da FRITZ KOBUS » gio 15 apr 2010, 20:34
Sono stato e sono tutt'ora un estimatore di Ettore Bastianini e mi pare che alcune argomentazioni siano rimaste inespresse o toccate solo di sfuggita, perciò mi permetto di resuscitare questa discussione finita al cimitero, dicendo due o tre cose (nemmeno una nuova, lo so) che potevano però ricevere una maggiore puntualizzazione. Il confronto tra Bastianini e Gobbi, con la prospettiva storica ormai acquisita, oggi è secondo me valido solo sul piano squisitamente accademico. Tra i due, infatti, non ci sono punti di contatto se non quelli che, ahimé, ci vedeva, in negativo, Celletti, il quali li condannava ambedue alla "scuola del muggito". Infatti, a cominciare dalla pasta vocale, per finire all'espressività attoriale, al fraseggio e alla concezione complessiva dei personaggi, ci sono enormi distanze. Bastianini, è già stato affermato sopra, e giustamente, aveva una voce di rara bellezza; le incisioni sono lì a testimoniarlo. Non so come fosse in teatro, ma se il materiale era quello ascoltabile dai dischi e il volume, qualcuno ricordava sopra anche di questo, così impressionante, già ci troviamo di fronte a qualcosa di fenomenale. Ora, è certo come 2 + 2= 4, che né la bella voce, né un volume eccezionale fanno da soli, e financo combinati, un vero cantante. Ma, come diceva proprio Celletti in un passaggio di "Storia del belcanto" riferendosi alla voce umana, è difficile "... comprendere come un'arte fondata sui suoni possa prescindere dal piacere fisico dell'udito" (p.20). Infatti il rammarico forse più grande dei melomani è constatare quante voci bellissime siano state buttate via dai loro possessori attraverso un tecnica di canto e una concezione esecutiva molto imperfetta o addirittura sotto la soglia minima della decenza. Inutile fare troppi nomi. A mio avviso, uno da inserire in quest'ultima categoria (per quanto riguarda la tecica, la voce non ce l'aveva) è proprio Tito Gobbi. Per ragioni anagrafiche non l'ho mai visto in teatro e siccome molte testimonianze sembrano concordare sulla sua capacità di recuperare sul piano della recitazione le deficienze vocali, bisognerebbe poterne parlare con cognizione anche da questo punto di vista. Ma, purtroppo, sembra obbligatorio discettarne solo per le incisioni audio, visto che soprattutto quelle sono rimaste (come di Bastianini del resto). Bastianini, diceva con sprezzo Celletti (sprezzo riservato anche a Gobbi), non sapeva cantare e si affidava ai mezzi naturali, anziché alla tecnica, alla concitazione generica (visto che emergeva nel repertorio verista ERGO era un cialtrone), alla qualità brada della voce. Gobbi non poteva affidarsi ai mezzi vocali, ma alla realizzazione delle sue visioni d'interprete, che però non possono mai essere complete seza i mezzi adeguati, mezzi che Gobbi non possedeva. Ed infatti Gobbi non ha, a mio avviso, personaggi che possano esser presi come modello. Forse ho un imprinting negativo con Gobbi, ma non c'è incisione dove non "becheggi" e accentui in modo esasperato quei tratti espressivi tendenti al bieco che, francamente, non sono più passabili. Ho nelle orecchi il suo Jack Rance della Fanciulla del West scaligera del 1956 con Corelli e la Frazzoni. Dopo due secondi non lo reggo più. Prendiamo il suo Scarpia e mettiamolo a confronto con il live di Bastianini di Bruxelles del 1958. Bastianini, pur non essendo perfetto, delinea un personaggio che la sua vocalità gestisce enormemente meglio, che solo a tratti viene caricato stile "imitator degli imitator di Titta Ruffo" (scotto pagato allo zeitgest). Ma proprio in alcuni personaggi la sua più autentica interiorità emerge. Anche se successivamente gli sono stati imputati limiti a mio avviso molto più grandi di quelli che effettivamente potevano essergli attribuiti, il suo Don Rodrigo del verdiano "Don Carlos" aveva i tratti della grandezza. Ascoltare non tanto la sua interpretazione salisburghese del 1958, ma il live di New York del 1955 con Tucker. La vena di tristezza e di rammarico presente in modo naturale nelle corde espressive del baritono senese rende il suo taglio interpretativo di riferimento e, qui, è impossibile non apprezzare il velluto morbidissimo della voce come elemento sostanziale di una esecuzione da brividi. Continuerò poi. (VGobbi, non venirmi a cercare con una lama tagliente eh!!!)