L'opera è "voce" o "teatro"?

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Re: che sorpresa

Messaggioda Tucidide » mar 08 lug 2008, 14:29

Maugham ha scritto:Molti di noi (me compreso) ovviamente cresciuti e formati principalmente dal disco tendiamo a privilegiare, nell'esprimere opinioni, l'aspetto musicale di una performance.
Invece l'opera è teatro in musica.
La vocalità (di qualsiasi tipo e di qualsiasi scuola) presa come valore a sè per un giudizio su un artista è pura accademia.
O meglio; facciamo pure un discorso sulla vocalità, ma poi andiamo avanti...

Spero di non andare OT, ma in fondo questo thread ha già offerto il destro alla divagazione. Volevo porre sul tavolo una questione.
Sostanzialmente, direi che il discorso di Maugham riassume in poche righe l'attuale situazione del pubblico melomane.
Da quando esiste il disco, e pertanto la possibilità di confronto con il passato, è nata una schiera di melomani, che io chiamo vociomani. Non cellettiani, attenzione: conosco vociomani consapevolmente fieri di esserlo che detestano Celletti, e non condividono quasi nulla dei suoi giudizi.
Il vociomane privilegia VOCE e TECNICA. Per lui, prima di tutto, occorrono queste due caratteristiche. Se ci sono entrambe, è il massimo, altrimenti ci si può accontentare di una voce modesta, se è ben guidata, e non disdegnano i superdotati di natura anche se digiuni di tecnica, ma solo nei primi anni di carriera ed integrità vocale.
Per il vociomane, l'interpretazione viene dopo, non è detto che non sia importante, ma in ogni caso non può essere anteposta a voce e tecnica. In certi casi, ritengono che i grandi "interpreti" siano cantanti mediocri che hanno "ingannato" il pubblico gettandogli fumo negli occhi con le loro presunte doti interpretative. Insomma, per il vociomane la definizione "teatro d'opera" è in fondo in fondo fasulla: l'opera è CANTO, non TEATRO.
Dall'altra parte, c'è chi pensa che l'opera sia teatro, ed a seconda della propria sensibilità valuta e giudica gli interpreti. Non nega l'ammirazione per le tecniche sublimi o per le voci meravigliose, ma ritiene che per valutare al meglio un cantante occorra vedere cosa tira fuori da un personaggio. Non si accontenta di un do sfolgorante o di un filato impalpabile, ma cerca la teatralità.
BENE: sulla base di questa divisione, che ovviamente ha le zone d'ombra, le sfumature, e non è manichea, credo che il primo sia un approccio più istintuale, "di pancia", il secondo più cerebrale, più intellettuale, "di testa".
Come in tutte le cose, quando c'è dicotomia fra discorsi di pancia e di testa, si nota una cosa curiosa. Il discorso di testa è quello che A PAROLE viene sostenuto dalla maggioranza e su cui ci si trova d'accordo. Il discorso di pancia, viceversa, è quello che la gente A PAROLE guarda con sospetto, che considera superficiale, cinico e riduttivo.
Però... quando dal piano idealistico si passa al piano realistico, TUTTO CAMBIA! :) Molti di quelli che a parole dicono di essere d'accordo con il discorso di testa, poi nel segreto del proprio cuore seguono il discorso di pancia. In pubblico si vergognano a seguire la pancia, ma in privato ritengono il discorso di testa un vaniloquio e si buttano sulla pancia.
In Italia ci sono due schieramenti politici grossi. Uno fa discorsi di testa, sempre garbati, compiti e condivisibili, e la gente si emoziona a sentirli, perché si sente buona ed in pace col mondo. L'altra parte parla alla pancia, risulta talvolta sgarbata, cinica, poco simpatica, e a parole nessuno o quasi ammette di essere d'accordo con essa. A parole, uno dei due schieramenti avrebbe il 95 % dei voti. :) Poi... alle urne... AVVIENE SPESSO IL CONTRARIO!!! La gente che fino al giorno prima si è trovata d'accordo con l'uno, nel segreto della cabina elettorale cambia idea e segue la pancia.

