Don Giovanni (Mozart)

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Don Giovanni (Mozart)

Messaggioda teo.emme » ven 02 nov 2007, 19:37

Ho appena terminato l’ascolto dell’ultima fatica discografica di René Jacobs: il Don Giovanni. Attendevo questa incisione, dopo l’ascolto delle precedenti esperienze mozartiane che, lungi dal diventare edizioni di riferimento, erano però assai piacevoli all’ascolto e straordinariamente convincenti. Questo Don Giovanni è, invece, la dimostrazione che non tutte le ciambelle escono col buco e che, anzi, a volte le suddette ciambelle bruciano nel forno e diventano immangiabili (chiedo venia per il paragone gastronomico).

Voglio subito premettere una mia personale antipatia nei confronti di Jacobs, mutuata dagli ascolti più recenti: più lo ascolto e meno mi piace. Non mi piace l’atteggiamento da superstar, la spocchia e l’immodestia di chi crede di avere la verità in tasca, l’arroganza di certe prese di posizione e la malcelata sicurezza che qualsiasi produzione porti il suo nome (fosse pure una raccolta di rutti) venga premiata coi vari Choc du Mond de la Musique, FFFF, Diapason d’Or etc... (tutti premi che pare che i nostri cugini d’oltralpe abbiano appositamente creato ad uso esclusivo di Jacobs, la sua casa discografica e i suoi protetti).

Detto questo torniamo al Don Giovanni.

Voglio partire dalle note introduttive, stilate dallo stesso Jacobs, sotto forma di intervista intitolata in modo decisamente esagerato ed autoreverenziale “burning questions” (domande scottanti) laddove in realtà trattasi di banalità e ovvietà per la cui discussione non si doveva certo attendere l’avvento del Messia Jacobs! Cosa scrive il buon René?
1) Innanzitutto ci informa che il Don Giovanni è la meno conosciuta delle opere di Mozart/Da Ponte (?), e poi che fino ad oggi noi abbiamo sempre ascoltato una versione adulterata, falsificata, come – uso parole sue – un quadro del Rinascimento su cui si sono sovrapposte altre mani in secoli successivi. Afferma quindi che solo con la sua versione si è ripulita la partitura da tutta l’immondizia successiva, come le tenebre son spazzate via dalla luce.
2) Jacobs poi sostiene che questa falsificazione sia dovuta alla mala fede di E.T.A. Hoffmann e successori, che avrebbe fatto di Don Giovanni una sorta di eroe tragico, laddove in realtà non sarebbe altro che una figura comica e farsesca. Lui invece riconduce l’opera in una sorta di trilogia di cui fan parte Eliogabalo di Cavalli e Don Chisciotte di Conti, riconducendo quindi Mozart al recitarcantando secentesco.... Lui stesso dice che ci si deve approcciare a Mozart pensando a Monteverdi. Per lui “Mi tradì quell’alma ingrata” va rapportata al monteverdiano Lamento d’Arianna. Ma in genere tutto il Don Giovanni andrebbe considerato come un’opera barocca.
3) Sua Santità Jacobs ci dice poi – schifato – come tutte le interpretazioni musicali dell’opera siano state falsate da questa “cattiva” interpretazione, portando alla demonizzazione del personaggio, all’arrochimento della voce, allo scurirsi dell’accento, alle urla, alla sostituzione dei recitativi con dialoghi in tedesco nazionalsocialisteggiante. Non so che esperienze di ascolto abbia avuto il presuntuoso Jacobs (che sostiene in tante interviste di non ascoltare mai incisioni di altri), ma spacciare i suoi incubi per realtà è quantomeno disonesto (se non stupido). Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!
4) Altro aspetto che lui critica è la pretesa ambiguità dell’opera. Per lui è una falsificazione: nessuna ambiguità, nessuna sfaccettatura. Don Giovanni è un personaggio comico, i cui appetiti sessuali si risolvono tutti in grotteschi fallimenti. A lui si contrappone la coppia perfetta Donn’Anna e Don Ottavio, felici e innamorati. Jacobs quindi elimina dall’interpretazione ogni sfumatura, ogni senso di inafferrabile ambiguità, il Dramma Giocoso diviene volgare Opera Buffa. E per sottolineare questo la riempie di caccole interpretative, sospiri, urletti, parlati, versi, balbettii...che neppure la peggiore e becera tradizione teatrale anni ’50 – tipo Barbiere di Siviglia ancient regime – ha mai prodotto.... Ecco il risultato di questi “baroccari” presuntuosi e pieni di sè..al confronto le caccole riservate a Rossini di 40 anni fa sono finezze!
5) I tempi. Ovviamente Jacobs dice che i suoi tempi sono quelli giusti. Gli altri hanno sempre sbagliato. Il motivo? Semplice, lui sostiene che essi si siano rallentati perchè, essendo musica bellissima e conosciutissima, l’esecutore vorrebbe che durasse il maggior tempo possibile! Ebbene sì, questa cretinata, questa idiozia, è scritta nero su bianco...
6) Infine la scelta editoriale. Jacobs opta per l’edizione di Vienna, rifiutando legittimamente quella mista tradizionale, ma farcisce questa sua decisione, con argomentazioni presuntuose e false. Tutti sanno le differenze, e lui non è certo il primo ad aver fatto questa scelta (anche se lo fa intendere), si prenda l’edizione di Gardiner di una decina di anni fa... Insomma, non ci voleva certo sua Santità Jacobs a dirci che la versione mista è squilibrata e che bisognerebbe optare per una delle due originale (cosa che però non condivido affatto...)

