SPAZIO ALLE INTERVISTE

problemi estetici, storici, tecnici sull'opera

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Maugham » sab 15 mar 2008, 15:20

teo.emme ha scritto:[Ovvio che pure Wagner va diretto sapendo cantare e ascoltare (ritengo il Tristan und Isolde opera essenzialmente vocalista e quasi belcantista), ma credo sia più complesso districarsi nei difficili e delicati equilibri del belcanto piuttosto che nelle partiture wagneriane.


Vedi, secondo me tu vuoi dire che in Wagner & C. sia, per un direttore, più facile darla a bere che in un'opera di Rossini. Certo, però tutto dipende... da chi beve. E' molto più facile infatti accorgersi di una notina calante, di un suono non appoggiato, di un'intonazione ballerina. Basta farsi un po' d'orecchio e anche un ragazzino normodotato ce la fa. Per questo sorrido di fronte a quell'aria da sibille che hanno certi amanti del belcanto che sembrano esprimere chissà che giudizi. Fanno una cosa che qualunque generico accordatore di pianoforti riesce a fare. Bella prodezza! :D Non occorre avere chissà quale cultura, non solo musicale, per capire se, come li chiami tu, i complessi e delicati equilibri del belcanto sono rispettati. Occore invece avere una grande cultura per inquadrare storicamente e drammaturgicamente il belcanto. Ma questo converrai con me non sembra interessi a molti dichiarati amanti del Garcia. :wink:
Invece nel campo del dramma musicale il discorso si fa più complesso e l'ascoltatore-spettatore deve essere necessariamente più scafato. Deve almeno prendere in considerazione altri elementi per esprimere un giudizio. Altrimenti su che basi differenzi l'Isolde della Modl da quella della Varnay? Oppure, come differenzi il Wagner di Knappertsbusch da quello di Furtwangler? Solo perchè uno è leggermente più lento dell'altro? Per questo il "belcantista" tira fuori anche per Wagner e soci il bilancino del farmacista, rassicurante strumento di giudizio. E si mette a giocare con il pallottoliere segnando quattro acuti tirati, due passaggi di registro fatti male, quello apre, quello chiude, quello è nasale, lì c'era una terzina schiacciata...
Ciao
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda VGobbi » sab 15 mar 2008, 15:33

Complimenti Somerset per il tuo post. Ti confesso che sotto quella luce non l'avevo mai immaginato, ovverossia che fosse piu' facile commentare un'opera belcantistica, piuttosto che un capolavoro di Wagner, anche se bisogna convenire che teo.emme affermava tutt'altra cosa, cioe' che fosse piu' difficile cantare un Donizetti che Wagner, indipendentemente che avesse ragione o meno.

Piuttosto, anche se siamo fuori tema (ultimamente sono uno specialista di off-topic :oops: ), potresti dirmi le differenze che trovi tra l'Isolde della Modl e quella di una Varnay, tanto per citare qualche esempio. Al limite potresti anche rispondermi in pvt, ma son convinto che non pochi forumisti sarebbero interessati a questo quesito.

Grazie!
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Maugham » sab 15 mar 2008, 17:00

VGobbi ha scritto:Complimenti Somerset per il tuo post. Ti confesso che sotto quella luce non l'avevo mai immaginato, ovverossia che fosse piu' facile commentare un'opera belcantistica, piuttosto che un capolavoro di Wagner, anche se bisogna convenire che teo.emme affermava tutt'altra cosa, cioe' che fosse piu' difficile cantare un Donizetti che Wagner, indipendentemente che avesse ragione o meno.


