Tucidide ha scritto:Tu mi citi il caso di Leyla Gencer e di Katia Ricciarelli. La Gencer non ha inciso nulla, la Ricciarelli tantissimo. PERO'... la Gencer è un'icona per i melomani. Il melomane se ne frega se per ascoltare la Leyla deve ricorrere ai live più selvaggi: il pubblico la ADORA, allora come adesso.
Va bene!
In considerazione del tardivo processo di beatificazione che è toccato alla Gencer (e che l'ha resa effettivamente oggi un'icona ben più autorevole del pallido mito della Ricciarelli), cambiamo esempio.
Perché non confrontiamo, sempre alla Ricciarelli e alla sua "popolarità", i casi di (che so?) Pauline Tinsley, Grée Brouwenstijn, Margherita Hallin?
Tutte artiste oggettivamente più grandi della Ricciarelli, tutte oggettivamente meno note.
Tu, probabilmente, le conosci, ma il "pubblico"?
Il pubblico di massa non poteva conoscerle! Ed è per questo che non poteva nemmeno "valutarle".
Ma... andiamo con ordine.
Ecco quello che scrivi:
Io non credo alla performance teatrale come servizio reso alla Musica ed all'Arte.
Io credo che la performance sia un servizio reso al Pubblico.
Egli è pertanto l'unico che può permettersi di giudicare questa forma d'arte.
Se tu, Mat, mi dici che Lima ha una paletta dinamica ed una pulsazione agogica più in linea con il dettato verdiano rispetto a Pavarotti, Domingo o Bergonzi, mi dici, in altre parole, che Lima è più riguardoso nei confronti della musica e dello spirito dell'arte. MA io ti obietto: non è la Musica o l'arte a dover ricevere gratificazione, ma il pubblico. Ed il pubblico, non allora, ma adesso, ha decretato insindacabilmente la supremazia di Pavarotti, Domingo e Bergonzi. Con questo, è giusto che tu preferisca Lima (pur senza adorarlo), ma mi sembra meno giusto che tu intenda ridimensionare gli altri tre.
Tu parli del pubblico come di una entità definita e univoca.
Ma non è così.
Anche io, che detesto il Riccardo di Pavarotti, sono pubblico.
Anche mia cugina, che non ha mai sentito un'opera in vita sua e che l'anno scorso è andata all'Arena per vedere l'Aida, anche lei è pubblico.
In termini quantitativi lei conta quanto me!
In termini commerciali lei conta più di me (perché rappresenta una fetta di pubblico infinitamente più grande e quindi più allettante economicamente).
In termini di definizione di criteri di valutazione critica, lasciamelo dire, io conto più di lei, non perché lei sia stupida (non lo è affatto, credimi!
) solo che non ne sa mezza poverina!
Il pubblico è un organismo composito e contraddittorio.
Per come la vedo io, ogni forma di "pubblico" presenta una dialettica duplice e inversa: grande-piccolo, superficiale-approfondito (o se preferisci massa-élite).
Esiste il pubblico-massa e il pubblico-élites.
A mano a mano che si allarga il bacino, calano la competenza, le conoscenze specifiche, la vastità di esperienza.
In compenso si allargano i numeri.
Prima che tu possa accusarmi di snobismo e altre cose simili, ti fermo subito!
Io non affermo AFFATTO che la massa sia stupida e che l'élite sia intelligente.
Non è questione di intelligenza. Ma solo di grado di conoscenza e approfondimento.
Ogni essere umano è élite (in quei pochi ambiti dello scibile che ha scelto di approfondire) e contemporaneamente è massa (in tutto il resto).
Anche il pubblico dell'opera è composto di tanta "massa", ossia gente che ne è affascinata, va a teatro una o due volte l'anno, compra un paio di dischi e si emoziona.
La massa ci vuole!!!! E' necessaria, è bella, è purificante rispetto al rischio di permanente onanismo mentale a cui le élites finiscono per confrontarsi.
Basta che non attribuiamo alla massa facoltà di giudizio, perché è proprio ciò che le manca.
Ti faccio un esempio pratico e reale di cosa intendo.
Qualche tempo fa un amico mi ha chiesto di procurargli un'esecuzione di Memory (Cats) particolarmente bella.
