Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

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Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » gio 03 dic 2015, 11:53

Come ho già scritto en passant in un altro thread, ci sono buoni motivi per ritenere che il XXI secolo sarà quello del riconoscimento definitivo di Francesco Cavalli come uno dei più grandi operisti della storia. L’impulso a tale riconoscimento è un affaire prevalentemente francese, ed è un bel risarcimento storico, se si pensa che Cavalli, ingaggiato da Luigi XIV su caldo consiglio del cardinale Mazzarino per la composizione dell’Ercole Amante, finì per vivere a Parigi quella che fu la pagina più nera della sua carriera, a tal punto da spingerlo alla decisione (per fortuna poi revocata) di non comporre mai più un’opera in vita sua.
Ma di tali eventi racconterò in altri tempi e modi, se qualcuno avrà la curiosità di chiedermelo.

Tornando alla renaissance cavalliana, due capisaldi essenziali degli ultimi tempi sono stati la pubblicazione in DVD del capolavoro Elena e quella del doppio CD+libro Heroines of the Venetian Baroque (http://www.outhere-music.com/en/albums/ ... ue-ric-359), sempre a cura della casa discografica Ricercar e sempre con la direzione del giovane e bravissimo argentino Leonardo Garcia Alarcon. E’ di quest’ultima pubblicazione che intendo parlare. Si tratta di un tributo che finora la discografia non aveva mai dedicato ad alcun compositore d’opera, ossia un’antologia comprendente almeno un brano di tutte le 27 opere di Cavalli ad oggi pervenute, in senso cronologico e con un intento che esula dallo spirito “greatest hits” per offrire invece una panoramica la più esaustiva possibile di tutte le forme impiegate dal Nostro nella messa in musica dei libretti, ossia: lamenti, prologhi, interludi strumentali, recitativi, arie sensuali, arie comiche, dialoghi amorosi, scene d’incanto etc….

E’ un viaggio la cui bellezza è addirittura inebriante, non solo a cagione della musica sempre straordinaria di Cavalli, ma anche e soprattutto per la direzione di Garcia Alarcon, il cui basso continuo vario e fantasioso riesce ad offrire una ricchezza ed una varietà emozionale che nessun altro direttore che finora abbia affrontato Cavalli è riuscito finora a conseguire. Qualcuno ha paragonato Garcia Alarcon al suo conterraneo Garrido, ma – a parte la nazionalità comune e l’uso sempre in primo piano degli strumenti a corda – ben poco li unisce: Garrido, il cui suono è pur sempre di cristallina bellezza, non si avvicina neppure lontanamente alla comunicativa ed all’empatia offerta dal fraseggio caldo e cantabile di Garcia Alarcon. Basti a tal proposito confrontare il Lamento di Procri da Gli Amori di Apollo e Dafne, che nell’edizione discografica integrale di Garrido finisce per essere un puro esercizio estetico, mentre in Garcia Alarcon è struggente fin quasi alle lacrime. Le voci che ci accompagnano nel viaggio sono quelle di due giovani cantanti: il soprano Mariana Flores ed il mezzosoprano Anna Reinhold, entrambe brave (la Flores bravissima) nella loro prestazione idiomatica quant’altre mai. Cavalli non richiede virtuosismo né si presta ai sacri dogmi della vociologia cellettiana: richiede piuttosto giusta articolazione, capacità di sottolineare il senso delle parole, comunicativa… tutte doti che la Flores possiede.
Nel libro allegato, il francese Olivier Lexa, che ha già scritto una biografia di Cavalli pubblicata da Actes Sud di Arles ed ha firmato a Venezia l’anno scorso la regia dell’opera cavalliana Eritrea, esprime chiaramente l’intenzione – in accordo con Garcia Alarcon – di promuovere nei prossimi anni la messa in scena, un po’ alla volta, di tutte le opere di Cavalli, molte delle quali – vorrei ricordarlo – non hanno mai visto la luce nell’epoca moderna. Questo doppio CD+libro, oltre ad essere bellissimo in sé, costituisce quindi un piccolo frammento di storia, in quanto costituisce l’atto fondativo di tale impresa.

