Ho ascoltato questa incisione, gentilmente concessa dall'amico Pietro. Ancora non riesco a capacitarmi cosa riuscite a trovare di becero nella caratterizzazione gobbiana del personaggio pucciniano. Reputo la sua interpretazione un unicum (il duetto finale attende ancora d'essere egualiato!!!).
Infatti, secondo me il termine becero che da dizionario significa "volgare e insolente" non ci sta.
Anche se un po' di rozzezza, di selvaticume, di scontrosità in Michele vanno bene. Non è Posa.
Non stravedo per Gobbi ma devo dire che il suo Michele (mi rif. all'edizione in studio Emi) mi ha sempre convinto. Sussurrato, con frasi buttate lì, subito interrotte. Tipico di chi sa e non sa, ma che comunque sente che il mondo sta per crollargli addosso.
Però non sono d'accordo con te sul duetto finale.
Sotto il profilo delle intenzioni interpretative, non c'è dubbio, Gobbi dimostra di avere le idee chiarissime su Michele.
Purtroppo, e qui i cellettiani hanno ragioni da vendere, a Gobbi manca quel determinato tipo di tecnica per realizzare quelle particolari inflessioni vocali che si è prefisso.
In altre parole.
Gobbi imbocca una strada (quella delle mezzevoci, degli acuti sottovoce, della varietà di tinte) che richiede un certo tipo di tecnica.
Lì proprio non si scappa.
Tra l'altro la scrittura di quel duetto (pestifera, picchia tutto in zona di passaggio
) non lo aiuta.
Però ammetto che certe frasi sono di un'eloquenza, un'emotività, una comunicativa senza paragoni.
Se dovessi salvare due cose di Gobbi opterei per questo Michele e il Simone. E il Wozzeck...
Saluti
Maugham