Questo, in spiccioli, il Jacobs-pensiero...varrebbe la pena chiudere il libretto e riportare al negozio il cd, direte voi..in effetti se le premesse sono queste, così si dovrebbe fare, ma io sono masochista...veniamo all’ascolto.

Colpisce innanzitutto la totale assenza di colore: tutto è o fffffffff o pppppppp, senza nessuna via di mezzo, ovviamente i suoni sono stimbrati ed emessi con fastidioso stridore, gli archi sono sgradevoli, i cantanti continuano a fare bruttissime “messe di voce” che stonano con il genere musicale.
Accenno ancora alle caccole di cui è costellata l’incisione (urletti, sospiri, pianti, mugolii, versi, effetti parlati....), soprattutto nei recitativi, veramente pessimi. Ma Jacobs sostiene che i recitativi nell’opera DEVONO essere simili ai dialoghi teatrali, quindi simili al parlato...peccato che invece sia musica. Oltretutto vengono resi con un tale chiasso di improvvisazioni fuori luogo al fortepiano, violoncello e basso, che alla fine sembrano recitativi accompagnati. Meglio tacere poi sui gravissimi problemi di pronuncia...
La linea vocale poi è costantemente variata/sporcata dai cantanti, con appoggiature, acciaccature, variazioni, cadenze.... oltretutto in uno stile monteverdiano più che handeliano, e il risultato è osceno e inutile.

Veniamo ai cantanti.
Don Giovanni: Johannes Weisser, voce chiarissima, sembra quasi un tenore.
Leporello: Lorenzo Regazzo, decisamente il migliore del cast, ma molto volgare, con un’interpretazione ormai sorpassata.
Donn’Anna: discreta la Olga Pasichnyk, ma nulla di più.
Donna Elvira: sarebbe ottima la Pendachanska se invece di Don Giovanni avesse inciso Orfeo o qualche madrigale...qui è a tratti inaccettabile, “A chi mi dice mai” è pessimo...
Zerlina: un’inutile zanzarina, leggerissima e stimbratissima.
Masetto: muggisce.
Commendatore: traballante.
Don Ottavio: Tarver è corretto, ma come al solito ci propone un Ottavio effemminato, urlacchiante e leggero come da peggior tradizione.

Che dire? Vale la pena? Forse no, ma sicuramente è utile per comprendere a che punto siamo arrivati...

Mi verrebbe da dire a Jacobs che se è vero (ed è verissimo) che è scorretta l’eccessiva romanticizzazione dell’opera, rivista alla luce di un titanismo ottocentesco, così pure è scorretto barocchizzarla, come se fosse un epigono del recitar cantando. Mozart non è Monteverdi, come Jacobs si ostina a far credere. Non è neppure Wagner ovvio, ma nessuno l’ha mai proposto (come invece Jacobs accusa tutti, TUTTI, quelli che l’han diretto prima di lui). Un pò di umiltà in più sarebbe opportuna.