Non pensate che anche per il pubblico d'opera possa avvenire la stessa cosa?
Lo dice uno che è da tempo convinto della bontà del secondo approccio, quello intellettuale, ma che nota come la pancia abbia ancora il suo fascino...

Saluti carissimi :D
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: che sorpresa

Messaggioda VGobbi » mar 08 lug 2008, 16:30

Questo sito, da quel che ho capito, si e' sempre battuto contro i tentativi di classificare le voci (drammatico, lirico, leggero etc ...). Pero' nel campo dei melomani, credo che un tipo di classificazione possa essere, oltre che divertente, assai interessante. L'approccio iniziato, splendidamente tra l'altro, da Alberto (Tucidide) e', a mio parere, assai riduttivo. Qualcuno sarebbe in grado di allargare il discorso? E' fattibile la classificazione dei melomani? Puo' giungere ad un discorso costruttivo ed interessante, oppure lo ritenete del tutto inutile ed infruttuoso?

Io intanto ci sto ragionando su ... e vi confesso che faccio fatica assai a classificarmi come melomane. Certo, in linea di massima sarei propenso per chi privilegia l'interpretazione, rispetto ad una tecnica vocale invidiabile. Da questo punto di vista, non rientro sicuramente tra i vociomani nell'accezione definita da Alberto. Pero' e' anche vero che certi cantanti, mi piacciano assai per l'eccezionalita' della voce, ad esempio la bellezza timbrica di un Di Stefano o la grana preziosa infoltita da fiati interminabili di un Giacomini. Come vedete, il discorso si fa piu' complesso di quanto si pensi, o no?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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L'opera è "voce" o "teatro"?

Messaggioda Tucidide » mar 08 lug 2008, 19:28

Infatti, Vittorio, ho parlato di zone d'ombra, di sfumature, proprio l'opposto di una demarcazione netta.
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Re: che sorpresa

Messaggioda VGobbi » mar 08 lug 2008, 19:32

Tucidide ha scritto:Infatti, Vittorio, ho parlato di zone d'ombra, di sfumature, proprio l'opposto di una demarcazione netta.

Approfondiamo, allora ... :wink:
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Re: che sorpresa

Messaggioda Maugham » mar 08 lug 2008, 19:44

VGobbi ha scritto: Morale della favola : Sutherland e' pura accademia, Gobbi e' teatro allo stato puro. :mrgreen:


Questo lo dici tu. :D :D :D
Io non intenvo questo.
L'accademia non la fanno gli artisti.
L'accademia la fanno gli esegeti, i critici e, purtroppo, i melomani ancorati esclusivamente all'aspetto vocale.
La Sutherland è prodigiosa in certi ruoli.
Oltre che strabiliante tecnicamente in certi ruoli.
Una cantante che, questa si davvero, può fregiarsi del titolo di grande.
Accademici sono quelli che la tirano fuori sempre come unità di misura vocale.
Non lei.
Gobbi è un altro paio di maniche.
Sai perchè si sente la mancanza di tecnica in Gobbi in certi personaggi, più che in altri baritoni ad sempio Bastianini?
Perchè li affronta dall'angolatura del baritono "aulico" senza averne i mezzi.
Nelle intenzioni è straordinario.
Peccato che per realizzare quelle intenzioni non disponga della tecnica necessaria per...

WSM
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Re: che sorpresa

Messaggioda Orbazzano » mar 08 lug 2008, 21:07

Tucidide ha scritto:Spero di non andare OT, ma in fondo questo thread ha già offerto il destro alla divagazione. Volevo porre sul tavolo una questione.
Sostanzialmente, direi che il discorso di Maugham riassume in poche righe l'attuale situazione del pubblico melomane.
Da quando esiste il disco, e pertanto la possibilità di confronto con il passato, è nata una schiera di melomani, che io chiamo vociomani. Non cellettiani, attenzione: conosco vociomani consapevolmente fieri di esserlo che detestano Celletti, e non condividono quasi nulla dei suoi giudizi.
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C'è ancora della gente così oggi???? :shock: :shock:
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Re: che sorpresa

