pbagnoli ha scritto:Ragazzi, che stagione splendida! Che varietà di titoli!
Oltre a tutto, notate come ricorrono i cantanti nelle varie opere: c'è l'idea di un parterre di cantanti che formano un substrato da cui attingere.
Poi magari non tutto sarà splendido ma...
Splendida gestione: sono ammiratissimo e un filo invidioso...
Sono d´accordo. Questi sono i frutti dell´impostare l´attività teatrale "per repertorio" e non, come fatto in Italia, "per stagione". L´attività "per repertorio" prevede 1. la pronta disponibilità di spettacoli preconfezionati, accumulati negli anni precedenti, e pronti per essere ripresi 2. una compagnia di cantanti più o meno stabile in grado di riprendere questi spettacoli. I vantaggi di una gestione di questo tipo sono, a mio modo di vedere, enormi:
Innanzitutto si evitano o riducono gli sprechi enormi connessi con la produzione una tantum di spettacoli che si rappresentano per quattro o cinque sere e poi mai più. Inoltre si garantisce una scelta di titoli molto più ampia e si aumenta di molto il numero di serate in cui il teatro rappresenta degli spettacoli. Questo chiaramente permette agli spettatori di ampliare enormemente la conoscenza delle opere attraverso la loro fruizione diretta a teatro. In questo, il teatro riveste un ruolo educativo e formativo.
Al contrario, l´attività teatrale “per stagione” – quello comunemente adottato in Italia - propone un numero limitato di nuove produzioni ogni anno. Teoricamente, il vantaggio di questo tipo di gestione consiste nella migliore qualità delle proposte: si va in scena meno spesso, ma con migliori risultati. E per abbattere i costi si può puntare sulle coproduzioni tra vari teatri. Ora, gli esiti miserrimi di una gestione di questo tipo, mi sembra siano sotto gli occhi di tutti: le produzioni operistiche sono poche e di livello spesso deludente. L´offerta è quindi scarsa quantitativamente e scadente qualitativamente. Lo spettacolo d´opera resta un evento eccezionale, anziché rappresentare una normale espressione di cultura. L´opera, proprio in quanto evento eccezionale, resta l´occasione per far sfoggio di abiti eleganti e di gioielli, non è occasione di crescita culturale e di confronto intellettuale. Infine, la problematica relativa alla gestione stipendiale delle masse orchestrali, delle maestranze addette alla scenografia, ai costumi e agli aspetti scenotecnici, e dei membri del coro.
Non conosco bene quale sia la realtà relativa alle modalità di retribuzione dei lavoratori in un sistema “per repertorio” e in un sistema “per stagione”. Immagino tuttavia che anche chi è inserito lavorativamente in un sistema “per stagione” percepisca un salario fisso ogni mese, e non sia retribuito per ogni prestazione effettuata (non parlo di solisti, ma parlo delle masse orchestrali e corali e alle maestranze). Un salario fisso per un lavoro che, di fatto e non solo di nome, è “stagionale”. Se davvero fosse così, la cosa mi lascerebbe un po´ perplesso. Mi domando: non sarebbe più corretto che questi lavoratori ricevessero un salario mensile fisso per un´attività lavorativa svolta durante l´intero anno (esattamente come avviene nei teatri “di repertorio”, dove i lavoratori lavorano tutto l´anno tranne uno-due mesi estivi), e non solamente limitata a poche prestazioni realizzate durante l´anno?
Mi rendo conto che la mia analisi ha un approccio di stampo marxiano , però mi domando se davvero il modo di intendere l´opera (la “sovrastruttura”) non sia determinato da sottostanti “strutture” di tipo materiale, economico, organizzativo. L´opera intesa come evento mondano perché espressione di un sistema teatrale “per stagione” contrapposta all´opera intesa come evento culturale perché espressione di un sistema teatrale “per repertorio”.
Che dite?
DM