Il canto: tecnica o tecniche?

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: Anja Silja

Messaggioda Pruun » lun 21 apr 2008, 1:22

MatMarazzi ha scritto:Già, Pruun, famo a capisse! :)
Possedere una straordinaria musicalità non è una scelta, nè consapevole, nè inconsapevole.
E' un tesoro che si ha, e basta.
O non lo si ha, e basta.

Avere un immenso talento espressivo, una volontà poderosa di far vivere i personaggi non è una scelta, nè consapevole, nè inconsapevole.
Anche questo è un tesoro che si ha, e basta.
O non lo si ha, e basta.


Appunto. E anche gli acuti al fulmicotone e la solidità di canto come la Nilsson. O li si hanno o no.
Quindi nemmeno la Nilsson "ripiegava"

MatMarazzi ha scritto:Non si diventa dei geni per scelta, come la Callas (e tantomeno per ripiego).


La Callas ha semplicemente capito come poteva dare il massimo col suo formidabile senso del ritmo e della parola.

Lo stesso, per rientrare in topic, è quello che ha fatto la Silja: ha capito dove e in che modo poteva dare il massimo.

MatMarazzi ha scritto:Uno non si mette al tavolino e dice: "caspita! Non ho la cavata della Tebaldi!... come faccio?
Idea!!! Divento un genio!"
:D :D :D :D


Non ho detto questo. Lo sai. :wink:

MatMarazzi ha scritto:
E probabilmente passerà (o è già passata) alla storia più delle sue colleghe più dotate.


Ma scusa Pruun... :(
Non vorrei diventare polemico davvero.
Ma come faccio a farti passare espressioni come questa!!
"colleghe più dotate"
La Callas era la più dotata di tutte.
Quello che aveva lei, ben poche l'avevano.
Ed è per questo che sono state le altre a dover "ripiegare" su altre cose (come la "cavata").


La "cavata" o ce l'hai o no. Come il talento espressivo. E per dotata intendevo quanto a bellezza e omogeneità timbrica. :wink:

MatMarazzi ha scritto:
La Sutherland voleva cantare Wagner.
Bonynge la ha convinta a indirizzarsi verso repertorio a lei più consono.


Be', stai esagerando un po'! :)
La Sutherland ha dichiarato solo (e con un pizzico di sufficienza) che i suoi primi insegnanti la stavano indirizzando su quel repertorio, non avendo evidentemente capito le sue potenzialità.
Ma che amasse visceralmente Wagner mi pare eccessivo.


Riporto quanto ha detto lei stessa in un'intervista che lessi tempo fa. Disse che voleva cantare Wagner e il repertorio spinto. Poi ha cambiato strada

MatMarazzi ha scritto:Un celebrità come lei, una diva planetaria, se avesse voluto cantar Wagner, avrebbe potuto imporsi tranquillamente.
Evidentemente sono altre le ragioni per cui ha fatto quel disco (come la Lecouvreur, Suor Angelica, Vedova Allegra, il Roi de Lahore, l'Oracolo...)


Lo ha fatto. Si è imposta e ha ottenuto un disco dove fare quello che le pareva.

MatMarazzi ha scritto:Nella seconda metà degli anni '70, sentiva che stava perdendo acuti e sopracuti e cercava altri possibili spazi... purtroppo con scarsi risultati.


Premetto che dissento dagli scarsi risultati (passi Adriana e Suor Angelica ma dove? nel Roi de Lahore? Nella Vedova? nella seconda Norma?) ma... scusa, quando mai li ha persi i sovracuti la Sutherland?

MatMarazzi ha scritto:Non vedo che scelte abbia operato: ha cantato tutto il repertorio Verdiano, compresi i ruoli Tebaldi (Aida, Forza) + il repertorio pucciniano (Tosca, Butterfly, e in disco anche Boheme, Manon Lescaut), persino Giordano, Mascagni, Boito.
E questo oltre al fatto che ha cantato Rossini, Wagner, Gluck, ecc... ecc...
Ha cantato tutto quello che si poteva cantare... E non si è fatto scrupoli nello sfidare tutte le sue colleghe (persino Tebaldi) nel loro stesso terreno.


Se per stesso terreno intendi lo stesso repertorio, ok.
Ma se intendi lo stesso metodo di canto che andava allora, no.
No, non le ha sfidate sul loro stesso terreno. Ha cambiato totalmente le carte in tavola.
Ed è per questo che della Callas si parla e si discute ancora oggi, perché fu un macigno in uno stagno.