Chiudo con il link di un’interessantissima intervista su Cavalli offerta a Diapason da parte di Garcia Alarcon:
http://www.diapasonmag.fr/actualites/a- ... nnu-a-sa-j

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » gio 03 dic 2015, 19:51

Premetto che su Cavalli sto imparando più dai tuoi post che da qualunque altro mio precedente approccio.
E degli altri direttori che approcciano Cavalli cosa pensi? Per esempio, Cavina e la sua Venexiana che dirigono l'Artemisia?
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » gio 03 dic 2015, 20:49

pbagnoli ha scritto:Premetto che su Cavalli sto imparando più dai tuoi post che da qualunque altro mio precedente approccio.
E degli altri direttori che approcciano Cavalli cosa pensi? Per esempio, Cavina e la sua Venexiana che dirigono l'Artemisia?


Ottimo l'approccio di Cavina. Ho aapprezzato molto la sua Artemisia, realizzata coi tenpi giusti e buon continuo. Non mi sembra però che Cavina osi molto in termini di fantasia.
Meglio comunque Garcia Alarcon, che riesce a cogliere quel senso di ebbrezza erotica che aleggia nel teatro cavalliano da cui è distante il buon Cavina, valido ma un po' più monteverdiano, se così posso dire.

Di altri direttori parlerò domani con più calma.

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda VGobbi » ven 04 dic 2015, 0:15

Grazie davvero Giuseppe per i tuoi interventi, sopratutto verso un repertorio che non ho mai amato, tanto per capirci non solo Bach non sopporto, ma suoi coevi fino al '700 & dintorni.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » ven 04 dic 2015, 10:02

VGobbi ha scritto:Grazie davvero Giuseppe per i tuoi interventi, sopratutto verso un repertorio che non ho mai amato, tanto per capirci non solo Bach non sopporto, ma suoi coevi fino al '700 & dintorni.


Grazie anche a te per la gentilezza, ma Cavalli non è un coevo di J.S. Bach, dato che morì - piuttosto anziano per l'epoca: 74 anni - 9 anni prima della nascita di Bach.
La distanza temporale e stilistica che li divide è paragonabile a quella che intercorre tra Mozart e Puccini.
Per capirci: l'opera ai tempi di Bach (parliamo di Alessandro Scarlatti, Handel, Vivaldi, Pergolesi...) è rigidamente strutturata sull'alternanza tra recitativi secchi ed arie, queste ultime quasi sempre rigorosamente col da-capo, ed inoltre l'elemento comico è rigidamente escluso dal canone dell'opera seria. L'epoca di Cavalli è un'epoca di sperimentazione, di flessibilità, in cui le forme non sono rigorosamente codificate. Ad esempio, il recitativo in Cavalli non è quello secco dell'opera settecentesca, ma è sostanzialmente il figlio maggiore del recitar cantando, dal quale mutua l'adesione strettissima tra il senso delle parole e la linea melodica, ed è un recitativo che spesso sconfina nel cantabile ed ancora più spesso sfocia in un'aria senza quasi che l'ascoltatore si avveda della cesura. O ancora, l'elemento comico e quello tragico spesso in Cavalli e dintorni convivono in stretta giustapposizione, proprio come nel teatro shakespeariano o in certo teatro verdiano. O, per dirne un'altra, le opere del '700, nelle quali le arie sono la struttura portante, seguono un tempo stilizzato ed astratto, che si ferma per i 3-5 minuti dell'aria, arrestando l'azione; in Cavalli le arie sono spesso brevi, strettamente legate allo svolgersi dell'azione drammatica, la quale ha un andamento più teatralmente plausibile. In un certo senso, l'atteggiamento di Cavalli nei confronti dei libretti non è dissimile da quello che adotterà Verdi 2 secoli dopo... tenuto conto naturalmente della diversa temperie culturale e stilistica. Il concetto di parola scenica, a guardare bene, è già in qualche modo messo in atto nella Didone del 1641.
Poi... è chiaro... si può essere refrattari ad un certo stile, ed il '600 non a tutti piace, ma... tra il '700 e Cavalli la distanza è in ogni caso enorme.

