Fidelio (Beethoven)

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Messaggioda Tucidide » gio 03 gen 2008, 19:03

MatMarazzi ha scritto:in sostanza, condivido assolutamente l'ammirazione di Tucidide per le grandi personalità di questa edizione (e per il fascino del commiato post-bellico di giganti in via di smobilitazione), ma non credo che il risultato ci consegni un'esecuzione davvero convincente, a cui sia possibile "credere".
Che ne dici?

La Flagstad, insieme al discusso Melchior è uno dei miei amori vocali, una di quelle cantanti alla cui aperta di bocca resto in adorazione, col fiato sospeso. Che nel 1950 fosse accorciata è senz'altro vero (alcune calate sono ben avvertibili), ma la voce è ancora straordinariamente integra, il timbro è sempre bello, e se è vero che la Flagstad non sembra giovanile, io certamente mi commuovo lo stesso.
Una cosa su cui sono in totale accordo nelle premesse, meno sui risultati è la questione della credibilità: gran bella questione! In effetti, Fidelio è opera della quale non si può parlare senza interrogarsi sulla vicenda che narra, che racchiude un Ideale, con la I maiuscola.
Il problema sta appunto nel rendere credibile la vicenda, ma anche i personaggi, comunicando la giovinezza dei protagonisti, il coraggio non da virago, ma da giovane palpitante, di Leonore, e la disperazione in stile "cavaradossiano" di Florestan. Il tutto, logicamente, salvaguardando la vocalità drammatica di Leonore (che però richiede anche agilità) e di Florestan, non a caso affidato spesso a voci ponderose.
Credo che non sia facile trovare una quadratura del cerchio: la Flagstad e la Nilsson sono le migliori da un punto di vista vocale, ma non comunicano certo giovinezza, la Janowitz non mi dispiace, ma la trovo come sempre invariabilmente fissa, e quel tipo di emissione non mi convince. Su Florestano, la voce di Vickers, alle prese con questo tormentato personaggio, è ottima a comunicare la macerazione interiore, ma poco la voglia di vivere, rauca e poco smaltata com'è.
Su Patzak, credo che la visione del personaggio non sia molto diversa: è certo un po' agé come fraseggio e timbro, ma forse solo Kollo (tenore che io porrei fra i cantanti del 900 da RIVALUTARE a tutti i costi) è in grado di farmi sentire la gioventù di Florestan.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Messaggioda VGobbi » gio 03 gen 2008, 19:35

Pero' caro Mat, rientri dall'America ed affermi che Patzak e Schoeffler son due dinosauri in via d'estinzione!!! :cry:

Io, lo confesso, non riuscirei a farne a meno della classe sopraffina dei due cantanti in questione.
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Messaggioda MatMarazzi » ven 04 gen 2008, 0:11

Tucidide ha scritto:Il tutto, logicamente, salvaguardando la vocalità drammatica di Leonore (che però richiede anche agilità) e di Florestan, non a caso affidato spesso a voci ponderose.


Ecco, qui, secondo me, sta l'errore.
L'Idea con la I maiuscola (come dici tu) piacque ai romantici.
Ed era giusto perché ad essi, checché se ne dica, era rivolto il Fidelio.
Ma se l'Idea è già romantica, il linguaggio (specie vocale) non le è.
Era ancora il linguaggio del classicismo viennese.

E invece i wagnerofili di fine ottocento si sono impossessati del Fidelio.
Facendosi scudo della "modernità" dell'idea, hanno stravolta la classicità del linguaggio, che hanno appesantito e involgarito nella pacchianeria tardo-ottocentesca.
Leonora non è affatto un soprano "drammatico".
E' scritta, pensata, strutturata sul modello del soprano classico-viennese: in una parola "mozartiano".
Ha bisogno di vocalismo strumentale, leggerezza, senso della sfumatura, del virtuosismo: la prima interprete fu la Milder Hauptmann, quelle successive addirittura la Schroder Devrient e la Malibran.

Ma i wagnerofili non si diedero per intesi...
Che vergogna essere vocalisti e...cantare Beethoven, il sublime romantico!
No, ci vogliono delle Kundry, delle Isolde per Fidelio!
Col risultato che si stritoleranno invariabilmente sugli acuti, si strozzeranno nelle frasi legati, sprofonderanno miseramente in ogni accenno di agilità.

E quanto a Florestan? Stessa impostura, ancora più grottesca.
C'è un tenore (dei soliti pachidermi tristaniani) che non si strangoli nell'allegro della sua aria?
Nessuno!
E nessuno che si ponga il problema che la realtà è assai più semplice: non è per declamatori che è scritto Florestan, ma per mozartiani.