Messaggioda tatiana » mar 08 lug 2008, 22:01

Orbazzano ha scritto:
Tucidide ha scritto:Spero di non andare OT, ma in fondo questo thread ha già offerto il destro alla divagazione. Volevo porre sul tavolo una questione.
Sostanzialmente, direi che il discorso di Maugham riassume in poche righe l'attuale situazione del pubblico melomane.
Da quando esiste il disco, e pertanto la possibilità di confronto con il passato, è nata una schiera di melomani, che io chiamo vociomani. Non cellettiani, attenzione: conosco vociomani consapevolmente fieri di esserlo che detestano Celletti, e non condividono quasi nulla dei suoi giudizi.
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Per il vociomane, l'interpretazione viene dopo, non è detto che non sia importante, ma in ogni caso non può essere anteposta a voce e tecnica. In certi casi, ritengono che i grandi "interpreti" siano cantanti mediocri che hanno "ingannato" il pubblico gettandogli fumo negli occhi con le loro presunte doti interpretative. Insomma, per il vociomane la definizione "teatro d'opera" è in fondo in fondo fasulla: l'opera è CANTO, non TEATRO.



C'è ancora della gente così oggi???? :shock: :shock:


C'è, c'è.......

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Re: che sorpresa

Messaggioda Tucidide » mer 09 lug 2008, 10:00

Orbazzano ha scritto:
Tucidide ha scritto:Spero di non andare OT, ma in fondo questo thread ha già offerto il destro alla divagazione. Volevo porre sul tavolo una questione.
Sostanzialmente, direi che il discorso di Maugham riassume in poche righe l'attuale situazione del pubblico melomane.
Da quando esiste il disco, e pertanto la possibilità di confronto con il passato, è nata una schiera di melomani, che io chiamo vociomani. Non cellettiani, attenzione: conosco vociomani consapevolmente fieri di esserlo che detestano Celletti, e non condividono quasi nulla dei suoi giudizi.
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Per il vociomane, l'interpretazione viene dopo, non è detto che non sia importante, ma in ogni caso non può essere anteposta a voce e tecnica. In certi casi, ritengono che i grandi "interpreti" siano cantanti mediocri che hanno "ingannato" il pubblico gettandogli fumo negli occhi con le loro presunte doti interpretative. Insomma, per il vociomane la definizione "teatro d'opera" è in fondo in fondo fasulla: l'opera è CANTO, non TEATRO.



C'è ancora della gente così oggi???? :shock: :shock:

Sì, certo, ma non c'è nulla di male. E' solo un modo come un altro di approcciarsi a questa meravigliosa arte. :wink:

VGobbi ha scritto:
Tucidide ha scritto:Infatti, Vittorio, ho parlato di zone d'ombra, di sfumature, proprio l'opposto di una demarcazione netta.

Approfondiamo, allora ... :wink:

Possiamo pure farlo, Vittorio, ma non era questa l'intenzione del mio post. Volevo cercare di capire in che misura l'approccio "vociologico" e l'approccio "interpretativo" siano presenti nel pubblico dell'opera. Visto il tipo di artisti che adesso vanno per la maggiore, mi verrebbe da dire che il secondo stia prendendo piede, ma a mio avviso il primo resta forte in quanto parla al bisogno edonistico di gran parte del pubblico.
Che ne dite?
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Re: che sorpresa

