Don Giovanni (Mozart)

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Messaggioda beckmesser » mar 20 nov 2007, 14:49

MatMarazzi ha scritto:In Allen, infatti, c'è il tormento dell'uomo (né buono, nè cattivo) che vede oltre il velo di maya, che ha orrore di ciò che vede e non di meno lo accetta, senza infingimenti, fino in fondo: il vuoto dell'esistenza, la vanità dei valori morali, la nudità dell'uomo, la sua solitudine.
Grande eroe tragico - e tragicamente solo - del razionalismo, Thomas Allen seduce le donne, ma le seduce non perchè è bello (grassa banalità tipicamente romantica) piuttosto perchè esse vi leggono la disperazione eroica e terrifica del suo nichilismo, l'ardore con cui addenta il nulla della vita, il coraggio con cui sa essere coerente e coerentemente solo fino alla morte.
Matteo


Discorso complicato quando ci si mette su personaggi specchio come Don Giovanni, che può diventare tutto e il contrario di tutto a seconda di chi lo osserva. Capisco bene la visione del personaggio che dai nel passo citato, però mi sfugge in cosa si distingue dalla più tradizionale visione “luciferina”. Voglio dire: orrore di quel che vede, nichilismo, ardore, coerenza fino alla morte… Mi sembrano i tipici elementi del Don Giovanni post-romantico, che Allen (con sotto Muti e a fianco Strehler…) ha portato ad una stupenda (su questo convengo) caratterizzazione, che comunque mi è sembrata fra le più negative, cupe e a tratti lugubri che io ricordi…

Per me Don Giovanni è l’emblema del libertino nell’accezione originale del termine, ossia dell’uomo che usa la violazione delle regole sociali (fra cui, soprattutto, quelle sessuali) per scardinare una società e un mondo che percepisce sull’orlo della fine, e che procede su questa strada un po’ per naturale inclinazione e un po’ per consapevole volontà distruttiva (in questo la visione post-romatica del personaggio, che lo vede un po’ come una continua eruzione di represse e inconsapevoli energie vitali, mi sembra riduttiva: c’è molto metodo nella “pazzia” di Don Giovanni…). Molto alla lontana (soprattutto quanto a valore artistico), io ci sento un po’ il mondo di Sade. E ciò, sia ben chiaro, non perché Mozart abbia voluto mettercelo, ma solo perché quello era l’ambiente, che Mozart percepiva (a mio parere) inconsciamente e quindi trasponeva nelle sue opere.

In questo senso, i miei Don Giovanni di riferimento restano il Wachter del live di Karajan e, soprattutto, il Keenlyside di Abbado: cinico e raziocinante fino all’estremo eppure indifeso, debole e consapevole del fatto che la sua è una strada senza uscita.
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Messaggioda pbagnoli » mar 20 nov 2007, 19:51

teo.emme ha scritto:Il problema non credo sia di punti di vista ufficiali (concetto che mi sembra sempre un pò "bulgaro".. :wink: lo dico con ironia, s'intende...)

Accetto l'ironia, si capisce.
Meno la critica.
Nel senso, che speravo ben chiaro (e forse ne avevo parlato proprio con te in altro thread): questo sito, contrariamente ad altri siti che parlano dello stesso argomento, per scelta esplicita di chi l'ha fondato e ben chiarita sin dal primo editoriale, esprime una linea di pensiero ben precisa.
Poi, si capisce, nel forum si può discutere più o meno all'infinito; ma quello che esce - che deve uscire - dalla home è una posizione che rende conto delle idee del sito.
E chi si avvicina a questo sito deve sapere già almeno per sommi capi cosa trovarvi.
E' un po' come per i giornali: a seconda delle tue inclinazioni, puoi scegliere di prendere Il Giornale o Repubblica, sapendo che - pur nella pluralità delle opinioni di chi vi scrive - ci sarà comunque un fil rouge, una linea editoriale che è poi quella che ti guida nella scelta fra le due testate.