In questo thread è stata nominata la Jurinac: ecco una vera Leonora.
Una vera mozartiana.
E avete sentito la Moser nella prima versione dell'opera?
Voce stridente, piccola, lacerata, ma la vera fiamma, il vero ardore, il vero indiavolato vocalismo che la parte richiederebbe.
E chissà perché nessuno ha nominato la più celebrata Leonore di un ventennio: Grée Brouwenstijn.
Altra sublime vocalista.
E la Varady? Chi ha mai sentito la sua Leonora, fantastica!
Come vedi, Tucidide, non c'è da impazzire a cercare Leonore che sappiano essere vocalmente in regola (ben più della NIlsson e della Flagstad che in quest'opera arrancano) eppure femminili, appassionate, forti.
Basta che abbiano la tecnica e la formazione giusta: che non è quella delle wagneriane.
Certo, la formazione giusta non basta.
Lo dimostra la Janowitz, famosa "mozartiana" (anche se per me un po' abusiva anche in questo) che però non ha lo slancio e l'ardore del personaggio, nè la terza acuta.

Concludendo, ma secondo me la Flagstad come Leonore è un'impostura.
Come sono un'impostura il 90% delle Leonore discografiche (wagneriane).
E lo è anche la mia amata Moedl.
Almeno però la Moedl aveva idee, fervore, umanità.
La Flagstad nemmeno quello.
Ancora oggi siamo vittime dell'impostura!
Muti che dovrebbe essere il direttore più "italiano" del mondo, ha chiamato la Meier, immensa declamatrice, ma talmente approssimativa in questo ruolo da risultare anche modesta come interprete.
Ma, si sa, Muti è tradizionalista sempre.
E Rattle allora? Uno dei direttori più moderni e avanguardisti?
Ha chiamato la Denoke, artista che io considero fra le più geniali del nostro tempo, ma culturalmente distante dal più elementare vocalismo.
Un disastro...

E dire che sarebbe così semplice...
Basterebbe affidare questi ruoli a interpreti mozartiani e comunque vocalisti.
Leonora è Donna Anna, è Vitellia, è Giunia... Florestan è Idomeneo, è Tito, è un Tamino più maturo.
La voce "grande" non importa: basta che "grande" sia l'interprete.

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Messaggioda MatMarazzi » ven 04 gen 2008, 0:20

VGobbi ha scritto:Pero' caro Mat, rientri dall'America ed affermi che Patzak e Schoeffler son due dinosauri in via d'estinzione!!! :cry:

Io, lo confesso, non riuscirei a farne a meno della classe sopraffina dei due cantanti in questione.


Concordo sulla classe di Patzak.
Resta da vedere dove debba cogliersi la classe in Florestan...
Ce lo vedi a sorseggiare il tè nelle segrete?
O a cambiarsi abito per la cena (pane e acqua se va bene)...
Ci sono casi dove la forbitezza più squisita non serve a molto...

Quanto a Schoeffler, non vedo dove si possa trovare classe in lui... ma de gustibus! :)

Comunque Vit... io ho affermato che Patzak e Schoeffler (ma anche la Flagstad e Furtwaengler) erano dinosauri in via di estinzione nel 1950.
Trent'anni prima non lo erano.
Anche io sarò un dinosauro nel 2050! Non c'è nulla di male!

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Messaggioda beckmesser » ven 04 gen 2008, 15:38

MatMarazzi ha scritto:E dire che sarebbe così semplice...
Basterebbe affidare questi ruoli a interpreti mozartiani e comunque vocalisti.


Sono assolutamente d’accordo che Leonora non possa in nessun modo essere risolta con uno stile declamatorio tardo-ottocentesco, ma credo che il richiamo alle origini mozartiane sia solo metà del problema. Se così fosse, oggi avremmo qualche Leonora, dato che grandi cantante mozartiane non mancano e di tentativi di ricondurre Fidelio a quello stile ne sono stati fatti molti. Il problema, per mio conto, sta invece proprio nel fatto che il Fidelio in generale, e Leonora in particolare, soffrono di uno strabismo pericolosissimo: da una parte guardano indietro a Mozart, ma dall’altro guardano attorno (e avanti) alla nuova vocalità neoclassica (che lo stesso Mozart in verità aveva cominciato a fiutare...) che era già nell’aria. Fra la prima Leonore e il Fidelio finale si collocano le opere di Cherubini rappresentate a Vienna, la Vestale e tutto quel mondo che a noi manca e il cui recupero, a mio parere, rappresenta oggi (recuperato Rossini) la priorità principale. Finché non risolveremo il problema di come cantare Medea (nella versione originale), Giulia e compagne varie, Leonora continuerà a sfuggirci…

Del resto, se penso a chi avrebbe potuto risolvere il problema, l’unica che mi viene in mente è… la Callas, che pure cantò il ruolo, se non ricordo male, giovanissima in Grecia. E accidenti ai sovrintendenti degli anni ’50! Se invece di qualche inutile Bohème le avessero riproposto Fidelio…
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Messaggioda MatMarazzi » sab 05 gen 2008, 19:32

beckmesser ha scritto:credo che il richiamo alle origini mozartiane sia solo metà del problema.