Si fidava di me perché (secondo molta... "massa") non ci dovrebbe essere quasi differenza fra opera e musical.
Purtroppo per lui, invece, io nel Musical non ne so mezza! Sono assolutamente "massa": ossia incompetente e manipolabile.
E quindi che faccio?
Guardo la lista degli interpreti di "Memory", non ne conosco uno.
Poi a un certo punto vedo un CD di Barbra Streisand, nome che - ovviamente - conosco.
Il venditore di CD mi informa che quel disco (e in particolare l'esecuzione di Memory) ha venduto per cifre paurose.
Cosa posso fare io?
Che armi ho per difendermi?
Che strumenti ho per scegliere?
Ovviamente compro il cd della Streisand, convinto che sia un'interpretazione di "riferimento".
E così facendo... contribuisco ad aumentare il suo "gradimento popolare", l'entusiamo del pubblico, criterio che - secondo te - sarebbe quello fondamentale per giudicare il valore storico di un'interpretazione.
MA CHE VALORE ESTETICO PUO' AVERE IL MIO ACQUISTO? NESSUNO!
E sono il primo ad ammetterlo.
Ho scelto un nome solo perché (essendo quello di una diva di Holliwood) lo conoscevo già.
In poche parole non ho espresso una valutazione (non ne ero capace), ma mi sono lasciato manipolare da elementi "non artistici, non estetici, non critici" come la notorietà di un nome e il numero di vendite.
La stessa manipolazione che subirebbe mia cugina se dovesse comprare un disco d'opera: c'è Pavarotti? Sarà bello per forza. C'è Vickers? E chi è costui?
Torniamo al mio esempio.
Arrivo a casa, mi ascolto la Streisand.
Trovo la sua esecuzione di Memory bellissima!
Sono sincero! L'ho trovata bellissima...
Ma ci vuol poco a sembrarmi bellissima, non ne so mezza!
A uno che non ha mai visto un'automobile, parrà bellissima anche una vecchia fiat 124.
Certo che se poi gli fai vedere una Ferrari...
Qualche giorno dopo incontro un tale che si intende veramente di musical (lui è élite), gli racconto il tutto e questi mi chiede, scandalizzato, come ho fatto a commettere l'errore grossolano di acquistare il disco della Streisand;
e perché, invece, non ho cercato qualcosa di una certa Betty Buckley.
Stando alla tua tesi, io avrei dovuto dire al mio amico "eh no! Tu non puoi contestare la mia scelta! Perchè la performance è rivolta a noi pubblico! E noi pubblico abbiamo scelto la Streisand! E questo chiude il discorso!"
E invece io me ne sono ben guardato, felicissimo che quel tale (che svolgeva la funzione del "critico") mi aiutasse a dotarmi di qualche strumento di valutazione in più in un settore che non conscevo.
Incuriosito, cerco su Youtube questa Buckley, e trovo appunto una frase di Memory.
La ascolto, resto allibito.
La differenza rispetto alla Streisand è abissale!
Non solo la Buckley è di un fulgore vocale incredibilmente superiore, ma la sua capacità di essere "musicista" e attrice è sconvlgente. La Streisand esce semplicemente maciullata dal confronto.
Non ci vuole un genio per capirlo! Basta "sapere" che la Buckley esiste e avere la possibilità di confrontarla.
E questo io - da solo - non potevo saperlo!
Perché ERO MASSA.
Per fortuna esiste (in ogni settore, anche nel musical) il pubblico-èlites, composto di appassionati competenti, studiosi, storici, critici che ha già "sintetizzato" le convenzioni necessarie a una valutazione critica più seria della mia.
A morale della mia storiella, sottolineo due punti
1) acquistando il suo cd, HO CONTRIBUITO A RENDERE IL "GRADIMENTO" DELLA STREISAND SUPERIORE A QUELLO DELLA BUCKLEY, benché abbia operato tale scelta solo per ignoranza.
E non mi si venga a dire che la mia scelta (ma che cavolo di scelta è stata?) fosse dettata da chissà quale misteriosa ragione estetica su cui il critico e lo storico dovrebbero interrogarsi (come tu pretenderesti).