Ma speravo che questo discorso fosse ormai ben chiaro. E - posso sbagliare - ma l'avevo già fatto con te, che mi avevi sollevato analoga obiezione e io già ti avevo rimandato al primo editoriale, quello che nessuno legge mai ma che chiarisce tutta la filosofia.
O no?
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Messaggioda teo.emme » mar 20 nov 2007, 21:49

Chiarissimo...si capisce. Giustamente chi "fonda" un sito come questo esplicita le sue posizioni (so che forse ti sembrerà una questione di "lana caprina", ma è proprio il termine posizione ufficiale a non piacermi..problema mia lo ammetto). Quello che mi piace, invece, e che ho trovato qui e in nessun altro posto, è l'apertura alla discussione e il piacere della stessa. Con rispetto per ciascuna posizione. E questo non è in dubbio. :D

Ma vorrei tornare a Don Giovanni, per specificarti le mie perplessità.

Innanzitutto sgombero il campo da un equivoco, cioè la lettura jacobsiana: non voglio discutere della sua correttezza o della sua validità (ripeto, di Don Giovanni ne hanno incisi a bizzeffe, ed in tutte le salse, per cui una lettura "diversa" non può che essere ben accetta), pur non condividendo parte degli assunti, ne riconosco una certa coerenza nell'agganciare Mozart al passato (e anche al trapassato..e qui forse mi convince molto meno), devo poi dire che non è il primo e non sarà l'ultimo a compiere una tale operazione (basti pensare a Gardiner o Hogwood, dagli esiti diversissimi a dire il vero); voglio subito mettere in chiaro che non mi "spaventa" l'approccio di Jacobs, non mi sconcerta più di tanto e non mi risulta estraneo: ho molto apprezzato le precedenti sue realizzazioni mozartiane e non vorrei che si riducesse la mia posizione ad una semplice e banale "disabitudine" ad ascoltare un Mozart "diverso" dal solito. Nulla di più falso! E neppure (e mi sforzo nello scriverlo) voglio essere eccessivamente critico nei confronti dei toni da "verità rivelata" che Jacobs usa nell'introduzione del libretto che accompagna i cd: è spocchioso, saputello e arrogante, ma Jacobs è sempre così, fa parte del personaggio (e poi, giustamente mi si era fatto osservare, tutti coloro che parlano di una "propria" incisione usano termini autocelebrativi).

Detto questo cos'è che non va? Ti elenco di seguito i miei rilievi concreti:

1) Innanzitutto l'interpretazione dell'opera: come scritto giustamente da MatMarazzi, in Don Giovanni vi è un'ambiguità di fondo che lo rende unico nel panorama operistico precedente e successivo. E' un personaggio cinico, amorale (più che immorale), solo, malinconico, conscio della fine della sua parabola eppure ancora attaccato al suo passato che ormai sbiadisce nel ricordo (ecco perchè mi riferisco al Casanova di Schnitzler, splendido racconto che consiglio sempre a tutti). In questo è lontanissimo dalle idealizzazioni romantiche che ne hanno fatto una sorta di Faust o di Lucifero (fraintendendo sia Mozart che Da Ponte). Don Giovanni è figlio di quel razionalismo cinico, malinconico e spietato di cui è esponente anche il Don Alfonso di Così Fan Tutte. In lui vedo incarnarsi "l'autunno dell'Illuminismo", arroccato sulle certezze della sua ragione, mentre il mondo attorno cambia e il tempo passa e la vita tramonta. Don Giovanni sta lì in mezzo, osserva, è superiore, al di là del bene e del male (per usare un paragone nietzscheano). Quest'ambiguità è totalmente assente in Jacobs. Qui Don Giovanni è un volgare seduttore, un immorale e grottesco corruttore di fanciulle, per di più maldestro e sfortunato, privo di dimensione tragica (e tragico non significa drammatico o funereo o infernale, come fraintende Jacobs), più adatto ad una farsa triviale da Opera Buffa, è un personaggio "comico" alla stregua di Leporello. In questo errore non cade solo Jacobs, molti altri ci son cascati prima di lui (anche nell'errore contrario: nell'appesantirlo di dramma fuori luogo), e questa è, alla fine, la più grande difficoltà dell'opera. Difficoltà che Jacobs non supera.

