da Maurizio Dania » mar 08 lug 2008, 0:16
Io c'ero.
Duca di Mantova.....Juan Diego Florez
Rigoletto..............Zeljko Lucic
Gilda...................Diana Damrau
Monterone.............Markus Marquardt
Conte di Ceprano.....Markus Butter
Sparafucile............Georg Zeppenfeld
Ceprano................Kyung-Hae Kang
Marullo.................Matthias Henneberg
Orchestra: Sächsische Staatskappelle
Direttore.............Fabio Luisi
Regia, Coreografia e Messa in scena.................Raymond Bauer; Ilsedore Reinsberg; Bettina Walter
Rigoletto di Dresda molto ben cantato. Dalla ballata iniziale. "Questa o quella" quasi mozartiana (Don Giovanni), un minuetto, fino alla fine. Florez canta splendidamente tutta l'opera, interpreta con sapienza e con il genio del grande fraseggiatore. La più famosa aria tenorile dell’opera "La donna è mobile", ad esempio è superlativa. Nonostante ciò, nella circostanza, sembra avere fretta. Non si abbandona agli applausi! Però tutto ha un significato.
E' vero che in quest'opera l'unità di lavoro di Verdi non è più l'"aria", ma la scena. Verdi in Rigoletto s'impegna a caratterizzare i personaggi e non è alla ricerca di effetti speciali che provochino entusiasmi; gli acuti nelle tessiture del Duca, di Gilda e di Rigoletto sono quasi sempre postume interpolazioni e non ci sono in partitura.
Da questo punto di vista l'interpretazione complessiva di questa sera è, per quel che riguarda il Duca e Gilda, molto più aderente ai dettami dell'Autore di quanto non si creda. Altra perla interpretativa. 2° atto aperto dal recitativo "Ella mi fu rapita". Florez ha preso quota. Bella e intensa l'esecuzione dell'aria "Parmi veder le lacrime". Come viene notato da illustri studiosi Verdi non sembra riuscire a dominare il personaggio. Piave non gli offre molte indicazioni. Il Duca è sincero o s'illude di esserlo? La musica che potrebbe essere anche quella che accompagna Corrado del Corsaro e Carlo de I Masnadieri, non aiuta: il Duca è un anti eroe. Quindi tutto è affidato all'interpretazione del tenore. Nel contesto Florez varia due volte il finale: dopo il recitativo, nella cabaletta "Possente amor" con chiusura non acutissima, (mentre ha eseguito il re nelle prime due recite) ; la voce è messa a dura prova dalla partitura. Il tenore si distingue, nonostante una fastidiosa raucedine.
Ecco quindi la scena di Rigoletto con i cortigiani. Lucic è molto convincente. A me la sua voce piace. Bella prova d'artista. Continua a lasciarmi perplesso sia la regia che la coreografia. Ma m'incuriosisce. La regia parrebbe essere poco comprensibile, e lo sarà per i tradizionalisti, ma m'incolla alla poltroncina. Penso e rifletto :quante sono quelle che oggi si attengono strettamente a quel che il libretto riporta? Se vogliamo parlare del temporale, ad esempio, si può notare che gli effetti, geniali, li aveva già intuiti e messi nello spartito Verdi: coro a bocca chiusa fuori scena per descrivere il rumore del vento. Interventi del flauto e dell'ottavino per descrivere i lampi.
Cinematograficamente ciò che si è visto in Tv, però, funziona. Ci sono delle idee. In teatro queste sono apparse in tutta la loro singolare genialità. Condivisa dal pubblico presente.
Torniamo alle voci: bellissimo il duetto finale tra Gilda e Rigoletto. Baritono e soprano servono Verdi magistralmente: la musica, anzi la melodia, scaturisce quasi dal nulla. "Lassù nel cielo" è bellissimo. Ovviamente grazie a Verdi e alla Damrau, già capace in precedenza di regalarci un "Caro nome" così com'è scritto. Semplice, virginale, dolce. E' un'aria delicata anche se nessuna la termina con un diminuendo sul mi, fuori scena, come Verdi desiderava, mentre i cortigiani si riuniscono per strada. Amore giovanile, innocenza, delicatezza....meglio che le canti un soprano che segue esattamente ciò che è scritto, piuttosto che altri più celebrati che inseriscono sovente trilli e acuti non scritti, a volte "pesanti". Quelli della Damrau sono soffi leggerissimi e pertinenti, pur con qualche licenza. I duetti con Florez sono magnifici: senza sbavature. "Tutte le feste al tempio" è bellissimo e concluso con un una "Vendetta" d'altri tempi! Splendida la Damrau grande padronanaza di Rigoletto nelle frasi da :"Solo per me l'infamia" in avanti; Lucic è patetico e dignitoso. "Piangi fanciulla" è struggente; Luisi dirige benissimo lanciando i violini che accompagnano le frasi di Gilda ed il legato di Rigoletto. Gli acuti finali sono facili e sicuri: splendente quello del soprano; pieno e sicuro quello di Lucic. Giusti gli applausi, scroscianti. Qualche concessione verista c'è stata, ma che importanza ha?
