Chiarissimo...si capisce. Giustamente chi "fonda" un sito come questo esplicita le sue posizioni (
so che forse ti sembrerà una questione di "lana caprina", ma è proprio il termine posizione ufficiale
a non piacermi..problema mia lo ammetto). Quello che mi piace, invece, e che ho trovato qui e in nessun altro posto, è l'apertura alla discussione e il piacere della stessa. Con rispetto per ciascuna posizione. E questo non è in dubbio.
Ma vorrei tornare a
Don Giovanni, per specificarti le mie perplessità.
Innanzitutto sgombero il campo da un equivoco, cioè la lettura jacobsiana: non voglio discutere della sua correttezza o della sua validità (
ripeto, di Don Giovanni ne hanno incisi a bizzeffe, ed in tutte le salse, per cui una lettura "diversa" non può che essere ben accetta), pur non condividendo parte degli assunti, ne riconosco una certa coerenza nell'agganciare Mozart al passato (
e anche al trapassato..e qui forse mi convince molto meno), devo poi dire che non è il primo e non sarà l'ultimo a compiere una tale operazione (
basti pensare a Gardiner o Hogwood, dagli esiti diversissimi a dire il vero); voglio subito mettere in chiaro che non mi "spaventa" l'approccio di Jacobs, non mi sconcerta più di tanto e non mi risulta estraneo: ho molto apprezzato le precedenti sue realizzazioni mozartiane e non vorrei che si riducesse la mia posizione ad una semplice e banale "disabitudine" ad ascoltare un Mozart "diverso" dal solito. Nulla di più falso! E neppure (
e mi sforzo nello scriverlo) voglio essere eccessivamente critico nei confronti dei toni da "verità rivelata" che Jacobs usa nell'introduzione del libretto che accompagna i cd: è spocchioso, saputello e arrogante, ma Jacobs è sempre così, fa parte del personaggio (
e poi, giustamente mi si era fatto osservare, tutti coloro che parlano di una "propria" incisione usano termini autocelebrativi).
Detto questo cos'è che non va? Ti elenco di seguito i miei rilievi concreti:
1) Innanzitutto l'interpretazione dell'opera: come scritto giustamente da MatMarazzi, in
Don Giovanni vi è un'ambiguità di fondo che lo rende unico nel panorama operistico precedente e successivo. E' un personaggio cinico, amorale (
più che immorale), solo, malinconico, conscio della fine della sua parabola eppure ancora attaccato al suo passato che ormai sbiadisce nel ricordo (
ecco perchè mi riferisco al Casanova di Schnitzler, splendido racconto che consiglio sempre a tutti). In questo è lontanissimo dalle idealizzazioni romantiche che ne hanno fatto una sorta di Faust o di Lucifero (
fraintendendo sia Mozart che Da Ponte). Don Giovanni è figlio di quel razionalismo cinico, malinconico e spietato di cui è esponente anche il Don Alfonso di
Così Fan Tutte. In lui vedo incarnarsi "l'autunno dell'Illuminismo", arroccato sulle certezze della sua ragione, mentre il mondo attorno cambia e il tempo passa e la vita tramonta. Don Giovanni sta lì in mezzo, osserva, è superiore, al di là del bene e del male (
per usare un paragone nietzscheano). Quest'ambiguità è totalmente assente in Jacobs. Qui Don Giovanni è un volgare seduttore, un immorale e grottesco corruttore di fanciulle, per di più maldestro e sfortunato, privo di dimensione tragica (
e tragico non significa drammatico o funereo o infernale, come fraintende Jacobs), più adatto ad una farsa triviale da Opera Buffa, è un personaggio "comico" alla stregua di Leporello. In questo errore non cade solo Jacobs, molti altri ci son cascati prima di lui (
anche nell'errore contrario: nell'appesantirlo di dramma fuori luogo), e questa è, alla fine, la più grande difficoltà dell'opera. Difficoltà che Jacobs non supera.
2) Interpretazione a parte, vi sono ulteriori e concreti motivi di critica: innanzitutto la pesantezza orchestrale. Qui, inspiegabilmente, Jacobs - al contrario delle precedenti realizzazioni, giocate sulla leggerezza, eleganza ed essenzialità - calca la mano come mai prima d'ora. L'accompagnamento è greve, pesante, impacciato, sovrabbondante. Un "wagnerismo" filologizzato ecco, mascherato da barocco. Aggravato da una generalizzata mancanza di sfumature (
tutti pppp o tutti ffff nella peggior tradizione "baroccara"), scambiando l'impoverimento delle dinamiche per la sottolineatura dei contrasti (
che credo fosse l'intento, mal riuscito, di Jacobs).