2) Interpretazione a parte, vi sono ulteriori e concreti motivi di critica: innanzitutto la pesantezza orchestrale. Qui, inspiegabilmente, Jacobs - al contrario delle precedenti realizzazioni, giocate sulla leggerezza, eleganza ed essenzialità - calca la mano come mai prima d'ora. L'accompagnamento è greve, pesante, impacciato, sovrabbondante. Un "wagnerismo" filologizzato ecco, mascherato da barocco. Aggravato da una generalizzata mancanza di sfumature (tutti pppp o tutti ffff nella peggior tradizione "baroccara"), scambiando l'impoverimento delle dinamiche per la sottolineatura dei contrasti (che credo fosse l'intento, mal riuscito, di Jacobs).

3) I recitativi sono altro punto dolente: chiassosi e sovrabbondanti pure questi. Il fortepiano è invasivo e le improvvisazioni sono decisamente brutte (e qui si sente il cambio di mano: nelle altre realizzazioni c'era il bravissimo Nicolau de Figueiredo, elegantissimo nell'accompagnare, fantasioso, incalzante; qui c'è il greve e decisamente poco ispirato Giorgio Paronuzzi, davvero pessimo). Alla pesantezza inutile di questi recitativi (talmente sovrabbondanti di inserti strumentali di violoncello e basso, da non sembrar più neppure "secchi", ma accompagnati) si aggiunge la pronuncia sgradevole di taluni interpreti e il ricorso a quell'armamentario di versi, versettini, moine, caccole, berci che fan tornare alla mente certe incisioni anni '50 (stile Gobbi o Corena nei momenti peggiori per intenderci) che francamente si sperava fosse un brutto ricordo del passato.

4) La questione delle variazioni. Premesso che non mi piacciono in Mozart variazioni eccessive, nè le ritengo corrette, vista la prassi d'epoca e l'ambiente (siamo sempre nella Vienna post riforma gluckiana, assorbita da Mozart, che piaccia o meno), senza poi considerare che esse appaiono più consone all'opera seria che ad altri generi (e questo per una prassi ormai appurata) e che Mozart, laddove ha voluto cadenze, abbellimenti e variazioni le ha sempre scritte, esse comunque dovrebbero essere ispirate al buon gusto e dovrebbero fare tutt'uno con lo stile musicale dell'opera o del pezzo. Jacobs invece opta inspiegabilmente - ed in modo assai differente dalle precedenti incisioni mozartiane - per uno stile di abbellimenti più consono al recitar cantando monteverdiano, coi trilli fissi e ribattuti o sgradevoli messe di voce che poco o nulla c'entrano con lo stile mozartiano (e che stonerebbero pure in Handel tra l'altro..). Del tutto ingiustificabili sono poi alcune scelte che fanno a pugni con la filologia e il corretto studio della prassi d'epoca: le variazioni - se proprio si devono/vogliono fare - dovrebbero essere riservate ai da capo delle arie (e questo per una questione di logica: la linea musicale viene prima esposta come scritta e poi variata per mostrare la bravura dell'interprete, da Handel a Donizetti è sempre stato così) e invece Jacobs non varia tutte le arie col da capo, in compenso mette delle oscene variazioni nell'aria del catalogo (dimenticandosi che Leporello è personaggio buffo e la prassi dell'epoca per tali ruoli non prevedeva virtuosismi o esibizioni) e nella seconda strofa della serenata del protagonista (ma una seconda strofa non è un da capo!!! La seconda strofa non va variata). E poi che variazioni!? Sono oggettivamente brutte, senza scampo...la serenata è semplicemente rovinata, la seconda strofa va ad alterare del tutto la linea vocale sino a renderla incomprensibile e irriconoscibile (e facendo pure a pugni con l'armonia del pezzo). Insomma Jacobs procede in modo incoerente e grossolano: varia dove non dovrebbe, e dove si potrebbe non varia. E comunque - per limiti di gusto suoi o dell'interprete - varia sempre in modo osceno.

