dottorcajus ha scritto:Certamente Giannina Arangi Lombardi è quella di più facile fruizione essendo le sue incisioni sopranili tutte elettriche. ... Certamente fu una della cantanti che meno sposò gli usi della sua epoca ma non fu la sola.
Sono d'accordo con te sul fatto che la maggior fortuna della Arangi-Lombardi rispetto alle altre che avevo citato dipenda soprattutto da una maggiore fruibilità.
Il mio amico Luca non me ne vorrà: da tempo discutiamo sulla Arangi; lui la stima molto più di me.
Io la trovo una cantante prevedibile e tutto sommato noiosa; il suo canto è sontuoso, il legato perfetto, le smorzature anche ad altissima quota esaltanti, gli acuti sono folgori (penso al re bemolle di "m'odi a m'odi").
E poi (sì, sì, d'accordo) non veristeggiava.
Ma io chiedo qualcosa in più, in termini di artisticità e di personaolità.
In questo senso, andando un po' a ritrovo nel tempo, io stravedo per la Russ e la Mazzoleni, che sono le mie due Norme preferite dei primi del '900(ovviamente se restiamo fra le italiane, perché se tiriamo in ballo le tedesche, che probabilmente furono le maggiori Norme fra i due secoli, il discorso cambia: a questo proposito mi chiedo come è possibile che nella tua lista abbondantissima manchino dei pezzi da novanta come Lili Lehmann o Berta Kiurina).
Non ci metto dentro la Boninsegna, che amo molto meno.
Un po' come la Arangi, la Boninsegna si compiaceva troppo delle sue belle sonorità e restava in superficie.
La Russ invece, con quel suo canto controllatissimo, con quella sobrietà misteriosa, sussurrata, quel velluto notturno e romantico di cui avvolgeva tutti i personaggi, resta sbalorditiva ancora oggi.
Quanto ascolto certi sconvolgenti fonotipia (il duetto del Nabucco, o la Semiramide, o il Don Carlos) resto allibito: anche nei momenti più furibondi la Russ non scende mai da quel tono astrale e nostalgico, non usa il petto, non si scompone. Anche lei, come la Sutherland, potrebbe evocare l'idea del cigno sul lago, con la differenza che mentre la Sutherland era distante dalle passioni umane, la Russ lasciava sfuggire a tanta compostezza una malinconia densa e profonda.
In Norma resta, a mio gusto, un monumento e le incisioni che ci ha lasciato (fra cui soprattutto il duetto con Adalgisa) fra i must della discografia.
Altra mia grandissima passione è la Mazzoleni.
Più ancora della Russ, la Mazzoleni era un'intellettuale, fiera della propria classe, della propria cultura, della tecnica forbita e belcantistica.
Ma in più aveva la curiosità drammaturgica, la vocazione per lo scavo umano e psicologico, la forte dialettica col pubblico.
I suoi dischi sono uno più sbalorditivo dell'altro, secondo me.
Altro che Boninsegna! Altro che Arangi Lombardi.
In ogni nota, ogni parola si sente la voglia di approfondire, di capire, di comunicare.
Fu per lei (come per la Callas) che furono rispolverate la Vestale, i Vespri Siciliani, Medea di Cherubini.
Anche nel suo caso, c'è un disco (il monologo dei figli) che credo dovrebbe restare in testa alla discografia di Norma.
La Amerighi Rutili la conosco bene. Fra l'altro mia nonna la sentì a Bologna proprio in Norma, riportandone un giudizio abbastanza positivo.
Salutoni,
Matteo