MatMarazzi ha scritto:allo sponsor interessa solo che ciò per cui paga RENDA.
Il punto è questo.
In Italia la sponsorizzazione culturale è ancora vista come elemosina.
Non parlo di quantità, ma di qualità e natura del rapporto.
Non si tratta di un contratto in cui io ti offro un servizio e tu me lo paghi.
Nella migliore delle ipotesi è un rapporto vicino al mecenatismo.
Un ricco imprenditore "illuminato" con il pallino della cultura (perchè sua zia da piccolo lo cullava con l'Aida) regala denaro a un'istituzione.
Nella peggiore delle ipotesi (la più comune) si tratta invece del magnanimo gesto del feudatario che, dopo insistenze e pressioni, sgancia riluttante e dubbioso una somma a fondo perduto perchè un funzionario o un politico l'ha distrutto di telefonate. Ma non sa nemmeno cosa sta pagando.
La sostanza però non cambia.
Tutto alla fine si misura da un lato nel "buon cuore" del donante e dall'altro nelle capacità persuasive di cui dispone l'operatore culturale.
Capisci bene che un rapporto che nasce così raramente produce qualcosa di buono.
Tra me che chiedo e tu che "regali" ci sarà sempre una sudditanza.
Con tutte le conseguenze che potete immaginare.
Sto ovviamente semplificando ad uso di un forum.
Si tratta di un argomento enorme (quello dei finanziamenti culturali sia pubblici che privati), con diecimila ramificazioni, oggetto di studi, tesi di laurea e corsi universitari.
Perdonate le forzate banalità.
Però il succo è questo.
All'ora qual'à la differenza con l'Italia?
Una differenza enorme, secondo me!
Che a stanziarli effettivamente non è la politica ma il singolo sponsor (che DECIDE quanti e come darne).
Eccoci. Perchè in Italia -e anche in altri paesi, non dubitate!- è così?
I motivi possono essere molti.
Ne butto qualcuno sul piatto.
Il primo secondo me è di carattere sociale.
Negli Stati Uniti l'opera ha un fascino mediatico che da noi non esiste.
Da noi invece ancora si parla di Arte, Cultura, facciamo gli schizzinosi...
Siamo tutti dei piccoli Wagner!
Poi c'è il problema tecnologico e di comunicazione.
Sotto questo profilo c'è poco da dire. Siamo analfabeti.
Consideriamo ancora il siti web l'equivalente elettronico della bruchure su carta.
I contratti con molti artisti nei teatri statunitensi non riguardano solo la recita.
Ma l'immagine dell'artista e di conseguenza quella del teatro e quindi di chi ha investito su quel teatro.
Tot passaggi televisivi, tot interviste, tot tour promozionali, tot passeggiate in giro per la città nel tal risotrante piuttosto che nell'altro...
Da noi tutto questo non esiste o esiste in parte.
Poi ci sono le costosissime gestioni dei nostri teatri, cui giustamente faceva riferimento Matteo.
Fintamente gestiti con un assetto privatistico (tutti i teatri d'opera italiani sono nominalmente privati) in realtà hanno ancora un'ingerenza pubblica, nella gestione, MOSTRUOSA. E lasciamo stare l'ingerenza politica che sarebbe un altro discorso.
La sindacalizzazione è alle stelle, le paghe sono tra le più basse d'Europa (e di conseguenza occore che, almeno, il posto sia fisso, fino a un po' di tempo fa adesso neanche questo), l'atroce sistema delle selezioni pubbliche paralizza il turn-over... questo è davvero un problema. Anzi, IL problema.
Le prime saltano o sono a rischio praticamente sempre.
Tutto questo si traduce in costi di gestione altissimi.
Non sempre si tratta dell'incapacità di questo o quel direttore.
Anche il più brillante manager operistico può trovarsi in ginocchio, schiacciato dai diecimila paletti presenti.
Se risolveremo questo... penso che ci sarà un effetto domino che risolverà anche il resto.
Infine, i ricchi degli Stati Uniti non sono paragonabili nè per numero nè quantità a quelli Italiani.
In compenso i Teatri d'opera in proporzione sono molto meno che in Italia.
Per chiudere un discorso che sarebbe immenso ritorno agli sponsor.
Perchè mai un privato dovrebbe investire soldi in strutture del genere?
Che ritorno ne avrebbe?
Ripeto però, a costo di sfinire, tutto questo va' costruito.
Non è che negli Stati Uniti, eccettuato per l'ultimo punto, sono partiti più avvantaggiati di noi.
Hanno lavorato per...
E dobbiamo farlo anche noi.
Dall'altra parte però, scusate la franchezza, io odio le solite lamentazioni!
Lo dico a te Tatiana e soprattutto a te Riccardo con i tuoi saluti anti-italiani .
Tra l'altro non sono per niente d'accordo con il titolo del thread.
Povera musica classica (musica non mosica) ... cosa?
Secondo me in Italia (vista la attuale situazione dei teatri) potrebbe andare molto peggio di così.
Oddio, ci sono dei limiti anche in questo sistema.
E' vero.
Però sono convinto che alla fine -vuoi anche solo per la regola della sopravvivenza- quella della privatizzazione vera e non all'italiana sia l'unica strada percorribile. Almeno proviamoci.
Ciao
Willie