3) I recitativi sono altro punto dolente: chiassosi e sovrabbondanti pure questi. Il fortepiano è invasivo e le improvvisazioni sono decisamente brutte (
e qui si sente il cambio di mano: nelle altre realizzazioni c'era il bravissimo Nicolau de Figueiredo, elegantissimo nell'accompagnare, fantasioso, incalzante; qui c'è il greve e decisamente poco ispirato Giorgio Paronuzzi, davvero pessimo). Alla pesantezza inutile di questi recitativi (
talmente sovrabbondanti di inserti strumentali di violoncello e basso, da non sembrar più neppure "secchi", ma accompagnati) si aggiunge la pronuncia sgradevole di taluni interpreti e il ricorso a quell'armamentario di versi, versettini, moine, caccole, berci che fan tornare alla mente certe incisioni anni '50 (
stile Gobbi o Corena nei momenti peggiori per intenderci) che francamente si sperava fosse un brutto ricordo del passato.
4) La questione delle variazioni. Premesso che non mi piacciono in Mozart variazioni eccessive, nè le ritengo corrette, vista la prassi d'epoca e l'ambiente (
siamo sempre nella Vienna post riforma gluckiana, assorbita da Mozart, che piaccia o meno), senza poi considerare che esse appaiono più consone all'opera seria che ad altri generi (
e questo per una prassi ormai appurata) e che Mozart, laddove ha voluto cadenze, abbellimenti e variazioni le ha sempre scritte, esse comunque dovrebbero essere ispirate al buon gusto e dovrebbero fare tutt'uno con lo stile musicale dell'opera o del pezzo. Jacobs invece opta inspiegabilmente - ed in modo assai differente dalle precedenti incisioni mozartiane - per uno stile di abbellimenti più consono al
recitar cantando monteverdiano, coi trilli fissi e ribattuti o sgradevoli messe di voce che poco o nulla c'entrano con lo stile mozartiano (
e che stonerebbero pure in Handel tra l'altro..). Del tutto ingiustificabili sono poi alcune scelte che fanno a pugni con la filologia e il corretto studio della prassi d'epoca: le variazioni - se proprio si devono/vogliono fare - dovrebbero essere riservate ai
da capo delle arie (
e questo per una questione di logica: la linea musicale viene prima esposta come scritta e poi variata per mostrare la bravura dell'interprete, da Handel a Donizetti è sempre stato così) e invece Jacobs non varia tutte le arie col da capo, in compenso mette delle oscene variazioni nell'aria del catalogo (
dimenticandosi che Leporello è personaggio buffo e la prassi dell'epoca per tali ruoli non prevedeva virtuosismi o esibizioni) e nella seconda strofa della serenata del protagonista (
ma una seconda strofa non è un da capo!!!
La seconda strofa non va variata). E poi che variazioni!? Sono oggettivamente brutte, senza scampo...la serenata è semplicemente rovinata, la seconda strofa va ad alterare del tutto la linea vocale sino a renderla incomprensibile e irriconoscibile (
e facendo pure a pugni con l'armonia del pezzo). Insomma Jacobs procede in modo incoerente e grossolano: varia dove non dovrebbe, e dove si potrebbe non varia. E comunque - per limiti di gusto suoi o dell'interprete - varia sempre in modo osceno.
5) Gli interpreti. Davvero mi chiedo come tu possa ritenerli ottimi!!! Passi per la Pendatchanska (
a me non piace, ma oggi vanno di moda queste vocine-ine-ine, stimbrate e inespressive..tant'è, accontentiamoci..ma per favore non esageriamo con eccessi quali "la miglior Elvira etc.."...un pò di obiettività e senso della proporzione, suvvia..!
), passi pure per Regazzo (
effettivamente bravo, anche se penalizzato dall'insieme), ma il resto è un'offesa al canto. Il peggiore è Don Giovanni, dalla voce piccola, sbiancata, leggerissima, quasi tenorile..ma che è? A ruota Zerlina: un'inutile zanzara sibilante. Masetto come al solito muggisce e Don Ottavio è la solita verginella dalla voce schiacciata emessa così come si schiaccia il dentifricio fuori dal suo tubetto. Che noia...
6) I tempi: veloci, ma non eccessivamente, finale a parte. E qui proprio non comprendo. Partiamo dalle fonti: la Neue Mozart-Ausgabe edita da Barenreiter, edizione critica, recentissima. L'ingresso del Commendatore è segnato con Andante (
e non Andante alla breve, come scrive Jacobs nelle note di copertina), stessa indicazione della Sinfonia, di cui riprende il tema. E allora perchè Jacobs usa due tempi differenti per i due momenti? Boh! Mistero della fede.... Il risultato: un finale sbrigativo che sembra la
réclame di Speedy Gonzales e Topo Gigio!
Ecco, queste secondo me le più gravi mancanze di un'edizione che poteva essere assai interessante, ma che, per i limiti oggettivi del cast e per certi strafalcioni marchiani presi dall'onnipotente Jacobs, risulta essere una grande occasione persa.
Mi piacerebbe confrontarmi su questi aspetti e venire contestato (
sicuramente sarò fucilato) in base ad argomentazioni concrete ed oggettive e non in base a miei presupposti attaccamenti a tradizioni interpretative romantiche o giù di lì e a "sconcerto" di fronte al
sound jacobsiano: non ho alcuna nostalgia e, come già detto, apprezzo il Mozart di Jacobs.
Ultima modifica di teo.emme il mer 21 nov 2007, 15:42, modificato 17 volte in totale.