Risultato: brutta edizione, direzione fantasiosa al limite dell’inaccettabile, interpreti inadeguati o volgari, scelte esecutive assai discutibili. Ma sicuramente verrà ricoperta di premi..... Jacobs ha i suoi adepti e fedeli accecati, pronti a dire che questo e solo questo è il vero Don Giovanni..poverini....o poverini noi che ci tocca ascoltar 'ste robe?
Ultima modifica di teo.emme il sab 03 nov 2007, 17:03, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Alberich » ven 02 nov 2007, 20:08

Bella recensione, mi hai fatto venir voglia di comprarlo. Per leggere le domande scottanti, ovviamente :lol:
Comunque il Don Giovanni visto come una farsetta mi è già capitato di sentirlo, alla Scala l'anno scorso. Ahimè...
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Messaggioda teo.emme » ven 02 nov 2007, 21:44

Alberich ha scritto:Bella recensione, mi hai fatto venir voglia di comprarlo. Per leggere le domande scottanti, ovviamente :lol:
Comunque il Don Giovanni visto come una farsetta mi è già capitato di sentirlo, alla Scala l'anno scorso. Ahimè...


Vero....ma in confronto a questo, quello propinatoci da Dudamel era uno splendore...

Comunque mi spiace per questa ultima incisione di Jacobs, le Nozze di Figaro e Così Fan Tutte erano molto, ma molto più riuscite, e La Clemenza di Tito era ottima...
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Messaggioda PQYD » sab 03 nov 2007, 14:29

teo.emme ha scritto:
Alberich ha scritto:Bella recensione, mi hai fatto venir voglia di comprarlo. Per leggere le domande scottanti, ovviamente :lol:
Comunque il Don Giovanni visto come una farsetta mi è già capitato di sentirlo, alla Scala l'anno scorso. Ahimè...


Vero....ma in confronto a questo, quello propinatoci da Dudamel era uno splendore...

Comunque mi spiace per questa ultima incisione di Jacobs, le Nozze di Figaro e Così Fan Tutte erano molto, ma molto più riuscite, e La Clemenza di Tito era ottima...


No ho sentito il disco ma il live (Bruxelles 24-10-06) con identico cast e direttore. Che dire? Concordo con teo.emme, un DG goffamente caricaturale con voci stimbrate e tremolanti, orchestra semidilettantesca e direzione pure (come dimenticare, nel Tancredi di Roma, l'entrata fuori tempo del coro prima della cavatina di Amenaide? roba da far sembrare Gabriele Ferro un virtuoso della concertazione!). Del resto se il gusto "barocco" (virgolette obbligate) può essere ridotto a pallide minauderies condite da occasionali effettacci tipo "strappate" e grida, questo di Jacobs può davvero dirsi un DG "barocco". :roll:
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Messaggioda pbagnoli » sab 03 nov 2007, 16:49

Dopo aver sentito il "Così" e "Clemenza" dello stesso direttore, non vedo l'ora di completare la trilogia.
Ritengo Jacobs una delle personalità più eclatanti fra quelle contemporanee.
La sua orchestra, precisa e intonatissima, suona benissimo.
Il suo Mozart è diverso anche da quello dei direttori di fede "barocchista" (come il citato Gardiner, per esempio): i ritm vaporosi, alati rimandano proprio a quell'Haendel che sembra costantemente evocato come riferimento epocale rispetto al quale il divino Amadé afferma la propria originalità difinitiva.
Può piacere oppure no, ma è una prospettiva affascinante ed eseguita, a mio gusto, splendidamente.

Del resto, è vero che la Storia ci ha propinato una serie di interpretazioni molto romantizzate, e in ciò mi sento di contrastare decisamente l'affermazione di teo.emme che quoto qui sotto:
Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!

Giulini forse no (e comunque ci sarebbe da discutere), ma gli altri citati - chi più, chi meno - sicuramente sì.
Compreso Abbado, nonostante un'orchestra più leggera.
Compreso Klemperer, logorroico e lontano le mille miglia dallo spirito mozartiano.
E compreso, ovviamente, Muti che non solo dà giù di grancassa, ma che propone un cast sbilenco dominato da un protagonista ben poco carismatico, ancorché tonitruante.
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Re: Don Giovanni, dirige Jacobs

Messaggioda MatMarazzi » sab 03 nov 2007, 17:23

Caro Teo.Emme,

Io invece non comprerò questo Don Giovanni, perchè per il momento sono stanco di nuovi Don Giovanni.
Francamente ritengo che l'opera (come Mozart in genere) sia "troppo" rappresentata e troppo incisa.
Siamo arrivati al punto (ben descritto da questo Jacobs) in cui non c'è più nulla da dire: direttori e registi sono costretti a tentare di dire qualcosa di "diverso" e non semplicemente di "bello".
E questo è il segno di una crisi irreversibile.

Per paradossale che possa sembrarti, io invocherei un buon decennio senza Mozart e poi tornarci con mutata sensisbilità e mutate prospettive.

