Non ho alcuna competenza musicologica, io sono di quelli che vanno a "mi piace/non mi piace", perciò non aspettatevi una recensione.
In più, Didone ed Enea la conoscevo per averla sentita qualche volta per radio o su youtube, e non l'avevo mai vista a teatro, quindi qui il principio "mi piace/non mi piace" è l'unico metro di giudizio.
E l'impressione è: mi è piaciuta molto.
Scenicamente, un bell'allestimento ingegnoso, con pochi pezzi a cui è l'elemento umano a dare senso e funzione: due rocce che, unite o divise diventano porta degli inferi, bosco, reggia, scoglio; la prua di una nave, e teli a far da flutti e mare. Nella scena finale, la gonna di Didone diventa mare nel quale lei scompare. Bell'effetto, un po' guastato dalla difficoltà della cantante nello sciogliere il gancetto apposito e a far passare il braccio nel buco, ma era la prima e magari andrà meglio alle prossime recite...
Regia e scene affidate a due ex allievi di Marcel Marceau, e si vede, con ampio uso di mimi, acrobati e contorsionisti bravissimi, che finiscono per rubare la scena (meritatamente). Cosa che non si applica alle danze: pur crono-coreograficamente pertinenti e/o decisamente organiche all'opera, erano affidate a danzatrici di non sconvolgente talento. Peccato.
Insomma, uno spettacolo barocco in senso positivo, con quel pizzico di astrazione che all'opera barocca si applica benissimo, a quella ottocentesca assai meno.
Musica. Mi è piaciuta la direzione, che ho trovato fresca e comunicativa ma senza sbracare, e davvero ottimi coro e orchestra.
Gli interpreti. Da molto bravi a eccellenti, con due eccezioni.
Molto bravi il controtenore, le streghe/sirene e la seconda voce femminile (non ricordo i nomi). Eccellenti e giustamente premiati con un'ovazione del pubblico Roberta Mameli (Belinda) e Carlo Allemano nel doppio ruolo di marinaio e di Sorceress, che però qui diventa una specie di uomo-piovra un po' alla Davy Jones di Pirates of the Caribbean e rivela anche ottime doti di mimo oltre che di comic relief.
Le due eccezioni sono i protagonisti: Benedict Nelson non mi ha impressionata né nel bene né nel male, anche se verso la fine ha preso un po' vita, mentre Roberta Invernizzi, a parte qualche trascurabile magagnetta linguistica, non mi ha convinta neppure un po' né vocalmente, con agilità poco definite e voce non particolarmente omogenea, un paio di note basse degne di un camallo col raffreddore e un "Away!" parlato che faceva più Santuzza che la regina di Cartagine. Né dal punto di vista interpretativo, sul quale mi è parsa inesistente, riuscendo infine a rendere piatta e inespressiva perfino When I am Laid in Earth, cioè una delle arie più compostamente e regalmente struggenti che il genio umano abbia prodotto.
Entrambi i protagonisti, poi, nonostante non siano né anziani né corpulenti, né fossero ostacolati da costumi o calzature proibitivi, avevano scarsissima presenza scenica ed apparivano inspiegabilmente impacciati e insicuri nei movimenti loro richiesti, che non erano peraltro particolarmente complicati, tutt'al più si trattava di salire e scendere qualche gradino...
Just my two cents