustamente dei fischi con le chiavi (l'ho letto nel libro di Giudici, io non c'ero :mrgreen: ).
Lissner invece fa il compiacente con le frange più turbolente ed incontentabili, e addirittura fa sue le frasette ad effetto come "di voci così non ce ne sono più", tanto care ad alcuni.
Fra l'altro, ho provato - io sono pazzo, si sa :mrgreen: - a fare una ricerca su Google della locuzione "così non ce ne sono più" messa fra virgolette: se ne trovano decine di attestazioni, :D e per qualunque cosa. :lol:
Eccovi un campionario: :D
di allenatori così non ce ne sono più
attori così non ce ne sono più
Uomini squadra così non ce ne sono più
Scrittori così non ce ne sono più in giro
Di track dance così non ce ne sono più
di modelle così non ce ne sono più!
conduttrici così non ce ne sono più
C'è da dire che voci così non ce ne sono più. C'è da dire che canzoni così non ce ne sono più. (Questo va giù pesante: due in una volta :lol: )
lavori così non ce ne sono più
punizioni così non ce ne sono più.
Di artisti così non ce ne sono più
musicisti così non ce ne sono più
trasmissioni così non ce ne sono più

Vi basta o devo continuare? :D
In pratica, su OGNI aspetto delle res humanae, c'è chi dice che "di cose così non ce ne sono più".
Divertente, senza dubbio. :D
Non viene in mente a nessuno che... forse forse... sia un topos, un luogo comune? :roll:

Insomma, scusate la foga, ma le frasi di Lissner mi hanno immalinconito; mi sono sembrate una resa di fronte a qualcosa di erroneamente ritenuto inevitabile, una resa colorata inoltre (forse sono troppo permaloso :oops: ) da una sorta di albagia tutta quanta gallica (e cartesiana :roll: ) nei confronti degli Italiani. "Siete fatti così. Più in là di Leo Nucci nel Rigoletto non andate"

Eh, beh, ma del resto di cosa ti stupisci, WSM?
Un buon numero di italiani guarda con sufficienza la stragrande maggioranza dei propri connazionali definendoli con disgusto "ignoranti": "Guardate la De Filippi e il Grande Fratello! Ignoranti, caproni!" E' un modo per sentirsi ed autodefinirsi migliori. Atteggiamenti vecchi come il cucco.
Ehhh... di italiani così, non ce ne sono più... :)
Lissner dà voce a questo sentire comune.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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