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » ven 04 dic 2015, 11:11

Caro Giuseppe, ci puoi dare il tuo parere sui direttori e i vari stili esecutivi di Cavalli?
Ieri abbiamo iniziato a parlare di Cavina, ma ci sarebbe anche la Pluhar che - come sappiamo - ha ormai sviluppato una propria forma esecutiva n tutti gli ambiti che ha toccato, più o meno propriamente ma sempre con notevole successo.
Ci parlavi anche di Garrido.
In cosa devono essere differenziati - per dire - Monteverdi e Cavalli? Perché un direttore che funziona bene in Monteverdi può non funzionare altrettanto bene in Cavalli, visto che mi sembra che gli stili non siano così lontani?...
Grazie per quello che potrai fare per aiutarci a capire meglio i termini di questo problema!
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 04 dic 2015, 11:36

Ieri sera ho iniziato l´ascolto del CD antologico “Heroines of the Venetian Baroque”. Brani molto belli e benissimo eseguiti (ma lei ha una pronuncia perfettibile).
Riallacciandomi a quanto scrive Pietro, da quanto ho ascoltato finora mi sembra di notare grandi affinità con l´ultimo Monteverdi (di cui se non erro Cavalli fu allievo). E allora la domanda viene spontanea: quali sono le affinità e le differenze tra questi due compositori? E cosa ha detto di “nuovo” Cavalli rispetto al suo predecessore?

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » ven 04 dic 2015, 13:15

Rispondo alle istanze sollevate dagli ottimi Bagnoli e Malatesta.

Cominciamo con la Pluhar: ha inciso recentemente un bellissimo CD intitolato L'Amore Innamorato, tutto su Cavalli. un altro indizio, questo di come la renaissance cavalliana aggiunga sempre nuovi tasselli al mosaico. Mi è piaciuto moltissimo per quanto riguarda la realizzazione del basso continuo ma la qualità del canto è soltanto buona e tutto sommato generica. La Pluhar ha fantasia, e la usa sconfinando ogni tanto nel jazz. Ma è abbastanza lecito, se pensiamo come all'epoca l'improvvisazione fosse parte integrante e sostanziale della prassi esecutiva. Ancor di più la Pluhar mi è piaciuta nel CD dedicato a Purcell (Music for a while), davvero imperdibile....