Eppure la matrice vocale e tecnica è quella: ossia l'esperienza maturata in ambito classico-viennese, rivestita di patina romantica.
Non è un caso che la Milder Hauptman fosse prima di tutto una mozartiana.


Se così fosse, oggi avremmo qualche Leonora, dato che grandi cantante mozartiane non mancano e di tentativi di ricondurre Fidelio a quello stile ne sono stati fatti molti.


Non capisco questo discorso.
I tentativi fatti non sono poi così tanti, anzi, in effetti sono stati pochi.
Perché ancora permane il pregiudizio wagneriano (i casi da me citati di direttori non-tedeschi e considerati originali e out-sider, come Muti e Rattle, sono sintomatici: l'uno e l'altro hanno chiamato declamatrici espressioniste).
Ma quello che conta è che i pochi tentativi fatti (con l'eccezione della Margiono, che mancava di personalità) sono stati vincenti.

La Brouwenstijn, la Jurinac, la Varady, la Moser sono state eccellenti Leonore.
E se oggi chiamassimo la Isokoski, la Bell, la Kampe (invece della Denoke e della Meier) sarebbero ugualmente buoni.


guardano attorno (e avanti) alla nuova vocalità neoclassica (che lo stesso Mozart in verità aveva cominciato a fiutare...) che era già nell’aria. Fra la prima Leonore e il Fidelio finale si collocano le opere di Cherubini rappresentate a Vienna, la Vestale e tutto quel mondo che a noi manca e il cui recupero, a mio parere, rappresenta oggi (recuperato Rossini) la priorità principale. Finché non risolveremo il problema di come cantare Medea (nella versione originale), Giulia e compagne varie, Leonora continuerà a sfuggirci…


L'osservazione è condivisibile.
E tuttavia occorrerebbe distinguere fra Julia e Medea.
A giudicare dalle prime interpreti, dovrebbero essere vocalità diversissime.
Julia eredita la sontuosità della tragédie lyrique, discesa da Rameau e Gluck e condotta innanzi da Spontini e Cherubini (quando scrivevano per l'Opéra); Medea al contrario è una creatura "nuova" e bizzarra da teatro (diciamo così) più popolare e avanguardistico.
Il teatro Feydeau (in cui l'opera fu creata) stava a Parigi come il teatro An Der Wien di Schikanaeder stava a Vienna.
E l'opera-comique (possiamo chiamare così la Medea) è sorella di latta del Siengspiel (al cui genere appartiene Fidelio).

I nomi delle illustri protagoniste ci sorreggono.
Se Julia fu esaltata dallo splendore scultoreo della mitica Caroline Branchu; Medee ha l'ardore più svettante, acuto, diamico dell'altrettanto mitica Angelique Scio.
Paradossalmente per Julia ci vorrebbe una voce più densa e scultorea di quella prevista per Medee (e per Leonore).
Non è un caso che delle pièces au sauvetage (di cui anche Fidelio è espressione) la Scio fosse trascinante interprete.

In sostanza, per fare esempio a noi più vicini, una Jessy Normann sarebbe stata ideale come diva dell'Opéra (e quindi per vestale), mentre una Edda Moser avrebbe fatto faville nelle eroine da teatro Feydeau (e quindi Medea).
L'una e l'altra hanno inciso Fidelio, sia pure in differenti versioni: a mio gusto la Normann precipita e la Moser si esalta.


Del resto, se penso a chi avrebbe potuto risolvere il problema, l’unica che mi viene in mente è… la Callas


Be'.. non so! Può darsi.
Certo che se vediamo l'esperienza "reale" della Callas in questo repertorio, dobbiamo constatare il suo appiattimento verso i ruoli tragici da Opéra (Alceste, Ifigenia e quindi Julia), dove poteva esibire sonorità possenti e marmoree.
Ha cantanto Medea, è vero, ma in che versione?
In quella "wagnerizzata" di Lachner, fatta per soprani drammatici tardo-ottocenteschi.