Comunque, venendo alle tue considerazioni, ti dirò che ne condivido le perplessità, anche se le considero troppo animose. :)
Secondo me infatti è normale che Jacobs faccia valere la sua esperienza secentesca, visto che in questo settore ha fatto veri e propri miracoli.

E' ovvio che se gli si fa incidere Don Giovanni (o Orfeo) vuol dire che ci si aspetta proprio questo da lui: ossia una lettura mutuata dalle sue esperienze secentesche!
E se si trattasse di un'altra opera (non il Don Giovanni che ormai è saturo) direi che va bene così.
Senza pretese di verità, ma semmai di arricchimento di prospettive diverse in grado di porre in dubbio qualche nostra certezza e aumentare il nostro bagaglio di emozioni.

Il fatto che le note del booklet spaccino il punto di vista di questa edizione per "verità" è un peccato veniale, per cui bisognerebbe avere - anche prendendo le distanze - un po' di comprensione. :)
Tanti anni fa, la Scotto in tv spiegò come, secondo lei, si doveva cantare "In mia man alfin tu sei" della NOrma.
E' ovvio che non avendo le note di petto, lei risolveva la frase (con l'abilità che le conosciamo) con pianissimi allusivi e sussurri lacerati.
L'arte (perché davvero è un'arte) di fare di necessità virtù.

Naturalmente, però, affermò anche che questo era l'unico modo possibile di farlo e chiunque altro sbagliava, in particolare la Callas (che imitò con versacci e strabuzzando gli occhi)! Ricordo ancora il gesto furente del braccio: "No! no!..."
:) che dobbiamo farci, Teo.Emme. Gli interpreti sono così: il loro modo di fare qualcosa è sempre quello giusto, e tutti gli altri sbagliano.
E' per questo che, secondo me, queste prese di posizione andrebbero prese con un po' più di leggerezza.

teo.emme ha scritto:Sua Santità Jacobs ci dice poi – schifato – come tutte le interpretazioni musicali dell’opera siano state falsate da questa “cattiva” interpretazione, portando alla demonizzazione del personaggio, all’arrochimento della voce, allo scurirsi dell’accento, alle urla, alla sostituzione dei recitativi con dialoghi in tedesco nazionalsocialisteggiante. Non so che esperienze di ascolto abbia avuto il presuntuoso Jacobs (che sostiene in tante interviste di non ascoltare mai incisioni di altri), ma spacciare i suoi incubi per realtà è quantomeno disonesto (se non stupido). Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!


Non ho letto le note, ma, da come ce la presenti, credo che Jacobs abbia ragione.
Per almeno due secoli Don Giovanni è stato visto ed eseguito attraverso il prisma della cultura successiva. E per me non è nemmeno un difetto.
Come dici tu, è fin banale osservarlo e non di meno è vero.
Magari ne parleremo in altro thread, ma anche io sono convintissimo questo superstrato "romantico" si è mantenuto - anche se ridimensionato nello stile - nei tempi e io ti posso assicurare che sia Karajan, sia Abbado, sia Muti, sia Baremboim ne erano ancora condizionati, pur senza "far ruggire Don Giovanni".
Io, fossi in te, non contesterei questo assunto.
Semmai replicherei che:
1) questo non è un difetto, anzi una prova della vitalità dell'opera, della sua antropologica polisemia: è andata avanti per più di 200 anni interagendo con la nostra civiltà e la nostra storia.
2) la stessa cosa fa Jacobs con il barocco e con lo stesso Mozart, portandoli ad assumere suoni, colori, movenze veloci, disinibite e giovaniliste della nostra moderna società, come dimostra l'improbabile valutazione "post-femministica" dello stesso don Giovanni.

Salutoni
Matteo
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Messaggioda teo.emme » sab 03 nov 2007, 17:27

pbagnoli ha scritto: Dopo aver sentito il "Così" e "Clemenza" dello stesso direttore, non vedo l'ora di completare la trilogia.
Ritengo Jacobs una delle personalità più eclatanti fra quelle contemporanee.
La sua orchestra, precisa e intonatissima, suona benissimo.
Il suo Mozart è diverso anche da quello dei direttori di fede "barocchista" (come il citato Gardiner, per esempio): i ritm vaporosi, alati rimandano proprio a quell'Haendel che sembra costantemente evocato come riferimento epocale rispetto al quale il divino Amadé afferma la propria originalità difinitiva.
Può piacere oppure no, ma è una prospettiva affascinante ed eseguita, a mio gusto, splendidamente..


