MatMarazzi ha scritto:Diversi mesi fa discutevo con Riccardo a proposito di Norfolk, personaggio dell'Elisabetta di Rossini.
Riccardo mi aveva richiamato all'ordine perché avevo inglobato il personaggio fra i ruoli "David", mentre nel 1815 i ruoli David non esistevano ancora... tanto che il personaggio era stato creato da Garcia, tenore totalmente diverso da David.
E difatti Norfolk è diverso dai ruoli David.
Il fatto che Blake sia stato straordinario tanto in Norfolk quanto nei ruoli David non significa che il primo sia sovrapponibile ai secondi.
La diversità è caratteriale e anche vocale: è più basso, e molto più cattivo. Norfolk è forse, fra i ruoli tenorili rossininani, il più malvagio, e la sua ironia, la sua protervia, la sua perfidia non sono paragonabili alle insicurezze di Oreste, di Rodrigo e di Giacomo V, e logicamente sono lontanissime da Ilo e da Ricciardo.
Poi, Blake era un genio e ne ha fatto un personaggio strepitoso, forse il suo migliore in assoluto, e un po' lo ha assimiliato alle sue caratterizzazioni dei ruoli David.
Quando in Canio è apparso Caruso è finita ogni discussione.
Allora è un vero peccato che nel 1907 non si sia potuto contare su Caruso per la registrazione integrale dei Pagliacci.
Ovviamente non intendevo dire che la personificazione di Caruso non fosse meritevole, anzi. Semplicemente, non era a vocalità del genere che Leoncavallo pensava. Questo non significa che Caruso non sia un Canio storico, uno dei massimi di tutti i tempi - ma permettimi: non lo considero l'unico possibile, e se sia il migliore in assoluto... beh, non mi piace fare classifiche.
Diverso mi pare il caso delle interpreti veriste femminili. Il canto aperto, le disparità di registro e gli affondi nel petto erano merce comune già all'epoca. Infatti quando si parla di pionieri del canto aperto si parla quasi solo di uomini, come Ruffo e Chaliapin. Le donne erano arrivate prima.
Peccato però che, a mio sentire, tu tendi a ricavare sintesi e relazioni ingannatorie tra tipologia di suono e volontà espressiva.
...
Sono sillogismi che restano talmente in superficie da portarci a fraintendere completamente l'interpretazione di un cantante.
E' vero che se un cantante sceglie di ottenere suoni grossi e fibrosi, oppure chiari e fosforecenti, una ragione c'è.
Ma questa ragione rischiamo di non vederla, se poi ai suoni applichiamo le vecchie e stracche categorie espressive della tradizione pre-bellica.
No, non è il mio pensiero.
E te lo dimostro partendo da quanto dici di seguito:
Caruso ha i suoni enormi? indi è enorme il personaggio.
Enorme?
No! Non penso al Canio di Caruso come ad un personaggio enorme! Lo intendo squassato, popolano, terragno.
Per tutta una serie di motivi, non ultima la peculiarità dei suoni. C'è la ritmica (per quello che si può dedurre dalle registrazioni dell'epoca). C'è l'accento. C'è la dizione. Ma c'è anche il suono in sé.
Sul volume della voce, devo dire che non lo trovo mai decisivo a fini espressivi. Su questo punto concordo.