Curiosando in uno scatolone di avanzi di magazzino scontati in un negozio, questo pomeriggio ho avuto una clamorosa botta di cu... ehm fortuna: ho trovato per soli € 5 il recital dal vivo del 1987 a Vercelli inciso dalla Bongiovanni e fuori catalogo da tempo immemorabile, e che da altrettanto tempo immemorabile andavo cercando.
Avevo sentito questo recital a casa di un amico che possiede l'LP, ed ero rimasto folgorato da quasi tutti i brani, che sono tratti - per la cronaca - dai Puritani, Anna Bolena, Ugonotti, Due Foscari, Tancredi, Guglielmo Tell più il bis (bissato a sua volta) dei nove do ( x 2 = 18) della Fille du régiment.
Riascoltando oggi questo recital, grazie alla ripresa ravvicinatissima della voce (che forse depaupera il timbro di armonici specialmente in acuto) tutti i pregi e i difetti del Chrissone appaiono chiari. Timbro bruttino, diseguale, musicalità approssimativa in più punti, abuso di portamenti fanno da contraltare ad estensione fenomenale (con tanto di mi bemolli nella cabaletta alternativa dei Due Foscari scritta per Nicola Ivanoff), timbratura saldissima e accento che in certi casi, Argirio e Jacopo Foscari in primis, sa scavare nell'insicurezza, nell'ansia del dubbio, nell'indecisione in cui si viene a trovare il personaggio.
Quello che mi ha lasciato colpito è il tono delle brevi note di copertina, a firma di Giuseppe Pugliese. Si sa che spesso nei CD le note si tramutano in agiografie: ma qui è diverso. Pugliese fa un ritratto laudativo che sembra spropositato, ma che secondo me rispecchia ciò che realmente molti pensavano di Merritt all'epoca. Parla di prodigiosa estensione, prima ottava densa e brunita, agilità degna di Marilyn Horne, fluidità e spontaneità d'emissione, respirazione perfetta, morbidezza delle mezzevoci e del falsetto, virile compattezza del suono misto, potenza, addirittura colore vocale bellissimo, limpido, lucente. Pugliese conclude auspicando una straordinaria carriera a venire, sperando in un suo Raoul.
Ora... ascoltato adesso, intendo sapendo come si è ridotto, Merritt suscita perplessità anche tecniche: le disomogeneità timbriche e i suoni sporchi sono molti anche in quell'anno di grazia 1987, l'anno della strepitosa Ermione di Pesaro, e gli acuti stessi, seppure facilmente raggiunti con quel suono chiarissimo, assai diverso dal colore brunito dei centri, non paiono stabili, perfettamente centrati, ben in posizione.
Si sa poi cosa accadde: Merritt cantò ruoli pesanti, e non solo attingendo dal repertorio belcantista: Bohème, Trovatore, Vespri siciliani, Norma, Guglielmo Tell... e a partire dagli anni 90, la voce perse sempre più controllo e sicurezza, fino a che Merritt decise di cmbiare repertorio. La sua ultima prova rossiniana, Arnoldo, fu affrontata nel 1995 (poi tornò a Rossini nel 2007 come Jago in Otello, per una sola recita).
Molti dissero che il repertorio oneroso era stata la sola causa della sua precoce china discendente. Io, specialmente dopo il riascolto di questo CD, non ne sono convinto. Credo che Merritt sarebbe comunque andato incontro ad un veloce declino, perché la sua emissione era dispendiosissima e in certi suoni si manifestava un non perfetto controllo. Ascoltare per credere, nel Guglielmo Tell scaligero-mutiano del 1988, le frasi "Che sento? Delitto!" nel terzetto: il suono è sporco, a metà strada, non esce pulito e limpido, segno che in quella fascia Merritt aveva una specie di ingorgo.
Ovviamente, i cellettiani di rigida osservanza, non potendo ammettere che i risultati strepitosi che raggiunse a livello vocale fossero frutto di una fonazione sui generis, s'inventano che sia un perfetto esemplare di tecnica una, santa, cattolica e apostolica.
Sulle doti interpretative di Merritt, che non considero un genio da questo punto vista almeno quanto lo era per quell'emissione inusitata, mi autocito (si può? Se anche non si può, lo faccio lo stesso. )
Il tenore americano fu sensazionale vocalmente, riuscendo a salire e scendere dal pentagramma con una facilità irrisoria, squillando come una tromba in acuto e piombanmdo su note gravi sonore e potenti, scendendo talvolta a patti con l'intonazione, mai con la coloratura, ma ho sempre trovato le sue interpretazioni poco centrate da un punto di vista intepretativo. Non sarà un caso se Merritt, una volta abbandonato il repertorio rossiniano, si sia dedicato a ruoli come Erode di Salome, di antieroe. A questo carattere lo spingeva il fraseggio, privo di reale enfasi drammatica, anzi piuttosto querulo, e l'accento talvolta pacioso ("Illustre donna rispettabile è sempre" canta altezzoso Pirro in Ermione: Merritt è, per timbro ed accento piuttosto molle).
...
Sono un grande estimatore di Merritt, ma l'ho sempre trovato interpretativamente fuori fase nel repertorio "Nozzari", per quel su fraseggio molle, privo di eroismo, con la dizione tesa ad uniformare tutti i suoni. Vocalmente è stato in grado di fare meraviglie rossiniane, per pochi anni, ma poi, virato su ruoli diversi, ha trovato un humus ben più consono alla sua tempra interpretativa. A tutt'oggi, pur restanto allibito di fronte alla stupenda facilità di canto come Pirro e Rodrigo di Dhu, Antenore ed Otello, credo che il ruolo rossiniano meglio fraseggiato da Chris Merritt sia stato lo Jago di anno scorso, sfasciatissimo, inascoltabile vocalmente, ma perfetto specchio di un carattere meschino, gretto e davvero antieroico: certi incisi di recitativo sono da brividi.
Detto questo, confermo e rilancio quanto detto a proposito di Rodrigo di Dhu nella Donna del Lago scaligera.
Bene... ora tocca a voi. So che molti qui l'han sentito dal vivo (l'avrei sentito anch'io, se non avesse cancellato le repliche di Otello lo scorso anno ), e quindi sono curioso di sentire tutte le vostre opinioni.
Fatevi sotto!