Buona Notte anche a te! :D
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Re: Anja Silja

Messaggioda Tucidide » lun 21 apr 2008, 12:20

MatMarazzi ha scritto:Tutto quello che dici è bello e condivisibile.
Però il valore che tu attribuisci al suono, Tucidide, secondo me resta eccessivo.
Se me lo permetti, tornerei a sfoderare l'esempio che abbiamo fatto in passato della bella "faccia" per un attore.
E' vero, incide! E' vero, è importante! E' vero, è uno strumento determinante per l'attore.
E tuttavia... con la sola faccia non fai nulla. La devi muovere, quantomeno: mettere in moto le decine e decine di muscoli che la compongono! :)
Bene! Fuor di metafora, la bella faccia è il bel suono! Il muovere la faccia è cantare.

Avere un bel timbro è come avere in salotto uno splendido pianoforte a coda.
Non ti resta... che saperlo suonare! :)
Certo, se al pianoforte non riesci a fare altro che il piccolo montanaro (e malamente) allora meglio uno scassatissimo verticale suonato da Benedetti Michelangeli.
O no?

Non sono convinto fin in fondo della genuinità del paragone faccia-voce.
Sai meglio di me che ogni suono è meditato, e non semplicemente emesso per grazia divina. I suoni gutturali della Callas non erano tali perché, poverina, aveva un così brutto timbro! :) Era lei che ingolava a bella posta quei suoni, per ottenere particolari risonanze.
I suoni secchi di Vickers non erano tali, perché, povero Jon, con quella vociaccia che si ritrovava faceva anche troppo! :) Erano suoni aperti, fatti apposta, e così pensati e strutturati per un fine preciso. Erano frutto di tecnica, non solo di natura.
La faccia di Monica Bellucci è così perché sua mamma l'ha fatta così: e sono d'accordo che definirla grande attrice solo per il viso sarebbe riduttivo. Ma se, in quel viso, ella imposta una mimica che si adatti sia alla caratteristica naturale del volto, sia alla situazione drammatica che è chiamata ad interpretare, allora credo che sia normale non disgiungere l'effetto drammatico dal puro fattore visivo, ed attribuirgli un'importanza anche notevole.

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Re: Anja Silja

Messaggioda Teo » lun 21 apr 2008, 16:37

Pruun ha scritto:Ma se intendi lo stesso metodo di canto che andava allora, no.
No, non le ha sfidate sul loro stesso terreno. Ha cambiato totalmente le carte in tavola.


Tucidide ha scritto:I suoni gutturali della Callas non erano tali perché, poverina, aveva un così brutto timbro! Era lei che ingolava a bella posta quei suoni, per ottenere particolari risonanze.


Scusate se puntualizzo, ma ritengo necessario, specificare meglio le frasi sopra quotate, poichè così come inserite nei vostri interventi, a mio modesto avviso, non solo non risultano facilmente comprensibili, ma possono dare adito ad una interpretazione che francamente lascia alquanto "sconcertati" :roll:

Chiedo dunque a Pruun quali siano le carte in tavola di cui parla e sopratutto quale sarebbe il metodo di canto che andava allora.
Allo stesso modo a Tucidide chiederei di spiegarmi il nesso tra suoni gutturali - ingolati e l'ottenere particolari risonanze...

Tutto questo poichè credo che parlando di tecnica, di produzione di un suono, di timbro, di ingolature, di risonanze, ecc...sia davvero necessario utilizzare una terminologia chiara, comprensibile e appropriata, altrimenti sai che minestrone può uscire...
Faccio un esempio banale.
Il cosidetto "suono ingolato" ha una sua definizione precisa è sopratutto a prescindere dalle risultanze della sua emissione, è indubbiamente un suono "scorretto" sia per posizione che per proiezione. Un suono cosidetto "ingolato" difficilmente può avere delle risonanze tali da essere utilizzate con efficacia in teatro...tutt'altro. Il difetto più evidente di un suono ingolato è quello tipico di chi cerca di rendere il proprio timbro più scuro di quel che non è, o di chi equivoca il timbro “lirico” con questo colore ingolato di voce (come fanno certe persone che per prendere in giro i cantanti d'opera cercano di imitare il famoso “Vincerò!”).
Perdonami Tucidide ma non si può certo dire che la Callas fosse "ingolata"...credimi, qualsiasi sia la visione che hai tu del suo utilizzo dei risonatori bassi, la signora Kalogheròpulos era un "mostro" di tecnica, ma non certo quella dei suoni "ingolati". :lol:

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Re: Anja Silja

Messaggioda Maugham » lun 21 apr 2008, 18:25

Chiedo dunque a Pruun quali siano le carte in tavola di cui parla e sopratutto quale sarebbe il metodo di canto che andava allora.
Allo stesso modo a Tucidide chiederei di spiegarmi il nesso tra suoni gutturali - ingolati e l'ottenere particolari risonanze...


