giulia grisi ha scritto:Barenboim, sfortunamente per la tua recensione del Tristano di Furtwaengler con la Flagstad e Suthaus, parla in quel capitolo, come nel suo ultimo libro del resto, della grandezza del maestro e di quanto abbia significato “per tutti noi”, ossia la sua generazione direttoriale
La lezione di Fuertwaengler, ahimè, è effettivamente ingombrante e invadente nell'immaginario Wagneriano e, per incredibile che sia, lo è ancora oggi!
Sono passati i decenni, se ne sono smascherati i limiti, se ne è accusato (con persino eccessive implicazioni) il bagaglio di monumentalità idealista... eppure ancora oggi la sua figura ossessiona come uno spettro la maggior parte dei direttori attuali, specie tedeschi o tedeschizzati, incapaci di emanciparsi da questo prisma.
Il povero Baremboim ne è un esempio: le citazioni da quel libro (citazioni che avremmo preferito vedere "testuali") ne sono la prova.
Il fatto è che Furtwagnler era veramente un grande direttore, un interprete di statura e personalità gigantesche e questo deve indurci, nonostante tutto, ad amarlo: ma definirlo "moderno" ha del fantascientifico!
Nemmeno ai suoi anni qualcuno lo avrebbe definito così, nè lui lo avrebbe apprezzato. Era fin troppo fiero di portare sulle spalle il peso di un secolo (quello romantico) che della sua mole intimidatoria faceva argine contro il presente.
Amare Furtwaengler è giusto. Ma è più che giusto: è doveroso collocarlo ai suoi anni e vedere la sua gloriosa parabola interpretativa (ombre comprese) come espressione di un'epoca che lottava, si divincolava nella dialettica tra passato e presente.
Citarlo oggi come punto d'arrivo dell'interpretazione wangeriana (ammesso che Baremboim affermi davvero una cosa simile: dovrei procurarmi il testo) significa semplicemente quello che da giorni vado dicendo di Baremboim.
il suo Wagner nasce nel passato e ai cultori del passato si rivolge.
Può anche andar bene così! Si può voler dimenticare il presente e affidarsi ai propri idola che - proprio perché trascorsi - nemmeno il tempo può intaccare.
b) che piuttosto il bersaglio era la generazione dopo la Flagstad, e si fa il nome di Astrid Varnay….scritto nero su bianco, cantante che voi a spada tratta difendete...
Anche qui, bisognerebbe vedere se davvero il libro dice questo o se non si tratti di un'interpretazione (sia detto affettuosamente) un po' ingenua.
Sarebbe infatti molto sorprendente che Baremboim tirasse in ballo il canto della VArnay, considerato che la sua Isolde alla Scala e in decine di repliche a Berlino (ossia la Meier) non è certo più vocalista di lei: anzi, lo è molto di meno!
E che sa a qualcuno la Meier si ispira, non è certo alla Flagstad ma alla Moedl.
No! Baremboim sarà anche un nostalgico, un passatista, ma non è uno sciocco.
Mi sorprenderebbe davvero che avesse detto qualcosa del genere.
Confesso che ho intenzione di approfondire questo tema, che devo dire ora mi intriga assai, sul mio blog, prossimamente
Devo farti presente che in questa sede, come abbiamo detto moltissime volte, non è lecito fare riferimento ad altri forum e nemmeno blog.
E' persino in corso un dibattito se sia lecito porli nelle signatures.
Quindi, benché ti faccia tutti gli auguri possibili per il tuo blog, ti pregherei di non nominarlo.
Matteo Marazzi