Guarda, carissimo boss..il mio atteggiamento iniziale è stato proprio identico al tuo (la mia antipatia per Jacobs non inficia il giusto rendergli merito, quando vi è effettivamente del merito). Ho apprezzato molto le incisioni precedenti, in particolare La Clemenza di Tito e Le Nozze di Figaro, ho sempre ritenuto le sue, delle interpretazioni certamente diverse, ma sempre stimolanti e mai scontate. Ritengo tutt'ora che la sua orchestra suoni (almeno in disco, chè dal vivo non l'ho mai ascoltato, anche se mi sono giunte notizie poco lusinghiere) magnificamente. Da tutto ciò nasce la mia delusione per questo Don Giovanni. Mi sta bene - pur non condividendola - un'esecuzione che guardi più a Haendel che a Beethoven (io preferirei una visione neoclassica, più propriamente illuminista), ma eseguire Don Giovanni pensando a Monteverdi mi sembra una grossissima forzatura

pbagnoli ha scritto:Del resto, è vero che la Storia ci ha propinato una serie di interpretazioni molto romantizzate, e in ciò mi sento di contrastare decisamente l'affermazione di teo.emme che quoto qui sotto:
Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!

Giulini forse no (e comunque ci sarebbe da discutere), ma gli altri citati - chi più, chi meno - sicuramente sì.
Compreso Abbado, nonostante un'orchestra più leggera.
Compreso Klemperer, logorroico e lontano le mille miglia dallo spirito mozartiano.
E compreso, ovviamente, Muti che non solo dà giù di grancassa, ma che propone un cast sbilenco dominato da un protagonista ben poco carismatico, ancorché tonitruante.


Vengo sicuramente dalla tua sulla scorrettezza di certi eccessi di romanticizzazione dell'opera, eccessi che possono piacere o non piacere, ma che costituiscono un prospettiva storica essenziale (uso le parole che tu prima riferivi all'interpretazione di Jacobs, perchè sono perfettamente adattabili). La wagnerizzazione di cui parla Jacobs è ben diversa e, onestamente, non la trovo in nessuno dei direttori citati. Ma cosa intendi tu per wagnerizzazione? Se mi parli di romanticizzazione in Karajan, Klemperer, Mitropoulos, Abbado pure, allora sì...ma spiegami dove "wagnerizzerebbero" la partitura.. Muti si muove su prosepttive neoclassiche (parlo delle tante recite scaligere, migliori della sbilenca incisione EMI). Ma pi, se ci si vuole riferire alla pesantezza dell'accompagnamento, devo rilevare che pure in questa incisione jacobsiana l'orchestra è molto pesante, chiassosa, davvero sgradevole, irriconoscibile.

Comunque aspetto che tu la ascolta, così te ne farai un'idea. Ripeto, mi ha molto deluso proprio perchè mi aspettavo molto (del resto il Don Giovanni è opera difficilissima, e molti direttori sono caduti con essa). Mi aspettavo l'ironia, l'ambiguità, la freschezza, la leggerezza delle Nozze o di Così...non una farsa volgare e grottesca in cui ogni sfumatura è stata spazzata via...

Peccato, occasione sprecata.
Ultima modifica di teo.emme il sab 03 nov 2007, 17:39, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda PQYD » sab 03 nov 2007, 17:29

pbagnoli ha scritto:Dopo aver sentito il "Così" e "Clemenza" dello stesso direttore, non vedo l'ora di completare la trilogia.
Ritengo Jacobs una delle personalità più eclatanti fra quelle contemporanee.
La sua orchestra, precisa e intonatissima, suona benissimo.
Il suo Mozart è diverso anche da quello dei direttori di fede "barocchista" (come il citato Gardiner, per esempio): i ritm vaporosi, alati rimandano proprio a quell'Haendel che sembra costantemente evocato come riferimento epocale rispetto al quale il divino Amadé afferma la propria originalità difinitiva.
Può piacere oppure no, ma è una prospettiva affascinante ed eseguita, a mio gusto, splendidamente.

Del resto, è vero che la Storia ci ha propinato una serie di interpretazioni molto romantizzate, e in ciò mi sento di contrastare decisamente l'affermazione di teo.emme che quoto qui sotto:
Non mi sembra infatti, che nella storia interpretativa dell’opera si possa riscontrare una sorta di wagnerizzazione di Mozart, non credo che Giulini, Walter, Karajan, Abbado, Muti, Barenboim..facessero ruggire Don Giovanni o che appesantiscano l’accompagnamento come se fosse l’VIII di Mahler!!