Ma, prima di passare agli interpreti di Cavalli, veniamo alle differenze con Monteverdi... e qui il discorso potrebbe farsi lungo, per cui spero nella mia capacità (non sicura :wink: ) di essere sintetico. Esiste una data fondamentale nella storia dell'opera lirica: il 1637. E' l'anno dell'apertura del primo teatro d'opera a pagamento in Venezia. L'opera, che prima di allora era stato un fenomeno riservato alle feste di corte, diviene un fenomeno impresariale: nasce con tale evento quello che oggi chiamiamo lo show business, perché nel giro di pochi anni l’opera a Venezia finirà per occupare quello spazio ricreativo e culturale che al giorno d’oggi è occupato dal cinema. Non è solo un mutamento socio/economico: è soprattutto una rivoluzione stilistica, sia poetica che musicale. L’opera di corte (pensiamo all’Orfeo di Monteverdi, l’apice della categoria) era aulica, legata più alla poesia pastorale che al teatro in senso stretto; i personaggi non interagivano, dialogavano solo raramente e per lo più narravano: basti pensare alla morte di Euridice nell’Orfeo, che non è “messa in scena”, ma soltanto raccontata. Il teatro impresariale scompiglia le carte sul tavolo: il committente non è più il mecenate, ma è il pubblico, e l’opera deve venire incontro alle esigenze dell’epoca, divenire “moderna”. Dalla poesia aulica si passa così al teatro in senso stretto: le trame divengono più ricche ed intricate, i personaggi interagiscono, dialogano, litigano, si amano e disamano, muoiono in scena… e soprattutto “cantano”. In altre parole: se l’atmosfera aulica delle corti prediligeva il recitar cantando, disdegnando il canto strofico in quanto “volgare”, il pubblico al contrario inizia a richiedere le arie strofiche, più “orecchiabili”. Il cambiamento è talmente drammatico che Lorenzo Bianconi, nel suo libro sul Seicento musicale, scrive più o meno che una qualsiasi opera impresariale del ‘600 è più lontana dall’Orfeo di Monteverdi di quanto non lo sia da un’opera ottocentesca.
Orbene: Monteverdi appartiene in tutto e per tutto alla temperie culturale antecedente al 1637, e sono di tale epoca i problemi musicali da lui sollevati e le rivoluzioni da lui operate, come la differenza tra prima, seconda e terza prattica o la nascita e lo sviluppo dei madrigali rappresentativi. Cavalli, invece, che esordisce nel teatro d’opera nel 1639, è il dominatore assoluto del ventennio successivo e la sua estetica, le sue intuizioni e la sua ricerca stilistica appartengono in pieno al contesto culturale del teatro impresariale. E’ vero che esistono due opere di Monteverdi (o presunte tali) successive al 1637, ma una (Il Ritorno di Ulisse in patria del 1641) è opera ricca di eccellenti momenti, ma tutto sommato diseguale, che poco rappresenta la genialità del suo autore, che per me emerge soprattutto, oltre che nell’Orfeo, nei Vespri e nei madrigali rappresentativi… mente per quanto concerne l’altra (L’incoronazione di Poppea) bisognerebbe indagare davvero per sapere chi l’abbia davvero composta: nessuna, dico nessuna cronaca o testimonianza coeva associa il nome di Monteverdi a tale opera, il che è strano, dato che delle opere di tali anni abbiamo magari perso i manoscritti, ma conosciamo benissimo tutti gli autori. Monteverdi era il compositore più glorioso tra i viventi ed il suo nome era più che noto: se l’Incoronazione di Poppea fosse stata sua, le cronache lo avrebbero evidenziato. Per chi non lo sapesse, il primo autore ad aver associato il nome di Monteverdi all’l’Incoronazione di Poppea è tale Cristoforo Ivanovich, un dalmata trasferitosi in laguna nel 1650… dunque 8 anni dopo l’esecuzione dell’opera, che nel suo scritto del 1681 (39 anni dopo) intitolato "Minerva al Tavolino... trascorso istorico di Cristoforo Ivanovich" elenca alcune delle principali opere eseguite a Venezia nei decenni trascorsi, attribuendo per l’appunto l’Incoronazione di Poppea a Monteverdi. Ma un’analisi critica del testo di Ivanovich ha fatto scoprire almeno 7 altri casi in cui l’autore sbaglia completamente l’accostamento tra opera ed autore… un testimone, quindi, tardivo, assente all'epoca dell’esecuzione e spesso infedele. Io vedo la questione non da appassionato di musica, ma da lettore di romanzi noir: attribuire l’Incoronazione di Poppea a Monteverdi è come pensare che il colpevole sia sempre il maggiordomo. Non esistono prove a sostegno di tale attribuzione (e se qualcuno di voi ne è a conoscenza, le tiri fuori…) ed esistono degli indizi di contorno che rendono ancora più difficile attribuire l’Incoronazione di Poppea a Monteverdi. Il primo è la presenza del duetto finale “pur ti miro, pur ti godo”, che appartiene ad un’opera antedente, il Pastor Regio di Benedetto Ferrari, rappresentato a Bologna nel 1641. Il secondo è la presenza di un soprano nella parte di Nerone, fatto lontanissimo dal mondo estetico di Monteverdi, che scrisse nel 1616 “... mosse l'Arianna per essere donna et mosse parimente Orfeo per essere omo..”. Il terzo è di buon senso artistico: cosa c’entra l’Incoronazione di Poppea con il resto della produzione di Monteverdi? Quali analogie presenta? Qualcuno sostiene che fosse un “prodotto di bottega” sotto la supervisione di Monteverdi, ma all’epoca le botteghe esistevano tra i pittori, non tra i musicisti. Molto più probabile che sia un prodotto a più mani e che l’autore (o gli autori) sia rimasto oscuro perché all’epoca veniva evidenziato in maggior misura il nome del librettista. Tra le mani che di sicuro operarono nell’Incoronazione di Poppea, due possiamo riconoscerle senza dubbio: Benedetto Ferrari, non foss’altro che per il duetto finale, e Francesco Cavalli, che infatti – quando una decina d’anni dopo l’esecuzione veneziana, l’opera fu data a Napoli – venne incaricato della revisione della partitura. Non è un caso che uno dei manoscritti superstiti di quest’opera sia stato rinvenuto a suo tempo nella biblioteca personale di Cavalli e che qualche studio recente (di cui purtroppo ho dimenticato la fonte) attribuisce a Cavalli con una buona dose di certezza quasi tutto il 3° atto. Comunque l’attribuzione dell’ Incoronazione di Poppea a Monteverdi, per quanto sia quasi certamente un falso storico, è servita quanto meno ad attirare l’attenzione nei confronti dell’opera veneziana del ‘600, aprendo di fatto la strada anche alla riscoperta di Cavalli.