Infatti non ho scritto questo. Ho anzi scritto che occorre una notevole cultura per inquadrare questi titoli nella loro giusta dimensione. Che, permetti, non è però solo quella vocale. Non ne occorre molta di cultura per giocare invece con il bilancino del farmacista. Tutti, te lo posso assicurare, dopo aver macinato un po' di ascolti sanno riconoscere un'agilità pasticciata, una nota calante, un trillo sgranato male. E fin qui non ci sarebbe niente di male. Un titolo di Handel lo si può anche ascoltare con il bilancino e uscirne più che appagati della propria competenza. Il problema nasce quando il bilancino lo si tira fuori per altri repertori dove sono in gioco altri valori e lo spettatore richiede o dovrebbe richiedere altro a un interprete.
Il fatto che qualcuno possa poi affermare che sia più difficile cantare Donizetti che Wagner -a parte la banalità della questione- è cosa che non sta nè in cielo nè in terra sia per la vaghezza dell'oggetto (cosa significa cantar bene?) che per l'inutilità della discussione. Posso dire solo questo: oggettivamente è più difficile cantare Wagner che Donizetti come per un pianista è più difficile l'Hammerklavier dell'Appassionata. La Nilsson, interpellata perchè la sua paga al Met fosse di cinque (cinque!) volte superiore a quello di un'altra celebra gloria di quel palcoscenico rispose imperturbabile. "Canto i ruoli più difficili che esistano, i più faticosi, i più complessi da studiare." Forse si sbagliava e si sbagliava anche Bing che quei soldi glieli dava. :D
Saluti
S.M.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda gustav » sab 15 mar 2008, 18:42

Pure dai vostri post mi pare che le perplessità sulle affermazioni di Patanè siano fondati :? ...
Quello che però mi fa dubitare :?: ulteriormente è un discorso di più basso valore: non è che l'esperto Patanè volesse in realtà lanciare in modo indiretto delle accuse a qualche altro direttore, come brevemente accennavo in uno dei miei post all'inizio di questa discussione, con riferimento anche alla breve affermazione di Celletti che vi ho lì riportato e che era presente, guarda caso, nella medesima sezione dell'intervista.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Maugham » sab 15 mar 2008, 22:28

teo.emme ha scritto: Può essere parte faticosa e lunga (ma lo è anche Idomeneo, e molto più difficile tra l'altro), ma più difficile proprio non te lo concedo.


Sarà anche difficile, sta di fatto però che Idomeneo l'ha cantata anche un tenore non musicista come Pavarotti. Musicalmente quindi, proprio proprio così difficile, addirittura peggio di Tristano, non la definirei.
Saluti
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Pruun » sab 15 mar 2008, 22:51

E se Patané avesse voluto lanciare una provocazione sul pubblico?
Tipo che in Wagner vanno avanti anche cattivi direttori perché il pubblico non si accorge dei macelli, che sono più evidenti nel Belcanto....
Ma è una mia ipotesi che, tra l'altro, mi pare qualcuno ha già avanzato!
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda pbagnoli » dom 16 mar 2008, 9:47

Pruun ha scritto:E se Patané avesse voluto lanciare una provocazione sul pubblico?
Tipo che in Wagner vanno avanti anche cattivi direttori perché il pubblico non si accorge dei macelli, che sono più evidenti nel Belcanto....

Ecco, il problema sta proprio in queste tue parole che, secondo me, la dicono lunga sul provincialismo italiano.
Chiaramente non mi riferisco a te ma, in questo caso, proprio a Patanè (direttore per il quale ho sempre avuto il massimo rispetto, ma anche una considerazione inferiore a quella che ho tuttora, poniamo, per Votto) che presume che non ci si possa accorgere di una pessima direzione in un repertorio come quello wagneriano o straussiano.
Questo concetto - di un provincialismo agghiacciante - può andar bene proprio per quelli che si basano sulle notine perché lì si fermano, alla comprensione superficiale di un'acciaccatura saltata o di un trillo sgranato, elementi - come diceva Maugham - di facile comprensione a chiunque.
A tale proposito, quoterei pressoché in toto il post di WSM che mi sembra assolutamente esemplare nella sua liquida espressività e lo eleggerei a manifesto di questo sito. Pur nella doverosa pluralità di espressione, ritengo che debba passare un pensiero comune come criterio guida, e mi sembra che WSM lo abbia espresso come meglio non si potrebbe, con sobria eloquenza e olimpica pacatezza.
Vedi, secondo me tu vuoi dire che in Wagner & C. sia, per un direttore, più facile darla a bere che in un'opera di Rossini. Certo, però tutto dipende... da chi beve. E' molto più facile infatti accorgersi di una notina calante, di un suono non appoggiato, di un'intonazione ballerina. Basta farsi un po' d'orecchio e anche un ragazzino normodotato ce la fa. Per questo sorrido di fronte a quell'aria da sibille che hanno certi amanti del belcanto che sembrano esprimere chissà che giudizi. Fanno una cosa che qualunque generico accordatore di pianoforti riesce a fare. Bella prodezza! Non occorre avere chissà quale cultura, non solo musicale, per capire se, come li chiami tu, i complessi e delicati equilibri del belcanto sono rispettati. Occore invece avere una grande cultura per inquadrare storicamente e drammaturgicamente il belcanto. Ma questo converrai con me non sembra interessi a molti dichiarati amanti del Garcia.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 mar 2008, 10:16