Messaggioda dottorcajus » mer 09 lug 2008, 13:43

I vociomani non sono un fenomeno discografico. Sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Ricordo un vecchio signore, uno dei primi che mi hanno parlato di opera, che ricordava, quando, nel lontano 1922, aveva visto il Marat con Bergamaschi o quando parlava della Cigna, la conclusione era inevitabilmente "che gargana!", cioè nel suo linguaggio "che voce, che canna, che acuti etc.etc." per capirci conosceva a memoria il repertorio italiano ed ovviamente considerava il tenore del Trovatore solo per il Do nella Pira. Rappresentano un modo lecito ed adeguato di avvicinarsi all'opera e di giudicarla.
Ambedue le categorie citate da Alberto sono popolate da elementi che giudicano in maniera assolutamente soggettiva. Si avvicinano all'opera e, seguendo la loro linea culturale, la loro sensibilità etc. finiranno con l'appartenere ad una delle due categorie. Ma accanto a queste ci sono anche altre categorie.
Io mi metto fra coloro che credono che l'interpretazione e la creazione di un personaggio nascano nel canto (non necessariamente nella tecnica, concetto quanto mai volatile). Sostengo che qualsiasi giudizio che noi formuliamo, più o meno approfondito, è sempre soggettivo e risente chiaramente dell'idea personale che ciascuno ha di come si debba eseguire quel personaggio. Diversa è l'analisi dello spettacolo, l'analisi che non implica un giudizio personale, ma si muove nella ricerca di analizzare quanto visto ed ascoltato pur nella certezza di essere a nostra volta interpreti di quanto da altri realizzato e di non essere in grado, specie per i cantanti, di avere la certezza del metodo utilizzato per ottenere tali risultati. Si potrà discutere di tecniche di regia senza però aver la certezza del significato di quanto rappresentato se non conosceremo in maniera preventiva l’idea del regista o dello scenografo. Per il cantante questa ipotesi vale per l’aspetto interpretativo ma decade quando si parla di tecnica. Quando scrivo che nel canto si forma l'interpretazione sono sostenuto dalla miriade di giudizi letti su cantanti come Caruso che è stato possibile solo ascoltare. Da questa considerazione nasce la mia idea che l'aspetto visivo, per quanto importantissimo, non sia determinante e diventi secondario, quando manca un ricco apporto vocale.
Quindi la mia "scuola" parte dal canto, considera la voce importante in quanto adatta al ruolo (sempre secondo una mia personale teoria), ma pretende che nel canto ci sia interpretazione e che questa non si possa trasformare in un modello, in una cifra interpretativa personale, ma sia continuamente variata e si rinnovi ad ogni interpretazione dello stesso ruolo. Per noi la parte visiva è elemento che può arricchire un’interpretazione, ma mai, in qualsiasi sua espressione, può sostituirsi al canto. Con questo deve interagire, fondersi, ma deve rispettare il suo stato subalterno. Nonostante ciò anche la regia è considerata un elemento importante perché anche per noi la lirica deve essere teatro ma, come già scritto, non può sostituirsi al canto ed alla sua supremazia.In ogni caso, uno spettacolo lirico deve interessare, suscitare interrogativi. Ritorniamo al tema originale della discussione, la Dessay. Anche in passato si sentiva dire che quel certo artista andava visto in teatro e che il solo ascolto era insufficiente a percepirne il valore. La Dessay, oggi, appartiene sicuramente alla categoria di artisti che valorizzano la loro prestazione con la recitazione fisica e in alcuni casi, il solo ascolto delle sue prestazioni, può colpire proprio per la qualità degli aspetti tradizionali del canto. Anche l’ipotesi di un suo specifico studio per la creazione di Lucia è cosa fatta anche da altri. Si narrava che Titta Ruffo per la creazione di Tonio avesse osservato alcuni internati di un manicomio per carpirne i gesti e le espressioni.
Che il gusto cambi mi sembra ovvio e che nel campo lirico ciò sia avvenuto in maniera decisiva negli ultimi anni mi sembra ancor più ovvia vista la rivoluzione tecnica che c'è stata. Questa rivoluzione ha prodotto uno stravolgimento con il suo tentativo di ribaltare e rimescolare le componenti dello spettacolo lirico ed è ovvio che ciò abbia potuto influenzare gli appassionati vecchi e giovani. La mancanza di oggettività presente in quasi tutti gli aspetti della lirica non consente una classificazione, ma permette una tranquilla coesistenza. La stessa classifica che pretende di sostenere la maggior grandezza di un modello rispetto all’altro e, di conseguenza, la supremazia di alcuni artisti su altri diventa insostenibile.
Ovviamente la mia è una visione soggettiva ed è certamente influenzata dal mio essere molto fortemente individualista e “relativista relativo”.
Roberto
Ultima modifica di dottorcajus il mer 09 lug 2008, 19:06, modificato 1 volta in totale.
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Re: che sorpresa