Tutto questo per dire che Monteverdi e Cavalli sono sì contigui dal punto di vista storico, ma distanti come contesto culturale e che quando si cita l'Incoronazione di Poppea cercando analogie e differenze tra Monteverdi e Cavalli, esiste una buona percentuale di probabilità che si stia confrontando Cavalli con Cavalli :D . L’esecuzione di Monteverdi (del Monteverdi sicuro) dovrà sempre tenere conto delle esigenze legate all’estetica del madrigale rappresentativo (quindi meno attenzione alla battuta e più attenzione alla mobilità del linguaggio) mentre l’esecuzione di Cavalli dovrà tenere conto delle esigenze di cantabilità e dell'erotismo, che è parte essenziale della sua estetica. Inoltre, dato che le partiture delle opere veneziane sono largamente incomplete, molto dovrà essere lo spazio per l’improvvisazione, a patto che essa sia di buon gusto.

E veniamo ai direttori… e lo facciamo iniziando da una chicca storica. Lo sapete che la prima opera di Cavalli messa in scena in forma integrale in epoca moderna fu la Didone? Correva l’anno 1950, credo, ed il direttore era niente di meno che Carlo Maria Giulini.
Ma si tratta di “preistoria”: il primo direttore a mettere in scena con una certa frequenza le opere di Cavalli fu Raymond Leppard, che tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80 diede vita alla Calisto, all’Ormindo e all’Egisto. Ma si tratta di “arrangiamenti” più che di esecuzioni fedeli: Leppard, che era anche compositore di colonne sonore, trascrisse le opere per grande orchestra sinfonica, rispettandone poco lo spirito. Tuttavia, per strano che possa apparire, i suoi risultati sono suggestivi e – fatta la tara sulla questione stilistica – finiscono per essere appetibili. Storica è la sua incisione della Calisto con la Baker, la Cotrubas e Bowman e molto interessante è un DVD in stereo, reperibile nei siti bootleg, con l’Egisto, in cui spicca Della Jones. Lo stile “leppardiano” lo ritroviamo in pieni anni 2000 niente di meno che in Zedda, che ha inciso Gli amori di Apollo e Dafne con grande orchestra… ma, nella medesima opera, è preferibile Garrido.

