L'evo di Lissner, fra luci e ombre
...in un'intervista al Giornale si sbottona un po'.
Racconta orgoglioso del ritorno dei grandi direttori alla Scala.
Racconta del ruolo centraleche avrà Barenboim (anche se si capisce che non ha intenzione di farne un secondo Muti).
E parla, soprattutto, delle opere italiane. Lo fa con due affermazioni abbastanza singolari:
è un momento di crisi per il repertorio italiano e per la Scala più che per altri teatr europei
Tosca a Vienna e Londra si può fare benissimo con cantanti che non troverebbero una buona accoglienza a Milano
Sulla prima affermazione, niente da dire: sapevamcelo (come avrebbe detto Petrolini). Operadisc lo dice da un bel po' di tempo - praticamente dalla sua fondazione - l'inaugurazione scaligera ce l'ha ribadito con uno spettacolo talmente inquietante nella sua bruttezza da dare l'idea che sia stata una scelta programmatica di Lissner: vi regalo l'opera delle opere italiane strutturata nel modo più "italiano" che possiate immaginare. Io l'ho trovato uno spettacolo offensivo.
Sulla seconda affermazione ci sarebbe invece qualcosa di più da dire.
Matteo ci ha appena raccontato (e presto lo farà in modo più strutturato) di Terfel che, in questo momento, è uno dei cantanti più importanti al mondo. Ma qui preferiamo scritturare Guelfi e Servile.
Langridge in Italia non canta mai.
La Fleming fu fischiata in Italia in un ruolo in cui la gente comune, con le lacrime agli occhi, ricorda i filatini della Devia (e, con tutto il rispetto per la grande cantante, non riesco ad immaginare niente di più lontano della Devia da Lucrezia Borgia).
In Italia hanno scoperto solo negli ultimi due-tre anni che esiste la Silja e, per il rotto della cuffia, la chiamano per un ruolo che lei da vent'anni ricopre in tutto il mondo, mietendo sempre trionfi; ma in Italia si continuano a fare facili ironie sulla peculiarità della sua fonazione.
Potrei continuare a lungo, ma forse sarebbe inutile...
Il problema - lo affermo una volta di più - è superare una volta per tutte l'idea che l'Italia sia l'unico epicentro di qualunque movimento culturale e che tutto ciò che succede al di fuori sia meritevole solo di facili ironie.
Continuiamo a tenerci Guelfi...