Mi associo alle tue richieste chiedendo a Pruun cosa sia la "cavata". :?:
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Re: Anja Silja

Messaggioda Pruun » lun 21 apr 2008, 19:23

Sono al lavoro, quindi non posso essere molto preciso ed esaustivo e vado di fretta.
Per cavata intendo, molto volgarmente e semplificando moltissimo, una voce ampia, bella e straricca di armonici... insomma la voce della Tebaldi.
La Callas aveva una voce ampia e straricca di armonici, ma non era bella, non per i canoni dell'epoca, almeno.

Sul cambiare le carte in tavola mi baso sugli ascolti di documenti d'epoca e sulle testimonianze di chi la ha vista dal vivo: era una novità quel modo di cantare, quella coloratura così espressiva e, soprattutto, quell'attenzione alla parola.

Scusate la fretta... :oops:
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Re: Anja Silja

Messaggioda Tucidide » lun 21 apr 2008, 20:29

Quanto alle ingolature della Callas, Teo, non intendo dire che sia tutta ingolata. Però, in basso, certi suoni sono affondati, e non alti di posizione. Senti "In mia man alfin tu sei" cantato dalla Callas e dalla Sutherland, la prima affonda il suono ed è sensazionale, da pelle d'oca, la seconda, almeno a principio carriera, è altissima di posizione, ma il suono ha molta meno maestosità.
La Callas poi, e hai ragione, era davvero un mostro di tecnica, e riusciva, almeno in parte, ad evitare le fratture fra i registri, e a passare, da quei gravi così aperti, ad un medium corposo ma molto alto di posizione, senza grossi problemi.
Tuttavia, una cosa volevo specificare: per come la penso io, un suono ingolato non è detto che sia sbagliato sempre e comunque: lo è se non riesci a controllarlo, ma se ce la fai, come la Callas, allora è un suono artistico degno.
Sennò si cade nell'equivoco di cellettiana memoria, per cui se un cantante canta bene vuol dire che non ha difetti tecnici e canta secondo la vecchia scuola. Questo perché, secondo questa visione, un suono scorretto non può portare a grandi risultati.
Ma io proprio questo contesto.

Saluti
:wink:
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Re: Anja Silja

Messaggioda Teo » mar 22 apr 2008, 10:02

Tucidide ha scritto:Quanto alle ingolature della Callas, Teo, non intendo dire che sia tutta ingolata. Però, in basso, certi suoni sono affondati, e non alti di posizione. Senti "In mia man alfin tu sei" cantato dalla Callas e dalla Sutherland, la prima affonda il suono ed è sensazionale, da pelle d'oca, la seconda, almeno a principio carriera, è altissima di posizione, ma il suono ha molta meno maestosità.
La Callas poi, e hai ragione, era davvero un mostro di tecnica, e riusciva, almeno in parte, ad evitare le fratture fra i registri, e a passare, da quei gravi così aperti, ad un medium corposo ma molto alto di posizione, senza grossi problemi.
Tuttavia, una cosa volevo specificare: per come la penso io, un suono ingolato non è detto che sia sbagliato sempre e comunque: lo è se non riesci a controllarlo, ma se ce la fai, come la Callas, allora è un suono artistico degno.
Sennò si cade nell'equivoco di cellettiana memoria, per cui se un cantante canta bene vuol dire che non ha difetti tecnici e canta secondo la vecchia scuola. Questo perché, secondo questa visione, un suono scorretto non può portare a grandi risultati.
Ma io proprio questo contesto.

Saluti
:wink:



Permettimi di dissentire, ripeto, non volermene a male, ma la terminologia in questi casi è importante.
Parlare di suoni "ingolati" vuol dire identificare una certa caratteristica del suono.
Il suono cosidetto "ingolato" non è per forza di cose un suono affondato, basso (ti ho pure fatto l'esempio dei ragazzini che imitano il pavarotti nel vincerò).
A parte che anche sul discorso di "affondare un suono" ci sarebbe da scrivere qualche appunto, ciò nonostante il termine "ingolato" ha una sua connotazione ben precisa che nel mio precedente intervento ho tentato di spiegare (ma forse dovrei essere più esaustivo).

La gestione direi "perfetta" delle ottave sulle quali cantava la Callas è possibile solo e unicamente se il tuo strumento, a prescindere dalle varie scuole di pensiero sulla posizione corretta o meno, è gestito nella sua condizione più naturale con la quale sei nato. La Callas riusciva a dare quell'effetto perchè oltre a saper bene dove andare a cercarlo, lo possedeva per natura. Credimi, se quel passaggio che citi l'avesse ingolato, non ti sarebbe affatto venuta la pelle d'oca, proprio perchè una delle principali negatività di un suono ingolato è che è artefatto, falso.