Poi venne Renè Jacobs, che incise nell’ordine Xerse, Giasone e la Calisto (quest’ultima anche in DVD). All’epoca (tra il 1985 e il 1996) la sua apparve come una rivoluzione, ma l’uso di un’orchestra sovradimensionata e di tanti apporti estranei, come l’uso di interludi strumentali di altri autori, ce lo fanno ormai apparire come più vicino a Leppard che ai nuovi direttori. Si tratta comunque di bellissime edizioni soprattutto dal punto di vista del senso drammatico, in cui Jacobs fa letteralmente miracoli, se si pensa che siamo di fronte ad esecuzioni pionieristiche. Oltre al DVD della Calisto, che è ancora godibilissimo, è ancora molto bello il suo storico Giasone, nel quale brilla la stella di Gloria Banditelli nella parte di Medea, recentemente ristampato dalla Harmonia Mundi France. In teatro Jacobs ha anche eseguito, nel 2004, un acclamato Eliogabalo, mai pubblicato in DVD anche se ne esistono le riprese filmate. Io posseggo un bootleg in solo audio, ma mi sembra che – rispetto a quanto ottenuto più recentemente da altri direttori – il risultato mostri un po’ la corda ed appaia tutto sommato datato.
Tra i direttori attuali, ho già detto del primato di Garcia Alarcon: imperdibile il suo DVD con l’Elena di Aix-En-Provence, che ci immerge in un universo incantato e sensuale a tutt’oggi inaudito nelle esecuzioni cavalliane.
Sconsigliabile Fabio Biondi, che pure in Alessandro Scarlatti ed in Vivaldi è a dir poco straordinario: la sua Didone in DVD, che pure fruisce di un’ottima compagna di canto, è corretta dal punto di vista dell’organico strumentale ridotto ed intimo, ma inerte dal punto di vista drammatico… e addirittura in alcuni momenti della partitura Biondi sceglie (con decisione per me imperscrutabile) di trasformare in “parlato” alcune battute di recitativo. Un po’ meglio vanno le cose con il suo DVD con la Virtù de’ strali d’Amore, ma nulla di eccezionale in ogni caso.
William Christie una sola volta si è approcciato a Cavalli, con la Didone fortunatamente registrata in DVD. Eccezionale! Christie coglie in pieno l’aspetto tragico dell’opera (forse la più tragica di tutto il teatro veneziano del ‘600), ed offre un’esecuzione viva, vibratile, ricca di sfumature. Oltretutto si tratta di un'edizione dominata dalla Didone di Anna Bonitatibus, davvero regale, tragica ed altera. Una cantante che da sola vale l'acquisto!
Un altro illustre personaggio ha accostato Cavalli con ottimi risultati: Federico Maria Sardelli, il cui DVD con il Giasone è imperdibile. Ogni tanto, come suo solito, Sardelli indulge un po’ troppo nel vizio dello staccato, ma il risultato è vivo e godibilissimo.
Anche Ivor Bolton ha eseguito più volte Cavalli: purtroppo non esistono testimonianze ufficiali registrate della sua Calisto, ma esiste il DVD con l’Ercole Amante, che ci mostra un Cavalli diverso dal solito, eseguito con una certa dose di urticante ruvidità e con un orchestra (l’eccellente Concerto Koln) un po’ più sovradimensionata dal solito, ma stavolta con scelta legittima, dato che l’opera fu data a Parigi in onore di Luigi XIV e l’orchestra era quella lulliana, più sontuosa dei piccoli gruppi strumentali usati a Venezia all’epoca. Anche in questo caso, scelta consigliatissima ed almeno un paio di cantanti "da urlo", ossia Luca Pisaroni nel ruolo di Ercole ed ancora Anna Bonitatibus nel ruolo di Giunone
Non dimenticherei Antonio Florio, che incise una Statira di Cavalli molto bella, purtroppo fuori catalogo, con accompagnamenti poco fantasiosi ma di buon livello e soprattutto con ottimi cantanti: siamo sui livelli del Cavina di Artemisia.
Esiste anche un'incisione dell'Ormindo diretta dal francese Jerome Correas, ma è buona senza brillare e soprattutto presenta cantanti tutti francesi, che faticano un po' a realizzare in modo corretto la fusione tra testo e musica.
Citerei la Rosinda diretta da Mike Fentross, un CD dal vivo con ottimi cantanti. Inizia in maniera entusiasmante dal punto di vista del fraseggio e delle scelte, ma poi si perde per strada diventando monotona. Un'occasione tutto sommato perduta.
Da evitare come la peste l’Eliogabalo inciso in CD dal vivo da Antonio Solci (direttore a me sconosciuto fino ad allora). Pochissima fantasia, cantanti mediamente pessimi e tanta noia.
Mi scuso per la lunghezza, sperando di essere stato esaustivo.