Pruun ha scritto:E se Patané avesse voluto lanciare una provocazione sul pubblico?
Tipo che in Wagner vanno avanti anche cattivi direttori perché il pubblico non si accorge dei macelli, che sono più evidenti nel Belcanto....


Ma infatti per me è esattamente così.
Già trent'anni fa leggevo un libro dove si irrideva ai "loggionisti competenti" della Scala, che fischiavano il Trovatore per principio e che applaudivano il Tannhauser perchè... non sapevano come reagire.
Oggi le cose sono un poco migliorate: negli ultimi 15 anni anche in Italia l'appassionato d'opera è meno imbarazzato a maneggiare Wagner, in compenso sono calati quelli che sanno a memoria il Trovatore.

Io però suggerirei un'altra ipotesi, nell'interpretare l'affermazione di Patané.
Credo che vi sia un po' anche il ...giusto e comprensibile risentimento di un direttore considerato "routinier" da molti, solo perché ha scelto di concentrarsi su un certo tipo di repertorio, invece che su un altro.
I cani (o i gatti?) che dirigono Wagner e Mahler sono comunque più considerati di un direttore magari geniale che diriga solo Donizetti o il primo Verdi.
Questo, purtroppo, è ancora vero: ha ragione Patané.

Io sono perfettamente d'accordo sul fatto che saper dirigere Wagner non vuol minimamente dire saper dirigere Verdi o Bellini; è verissimo che il repertorio italiano presenta paurose difficoltà, diverse ma non inferiori a quello tedesco.
Sono d'accordo nel non mettere nessun repertorio o nessun autore su un piedistallo.
Come disse la Callas, i repertori sono tutti belli e tutti brutti; tutto sta in come si eseguono.

Ma affermare, per reazione, che il repertorio tedesco pone meno problemi, che se lo si dirige male tutto sommato si va avanti lo stesso, che i ruoli più pesanti in fondo sono il ripiego per ruderi a fine corsa, che di grandi cantanti wagneriani se ne trovano "a ribocco" e che il Tristano in fondo è un'opera belcantistica come l'Elisir d'amore ...significa cadere nella stessa identica rete (opposta ma speculare) di chi snobba il repertorio italiano.
Non si contrastano le assurdità, sparandone di più grosse ma con segno opposto.
Così come non si difende la parità uomo-donna, facendo leggi anti-costituzionali in favore delle donne!:)

Be'... ecco come la penso!
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Maugham » dom 16 mar 2008, 13:03

I cani (o i gatti?) che dirigono Wagner e Mahler


:D :D :D :D :D
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda tatiana » dom 16 mar 2008, 13:22

Maugham ha scritto:
I cani (o i gatti?) che dirigono Wagner e Mahler


:D :D :D :D :D
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Anche a me è piaciuta questa!!! :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

E sono anche d'accordo col resto della frase - è vero sono più considerati di un direttore geniale che dirige solo Rossini, Bellini, Donizetti e il primo Verdi.

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda dottorcajus » dom 16 mar 2008, 16:38