Paradossalmente in questi ruoli (Medea come Leonore) io prediligerei voci più chiare, liriche e combattive, come quella di Julia Varady o di Edda Moser appunto.

Salutoni
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PS: in omaggio alla versione "wagnerizzata" di Medea, ho messo nella sezione AUDIO il finale cantato (giustamente in tedesco) da Inge Borkh, nel 58 a Berlino, con Vittorio Gui.
Se declamato deve essere, allora lo sia davvero! :)
Una Medea a mio parare persino più sconcertante di quella mitica della Callas. Ditemi cosa ne pensate...
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Messaggioda marco » dom 06 gen 2008, 10:47

come Leonora attuale, per me di gran livello, forse proprio perchè ha una formazione e una prima parte di carriera essenzialmente mozartiana, citerei Karita Mattila
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Messaggioda MatMarazzi » dom 06 gen 2008, 15:59

marco ha scritto:come Leonora attuale, per me di gran livello, forse proprio perchè ha una formazione e una prima parte di carriera essenzialmente mozartiana, citerei Karita Mattila


Perfettamente d'accordo! Ottima osservazione.
Per quanto, oggi, mi pare che la Mattila si sia molto appesantita ed è diventata quasi un sopranone.
Resta il fatto che la matrice mozartiana faccia di lei una Leonore di prima categoria!

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Messaggioda pbagnoli » dom 06 gen 2008, 16:36

Avevo la sensazione che l'avesse inciso, ma il librone di Giudici sembrerebbe escludere questa possibilità.
Invece a me sembra molto più che interessante la Meier, pur nei limiti di una vocalità che non le appartiene: l'incisione di Barenboim per la Teldec è molto bella (anche) per la presenza della Meier
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Messaggioda Alberich » dom 06 gen 2008, 17:18

Esiste un video della Mattila come Fidelio (al Met, con Heppner, Struckman e Pape, oltre al recentemente citato Lloyd). Scene e costumi di quart'ordine, a mio parere, ma cast ottimo, diretto da Levine.
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Messaggioda pbagnoli » dom 06 gen 2008, 18:07

Hai ragione, Alberich: è proprio in quel video (che ho anch'io) che l'ho vista!
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Messaggioda pears » dom 06 gen 2008, 22:35

mi piacerebbe avere qualche informazione supplettiva circa l'edizione Barenboim... tipo Domingo e magari nel dettaglio come è da considerarsi la prestazione della Meier.

Inoltre, ho da poco l'edizione Davis con Heppner e la Voigt. La conoscete? che ve ne pare?
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Messaggioda VGobbi » dom 06 gen 2008, 23:33

pears ha scritto:Inoltre, ho da poco l'edizione Davis con Heppner e la Voigt. La conoscete? che ve ne pare?

Io la possiedo, ma infatuato dal Tristan und Isolde, ti riprometto di ascoltarla al piu' presto. Al primo ascolto mi era piaciuta parecchio assai, sopra tutto per il quartetto Voigt/Heppner/von Kannen/Quasthoff. Peccato la presenza della Norberg-Schulz che mi ricorda da vicino, purtroppo, le tipiche sopranini soubrette, stile Hendricks o Battle. Quanta alla direzione di Davis, te lo confesso, non ho mai avuto un debole qualunque repertorio dirigesse, anche in quello di elezione (penso a Berlioz o Britten).
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Messaggioda teo.emme » lun 07 gen 2008, 0:36