Sinceramente, di quello che dice il signor Celletti in proposito, non ne so un bel nulla e non me ne può fregà de meno.
Troppo spesso vedo aleggiare tra i vari post il fantasma del signor Celletti, sia per sostenere tesi che antitesi. Credo che un pò meno di preconcetti in un senso e nell'altro giovino a tutti...non trovi?

Il suono "ingolato" non è di pertinenza della vecchia o della nuova scuola (che poi anche qui mi piacerebbe capire cosa s'intende...mah), così come non è sicuramente legato alla capacità o meno di saperlo "controllare".
Il suono "ingolato" è un imitazione, è una forzatura e sopratutto in teatro non corre e mette il cantante a serio rischio di salute del proprio strumento.
Diversa cosa è un suono "aperto" un suono che cerca una posizione bassa nella laringe, un suono che cerca i risonatori faringei, laringei, pettorali, ecc...
Credimi Alberto, nessun cantante storico che sia tale ne tantomento la Callas, grande interprete della tecnica vocale, hanno mai prodotto un suono "ingolato".

Perdonami per il mio essere puntiglioso, ma penso sia davvero importante chiamare le cose con il loro nome, ossia parlare la stessa lingua, mettersi sulle stesse frequenze, altrimenti si corre il rischio di fraintendimenti a mio avviso "pericolosi" :mrgreen:

Salutissimi.

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Re: Anja Silja

Messaggioda Tucidide » mar 22 apr 2008, 10:28

Penso che tu abbia ragione: probabilmente mi sono espresso male, ed intendiamo la stessa cosa chiamandola in maniera differente.
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Re: Anja Silja

Messaggioda Pruun » dom 27 apr 2008, 1:25

Maugham ha scritto:
Teo ha scritto:Chiedo dunque a Pruun quali siano le carte in tavola di cui parla e sopratutto quale sarebbe il metodo di canto che andava allora.
Allo stesso modo a Tucidide chiederei di spiegarmi il nesso tra suoni gutturali - ingolati e l'ottenere particolari risonanze...


Mi associo alle tue richieste chiedendo a Pruun cosa sia la "cavata". :?:
WSM


Pruun ha scritto:Sono al lavoro, quindi non posso essere molto preciso ed esaustivo e vado di fretta.
Per cavata intendo, molto volgarmente e semplificando moltissimo, una voce ampia, bella e straricca di armonici... insomma la voce della Tebaldi.
La Callas aveva una voce ampia e straricca di armonici, ma non era bella, non per i canoni dell'epoca, almeno.

Sul cambiare le carte in tavola mi baso sugli ascolti di documenti d'epoca e sulle testimonianze di chi la ha vista dal vivo: era una novità quel modo di cantare, quella coloratura così espressiva e, soprattutto, quell'attenzione alla parola.

Scusate la fretta... :oops:


Con molto ritardo :oops: :oops: :oops: mi dilungo meglio.
Parlando con molti ascoltatori 'd'epoca' mi sono reso conto che tutti erano concordi nel ricordare la Callas per la brutta voce e la grande espressione.
Semplificavano, ovvio, ma nella semplificazione c'era un poco di vero: la Callas aveva, effettivamente una voce estesissima, abnorme... ma non bella. Non secondo i canoni dell'epoca.
Certo che aveva l'istinto: anche quello o ce l'hai o non ce l'hai, ma la vera genialità della Callas fu, per me, nel capire dove avrebbe potuto dire qualcosa di nuovo... e non era sul campo della sontuosità o dell'ampiezza vellutata della 'cavata'.
La Callas è stata anche un fenomeno vocale (nelle 'messicanate' ci sono acrobazie portentose sotto questo punto di vista) ma proprio perché a me (come a tutti noi, credo) interessa la Callas artista e non il fenomeno vocale non faremo a meno di notare come la grande sapienza drammatica la abbia sempre portata a sfruttare i suoi limiti e a trasformarli in pregi:
- nella Carmen si inventa una sensualità tutta felina e annoiata con un timbro che, in teoria, sarebbe all'antitesi di un personaggio così lussureggiante
- nella Medea (specialmente quella milanese del 1960, la mia preferita) sfrutta sagacemente lo stridore e l'asperità di molti passaggi (come in "Dei tuoi figli la madre") per comunicare la convulsione del personaggio
- nella Traviata londinese del 1958 riesce addirittura a riassorbire, con la forza dell'accento, l'evidente spezzarsi del finale dell'Addio del Passato.