Giulini forse no (e comunque ci sarebbe da discutere), ma gli altri citati - chi più, chi meno - sicuramente sì.
Compreso Abbado, nonostante un'orchestra più leggera.
Compreso Klemperer, logorroico e lontano le mille miglia dallo spirito mozartiano.
E compreso, ovviamente, Muti che non solo dà giù di grancassa, ma che propone un cast sbilenco dominato da un protagonista ben poco carismatico, ancorché tonitruante.


Meno male che è arrivato Jacobs a salvarci da Abbado, Klemperer, Furtwaengler e compagnia. E meno male che il forum doveva essere una palestra di idee anche contrapposte, non una gara a chi le spara più grosse. Congratulescions.
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Re: Don Giovanni, dirige Jacobs

Messaggioda teo.emme » sab 03 nov 2007, 17:37

MatMarazzi ha scritto:Io invece non comprerò questo Don Giovanni, perchè per il momento sono stanco di nuovi Don Giovanni.
Francamente ritengo che l'opera (come Mozart in genere) sia "troppo" rappresentata e troppo incisa.
Siamo arrivati al punto (ben descritto da questo Jacobs) in cui non c'è più nulla da dire: direttori e registi sono costretti a tentare di dire qualcosa di "diverso" e non semplicemente di "bello".
E questo è il segno di una crisi irreversibile.

Per paradossale che possa sembrarti, io invocherei un buon decennio senza Mozart e poi tornarci con mutata sensisbilità e mutate prospettive.


Rispondo anche a te - anche se in parte ho già ribattutto a talune tue argomentazioni rispondendo a PBagnoli - perchè tocchi dei punti davvero interessanti.

In merito alla tua prima affermazione, per quanto possa sembrare assurda, sono quasi d'accordo con te. C'è stata una vera inflazione e forse un momento di pausa, per riflettere e meditare, si impone. Dico "quasi d'accordo" perchè non credo di reggere 10 anni senza Mozart.. Secondo me è il vertice della musica operistica e non, e quindi distaccarmene per così tanto tempo sarebbe una tortura. :wink:

MatMarazzi ha scritto:Comunque, venendo alle tue considerazioni, ti dirò che ne condivido le perplessità, anche se le considero troppo animose. :)
Secondo me infatti è normale che Jacobs faccia valere la sua esperienza secentesca, visto che in questo settore ha fatto veri e propri miracoli.


L'animosità deriva dalle grandi aspettative, visto le precedenti incisioni mozartiane.

MatMarazzi ha scritto:E' ovvio che se gli si fa incidere Don Giovanni (o Orfeo) vuol dire che ci si aspetta proprio questo da lui: ossia una lettura mutuata dalle sue esperienze secentesche!
E se si trattasse di un'altra opera (non il Don Giovanni che ormai è saturo) direi che va bene così.
Senza pretese di verità, ma semmai di arricchimento di prospettive diverse in grado di porre in dubbio qualche nostra certezza e aumentare il nostro bagaglio di emozioni.


Esatto, ma io non contesto l'interpretazione, ma il risultato, assolutamente deludente. Di Don Giovanni ce ne sono a centinaia, uno eseguito con prospettiva diversa è più che benvenuto, non fa che da stimolo alla discussione. Ma qui l'obbiettivo non è stato centrato. Il richiamo a Monteverdi proprio non ci sta, come non ci stanno le continue variazioni in stile monteverdiano che infarciscono la partitura.

Sul fatto della wagnerizzazione rimando alla mia precedente risposta...

:wink:
teo.emme
 

Messaggioda pbagnoli » sab 03 nov 2007, 17:42

teo.emme ha scritto: Vengo sicuramente dalla tua sulla scorrettezza di certi eccessi di romanticizzazione dell'opera, eccessi che possono piacere o non piacere, ma che costituiscono un prospettiva storica essenziale (uso le parole che tu prima riferivi all'interpretazione di Jacobs, perchè sono perfettamente adattabili). La wagnerizzazione di cui parla Jacobs è ben diversa e, onestamente, non la trovo in nessuno dei direttori citati. Ma cosa intendi tu per wagnerizzazione?

