Eccomi.
Che dire, Denoke notevole.
Dimostrazione lampante di cosa sia il carisma.
Ferma, langidamente svaccata su una poltrona, zitta, mentre attorno a lei si scatena il putiferio.
E tu guardi lei. Un incrocio tra il gelido fuoco della Garbo (che Emilia Marty sarebbe stata...) e il focoso gelo di Bette Davis.
Un uso della dinamica vocale impressionante, la voce di volte in volta torturata in timbri opachi e plumbei che evocano caligini di antichi studi di alchimisti nella Praga del Cinquecento.
E all'improvviso inflessioni infantili, dolcezze estasiate, arrochimenti sensuali da giovane maliarda. A noi contemporanea.
Ma -e in questo sta per me l'incredibile maestria vocale della Denoke- tutto questo ti trasmette un senso di falso, di artefatto, di costruito.
Non riesci, giustamente, a crederle.
E' il nocciolo del personaggio.
Sotto il profumo e lo smalto dell'immagine, senti, nelle parole della Denoke, il tanfo del vecchio, della morte, della putrefazione.
Notevole. Davvero notevole.
Purtroppo l'allestimento di Ronconi (in pratica solo una scenografia d'effetto) lascia i cantanti a loro stessi.
Con la banalissima trasformazione in vecchiarda nel finale in grado di fare effetto solo sui bambini presenti in sala...
Certo che la Scala poteva, per il primo Makropulos nella sua storia, allestire qualcosa di meglio.
Non solo già visto a Torino, Bologna, Napoli per non parlare dell'edizione in prosa (quasi identica) con la Melato.
D'accordo, quindici anni fa, e forse i ventenni di adesso non l'hanno vista...
Ma con la Denoke sotto contratto!
Metterla in questo allestimento così statico (scusate l'irrispettoso paragone) è come avere una Ferrari e farci un giro per le stradine del centro.
Cast discreto.
Menzione particolare per il Prus di Mark Steven Doss. Non l'avevo mai sentito ed è stata una rivelazione. Bellissimo timbro e gioco scenico convincente.
Alla fine, oltre che per la Denoke, ovazioni anche per lui.
Piccole note di colore (per me drammi).
Primo: Occorre risolvere il problema dell'acustica.
Al Piermarini non si sente più niente. Dicono a causa della torre scenica.
Se la scena è, come si dice in gergo, "parapettata", ovvero ha "soffitto e pareti" tutto funziona a dovere. Vedi Salome di Bondy o Prigioniero di Stein.
Se è aperta, come in questo caso, le voci, anche dalla prima fila, sono a volte coperte, quasi sommerse dall'orchestra.
Secondo: Il Makropulos dura poco più di un'ora e mezza. E' il caso di fare due intervalli di mezz'ora?
Con il paradosso dell'ultimo atto che dura meno dell'intervallo che lo ha preceduto.
Le solite malelingue mi hanno detto che ciò lo si fa per ragioni turistiche. L'opera deve avere gli intervalli. Capisco lo spettacolo inaugurale...
Terzo: Visto che la Scala è anche un'attrazione turistica si dovrebbe fare attenzione a cosa la gente porta nei palchi. Il finale era tutto un flash di macchinette fotografiche così fastidioso da rasentare l'indecenza.
Salutoni
WSM