Ora, la Callas (sempre a mio parere) non nacque genio del fraseggio: venne presentata come fenomeno vocale, come la cantante capace di passare da Brunnhilde a Elvira nell'arco di pochi giorni.
La mia frase 'fare di necessità virtù' deriva appunto da una riflessione sull'evoluzione della carriera della Callas: per quanto non manchino sprazzi interessantissimi nelle prime registrazioni, è vero che la Callas più emozionante e coinvolgente (almeno per me) è quella che va dal 1953 in poi (più o meno). Perché io credo che, resasi conto di non poter competere quanto a pura bellezza timbrica con le rivali, poteva invece divorarsele sfruttando un grandissimo istinto e amore per la parola cantata.
La Callas (questo non puoi negarmelo Mat) farà effettivamente di necessità virtù nell'ultima fase della carriera, quando la voce la abbandonerà... ma anche in questa evoluzione degli esordi io credo ci sia stata la consapevolezza, propria dei grandi artisti, di limiti e potenzialità artistiche ben precise!

In questo senso ha cambiato le carte in tavola: se noi ascoltiamo oggi una registrazione della Tebaldi, vediamo che tutto è calcolato nel permettere sempre la migliore proiezione e conduzione del suono, che la linea è sempre pulita, bella, elegante, precisa ferma. non si può dire sia inerte come interprete... ma è convenzionale, quello sì, sempre piuttosto altisonante, sempre piuttosto prevedibile.
La Callas, molto semplicemente, ha insegnato a non buttar via nemmeno l'ultimo e più stupido dei recitativi.
Salutoni
G.
Ultima modifica di Pruun il dom 27 apr 2008, 1:41, modificato 1 volta in totale.
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Re: Anja Silja

Messaggioda pbagnoli » dom 27 apr 2008, 12:28

Pruun ha scritto: In questo senso ha cambiato le carte in tavola: se noi ascoltiamo oggi una registrazione della Tebaldi, vediamo che tutto è calcolato nel permettere sempre la migliore proiezione e conduzione del suono, che la linea è sempre pulita, bella, elegante, precisa ferma. non si può dire sia inerte come interprete... ma è convenzionale, quello sì, sempre piuttosto altisonante, sempre piuttosto prevedibile.

Tu hai questa sensazione?
Io no, e ci riflettevo proprio l'altro giorno quando ho pesato su Youtube una registrazione del duetto delle carte della Fanciulla del West in cui lei canta col bravo Anselmo Colzani: fraseggio nervoso con diverse imprecisioni che culminano nel grido isterico di "Tre assi e un paio!" al termine del quale si scatena il pubblico.
E non è la prima volta che sento la Tebaldi così (a parte l'urlaccio famoso alla fine di Tosca).
Altrove mi sembra che molte volte lasci perdere il candore della linea vocale alla ricerca di una maggior espressività che, spesso, non le viene così bene perché non aveva naturalmente i mezzi per esprimere adeguatamente questo tipo di linea, e quindi è costretta a sforzare a dimostrazione che l'espressionismo e il declamato melodico che non sfoghi nel grido non sono procedure così facili come molti appassionati vogliono far credere.
Certo, la Tebaldi migliore - e in questo credo di leggere nel tuo pensiero - è quella degli attacchi quasi mistici di "Enzo adorato, ah come t'amo!..." o de "La Vergine degli Angeli": lì è talmente magica che mi dimentico del fatto che tutti noi avremmo il dovere morale di essere callasiani, me ne fotto e vengo sedotto dal fascino di questa voce unica in tutta la Storia del canto!
Pietro
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Anja Silja

Messaggioda Pruun » dom 27 apr 2008, 12:38

Ma anche quelle poche volte in cui sbraca (hai citato, giustamente, Tosca) a me non da mai l'idea di quell'espressività ricercata in maniera così particolare ma poi riassorbita in un'illusione di quasi spontaneità dalla Callas: gli istrionismi tebaldiani mi sembrano sempre molto convenzionali e effettistici.
Fanciulla fa, in parte eccezione, ma credo più per l'estrema particolarità e complessità del personaggio e dell'opera (che presuppongono, necessariamente, un approccio più meditato), che mi sembrano un unicum nel nostro teatro lirico.
Poi, sia chiaro, la Tebaldi è un monumento e mi inchino a lei tutte le volte che la sento con ammirazione incondizionata, nonostante la trovi (il più delle volte) interprete abbastanza convenzionale.
G.
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"Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Cantare bene » lun 29 nov 2010, 13:31

Pietro Bagnoli ebbe a dirmi in una precedente discussione:
ciò che per te è "pessimi cantanti" per noi sono "artisti", "fenomeni", "declamatori", "coloristi", "scuola americana", "scuola tedesca", eccetera.


