Trovare invece un tenore, oggi, in grado di affrontare in modo credibile il repertorio di Rossini, Bellini e Donizetti, è quasi impossibile!
Filianoti, Siragusa, Meli, lo stesso Alagna (che ha tuttora in repertorio la
Lucie), Mironov, Flòrez, Kunde, von Bothmer, Ford: sono i primi nomi di tenori che mi vengono in mente che ben figurano in repertorio rossiniano o belcantistico in senso lato. Scommetto che, se ci penso, me ne vengono in mente ancora un bel po', a confutazione proprio di quello che tu affermi contro ogni logica e contro ogni informazione che ci viene dalla pratica teatrale quotidiana!
A confronto di questo patrimonio, i tenori in grado di sostenere ONOREVOLMENTE una parte wagneriana maggiore (quindi, escludendo Marinaio, Pastore e via comprimarieggiando) si contano sulle dita di un paio di mani: Heppner, Seiffert ( in parte, certi ruoli "biondi" ), Smith, Moser, e ben pochi altri.
Ti sembra un paragone fattibile?
Queste tue considerazioni - viste così, nude e crude - nella migliore delle ipotesi sono frutto di una conoscenza non diretta ma mediata.
Devo dire che rimango alquanto stupito dalla tua mancata conoscenza dei cantanti che attualmente si misurano col repertorio rossiniano e belcantistico, il che mi fa riflettere anche su altre cose che hai scritto altrove
Andiamo avanti.
Dico solo, e sostengo, che una cosa è la densità orchestrale delle partiture wagneriane (gigantesche e complesse, intricate e difficili quanto vuoi) altra cosa è la difficoltà interpretativa (e parlo del tipo di suono, dello stacco dei tempi, delle scelte timbriche). Ovviamente parlo poi di professionisti preparati, non di un chiunque che sale sul podio... Se ragioniamo tenendo da parte certe suggestioni, converrai con me che il repertorio di Rossini o Donizetti pone problemi secondo me (non voglio convincere nessuno) ben più gravosi. E lo sono ancor più perchè spesso è affidato a direttori mediocri, senza il senso del palco e delle voci.
La storia delle partiture wagneriane intricate, gigantesche e complesse è una considerazione che mi può fare la pescivendola del terzo banco a sinistra del mercato di Melegnano (
si parva licet), non un giovanotto come te che si vanta di consultare le partiture con la stessa familiarità con cui io cito i sette volumi della saga di Harry Potter!
Suvvia, Teo, siamo onesti: ti spaventa qualche fortissimo orchestrale nel concertato del secondo atto di Tannhauser o nella scena della baruffa dei Meistersinger (che, peraltro, contiene una delle scritture più raffinate e complesse che si siano mai sentite)? Forse che nel secondo atto di
Semiramide non ci sono
fortissimi anche più emotivamente schiantanti?
Ti sei mai accorto di tutte le finezze armoniche della partitura di Ortrud?
O della terribile complessità della partitura di Kundry, forse ancora più impervia di quella della stessa Isolde?
Hai mai fatto caso a quante volte sussurrano Brunnhilde o Wotan nel secondo atto di
Walkure?
No, Teo: francamente trovo queste generalizzazioni piuttosto avvilenti e credo che denuncino solo la tua veramente scarsa o nulla dimestichezza con un repertorio che, probabilmente, non ti è congeniale.
Non c'è nulla di strano in questo: a me, per esempio, non sono congeniali i Madrigali di Monteverdi.
Solo che non ne parlo come se fossi abituato ad ascoltarli dalla mattina alla sera...
Quanto ai direttori mediocri, posso ammettere che spesso -in Italia come all'estero - si punta all'
one man (woman) show, il che è prospettiva perigliosissima se il personaggio su cui investi non si rivela all'altezza della situazione. Questo si potrebbe superare se si arrivasse alla conclusione che lo spettacolo d'opera richiede sì Divi e Divastre, ma anche un equilibrio dinamico fra tutte le componenti, inclusa direzione d'orchestra e - ovviamente - regia. Ma qui andiamo a parare in altre direzioni che vorrei lasciar perdere, per evitare reiterazioni di concetti già espressi e, per quanto mi concerne, ormai perfettamente assodati.
Un abbraccio,
Pietro