Non sono molto d'accordo nell'affermare che l'ascoltatore che preferisce titoli belcantistici sia un ascoltatore superficiale che limita la sua analisi all'uso del bilancino ed alla corretta emissione di note, trilli e quant'altro. In realtà credo che a tutti gli esecutori si debba chiedere non solo di cantare ma, assai più importante, di interpretare il ruolo. Per questo ed in questo si possono differenziare due ottimi esecutori del belcanto. Pur riconoscendo la soggettività di quanto sto per scrivere voglio portare ad esempio due cantanti, Blake e Florez, notoriamente abili tecnicamente e con materiale vocale diverso. Penso che la maggior parte degli ascoltatori concordi sulla loro abilità tecnica ma che non pochi parteggino per l'uno o per l'altro nel momento che analizzano le loro capacità di interpreti. Personalmente in questo trovo la grande differenza fra i due che fa pendere la bilancia decisamente a favore dello statunitense. In qualsiasi repertorio e genere musicale è la capacità interpretativa a fare in genere la differenza fra due fuoriclasse.
Sulla questione Wagner-Belcanto credo che sia naturale per un ascoltatore avvicinarsi al repertorio che sente più congeniale ai suoi gusti. Di solito i gusti si formano anche sulla base della propria formazione nazional-culturale (inteso come cultura di un paese e non come diminuitivo) di conseguenza mi sembra ovvio che nella maggior parte dei casi un italiano venga attratto dal belcanto più che da Wagner, il repertorio del tedesco, in questo caso, sarà eventualmente territorio di conquista successiva. Immaginiamo l'opera Cinese così lontana dalla nostra cultura da apparire praticamente incomprensibile e, personalmente, noiosamente insopportabile. Questo però non vuol nè può affermare che l'Opera Cinese sia un prodotto di scarto. Che dire poi della produzione operistica inglese o di quella francese specifica per l'Operà Comique. Anche in questo caso non si può generalizzare e parlare di repertorio minore ma certamente si può parlare di repertorio poco noto e frequentato. Ovviamente sarà altrettanto probabile che un inglese od un francese conoscano benissimo tale repertorio. Tutto ciò non può essere tacciato di provincialismo perchè trovo che invece sia il frutto e la conseguenza di un normale processo di formazione culturale.
Anche il fatto che un artista si affermi in un repertorio piuttosto che in un altro non lo considero molto importante. Credo che molto, se non tutto, dipenda dalle caratteristiche della propria voce, dalla propria sensibilità e dall'indirizzo tecnico ricevuto. Trovo scorretto questa differenziazione fra cantante Wagneriano e cantante Belcantista con la pretesa di far prevalere l'uno sull'altro e, perdonatemi, considero molto provinciale il tentativo di non far convivere serenamente le due tesi con la pretesa di vedere il meglio in una sola. A mio parere il dovere del cantante, qualsiasi repertorio affronti, è di avere i mezzi vocali, tecnici ed espressivi necessari a quanto debba cantare. Per noi sarà grande se conseguirà questi obbiettivi e risponderà alle nostre aspettative. Una delle cose che a mio parere fa grande la lirica è il fatto che uno spettacolo operistico possa essere sempre diverso, dalla prima alle repliche, e che ci offra molti piani di lettura sui quali concentrare la nostra attenzione in base alle nostre capacità di percezione. Dopo tante discussioni continuo a pensare che nella musica di oggettivo ci sia ben poco, direi solo il segno scritto, tutto l'altro è lasciato alla nostra soggettività.
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda Pruun » dom 16 mar 2008, 17:23

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda tatiana » dom 16 mar 2008, 17:53

dottorcajus ha scritto: Trovo scorretto questa differenziazione fra cantante Wagneriano e cantante Belcantista con la pretesa di far prevalere l'uno sull'altro e, perdonatemi, considero molto provinciale il tentativo di non far convivere serenamente le due tesi con la pretesa di vedere il meglio in una sola. A mio parere il dovere del cantante, qualsiasi repertorio affronti, è di avere i mezzi vocali, tecnici ed espressivi necessari a quanto debba cantare. Per noi sarà grande se conseguirà questi obbiettivi e risponderà alle nostre aspettative. Una delle cose che a mio parere fa grande la lirica è il fatto che uno spettacolo operistico possa essere sempre diverso, dalla prima alle repliche, e che ci offra molti piani di lettura sui quali concentrare la nostra attenzione in base alle nostre capacità di percezione. Dopo tante discussioni continuo a pensare che nella musica di oggettivo ci sia ben poco, direi solo il segno scritto, tutto l'altro è lasciato alla nostra soggettività.


Guarda però che i primi a far la differenziazione fra cantante Wagneriano e cantante Belcantista sono i direttori artistici, i direttori d'orchestra e molti critici musicali. Il cantante ha poca voce in capitolo. Se un cantate che canta prevalentemente il belcanto vuole fare anche qualche titolo tedesco del periodo da te citato è quasi sicuro che non verrà scelto. Esistono naturalmente anche delle eccezioni, ma la maggior parte delle volte succede come ho detto sopra.