Torniamo alle voci: bellissimo il duetto finale tra Gilda e Rigoletto. Baritono e soprano servono Verdi magistralmente: la musica, anzi la melodia, scaturisce quasi dal nulla. "Lassù nel cielo" è molto romantico. Ovviamente grazie a Verdi. Come sanno far morire bene i protagonisti delle loro opere Verdi e Puccini! Ed ai cantanti.
Musicalmente in virtù della direzione di Luisi e vocalmente, si è trattato di un ottimo Rigoletto. Brillante la caratterizzazione dei personaggi. Da quanto tempo non si ascoltava un "Pietà signori, pietà" così dignitoso e allo stesso tempo, così disperato.
Successo personale per Florez, Lucic e Damrau. Ovazioni alla fine ed all'apparizione dei protagonisti, uno ad uno.
Regia e scenografia, scrivevo, cinematografica. Evidentemente apprezzata dal pubblico, ripeto. Però una regia intelligente.
Mi è sovvenuta l'immagine di una corte degradata; un'idea tutt'altro che peregrina; o esclusivamente pensata per un DVD che non si farà. Il regista, lo scenografo, il maestro di scena, non volevano solo stupire. Anzi, credo che abbiano svolto un gran lavoro culturalmente di alto livello.
Le comparse e non solo loro, vestite con la testa di gallina, e di altri animali in genere, mi han fatto sorgere dal fondo della memoria, alcuni quadri di Alberto Savinio; esseri umani con il volto di animali; autentici capolavori: l'animale che è in loro ha nobiltà; forse tutti noi potremmo essere visti dagli altri sotto sembianze non esclusivamente tradizionali.
Più l' ho vista, a casa dalla registrazione e poi in teatro e più penso che non sia una regia da liquidare, così, con critiche severe, solo perchè non tradizionale, come ho letto da qualche parte. Anche la stanza di Gilda e Rigoletto, non ricorda quelle del Palazzo Ducale di Mantova? Stelle, azzurri e blu. Stilizzate, certo, ma non sono quelle di Mimì. Insomma, non sarà stata apprezzata degli illustri amici a cui non è piaciuta, ma io continuo ad esserne affascinato.
(Savinio, lo scrivo solo per quelle due o tre persone che non lo sapessero, era il fratello di Giorgio de Chirico... lo pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico).
Tornando alla serata da me vista direttamente e scrivendo liberamente, non sotto dettatura, non desiderando più citare Jdf, o altri interpreti, che non piaceranno mai, specie a chi poco li ha ascoltati dal vivo, posso affermare che il Teatro di Dresda è uno dei migliori teatri europei e forse del mondo, adatto per ascoltare l'opera, forse alla pari con il Real di Madrid, dall’acustica straordinaria. Perfetto in ogni settore; il suono che giunge dall’orchestra, quello delle voci, è un suono che sale, si espande, riempie ogni angolo, e le voci corrono, eccome se corrono, e gli strumenti, tra l'altro nelle mani di un Luisi straordinario concertatore, fan risaltare tutte le sonorità. Anche i pianissimi: tanto da creare, in Rigoletto, ad esempio, quel senso del concertato continuo che dissipa ogni dubbio, spazzando via il senso bandistico di tante produzioni non solo italiane, per donare all’Autore, la dimensione di genio assoluto, già nella trilogia, in grado di essere ammirato anche dai coevi che in privato lo apprezzavano, ma che in pubblico lo consideravano poco più di un buon compositore.
In piena Sassonia, nell’anno 2008, Rigoletto è stato un capolavoro di conversazione musicale, ottimamente servito da una compagnia di canto omogenea ed all'altezza del compito, senza alcun limite segnalato da chi ha ascoltato, come me, la trasmissione di Arte, per nessuno dei protagonisti.
In teatro è un’altra storia. Si sa; specie se ci si reca senza alcuna costrizione e senza dover nulla a nessuno.
E ancora sulla regia aggiungo che la scenografia, e la messa in scena, i costumi, erano di grande effetto.
Non si farà il DVD a meno di miracoli, ho scritto, ma per ragioni particolari per le quali non è facile o prevedibile che la situazione "politica" cambi e che questo Rigoletto diventi un Video. In ogni caso non sono legate a richieste economiche dei protagonisti. (Detto per inciso, tanto pera sgombrare il terreno dai soliti cattivi pensieri dei noti accademici della crusca, che sovente firmano trattati scritti da altri che a loro volta inventano, senza conoscere).