Io invece trovo il Fidelio di Barenboim un mezzo "aborto" e non solo per colpa dei cantanti. Trovo, anzi, che la responsabilità di tale cattivo risultato sia da imputare a Barenboim e alla sua lettura dell'opera. I cantanti: difficile fare un buon Fidelio con un Domingo come quello che si ascolta in quest'incisione. Sembra del tutto svogliato, piatto, affaticato. La voce appare priva di colore e, cosa gravissima, di sfumature (canta tutto in modo sforzatamente stentoreo). Davvero una delle peggiori prove di Domingo (dello stesso livello di alcune sue pessime incisioni DGG anni '80). La grande aria del II atto è un vero tracollo: acuti strillati e schiacciatissimi. Persino il tanto criticato Kollo dell'edizione Bernstein è migliore (e di gran lunga). Stessa inadeguatezza la riscontro nella Meier, che affronta il ruolo di Leonore come se fosse Elektra. Certo è meglio di Domingo, ma è comunque troppo drammatica e poco "musicale" (sono d'accordissimo con Marazzi, quando dice che Leonore va "cantata" pensando a Donna Anna o Vitellia - non solo, ma su questo argomento ci voglio tornare con maggiore approfondimento). Inadeguata insomma: penso, anzi, che qualsiasi altra Leonore discografica la possa superare.
Il problema, però, resta la bacchetta. E ne spiego i motivi. Innanzitutto la scelta testuale quantomeno "curiosa": l'opera, infatti, inizia INSPIEGABILMENTE, con la Leonore II, relegando l'overture originale in appendice (non capisco come tale scelta possa essere giustificata - Fidelio è opera in sè compiuta, non ha senso mutarne i già fragili equilibri, con un mix spurio di versioni - stesso discorso vale per il pessimo Fidelio di Rattle, che pure compie scelte testuali discutibili), Barenboim, poi, inverte i primi due numeri dell'opera, facendo precedere l'aria di Marzelline, al duetto (che invece dovrebbe aprire l'opera), come nella prima versione, la Leonore del 1805. L'opera è poi presentata senza dialoghi, come si faceva negli anni '50/60, ma se allora la scelta era dovuta a motivi di economicità (contenere l'intera opera nel minor numero di LP, per facilitarne la commercializzazione), oggi (questo Fidelio è stato inciso nel 1999) non mi sembra scelta sensata: si perde il senso del singspiel e gli equilibri strutturali vanno a farsi benedire. Ma oltre alle discutibili scelte testuali, è proprio la lettura del di Barenboim a non convincere: non so come spiegare, ma mi annoia molto, e non è per la lentezza (tutt'altro: le letture più ampie e spaziose sono le mie preferite, penso ad Harnoncourt - che ha inciso un Fidelio sensazionale), ma per la mancanza di tensione. Il tutto risulta annacquato e gli episodi (privati inoltre del raccordo dei dialoghi) appaiono scollegati e giustapposti come in una selezione.
Avevo riposto molte aspettative nel Fidelio di Barenboim (l'ho ascoltato dopo alcune sue incisioni wagneriane che mi avevano conquistato) devo dire che poi rimasi molto deluso.
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Messaggioda beckmesser » lun 07 gen 2008, 12:30

MatMarazzi ha scritto:Eppure la matrice vocale e tecnica è quella: ossia l'esperienza maturata in ambito classico-viennese, rivestita di patina romantica.


Correggerei lievemente il tiro: la matrice è quella classico-viennese su cui viene innestata (fino a creare qualcosa di completamente nuovo) l’esperienza nuova dell’opera francese del periodo rivoluzionario. Per mio conto non è un caso: nel 1802 Vienna viene letteralmente invasa dalle opere di Cherubini e si scatena una lotta senza quartiere fra l’An der Wien e il teatro di corte per rappresentare le opere del fiorentino, che vi arriva di persona nel 1805 e resta per un paio d’anni come dominatore incontrastato. È certo l’interesse di Beethoven per quel fenomeno, e proprio negli anni 1804-1806, ossia quelli del lavoro sulle prime due versioni di Fidelio (anzi, Leonore): studia accanitamente Le due giornate, Lodoiska e Medea; incontra Cherubini; sui fogli di appunti le nuove idee per la prima Leonora dividono i pentagrammi con citazioni di opere del fiorentino. E per mio conto le ragioni di quell’interesse sono chiare: è quello l’esempio che gli consente di formarsi il linguaggio che gli serve ad esprimere ciò che gli interessa, per il quale Mozart non basta più. Il linguaggio di Mozart era sostanzialmente quello melodico di origine italiana, piegato ad una duttilità tale da consentire di seguire ogni più sottile sfumatura psicologica dei personaggi. Ma, appunto, a Beethoven di melodia italiana e di psicologia non interessava nulla: lui voleva esprimere idee, convinzioni, e per questo il linguaggio scabro, contrastato e “asimmetrico” di Cherubini (che, e ciò mi sembra fondamentale, non aveva probabilmente conosciuto le opere di Mozart almeno fino a Medea e quindi aveva sviluppato il suo linguaggio in modo autonomo) era un modello assai più utile.

Del resto, per mio conto l’importanza di Fidelio è proprio questa: essere il mattone fondante di quel processo che sposterà progressivamente il centro del discorso musicale dalla frase musicale alla parola, arrivando fino alla declamazione wagneriana. Ovviamente, applicare la tappa finale del processo (ossia Wagner) alla sua origine è arbitrario e sterile, ma credo che non tener della sua componente originaria (ossia l’opera francese) limiti i risultati. Come se ne dovrebbe tener conto? Non lo so (e mi rendo conto che questo affossa tutto il mio discorso…), dato che quel repertorio ci manca quasi in toto. È un po’ come quando negli anni ’50 e ’60 si eseguivano Bellini e Donizetti senza sapere quasi nulla delle opere napoletane di Rossini…
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