Alt,alt.
Intendiamoci.
La romanticizzazione di questo spartito è stato sicuramente un portato inevitabile dell'epoca in cui certe interpretazioni sono maturate. Pensiamo a Walter, o a Furtwangler.
In questo ambito certe interpretazioni possono piacere oppure no: secondo me, per esempio, quella di Klemperer con le sue mortifere lagne è intollerabile, oltre a presentare un cast in cui solo Gedda è elemento di spicco.
Secondo me il termine "wagnerizzazione" è un comodo sinonimo che ci parla di turgore orchestrale, a fronte dello sfoltimento della trama che è un po' il dettato dei nostri tempi.
Infine, quello di Muti non è un Don Giovanni "neoclassico": è il solito Don Giovanni iper-turgido e iper-romantico. Tale era alle recite della Scala (che anch'io ricordo bene) e tale è anche in disco, in ciò andando contro le vaporosità che, per esempio, mette in campo nelle "Nozze".
Non sono contrario ai "Don Giovanni" romantici; li trovo superati dalla prassi esecutiva.
Li rispetto come esempio del passato, ma non mi sentirei di proporli come riferimenti attuali
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Messaggioda pbagnoli » sab 03 nov 2007, 17:48

PQYD ha scritto: Meno male che è arrivato Jacobs a salvarci da Abbado, Klemperer, Furtwaengler e compagnia

Se la vedi davvero così, non sarò certo io a contraddirti, anche se ritengo che i direttori da te citati abbiano un posto ben preciso nella storia dell'interpretazione che, però, li ha abbondantemente superati.
Se invece parlavi in senso ironico, ti indirizzo alla risposta che ho appena dato a teo.emme e che ritengo esauriente sul mio pensiero in tema.

E ciò fuor da ironia
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Re: Don Giovanni, dirige Jacobs

Messaggioda pbagnoli » sab 03 nov 2007, 17:52

teo.emme ha scritto: L'animosità deriva dalle grandi aspettative, visto le precedenti incisioni mozartiane.

Il richiamo a Monteverdi proprio non ci sta, come non ci stanno le continue variazioni in stile monteverdiano che infarciscono la partitura.


Scusa, ma qui non ti capisco.
Le precedenti incisioni mozartiane avevano lo stesso richiamo semantico, no?
Però avevano giustificato in te grandi attese.
Quindi, se il tuo ragionamento fila, non è il richiamo monteverdiano che non va; è la registrazione che è brutta!

Scusa la puntualizzazione, ma la ritengo importante
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Re: Don Giovanni, dirige Jacobs

Messaggioda teo.emme » sab 03 nov 2007, 18:07

pbagnoli ha scritto: Scusa, ma qui non ti capisco.
Le precedenti incisioni mozartiane avevano lo stesso richiamo semantico, no?
Però avevano giustificato in te grandi attese.
Quindi, se il tuo ragionamento fila, non è il richiamo monteverdiano che non va; è la registrazione che è brutta!

Scusa la puntualizzazione, ma la ritengo importante


Ciò che aveva suscitato in me grandi attese era il risultato di quelle incisioni. Ripeto: ironia, ambiguità, leggerezza, finezza... L'approccio di Jacobs - almeno da quel che mi è sambrato - era sicuramente rivolto alla tradizione operistica precedente (l'opera barocca ed Handel), ma non si è assistita ad una sovrapposizione Mozart/Monteverdi. Le stesse variazioni erano nello stile dell' opera italiana (alla Handel per capirci) non nello stile di "Rosa del ciel". Questo Don Giovanni è diversissimo dalle precedenti incisioni mozartiane: è pesante, chiassoso, non funziona, inciampa... Non so spiegarmi, ma si sente che qualcosa non va. Forse è l'aver calcato la mano sul parallelismo con Monteverdi, che continuo a trovare una forzatura (seppur suggestivo, il paragone tra Donna Elvira e Arianna abbandonata lo trovo scorretto, così come scorretto è ricondurre "Mi tradì quell'alma ingrata" al Lamento di Arianna). Ma ti dirò di più, pure questa interpretazione monteverdizzata ci sarebbe stata (certo una cosa assolutamente diversa), se fosse stata ben fatta. Invece è uscita male, malissimo. Qui è il risultato a deludere, gli interpreti, persino l'orchestra. Non contesto - pur non concordando - l'interpretazione "barocca" (tanti sono ormai i Don Giovanni disponibili, una prospettiva diversa non guasta), ma i risultati sballati di questa registrazione, basata su assunti teorici molto confusi e assai discutibili.
teo.emme
 

Messaggioda teo.emme » sab 03 nov 2007, 20:34

pbagnoli ha scritto:Secondo me il termine "wagnerizzazione" è un comodo sinonimo che ci parla di turgore orchestrale, a fronte dello sfoltimento della trama che è un po' il dettato dei nostri tempi.
(...)
Non sono contrario ai "Don Giovanni" romantici; li trovo superati dalla prassi esecutiva.
Li rispetto come esempio del passato, ma non mi sentirei di proporli come riferimenti attuali