5) Gli interpreti. Davvero mi chiedo come tu possa ritenerli ottimi!!! Passi per la Pendatchanska (a me non piace, ma oggi vanno di moda queste vocine-ine-ine, stimbrate e inespressive..tant'è, accontentiamoci..ma per favore non esageriamo con eccessi quali "la miglior Elvira etc.."...un pò di obiettività e senso della proporzione, suvvia..! :wink: ), passi pure per Regazzo (effettivamente bravo, anche se penalizzato dall'insieme), ma il resto è un'offesa al canto. Il peggiore è Don Giovanni, dalla voce piccola, sbiancata, leggerissima, quasi tenorile..ma che è? A ruota Zerlina: un'inutile zanzara sibilante. Masetto come al solito muggisce e Don Ottavio è la solita verginella dalla voce schiacciata emessa così come si schiaccia il dentifricio fuori dal suo tubetto. Che noia...

6) I tempi: veloci, ma non eccessivamente, finale a parte. E qui proprio non comprendo. Partiamo dalle fonti: la Neue Mozart-Ausgabe edita da Barenreiter, edizione critica, recentissima. L'ingresso del Commendatore è segnato con Andante (e non Andante alla breve, come scrive Jacobs nelle note di copertina), stessa indicazione della Sinfonia, di cui riprende il tema. E allora perchè Jacobs usa due tempi differenti per i due momenti? Boh! Mistero della fede.... Il risultato: un finale sbrigativo che sembra la réclame di Speedy Gonzales e Topo Gigio!

Ecco, queste secondo me le più gravi mancanze di un'edizione che poteva essere assai interessante, ma che, per i limiti oggettivi del cast e per certi strafalcioni marchiani presi dall'onnipotente Jacobs, risulta essere una grande occasione persa.

Mi piacerebbe confrontarmi su questi aspetti e venire contestato (sicuramente sarò fucilato) in base ad argomentazioni concrete ed oggettive e non in base a miei presupposti attaccamenti a tradizioni interpretative romantiche o giù di lì e a "sconcerto" di fronte al sound jacobsiano: non ho alcuna nostalgia e, come già detto, apprezzo il Mozart di Jacobs.
Ultima modifica di teo.emme il mer 21 nov 2007, 15:42, modificato 17 volte in totale.
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » mer 21 nov 2007, 1:17

beckmesser ha scritto:Voglio dire: orrore di quel che vede, nichilismo, ardore, coerenza fino alla morte… Mi sembrano i tipici elementi del Don Giovanni post-romantico

Non per me!
Io non sto affatto dicendo che un Don Giovanni "allegro" sia settecentesco, e uno "triste" sia romantico! :)
Non ho bisogno di spiegare a te che le cose non sono così semplici.

Allen non è propriamente lugubre (se mai lo erano Muti e Strehler); in compenso ammetto che fosse un Don Giovanni tormentato ed eroico, ma è proprio questo a portarlo - secondo me - dalla parte del 700.
Chi l'ha detto che la conquista del materialismo settecentesco non fosse tormentata?
Sembra facile rinunciare a secoli di metafisica... ma non lo è.
Se non c'era tormento, perché far combattere Don Giovanni e il Commendatore (il materialismo e la trascendenza) alla fine dell'opera? Perché far finire in modo così atroce il libero pensatore?
Proprio l'assunzione di responsabilità che una scelta "radicalmente materialistica" si porta dietro comporta inevitabilmente il tormento.

Per i romantici, al contrario, non c'è alcun tormento interiore in Don Giovanni.
Il Romanticismo infatti (nella sua abile opera di restaurazione della metafisica) "giudica" Don Giovanni.
Il libertino da "soggetto" libero diventa "oggetto" del giudizio morale di quel mondo che aveva inteso sfidare.
L'800 (ma anche Furtwaengler, anche Walter, anche Karajan, anche Muti) è tutto dalla parte del commendatore. E infatti fu proprio nell'800 che invalse l'uso di sopprimere il rivelatore - per da Ponte e per noi - sestetto finale.
Altro che "Don Giovanni TORMENTATO": il Don Giovanni che si voleva vedere fino a quasi tutto il '900 doveva essere semplicemente cattivo, immorale (e non a-morale), senza speranza, nero, luciferino e invariabilmente affidato a bassi (possibilmente di provato valore come Mefistofeli).

Per venire agli altri "Dongio" che hai citato, evidentemente non abbiamo gusti simili, almeno relativamente a questo personaggio.
Waechter e Keenlyside non mi entusiasmano, pur essendo più vicini al modello da me invocato rispetto a un Siepi o a un London.