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » ven 04 dic 2015, 13:49

Bellissimo post, Giuseppe.
Ma, salvo mie sviste, hai tralasciato proprio il buon Cavina, cui avevi fatto precedentemente cenno su mio stimolo. Cosa ne pensi del suo approccio?
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » ven 04 dic 2015, 13:53

pbagnoli ha scritto:Bellissimo post, Giuseppe.
Ma, salvo mie sviste, hai tralasciato proprio il buon Cavina, cui avevi fatto precedentemente cenno su mio stimolo. Cosa ne pensi del suo approccio?


Cavina? Ottimo, anche se con lui mi manca un po' l'incanto sensuale. Avrei preferito poi una compagnia di canto un po' meno diseguale. Eccellente però l'apporto di Roberta Mameli nel ruolo di Artemia, sorella di Artemisia. Serebbe bello comunque se Cavina si riaccostasse a Cavalli: in un primo momento si era detto che Artemisia sarebbe stato il primo passo di un "Cavalli project" che purtroppo si è arenato, a quel che sembra....

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » ven 04 dic 2015, 14:03

Perdona qualche altra domanda, ma l'argomento mi sembra di eccezionale interesse.
Cos'hai da raccontarci sulle composizioni sacre di Cavalli?
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda Don Giuseppe » ven 04 dic 2015, 14:27

pbagnoli ha scritto:Perdona qualche altra domanda, ma l'argomento mi sembra di eccezionale interesse.
Cos'hai da raccontarci sulle composizioni sacre di Cavalli?


Dato che sono più attratto dal mondo dell'opera che dalla musica sacra, non le conosco tutte, a parte la Messa Concertata, qualche Vespro ed i 5 Magnificat. Ma, da quel poco che conosco, mi sembra che nella maggior parte dei casi Cavalli tenda ad essere, nel campo del sacro, un po' più conservatore che nell'ambito operistico. Cosicché in linea di massima viene meno la distanza concettuale da Monteverdi che emerge in campo profano.
Ma esistono delle eccezioni: ad esempio, il suo Magnificat di maggiori dimensioni, quello ad 8 voci dalle Musiche Sacre del 1656, è un capolavoro assoluto e di grande modernità, tra i maggiori della musica sacra del '600. E' un opera di passaggio tra lo stile antico dei cori battenti veneziani ed il futuro fino a Vivaldi, perché - proprio come nel barocco maturo - si fonda sulla giustapposizione tra versetti composti in stile cantabile, quasi delle arie operistiche seppure a più voci, ed altri in purissimo stile fugato. Tra questi ultimi è davvero stupefacente la fuga a 12 voci sul versetto "Esurientes implevit bonis". Un Magnificat da conoscere a tutti i costi, che consiglierei nell'edizione della Dynamic eseguita dall'Ensemble La Pifarescha ed il Coro Monteverdi diretti da Bruno Gini. A riprova di come non tutto il Cavalli sacro sia così eccelso, va notato come 3 dei Magnificat contenuti nel disco siano piuttosto laconici e di stampo prettamente liturgico, privi dell'impegno compositivo dei capolavori.
Altro capolavoro imperdibile è la Messa Concertata, che spicca per l'originalità di molte scelte, tra le quali sottolineerei l'etereo Agnus Dei, dove Cavalli instilla un tocco di moderna cantabilità in un calco palestriniano. Ne esistono molte edizioni: io ho quella diretta da Peter Holman per la Hyperion, molto bella e trasparente, ma non escluderei che altre edizioni possano essere ancora migliori.

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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » sab 05 dic 2015, 13:27

A integrazione di quanto raccontato da Giuseppe, ecco un'intervista a Leonardo Garcia Alarcòn.
Personalmente la trovo di notevolissimo interesse!
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » sab 05 dic 2015, 13:31

Ed ecco Mariana Flores, che trovo bravissima:
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Re: Heroines of the Venetian Baroque (Cavalli)

Messaggioda pbagnoli » sab 05 dic 2015, 13:35

Ed ecco Cavina:
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