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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda pbagnoli » dom 16 mar 2008, 19:16

dottorcajus ha scritto: Trovo scorretto questa differenziazione fra cantante Wagneriano e cantante Belcantista con la pretesa di far prevalere l'uno sull'altro e, perdonatemi, considero molto provinciale il tentativo di non far convivere serenamente le due tesi con la pretesa di vedere il meglio in una sola. A mio parere il dovere del cantante, qualsiasi repertorio affronti, è di avere i mezzi vocali, tecnici ed espressivi necessari a quanto debba cantare. Per noi sarà grande se conseguirà questi obbiettivi e risponderà alle nostre aspettative. Una delle cose che a mio parere fa grande la lirica è il fatto che uno spettacolo operistico possa essere sempre diverso, dalla prima alle repliche, e che ci offra molti piani di lettura sui quali concentrare la nostra attenzione in base alle nostre capacità di percezione. Dopo tante discussioni continuo a pensare che nella musica di oggettivo ci sia ben poco, direi solo il segno scritto, tutto l'altro è lasciato alla nostra soggettività.

Roberto, credo che tu abbia colto nel segno con la tua abituale eloquenza e precisione.
Io non credo che il problema sia quello di vedere una prevalenza del repertorio wagneriano su quello belcantistico o viceversa anche perché, come diceva giustamente Maugham, è una questione di un'idiozia agghiacciante; ma, d'altra parte, è lo stesso ragionamento che porta al concetto parimenti rifiutabile che un repertorio è superiore ad un altro solo sulla base del numero di trilli ed acciaccature che riesce a mettere in campo. D'altra parte, come abbiamo visto, è proprio proseguendo in questo rito di estremizzazioni che si arriva a sostenere che il Tristan è un'opera belcantista; oppure che Wagner è un autore buono per cantanti in disarmo.
Ritengo - e in ciò mi riallaccio al tuo discorso su Blake e Flòrez (che, per inciso, mi vede perfettamente concorde) - che sia definitivamente ora di affermare che il valore di un interprete si misura sulla capacità di emozionare il pubblico, indipendentemente dal repertorio scelto
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Re: SPAZIO ALLE INTERVISTE