Sarebbe estenuante per me cercare nel forum le discussioni in cui si parla di questi "declamatori", "coloristi", di queste "scuole", pertanto chiederei a chi ne abbia voglia di illustrarmi qui brevemente il significato di tali nozioni, categorie che io non sono mai stato abituato a considerare. Magari con esempi di cantanti (del presente e del passato) che a vostro dire rientrano in queste definizioni. Mi interesserebbe anche avere qualche indicazione bibliografica per potermi documentare direttamente. Grazie.
Cantare bene
 

Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda MatMarazzi » lun 29 nov 2010, 14:37

Cantare bene ha scritto:Sarebbe estenuante per me cercare nel forum le discussioni in cui si parla di questi "declamatori", "coloristi", di queste "scuole", pertanto chiederei a chi ne abbia voglia di illustrarmi qui brevemente il significato di tali nozioni, categorie che io non sono mai stato abituato a considerare. Magari con esempi di cantanti (del presente e del passato) che a vostro dire rientrano in queste definizioni. Mi interesserebbe anche avere qualche indicazione bibliografica per potermi documentare direttamente. Grazie.


Caro Cantare Bene,
ti rispondo di corsa perché sto uscendo e non avrò più occasione di ricollegarmi in giornata.
Per quanto riguarda il discorso delle "tecniche" convenzionali ammesse o non ammesse in quello che si definisce il "canto classico", altri nel forum ti hanno già detto l'assunto da cui partiamo.
La storia è regina: è lei, attraverso il pubblico e la creatività degli artisti, a selezionare i suoni, secolo dopo secolo.
E' lei (e non noi, nemmeno Celletti, nemmeno Dio e nemmeno quello che tu chiami "l'oggettivamente corretto) a stabilire quali suoni possono entrare nel vocabolario del canto classico e quali suoni debbano uscirne.
Già, perché affermare che la storia del canto sia un semplice progresso dall'età della pietra a oggi è falso.
Vi sono sonorità che erano "convenzionali" (e quindi lecite) ai primi del '900 e che oggi non lo sono più (le fissità della Destinn, le desonorizzazioni di Plançon); oggi vi sono sonorità (le aperture della Von Otter, i pianissimi falsettanti dei liederisti inglesi) che ai primi del '900 non sarebbero stati "convenzionali" (e quindi leciti) mentre oggi lo sono.
E ti sto parlando solo dei primi del '900, perché, se potessimo ascoltare veramente i cantanti dell'800 e del 700, con ogni probabilità rimarremmo ancora più sconcertati di quanto ci lasciano (oggi) i Maurel e le Melba.

Affermare che qualche suono è "giusto" o "sbagliato" in termini assoluti (cedendo quindi alla tentazione di una sorta di "metafisica" del canto e in pratica scambiando i "nostri" gusti, i "tuoi" gusti, le "tue" e "nostre" abitudini d'ascolto per parametri estetici "assoluti") è per noi una semplificazione in contrasto con la Storia e anche con quel "passato" che altri violentano e fraintendono con la pretesa di tutelarlo.

I suoni non sono "giusti" o "sbagliati"; sono "convenzionalmente" funzionali al loro tempo e alla musica che devono tradurre.
Per questo "cambiano"!
Proprio come (l'abbiamo detto mille volte) cambia la lingua...
I suoni del canto "operistico" sono stati elaborati nel corso dei tempi dai cantanti stessi (e selezionati dai pubblici delle diverse epoche) per valorizzare le musiche che - di epoca in epoca - venivano composte e per assecondare le mutevolissime esigenze dei vari pubblici che si sono avvicendati.
In pratica, cambiando le caratteristiche della musica, cambiando le esigenze del pubblico, cambiando persino l'architettura dei teatri, cambiando la composizione delle orchestre, cambiando le tecnologie di riproduzione sonora... venivano sperimentate dai cantanti nuove soluzioni tecniche, suoni diversi: se piacevano al pubblico (e se si adattavano alle tutte le specificità suddette) entravano nelle "convenzioni".
Altri suoni invece - che magari andavano benissimo vent'anni prima - venivano archiviati, perché avevano esaurito il loro potenziale di significato o non si adattavano più al presente (penso alle note di petto delle cantanti primo-novecentesche o alle fissità di cui andavano così fiere le allieve della Marchesi e che oggi ci fanno arricciare i denti ;) ) o semplicemente perchè non piacevano più.

In sostanza è la Storia, la Civiltà stessa nel suo rigenerarsi continuo che selezionano i suoni del canto "classico", rendendoli leciti e convenzionali o al contrario rinnegandoli ...sottraendoli alle convenzioni.
Il nostro approccio (a differenza di quelli che si professano "passatisti") è proprio fondato sul rispetto nei confronti della Storia del Canto, che passa attraverso la mutevolezza del pubblico, le evoluzioni della Storia e la continua riscrittura delle "regole del gioco".