Il primo è forbito e aristocratico, ma inconsapevole della portata intellettuale del personaggio (e in questo mi pare che Giulini non lo aiuti affatto); il secondo poi appartiene alla categoria dei "misteri" (almeno per me).
L'ho sentito plurime volte a teatro (da Don Giovanni, al Conte, al Billy Budd, persino nel Winterreise) e francamente non ne capisco il genio.
Con quei modini carini da giovane Werther (o da allievo Toerless), in ogni singolo momento mi ricorda il dottorino di ricerca di Oxford, ben contento di sentirsi elite intellettuale, saputello e alla mano, fintamente casual, involontariamente (?) glamour.
Il suo Don Giovanni a Ferrara mi parve un erouccio da diari di studentesse.
Sempre con Abbado (ma a Aix - non a Ferrara - e con la regia di Peter Brook) rimasi invece folgorato da Mattei.

Alle osservazioni di Teo.Emme non posso ahimé replicare, perché non ho sentito il Don Giovanni di Jacobs, di cui - in effetti - si sta parlando nel thread.
Scusatemi se ho tirato un po' verso l'off topic, ma mi sembrava interessante che elencassimo i Don Giovanni che ci piacciono e quelli che non ci piacciono.

Salutoni
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Messaggioda VGobbi » gio 22 nov 2007, 23:48

Mi sono ascoltato anch'io il Don Giovanni, completando cosi' la trilogia discografica jacobsiana.

Intanto vorrei porvi una questione. Come mai il direttore ha fatto ricorso a cast totalmente diversi per ogni incisione discografica? Forse il voler mettere in evidenza il suo lavoro, a scapito dei cantanti? Il voler prendersi gli allori ed agli altri le briciole?

Parlando della direzione dell'ultima fatica del direttore belga, orchestralmente mi lascia perplesso. A tempi lenti (l'attacco di "Notte e giorno faticar") fa da contraltare a velocita' supersoniche (il finale d'opera, ad esempio). Mi sembra che in quest'occasione, a differenza del Cosi' e delle Nozze, esalti in maniera ancor piu' violenta l'esasperazione dei contrasti forte/piano - lento/veloce. Cio' non toglie che Rene' dia sempre l'impressione di condurre il dramma con autorita' e capacita' che gli sono proprie.

Il cast presenta una sfilza di nomi sconosciuti, ad eccezione di Pendatchanska e Regazzo, mai sentiti ma che conosco di fama. Partiamo da Weisser. E' un Don Giovanni rude, poco regale, piu' umorale che amorale. Certi momenti musicali sono talmente riusciti, ad esempio cito la Serenata, a differenza di teo.emme che non gli e' piaciuta. Buono, molto buono il Leporello di Regazzo, che ben si e' assecondato con il clima musicale creato da Jacobs. Non a caso e' l'unico interprete ad aver cantato in un'altra incisione della trilogia dapontiana, ovverossia il Figaro nelle Nozze. Tarver, se mi permettete, l'ho trovato decisamente meno diafano, ad esempio di Wener Gura (Ferrando nelle Nozze), anzi mi e' sembrato voce dotata di una certa polpa. Borchev e Guerzoni, rispettivamente Masetto e Commendatore, nella norma. Per quanto riguarda le voci femminili, se non rientrano nelle cime in quanto a vocalita'/interpretazione, riescono comunque nel loro piccolo a caratterizzare i loro personaggi con forte personalita' ed una vocalita' decisamente tutt'altro che trascurabile, aiutate da una dizione piu' che buona, in particolare la Pendatchanska e la Pasichnyk.