Messaggioda teo.emme » dom 16 mar 2008, 20:27

Caro Maughan, una precisazione.
Innanzitutto mi stupisce come si possa oggi - quando certi pregiudizi culturali sembravano decisamente superati - essere ancora convinti di una pretesa superiorità del dramma musicale su ogni altra forma operistica (tu stesso lo affermi quando spieghi che "non occorre avere chissà quale cultura, non solo musicale, per capire se, come li chiami tu, i complessi e delicati equilibri del belcanto sono rispettati" e che, al contrario, si dovrebbe avere una ben più corposa preparazione per giudicare un'opera di Wagner). E ancora mi meraviglia la semplificazione del discorso a mero bilancino di farmacista onde misurare e soppesare terzine e acuti. Ti informo che chi, come me apprezza il belcanto e lo predilige su altre forme musicale (questione di gusti, non di superiorità fatali), non solo su di esse sofferma la propria attenzione. Certamente, però, esse fanno parte del necessario bagaglio espressivo dell'interprete che esegue il belcanto, e, dunque, sono fattori imprescindibili in ogni esecuzione. Ovvio che non c'è solo la perfetta esecuzione dello spartito, ma non si può/deve prescindere da essa, poichè solo grazie a tale presupposto, nel belcanto, si riesce a esprimere compiutamente ciò che la musica suggerisce, e solo sulla base di una tecnica perfetta si può imbastire una qualunque interpretazione. Ti lascio però credere che a me interessi unicamente l'acuto e me ne sbatta di interpretazione direttoriale (ad esempio), però dimostri di non aver compreso il mio discorso. Per nulla. Immagino che non debba essere io a evidenziare che non solo il Wagner di Knappertsbusch differisce da quello di Furtwangler, ma pure il Rossini di Abbado, differsice da quello di Muti. E, nonostante tu possa pensare il contrario, riesco ad accorgermene anche io (come - per inciso - colgo perfettamente le differenze tra Knappertsbusch e Furtwaengler, tra Kempe e Keilberth, Tra Karajan e Solti, tra Barenboim e Boulez). Pure mi stupisce - soprattutto da parte tua, visto gli interventi che hai scritto, che, pur non condividendone quasi mai il contenuto, erano e sono per me assai interessanti e stimolanti - che di nuovo e ancora si riduca Wagner al dramma musicale, omettendo come sempre i suoi forti legami con la tradizione dell'opera romantica weberiana e, soprattutto, con il melodramma italiano. Certo Wagner amava rileggere sè stesso secondo le concezioni estetiche dei suoi ultimi lavori, cercando di mascherare (e a volte di correggere) quelle sue chiare ascendenze. Ma Wagner, si sa, oltre ad essere livoroso polemista con manie di grandezza, è pure pessimo narratore di sè stesso. Diffiderei da ogni suo scritto, poichè non sincero e filtrato dalle tesi che credeva di dimostrare. Ribadisco anzi, la natura essenzialmente vocalista (se non belcantista) di certe sue opere, come il Tristan, appunto (nonostante l'incredula ilarità di MatMarazzi :wink: , al quale consiglierei di sfogliare la partitura e magari di soffermarsi sui debiti di Wagner a Bellini, autore idolatrato dal serioso tedesco).
Tornando al discorso, non era necessario sottolineare l'oziosità di certe banalizzazioni (è più difficile questo o quell'altro), credo infatti, che qui tutti se ne siano tenuti ben lontani, poichè ciascuno, pur nella distanza delle idee, ha espresso le proprie convinzioni giustificandole, e in ciò non vedo nulla di banale o ridicolo. Non mi è sembrato un discorso da bar ecco, ma una riflessione su di una provocazione di Patanè. Parimenti non condivido però, il ricorso alla soggettività nel rilevare difficoltà. Si parla di canto, cioè di una forma espresssiva che ha delle sue regole e delle sue insite difficoltà. Non si può cavarsela con un tutto è soggettivo: certi problemi ci sono e sono evidenti. Quelli di cui parlavo io, in merito a Tristano, sono essenzialmente vocalistici. Quindi, Maughan, non giochiamo a non capirci: so bene che la parte di Tristano presenta altre e notevoli difficoltà, ma sul piano strettamente vocalistico, ne ha molte meno che in quelle da tenore belcantista.
Infine sul Pavarotti non musicista che canta bene Idomeneo e che quindi sarebbe opera assai accessibile e che tutti possono affrontare senza particolari preparazioni: scusa ma non ti capisco. Pavarotti non era nè un filologo nè uno studioso, ma era un cantante e mi risulta che per cantare si debba essere proprio cantanti (magari in futuro non sarà più così, quando verranno battute altre vie espressive che relegheranno il canto ad una cosa non necessaria all'interpretazione di un'opera, tra l'altro la Dessay ci sta proprio convincendo che si vada verso quella strada..mi si conceda la battuta..). E per cantare di tutto, da Monteverdi a Henze, bisogna esserlo. Cosa significhi cantante musicista, quindi, mi sfugge, o meglio non mi interessa. Ti ribalto però la questione: Domingo è cantante musicista (fa pure il direttore d'orchestra), ha iterpretato un buonissimo Tristano e ha in repertorio Sigmund e Parsifal. Ha provato anche Idomeneo - parte che secondo te sarebbe non molto difficile - con esiti a dir poco disastrosi. Come disastrosi sono stati i suoi tentativi nel repertorio del tenore belcantista, da Nemorino ad Edgardo... Come la mettiamo? Idomeneo è parte difficilissima e che richiede molto dalla voce (basta leggere la partitura del resto) e se Pavarotti l'ha interpretata egregiamente (l'unico in disco, giacchè non si può dire lo stesso di nessuno degli altri cantanti che hanno affrontato il ruolo: da Gedda, ai tenorini filologici anglosassoni, a Domingo) vuol dire che sapeva cantare, magari ignorava altre cose, ma possedeva la tecnica per il ruolo (a differenza di Domingo e degli altri citati).
Ultima modifica di teo.emme il lun 17 mar 2008, 0:32, modificato 4 volte in totale.
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