Se anche tu dovessi accettare questo punto di vista, saresti il primo a gioirne! :)
Perché NESSUNO ti chiede di rinunciare alle sonorità che ami.
Nessuno pretende che tu affermi che "immascherare" sia sbagliato e "aprire" sia giusto.
Siamo noi i primi ad adorare Caruso e la Sutherland, le mezze voci di De Lucia o i legati della Caballé...
Però, se riesci ad abbandonare la pretesa di distinguere "arbitrariamente" fra suoni giusti e sbagliati, potresti scoprire che (senza nulla togliere alla Sutherland o a Schipa) certe aperture "coloristiche" di Anne Sophie von Otter quando canta Grieg o il Lamento d'Arianna ti possono a loro volta comunicare fortissime emozioni, sconvolgenti; così come certe filature desonorizzate, dolcissime, opalescenti, spettrali di Langridge quando sussurra "The Salley Gardens" possono aprirti panorami vastissimi, sublimi, anche se non rientrano in quello che tu affermi essere il "canto giusto".

Il bello di amare le cose migliori di Martha Moedl o di Ian Bostridge, di Max Lorenz o di Teresa Stratas è proprio quello che non si deve, per loro, rinunciare alla Gencer o a Corelli.
Anzi... si comincerà a capire che le diverse tecniche, le diverse scuole ben lungi dall'essere in contraddizione... si completano!
Tutte insieme rappresentano la ricchezza del canto di oggi...
Ognuna di loro contribuisce all'immenso panorama di suoni (e di emozioni) di cui noi ascoltatori di oggi possiamo nutrirci.

E se nessuna Moedl potrà mai sostituire una Sutherland in Handel, nessuna Sutherland potrà mai esaltare Kurt Weill come la Stratas, e nessuna Stratas potrà mai sublimare Isolde come la Moedl...


Venendo al sodo, ossia alla tripartizione delle principali "scuole" che abbiamo proposto qui su Operadisc (che non sono le uniche, ma secondo noi le principali presenti oggi, almeno in ambito classico) e alle varie contaminazioni fra loro, non possiamo proporti alcuna bibliografia, per la semplice ragione che siamo proprio stati noi a proporla, fondandoci sull'osservazione e sull'ascolto.
Finché non scriveremo noi di Operadisc un bel libro sull'argomento, una bella disamina storica mancherà! :)

Volendo essere più precisi, esiste una documentazione sconfinata sulla più antica di queste scuole: sul "vocalismo" di matrice belcantistica esistono libri importantissimi, sia antichi (i famosi metodi storici), sia moderni (e in questo senso ogni libro di Celletti è illuminante).
Sulla scuola declamatoria si trova molto meno: giusto alcune riflessioni emerse dai tecnici dell'antica Bayreuth, che però non tengono conto di quanto l'arte declamatoria è evoluta nel corso del '900.
Il "colorismo" poi è fenomeno talmente recente che ancora non esiste (che io sappia) nulla che lo definisca in modo scientifico, anche se - in pratica - condiziona tutti gli ambiti del canto classico attuale.
Tranne la Devia :) non c'è cantante attuale (declamatore o vocalista) che non sia più o meno contaminato dalle conquiste del colorismo.
Lo stesso nome (colorismo) siamo noi ad averlo introdotto per definire l'ultima grande rivoluzione del canto classico, dagli anni '50 del secolo scorso.

Oggi non ho tempo di andare a fondo su queste "scuole" e sulle loro definizioni.
Ma, se puoi aspettare, prometto di farlo domani, anche perché sono mesi che diciamo che dovremmo "sistemare" il nostro punto di vista in merito e la tua domanda casca quindi a fagiolo.

Frattanto salutoni,
Mat
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Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Cantare bene » lun 29 nov 2010, 16:15

MatMarazzi ha scritto:Oggi non ho tempo di andare a fondo su queste "scuole" e sulle loro definizioni.
Ma, se puoi aspettare, prometto di farlo domani, anche perché sono mesi che diciamo che dovremmo "sistemare" il nostro punto di vista in merito e la tua domanda casca quindi a fagiolo.


Sì aspetto con ansia, perché è proprio questo che m'interessa sapere. Mi serve una spiegazione di ciò che voi intendete quando parlate di queste "scuole". Io proprio non so cosa voglia dire la parola "coloristi", mentre quando parlate di "declamatori" non capisco bene se vi riferiate ad uno stile o ad una tecnica, e soprattutto in rapporto a quale repertorio.