Non sono d'accordo. Wagnerizzazione e relativo turgore orchestrale sono una cosa, e romanticizzazione è altra cosa. Secondo me. Parlare di wagnerizzazione del Don Giovanni a me sembra un'esagerazione. Pur negli eccessi di letture iper-romantiche, quasi berlioziane della partitura, non si è mai arrivati agli eccessi subiti dal Fidelio o dalle opere di Weber, eseguite con Brahms o Wagner nelle orecchie. Fatta eccezione per Furtwangler che esalta il carattere demoniaco della partitura o di Klemperer che ne accentua il pessimismo (entrambe letture legittime a mio giudizio), non trovo eccessive pesantezze o riempimenti orchestrali frastornanti (ascoltando ad esempio l'edizione DGG di Karajan tutto si può dire tranne che vi sia una concezione mahleriana di Mozart, riascoltati il catalogo, e la leggerezza del suo accompagnamento. E' un Mozart olimpico tutt'al più, non certo "nibelungico").

Non vedo poi perchè mai dovrebbe essere superato il Mozart romantico. Perchè lo dice Jacobs? Non credo. Ritengo siano letture opposte e diverse. Legittimate dall'ambiguità innegabile dell'opera.

Ma poi, se è improponibile un Mozart romantico, perchè mai andrebbe bene un Mozart barocco o prebarocco? Non credi che eseguire un'opera datata 1787 seguendo la prassi usa all'epoca di Purcell o di Monteverdi (e si parla di 150 anni prima) sia ugualmente arbitrario che seguire una lettura romantica? Sarebbe come eseguire Schoenberg come se fosse Haydn, o Strauss come Jommelli...

Ma poi oggi quale sarebbe la prassi? Quella su strumenti originali? O quella su strumenti moderni? Jacobs o Harding o Abbado o mille altri, ognuno dei quali ha la SUA interpretazione? La farsa o l'inafferrabile ambiguità? Tutti scorretti quelli che non fanno come Jacobs?

Insomma non mi sembra che nei teatri europei o italiani la prassi sia sempre e solo quella barocca. Anzi, sono solo sperimentalismi marginali. Mi sbaglio?

Ps: ben inteso che quello su Klemperer resta tuo personalissimo giudizio, a mio avviso assai discutibile...come lo è ogni gusto personale..
Ultima modifica di teo.emme il dom 04 nov 2007, 13:16, modificato 2 volte in totale.
teo.emme
 

Messaggioda teo.emme » sab 03 nov 2007, 22:23

Ne ho riascoltati alcuni brani, che segnalo a chi già ha l'incisione o ha in progetto di ascoltarla. Così, per rendersi conto di ciò che parlo.

1) La serenata di Don Giovanni, la seconda strofa è completamente variata, la linea melodica è irriconoscibile, soffocata dai "gorgheggi" del protagonista, come se fosse un'aria col da capo tipica dell'opera seria alla Handel. Io capisco l'interpretazione "barocca", ma fino a dove ci si può spingere? Queste variazioni sono del tutto anacronistiche. Nella stessa misura della tanto vituperata romanticizzazione (che mai si è spinta sino a falsare la scrittura vocale). Del resto Jacobs, pur sedicente paladino della prassi originale, ha spesso dimostrato di agire in modo del tutto fantasioso o arbitrario: penso a Orfeo ed Euridice di Gluck, dove ha pensato bene di infarcire di variazioni e abbellimenti la linea vocale, ignorando forse che l'intento principale di Gluck e della sua riforma era proprio quello di eliminare tali libertà interpretative, ed eliminarle del tutto, lasciando emergere la scarna bellezza e semplicità della linea melodica. Vorrei ricordare che Mozart scrive nel periodo successivo a detta riforma, e sulla sua scia si colloca.
2) Il finale II, con l'ingresso del Commendatore, che - orologio alla mano - dura quasi la metà di tutte le altre incisioni. Jacobs accelera il tutto sino al limite della sopportazione, risultando veramente troppo sbrigativo, e perdendo il senso di punizione finale che, volenti o nolenti, è presente nell'opera. Il tutto naturalmente è infarcito di effetti inclini al parlato, non so in base a quali ricerche sulla prassi (leporello un'altra cena, fa che SUBITO SI PORTI, è strillata invece che cantata)

Sono sempre più stupito di come sia potuta uscire una incisione del genere...
teo.emme
 

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