Nel complesso forse l'incisione meno riuscita delle tre, ma si attesta come minimo su un quattro stelle.
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Messaggioda pbagnoli » ven 23 nov 2007, 15:47

Guarda: spero nel fine settimana di mettere online la recensione (da quando sono tornato da Ferrara non ho praticamente avuto tempo nemmeno per le funzioni fisiologiche, e dovrei anche preparare un corso elettivo per lunedì).
In linea di massima è una valutazione molto vicina all'entusiasta per quello che riesce a combinare questo ragazzaccio terribile che ha dentro di sé un entusiasmo che non vedevo da un bel po' di tempo in questo repertorio.
Condivido in larga parte le opinioni da te espresse sui cantanti (non completamente, tuttavia). E' una registrazione veramente affascinante e, secondo me, corona alla grande il trittico
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Messaggioda teo.emme » ven 23 nov 2007, 19:54

Inutile dire che invece per me non è per nulla riuscita (e mi sarebbe piaciuto un confronto...vabbè, mi leggerò la recensione "ufficiale" senza diritto di replica...peccato però, avrei voluto un contraddittorio su elementi concreti).

OT: su Jacobs e i suoi progetti futuri. Qualcuno sa se in programma vi è pure un'incisione di Idomeneo?
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Messaggioda pbagnoli » ven 23 nov 2007, 20:25

teo.emme ha scritto:Inutile dire che invece per me non è per nulla riuscita (e mi sarebbe piaciuto un confronto...vabbè, mi leggerò la recensione "ufficiale" senza diritto di replica...peccato però, avrei voluto un contraddittorio su elementi concreti).

Non hai tutti i torti, Teo. E sarei ben felice di offrirti un contraddittorio più articolato se avessi un minimo di tempo in più, ma questa settimana è stata un incubo e la prossima non sembra sulla carta presentarsi molto meglio.
D'altra parte sono "costretto" a dedicare un minimo di tempo alla recensione ufficiale, quella che esprime il parere del sito.
Naturalmente sarai libero di dire peste e corna di quello che ho scritto qui, sul forum; e, tempo permettendo, sarò felice di risponderti, anche perché questa, secondo me, è una gran bella registrazione, forse perfettibile in qualche sua componente, ma davvero bella.
Io penso che ogni epoca esprima un modo di sentire un problema; da questo punto di vista, per esempio, io trovo una collocazione logica anche per il Mozart "viennese" che è tanto vituperato da Giudici e soci, e per di più - se devo dire - mi piace pure.
Jacobs è l'evoluzione di quel percorso che era iniziato oltre un quarto di secolo fa con personaggi come Harnoncourt e Hogwood.
Io ripudio assunti preconcetti come orchestre stimbrate (falso), cantanti mignon (idem) e altre proposizioni che vorrebbero liquidare in un unico calderone tutta una serie di interpretazioni che partono spesso da presupposti molto diversi e giungono a conclusioni parimenti distanti.
Ho amato immensamente almeno due delle protagoniste femminili di questo DG, oltre che il protagonista.
Spero di riuscire in questo fine settimana a chiarirti meglio il mio pensiero
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Messaggioda teo.emme » sab 24 nov 2007, 1:10

pbagnoli ha scritto: Spero di riuscire in questo fine settimana a chiarirti meglio il mio pensiero


Non voglio assolutamente dire "peste e corna" di ciò che scrivi tu o chiunque altro, me ne guardo bene dal giudicare gusti e opinioni. Altro discorso naturalmente per l'oggetto della nostra critica (l'incisione jacobsiana). Detto questo, vista la valutazione diametralmente opposta, mi metterò ad ascoltarla nuovamente, dandole un'altra chance.. :wink:

Naturalmente aspetto anche di leggere la tua recensione (sperando poi ci sia il tempo per discuterne sul forum).

Ps: resto d'accordo con te sui preconcetti (e se leggi bene il mio intervento non ve ne sono) e sul fatto che liquidare in un unico calderone il Mozart on period instruments sia scorrettissimo (basti pensare agli opposti esiti delle incisioni delle sue sinfonie da parte di Hogwood e da parte di Pinnock).

:wink:

Pps: tornando al mio precedente OT, voglio specificare che non vi è alcun intento polemico, tutt'altro, avendo immensamente apprezzato la sua Clemenza di Tito, auspico una versione jacobsiana di Idomeneo, in quanto lo ritengo più adatto alle sue corde che questo Don Giovanni.
teo.emme
 

Messaggioda pbagnoli » dom 25 nov 2007, 22:27

In home c'è la recensione del DG.
Io mi sono entusiasmato...
Adesso tocca a te, teo! :D
Spara!
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Messaggioda teo.emme » dom 25 nov 2007, 22:36

Benissimo...l'ho appena letta. Sarò lieto di controbattere! Anche se in realtà dovrò riprendere molti dei concetti già espressi. Comunque nei prossimi giorni mi metterò all'opera... :wink:
teo.emme
 

Messaggioda beckmesser » lun 26 nov 2007, 18:28

MatMarazzi ha scritto:Chi l'ha detto che la conquista del materialismo settecentesco non fosse tormentata?