Messaggioda Tucidide » mer 09 lug 2008, 14:17

dottorcajus ha scritto:Io mi metto fra coloro che credono che l'interpretazione e la creazione di un personaggio nascano nel canto (non necessariamente nella tecnica, concetto quanto mai volatile).
...
Quindi la mia "scuola" parte dal canto, considera la voce importante in quanto adatta al ruolo (sempre secondo una sua personale teoria, ma pretende che nel canto ci sia interpretazione e che questa non si possa trasformare in un modello, in una cifra interpretativa personale, ma sia continuamente variata e si rinnovi ad ogni interpretazione dello stesso ruolo. Per noi la parte visiva è elemento che può arricchire un’interpretazione, ma mai, in qualsiasi sua espressione, può sostituirsi al canto. Con questo deve interagire, fondersi, ma deve rispettare il suo stato subalterno.

Ho estrapolato dal tuo discorso i punti che mi son piaciuti di più nel tuo intervento, che per altro condivido in toto.
Anch'io credo che la componente scenica sia importante, ma possa anche non essere tenuta in considerazione. In fondo, possediamo registrazioni video solo a partire da un certo periodo, e di taluni sommi artisti non possediamo nemmeno un'opera completa (ad esempio la Callas). Eppure nulla ci impedisce di valutare l'interpretazione di questi artisti, perché basta la registrazione audio.
Poi, è ovvio che se è possibile valutare anche la parte scenica, è meglio. Ma certo, fra un (ipotetico?) nastro solo audio della Fedora della Callas e un video senza audio della stessa opera, credo che non ci sarebbero dubbi su quale scegliere. :D
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Re: che sorpresa

Messaggioda Orbazzano » gio 10 lug 2008, 23:50

Tucidide ha scritto:Non pensate che anche per il pubblico d'opera possa avvenire la stessa cosa?
Lo dice uno che è da tempo convinto della bontà del secondo approccio, quello intellettuale, ma che nota come la pancia abbia ancora il suo fascino...


Come tu ben sai io rientro nella categoria da te definita dei "vociomani". Al di là dei soliti discorsi sulla primaria importanza della voce e della tecnica nel canto, cosa della quale sono peraltro fermamente convinto, mi chiedo che senso abbia voler a tutti i costi intellettualizzare l'opera lirica, genere popolare per eccellenza. A mio modestissimo parere, prima che al cervello, questa deve arrivare alla pancia e soddisfare prima di tutto il puro piacere edonistico del canto...certamente esistono rare eccezioni, che in quanto tali altro non fanno che confermare la regola :D , ma un teatro d'opera unicamente basato sullo studio e sull'introspezione del personaggio, che prescinda totalmente o quasi dal canto e dalla sua linea proprio non riesco a concepirlo.

Penso per esempio all'editoriale uscito qualche tempo fa in Home Page sulla grandissima Birgit Nilsson, cantante che amo alla follia, la quale all'interno del suo libro spiegava proprio come la sua attenzione fosse totalmente focalizzata sulla voce e sul canto più che sul personaggio, che quasi non prendeva in considerazione...eppure possiamo dire di Birgit Nilsson che non sia stata una Grandissima? Possiamo dire di Lei che non sia stata una cantante a suo modo storica? Personalmente credo proprio di no. Mi sorge allora una domanda, il personaggio, con tutte le sue pieghe interpretative, non può uscire dal semplice canto? Per rimanere alla Nilsson penso al personaggio di Turandot di cui lei è stata interprete sorprendente, personaggio che a parole secondo la Nilsson altro non è che una dea che diventa donna, definizione se vogliamo piuttosto riduttiva, eppure quella voce monolitica, quella voce d'acciaio sprigionava ben altro, ben altre sono, ancora oggi, le emozioni che giungono nel sentire la sua Turandot...
Concluidendo, a parer mio, ciò che crea il personaggio è la voce stessa ancor prima che la fantasia dell'interprete; venendo a mancare le voci, di conseguenza, vengono a mancare non solo il puro piacere del canto ma anche la creazione stessa del personaggio che senza una voce adeguata, ed adeguatamente sostenuta da una giusta tenica, non può uscire se non parzialmente.

