da teo.emme » mar 18 set 2007, 14:22
Infatti, dice bene DomenicoDonzelli.
Prima di tutto Tosca è cantante, e non attrice, ma poi, anche se fosse attrice (come lo è Adriana) non credo che ciò rilevi ai fini dell'opera, che è e resta, appunto, musica, non teatro di prosa. A rigor di logica, infatti, il discorso della necessità che chi interpreta nell'opera un'attrice sia anch'essa attrice, porterebbe a risultati aberranti: a questo punto chi interpreta Cavaradossi dovrebbe essere in grado di dipingere Madonne, o chi fa Hans Sachs dovrebbe essere un bravo calzolaio... Secondo me l'opera resta essenzialmente musica, e nella musica e nel canto va ricercato e risolto il personaggio (anche in Puccini e nel verismo, se si vuole evitare di scadere nel becero parlato o nello strillo, frutto di una pessima tradizione). L'opera è canto e musica. Tutto il resto viene dopo.
Tornando alla questione relativa alla pronuncia, bisogna fare dei distinguo: innanzitutto dividere certi piccoli vizi di pronuncia o accento (che non inficiano né la comprensione né la resa musicale), da veri e propri orrori che si riverberano anche sulla musica (questi si concentrano soprattutto nella musica barocca e pre-barocca, fin'anche a Mozart, quando viene affrontata dai sedicenti "specialisti" - quasi tutti di scuola anglosassone - che unitamente alla pronuncia hanno anche un'emissione e una tecnica deficitaria, ad esempio i pessimi cantanti - soprattutto le voci maschili - delle produzioni firmate Gardiner).
I piccoli difetti di pronuncia, infatti, sono presenti in tutti i grandissimi cantanti non di lingua italiana, e mi sembra assurdo rinunciare ad essi (o misconoscerne la grandezza) a causa di piccolissimi nei che non influenzano sul fraseggio, sull'emissione, sul canto, sulla tecnica, sulla musicalità e sulla comprensione del testo. Francamente non rinuncerei alla Price, ma anche a Domingo, a Ghiaurov, a Bjorling, a Vickers, alla Verrett, alla Sills, a Gedda (cito i primi nomi che mi vengono in mente, ma la lista può essere infinita), per qualche doppia omessa o a qualche "r" o "t" mal pronunciate!
Non affronto volutamente i casi Sutherland e Caballè, che sono particolarissimi: la prima non ha tanto problemi di pronuncia, quanto di dizione (e che ricorrono uguali, sia che canti in italiano che in inglese o francese); la seconda ometteva le consonanti per comodità e pigrizia (essendo negli ultimi tempi refrattaria ad un impegno costante nello studio delle parti). Comunque entrambe hanno accentuato i problemi solo nell'ultima parte dell'attività. Infine l'assoluta eccellenza di tecnica, estensione, emissione, e la perfezione del loro canto, ripaga ampiamente di qualche difettino nella comprensione del testo (si ricordi che sempre di opera lirica si tratta, non di prosa, e che spesso i testi non sono capolavori letterari..).
Poi bisognerebbe rilevare come identici difetti di pronuncia (anzi, a volte maggiori) si riscontrano pure in cantanti italiani: l'esmpio di R. Raimondi è fin troppo facile (ma ci posso aggiungere certe cose della Ricciarelli o della Serra), per non parlare di certi accenti molto invasivi (vedi Bergonzi).
Il problema della pronuncia infine, andrebbe anche relativizzato, nel senso che spesso noi non ci curiamo della pronuncia in altre lingue (che per chi le conosce può essere davvero fastidiosa) e, mentre si è pronti a impuntarsi per qualche "r" uscita male, si lasciano correre cose ben peggiori (il francese di Domingo è imbarazzante, come quello di Corelli, ad esempio, per non parlare del russo o del tedesco di taluni cantanti italiani e non, semplicemente non ce ne accorgiamo, ma a volte sono parole in libertà).
Ecco perchè, secondo me, la pronuncia è argomento importantissimo nell'opera, ma da maneggiare con cura, e non deve essere usato a sproposito per giustificare gusti o posizioni personali (che spesso con la pronuncia nulla hanno a che fare), sennò si arriverebbe a risultati assurdi, come quello di non voler apprezzare l'Eleonora (Trovatore) della Price e ritenerla inferiore ad una Longhi o una Banaudi.