Figurati, sfondi una porta aperta. Solo che quello del ‘700 è un tormento molto “dialettico”, fondato sull’intuizione della debolezza e della limitatezza della ragione e nel pervicace ostinarsi nel continuare a ritenerla infallibile. Non mi ha convinto l’idea di Don Giovanni tutto istinto e sensualità. Don Giovanni è raziocinante, analizza, vuole che le conquiste siano catalogate, è autoironico (quel “vanno mal tutte quante”…) eppure intransigente. Lo scontro finale col Commendatore è lo scontro fra l’ostinazione della ragione e l’irrompere dell’irrazionale: la chiave di volta per me è quel “Non l’avrei giammai creduto”, incredulo e gelido insieme, con cui Don Giovanni replica allo spalancarsi del nulla (anche armonico) che gli si apre davanti.
Quello ottocentesco sarà invece un tormento più sensibile, che oppone un individuo eccezionale (affascinante e repellente insieme) alla società borghese. Però non riesco ad essere d’accordo quando dici che Don Giovanni per il romanticismo è un essere solo cattivo e negativo e che l’800 era dalla parte del Commendatore. Mi sembra anzi che gli aspetti più “attrattivi” della figura siano elaborati nell’800: l’idea di Donna Anna attratta dal suo seduttore e via fino al peana di Kierkegaard. Anche l’eliminazione del finale “buffo” non è particolarmente provante: lo stesso Mozart considerò di eliminarla, anche se poi non si sa se utilizzò effettivamente (io credo di no) questa soluzione a Vienna.

Quanto agli interpreti, si va di conseguenza. Keenlyside a me pare un Don Giovanni cinico, disincantato eppure insidioso, fatuo e implacabile allo stesso tempo. Psicologicamente sarebbe il mio ideale anche come Jago, ammesso ne regga la scrittura. Per Waechter ho specificato che mi riferivo al live salisburghese di Karajan, in cui è per me molto diverso che con Giulini. Mattei l’ho sentito in una ripresa dello spettacolo che citi a Bruxelles, con Harding: non mi fece una gran impressione, ma forse ero in generale irritato dallo spettacolo di Brook, che mi è sembrato insopportabile nella sua pochezza mascherata da evento…
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Messaggioda pears » dom 02 dic 2007, 14:02

ho letto l'appassionata recensione di Bagnoli e la dettagliatissima critica da parte di teo.emme.
sono curioso e credo me la regalerò per Natale.

due riflessioncine, però, prima dell'ascolto e abbastanza teoriche:

:arrow: credo che la grandezza di Mozart stia proprio nel reggere tanto letture iperromantiche, faustiano apocalittiche, quanto nel reggere le trasparenti geometrie dei cosiddetti barocchisti.
un Rossini, ad esempio, si sente quanto ne ha giovato dopo la beata Renassaince e si sente benissimo la differenza tra un prima e un dopo.
chiaro, anche Mozart è estraneo a certi turgori e pesantezze, ma scrive opere così ambigue e così "moderne", inquietantemente "moderne" che meglio di altri sopravvive e convince anche con letture diametralmente opposte.

:arrow: io non sono così convinto che Don Ottavio debba essere per forza tanto maschio e virile. è vero, il canto non è particolarmente acuto, ma è un "bamboccione", minaccia con la pistola, perchè a usare la spada ne avrebbe paura. decide di indagare perché non crede poi tanto al racconto della sua donna (terribile come definisce il tentato stupro "lo strano avvenimento"); se proprio proprio decide di entrare in azione (e lo fa, quando ormai tutti gli eventi lo costringono a muoversi) il massimo che riesce a concepire è andare alla questura ("un ricorso vo far a chi si deve") e quindi tanto più ironiche risuonano in bocca sua le minacce di "stragi e morti". Don Ottavio è l'anti don Giovanni. Statico quello mentre questo è dinamico. Contemplativo e svenevole (non è nemmeno in grado di sorreggere la sua donna e chiede aiuto ai servitori), quanto il secondo è uomo di azione e inganni. a me è sempre parso nè più e nè meno che un cicisbeo. certo, (vedi il discorso precedente), mi convince sia quando a cantarlo è l'aristocratico Kraus, il poetico Valletti o il virilissimo Blacke, sia quando a interpretarlo è l'esangue Padmore. però non mi sento di dire a priori che un Ottavio smidollato e vanesio, sostanzialmente femmineo, sia una scelta "sbagliata".