MatMarazzi ha scritto:Vi sono sonorità che erano "convenzionali" (e quindi lecite) ai primi del '900 e che oggi non lo sono più (le fissità della Destinn, le desonorizzazioni di Plançon); oggi vi sono sonorità (le aperture della Von Otter, i pianissimi falsettanti dei liederisti inglesi) che ai primi del '900 non sarebbero stati "convenzionali" (e quindi leciti) mentre oggi lo sono.

Intanto vorrei sapere cosa sarebbero queste "desonorizzazioni" di cui tu parli a proposito di Plancon. A volte proprio fatico a comprendere il vostro lessico. Tra l'altro io adoro Plançon! Per quanto riguarda i suoni fissi, mi sembra fin troppo scontato far notare che le antiche rudimentali tecniche di registrazione rendevano quasi irriconoscibili i timbri di quei cantanti. Chissà come suonerebbero i cantanti di oggi se le loro voci venissero riprodotte attraverso gli antichi cilindri! Quel che interessa di quelle registrazioni, non è tanto la bellezza dei suoni (sono registrazioni tecnicamente oscene, di suoni "belli" è difficile sentirne), ma è l'uso che quei cantanti facevano della voce. Anche se il suono è brutto, si sente comunque la qualità dell'emissione "aerea", tersa, squillante, la qualità del legato, l'uso delle mezzevoci, la dinamica sfumata, il canto sulla parola, la dizione chiara.

MatMarazzi ha scritto:Affermare che qualche suono è "giusto" o "sbagliato" in termini assoluti (cedendo quindi alla tentazione di una sorta di "metafisica" del canto e in pratica scambiando i "nostri" gusti, i "tuoi" gusti, le "tue" e "nostre" abitudini d'ascolto per parametri estetici "assoluti") è per noi una semplificazione in contrasto con la Storia e anche con quel "passato" che altri violentano e fraintendono con la pretesa di tutelarlo.

No, qui proprio il "de gustibus" non c'entra niente. Le moderne "tecniche" di canto, prima di essere contrarie al mio gusto personale, sono irrispettose della natura della voce, oltre che dei dettami che la storia ha consolidato e tramandato nel corso dei secoli, e sono pure incompatibili con le ragioni "acustiche" dell'ascolto. E' inutile perdersi in digressioni sulla "evoluzione del gusto"... per eseguire ad esempio una messa di voce come Dio comanda, la voce deve galleggiare perfettamente sul fiato, senza tensioni innaturali, il suono dev'essere "alto" e soave, ed il tutto deve avvenire con perfetta naturalezza. Solo in questo modo si può affrontare un repertorio che nasce per quel modo di cantare, e che solo attraverso quella tecnica può essere eseguito correttamente, nel rispetto di tutte le indicazioni scritte sulla partitura.

Trovo questo vostro "evoluzionismo" del tutto inconciliabile con il rispetto della musica così com'e stata scritta e così come per tradizione è sempre stata eseguita, e inconciliabile pure con la mia (e non solo mia!) idea del canto come espressione della "natura" dell'uomo, che rimane tale nel corso del tempo. Per cantare ci serviamo del nostro corpo, e la nostra tradizione vocale (italiana) dovrebbe averci insegnato qual è quella tecnica che, preservando la peculiare natura di ciascuna voce, permette, per fare un esempio, ad una Mariella Devia di cantare ancora splendidamente all'età di 62 anni, e consente ad ogni cantante di farsi sentire in ogni dove (Schipa cantava all'Arena e lo sentivano fin sulle ultime gradinate, Gigli si esibiva negli stadi e la sua voce riempiva spazi immensi, mentre oggi i cantanti faticano a farsi sentire sopra un'orchestrina).

Io più che un'evoluzione delle tecniche e dei gusti, vedo oggi una frattura tale da farmi pensare che il Canto sia ormai tramontato.

Ma ora attendo la dissertazione sulle diverse "scuole" da voi individuate.
Cantare bene
 

Re: "Declamatori", "coloristi", scuole varie...

Messaggioda Maugham » lun 29 nov 2010, 20:21

Cantare bene ha scritto: (Schipa cantava all'Arena e lo sentivano fin sulle ultime gradinate,


Da quel che so Schipa all'Arena mi sembra abbia cantato solo tre recite di Elisir con la Carosio nel 1936 e poi più nulla. E i giudizi furono piuttosto freddi.
Durante le celebrazioni schipiane a Martina Franca nel 1988 Celletti affermò che Schipa era un tenore piuttosto contestato all'epoca, accusato di essere troppo flebile e di avere una voce "piccola".
Poi, che Schipa sia un punto fermo nella storia del canto, non ci piove; non lo prenderei però ad esempio di come saper cantare in un certa maniera (ribadisco in una certa maniera) possa trasformare uno scoiattolo in un grizzly.
WSM
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