Riconosco la stessa buona fede a chi ha criticato aspramente questa regia: avrà le sue ragioni, eppure è piaciuta, al pubblico tedesco. Il punto irrisolto, se proprio occorre dare un senso critico alla lettura non musicale dell'opera, rimane l'ultimo atto. Pare che ad un certo punto la fantasia e l'ispirazione siano venute a mancare. Anche il temporale, di cui ho già scritto, può essere giudicato positivamente; meno lampi, apparivano in scena in teatro, rispetto alle riprese TV, ma più dramma, con l'aiuto del genio di Verdi; poi qualcosa si ferma; personalmente avrei tolto qualche struttura per lasciar morire Gilda tra le braccia del padre, magari circondando il tutto con una coltre di nebbia, oppure avrei pensato ad un finale che psicologicamente terminasse con l'assassinio della fanciulla e la consegna del sacco con il suo corpo al padre, il quale, da quel momento, appena riascolta la voce del Duca, entra in una specie di sogno, come se anche lui fosse morto, nello stesso istante in cui intuisce la verità. Da lì tutto può essere rappresentato come se la mente di tutti, anche di chi ascolta l'opera, la vive e la segue intimamente, comprendesse che la verità è la fine del desiderio di vendetta; una fine che avviene prima del racconto finale di Piave. Ciò che vien cantato è delirio fino all'esplosione di verità e di risvegliata presa di coscienza con l'urlo disperato di "Ah la meledizione".
Io la vedo così. Così ho immaginata la scena finale dopo che il protagonista, il quale si è lasciato scorrere qualche licenza verista, anche lui, nell'ultima serata della prima compagnia, ha ricevuto il giusto trionfo per una recita assolutamente straordinaria. Vocalmente ed interpretativamente straordinaria.
Con lui la Damrau: applauditissima; Damrau tedesca, ovviamente, il cui nome comunque, i francesi continuano a scrivere Damerau ed a pronunciarne il nome come ha fatto l'annunciatrice francese, alla TV.
Il resto ha rilevanza? Mah: se non bastano urla di entusiasmo, 10 e più chiamate, applausi a non finire, un'oretta abbondante in attesa per ottenere un autografo, non saprei come poter distinguere un trionfo da una recita discreta. Ma le opinioni sono inopinabili. Ognuno ha le sue e se le tiene.
Veramente incomprensibili sono le critiche precotte, già scritte; specie quelle copiate ed ispirate da chi, scrissi mesi fa, giunge "mal voler con l'intelletto". (Ma non alludo a nessuno in particolare, se non a qualche collega che dalle pagine di quotidiani nazionali, lanciava campagne auto promozionali, pensando di essere un giorno o l'altro, chiamato a dirigere artisticamente questo o quel teatro).
Dresda ha decretato il trionfo ed il successo a questo Rigoletto, a questa direzione, a questa regia, a questa compagnia; il successo è stato totale, senza se e senza ma; riportato dai più noti critici europei sui loro quotidiani; se il dissenso è ridotto a 4 o 5 righette scritte da 1 o 2 persone, non credo abbia molta rilevanza. (Lo disse anche Domingo).
Altro è discutere intelligentemente di regia; di analisi critica, di messa in scena.
Altro è chiedersi se il Rigoletto e Verdi possano lasciare qualche durezza nella voce di Jdf. (Lo ha scritto Ernesto Palacio, il suo agente ed amico, altrove. Concordo). Conseguentemente altro è attendere, dopo l'esordio di Lima e questa magnifica ripresa europea se sia il caso di riproporre il ruolo a Madrid fra un anno, oppure se attendere ancora un'ulteriore maturazione della voce.
Io personalmente credo che, adeguatamente preparata, l'opera possa e debba essere cantata al Real, nella data stabilita, possibilmente facendo si che tra la generale e la prima, trascorra più tempo, con una compagnia di canto simile a quella tedesca. A Dresda anche l'orchestra ha quasi dovuto imparare la partitura, o meglio rivederla, non essendo in repertorio.
Jdf è un tenore intelligente, è ottimamente guidato e sa perfettamente cosa deve cantare. Il Duca di Mantova è suo: con questo non è detto che lo debba cantare ogni tre mesi. E non c'è scritto, nè lui, nè altri hanno affermato di essere il Duca di Mantova di riferimento. Lo deve però cantare nuovamente, in condizioni ottimali.
P.S.
Quanto qui scritto è stato già da me riportato a pezzi e a bocconi su altri fogli, telematici e non. Inserisco qui i miei pensieri, sollecitato da Matteo. Non specificatamente per quest'opera, ma perchè sapendo lui benissimo quanto sia libero di esprimere i miei pensieri, se provengono da partecipazioni dirette di spettacoli visti fuori Italia, possano costituire un piccolo modesto arricchimento per il forum, data l'antica frequentazione attraverso il Wanderer.
Libertà va cercando ch'è si cara come sa chi per lei vita rifiuta