Spero di essermi spiegato e di non essere stato troppo confusionario a causa del sonno che mi opprime! :mrgreen:

Buonanotte!
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Re: che sorpresa

Messaggioda Tucidide » ven 11 lug 2008, 0:37

Considero molto chiaro e molto puntuale l'intervento di Orbazzano, che ha perfettamente compreso il senso del mio intervento.
Io la vedo in maniera parzialmente (ma non totalmente) diversa.
Secondo me, il teatro d'opera nasce come vero e proprio teatro, dove si canta invece che parlare. Poi, venendosi affinando la tecnica, e consentendo acrobazie ed esibizioni di potenza notevoli, la componente edonistica ha preso piede.
Da questo punto di vista, ritengo l'approccio "vociomane" legittimo ed assolutamente normale, perché ha un suo fondamento storico. Come ricordava dottorcajus, ci sono sempre stati appassionati che erano ai limiti della vociomania, che valutavano Manrico per i do della Pira eccetera.
E' però altrettanto vero che se si decide di guardare all'opera come ad un genere teatrale, vien quasi naturale porre in secondo piano il lato più prettamente edonistico.
Tu fai l'esempio della Nilsson. Birgit Nilsson è stata una cantante eccezionale, e nessuno lo potrebbe negare. Ma la sua Turandot è per me del tutto inverosimile, e se posso ricorrere ad un paradosso, è proprio il suo atteggiamento vocale ad essere sbagliato. Turandot è una complessata, una fobica, una donna fragilissima, quasi una nevrastenica. Come possono quei suoni d'acciaio temperato comunicare tutto questo? Come può quella perfezione ostentata nel gestire gl'ispidi intervalli di "In questa reggia" restituire un carattere così?
Poi, certo, i suoni sono bellissimi, ma forse, sono proprio quelli a renderla inverosimile. Diversa è la questione per altri suoi ruoli: Isolde, ad esempio, oppure Brunnhilde. Non conosco la sua Lady, ma credo che la sua vocalità irridente, che ti fa davvero sentire il ghigno sardonico e un po' sadico di chi si diverte un mondo a cantare con facilità irrisoria, possa essere adatta a ritrarre una Lady dominatrix, sottilmente sadica, che gode nel vedere il marito in suo totale potere.
Come vedi, anche una cantante che per sua stessa ammissione non prendeva molto in considerazione il lato interpretativo poteva trovare in un personaggio il suo ruolo ideale.
Quindi, rispondendo alla tua domanda:
il personaggio, con tutte le sue pieghe interpretative, non può uscire dal semplice canto?

rispondo: SI', assolutamente, perché nell'opera si canta. :D Però... se non c'è compatibilità fra il carattere del personaggio e il carattere del cantante, è legittimo trovare problemi.
Naturalmente, se mi parli dell'effetto epidermico che i suoni della Nilsson provocano, non posso che darti ragione. Ma allora, mi chiedo, perché proprio Turandot? Con tutti i ruoli che ci sono, non poteva sceglierne altri? La sua Tosca, ad esempio, ha un suo interessante fascino. Ma Aida, Amelia nel Ballo in maschera!!! Donne notturne, crepuscolari... risolte con un profluvio di suoni granitici e di nitore abbagliante.
Ovviamente, si resta nella soggettività di cui parla dottorcajus: tu potresti dirmi che la Turandot della Nilsson è un bel personaggio, e che tu concordi con la sua visione della principessa di gelo. Allora, siamo da quel pero e da quel melo. :D

'notte.
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