chiaro, sono questi pareri personalissimi.
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Messaggioda Tucidide » dom 02 dic 2007, 14:31

pears ha scritto: :arrow: io non sono così convinto che Don Ottavio debba essere per forza tanto maschio e virile. è vero, il canto non è particolarmente acuto, ma è un "bamboccione", minaccia con la pistola, perchè a usare la spada ne avrebbe paura. decide di indagare perché non crede poi tanto al racconto della sua donna (terribile come definisce il tentato stupro "lo strano avvenimento"); se proprio proprio decide di entrare in azione (e lo fa, quando ormai tutti gli eventi lo costringono a muoversi) il massimo che riesce a concepire è andare alla questura ("un ricorso vo far a chi si deve") e quindi tanto più ironiche risuonano in bocca sua le minacce di "stragi e morti". Don Ottavio è l'anti don Giovanni. Statico quello mentre questo è dinamico. Contemplativo e svenevole (non è nemmeno in grado di sorreggere la sua donna e chiede aiuto ai servitori), quanto il secondo è uomo di azione e inganni. a me è sempre parso nè più e nè meno che un cicisbeo. certo, (vedi il discorso precedente), mi convince sia quando a cantarlo è l'aristocratico Kraus, il poetico Valletti o il virilissimo Blacke, sia quando a interpretarlo è l'esangue Padmore. però non mi sento di dire a priori che un Ottavio smidollato e vanesio, sostanzialmente femmineo, sia una scelta "sbagliata".

Secondo me, invece, Don Ottavio è un nobiluomo di rango, che non accetta un confronto con Don Giovanni solo perché ciò costituirebbe un "abbassarsi" ad un grado inferiore. Soprattutto la seconda aria, "Il mio tesoro" è strutturata proprio come un'aria di furore, con note accentate, agilità scandite e di bassa tessitura, tipiche del genere. Anche le frasi che Pears cita a me non paiono proprie di un damerino cicisbeo, ma piuttosto di un vero aristocratico, di quelli che ricordano la battuta messa in bocca a Maria Antonietta ("Il popolo ha fame? Dategli delle brioches!"), tendenzialmente gelido di sentimenti e chiuso nella turris eburnea del suo mondo lussuoso.
Credo che gli Ottavio esangui siano una iattura assoluta (anche e soprattutto da un punto di vista vocale).
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Messaggioda pears » dom 02 dic 2007, 16:08

rispondo a Tucidide :don Ottavio riconosce in don Giovanni un suo pari ("Possibile che sotto il sacro manto d'amicizia" "Come mai creder deggio di sì nero delitto capace un cavaliero..."), per cui non penso sia da ipotizzare un "abbassarsi al rango di..."
Don Ottavio va alla festa armato di pistola, almeno con la buona intenzione di una resa dei conti, ma all'azione è spronato dalle donne. esita, tentenna ("Signore maschere" "Via rispondete" "Signore maschere" semba quasi che Ottavio abbia paura a rispondere).
io credo che "Il mio tesoro" sia un po' una parodia dell'aria di furore, alla maniera di "Come scoglio". sono davvero troppo esagerate e pompose certe espressioni "che sol di stragi e morti nunzio vogl'io tornar" per uno che sta andando a depositare una denuncia in questura.

poi ripeto, io adoro i don Ottavio nobili di un Kraus e di un Valletti... ma penso che certe svenevolezze non siano in assoluto delle iatture. nel senso, preferisco un don Ottavio linfatico piuttosto che un Tito, un Mitridate o un Idomeneo.
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