2) pur essendo massa, sono stato perfettamente in grado (una volta messo nella possibilità di confrontare le due interpretazioni) di comprendere la spaventosa superiorità della Buckley.
Ciò dimostra che noi del pubblico-massa non siamo affatto stupidi e superficiali (come invece è la retorica generalista di chi a noi si rivolge per venderci i suoi prodotti).
Messo nelle condizioni di disporre degli adeguati strumenti di valutazione, anche il pubblico massa può cogliere tutto quello che colgono le élites, ed è in questo che dovrebbe intervenire la figura del "critico".
L'obbiettivo non è quello di abolire il pubblico-massa!
Guai al mondo.
Esso è importantissimo, è fonte di ricchezza (e non solo economica) che garantisce la sopravvivenza del genere, è fonte di crescita, di sviluppo al di fuori delle stagnazioni elitarie, al riparo dalle degenerazioni dell'intellettualismo.
Ogni settore ne ha bisogno, così come ogni società ha bisogno di rigenerarsi nei bambini.
Ma questo non significa che l'opinione dei bambini debba condizionare ogni scelta politica e amministrativa.
I bambini sono una ricchezza incalcolabile, ma non sono in grado di governare, amministrare o condizionare le scelte pubbliche.
Proprio come i bambini, il pubblico massa è vulnerabile e manipolabile.
L'unica cosa che chiede è di essere aiutato ad acquisire gli strumenti per capire di più e per fruire più in profondità.
Ed è in questo l'insostituibile, straordinaria funzione del "critico".
le cose che più considero... come dire? stantie della critica sono i concetti di ridimensionamento, sopravvalutazione, sottovalutazione, demistificazione. Sono concetti che intendono attribuire ad un qualsivoglia fenomeno (in tutti i campi, non solo nell'arte, un peso, una rilevanza, un'importanza diversa da quella che comunemente si crede.
La parola "comunemente" non mi significa nulla, Tucidide.
Mi spiace, ma è così.
Cosa posso io credere ..."comunemente" ...a proposito di Memory?
Io che non so nulla di Musical e di Lloyd Webber?
Io che non so nulla di Betty Buckley?
So solo che Barbra Streisand è un nome che conosco, so che il suo disco ha venduto milioni di copie e so che, se lo sento, lo troverò superficialmente bello, senza rendermi conto (perché manco delle convenzioni atte a formulare una valutazione) di quanto di più e di meglio sia possibile fare.
La super-popolarità di Pavarotti o di Domingo non si spiega, Tucidide, con un atto di libertà del pubblico-massa di vent'anni fa, che li giudicava (o che giudica Bocelli oggi) esattamente come io giudicavo la Streisand in Memory.
Quali che fossero effettivamente i meriti di questi due gloriosi tenori, il pubblico-massa li accettava o li subiva senza poter sempre disporre degli strumenti per scegliere, confrontare, distinguere... proprio come ho fatto io per la Streisand!
In questo senso, il "ridimensionamento" critico si è reso (ahimé) necessario, soprattutto per una fase storica come gli anni 70-80 in cui la tendenza (anche dell'arte, ma non solo) è stata quella di assumere proprio la massa come interlocutore privilegiato e addirittura univoco.
Per decenni tutti noi siamo stati ascoltati nei settori di cui eravamo inesperti (ossia massa) e trascurati in quelli di cui eravamo fini conoscitori (in quanto stupide e snobistiche élites).
Oggi, grazie alla comunicazione globale, questa tendenza è stata in parte interrotta.
Continuano ad esserci (in tutti i campi) le masse e le élites, ma almeno oggi le élites non sono più zittite dal clangore generalista.
Oggi anche a un "massa" come me ci vogliono pochi secondi per fare una ricerca su Internet e restare allibito dalla bravura di Betty Buckley, trovare tutto quel che ha fatto, leggere le opinioni degli esperti, ecc...
Anche per questo, oggi, è un po' più facile rinunciare (come vorresti fare tu) al "critico che giudica".
Ma solo in teoria...
In realtà avremo sempre bisogno della guida di chi ha avuto la possibilità di scendere fra le convenzioni di un genere più in profondità di noi.
Un salutone,
Mat