Premessa: adesso, approfittando del fatto che sono forzatamente a casa in convalescenza, e tenuto conto che sono incattivito per tutto il dolore che sto provando in una zona molto delicata, darò la stura a un piccolo sfogo interiore, con la preghiera che nessuno - cominciare da Marco Vizzardelli - si senta chiamato in causa o offeso. Prendo solo lo spunto, perché questa ruffianata della riproposizione dello spettacolo di cinquant'anni fa, è una cosa che non mi va proprio giù.
Chiedo scusa: non ho visto lo spettacolo né ho nessuna intenzione di vederlo. Di Aide come queste, archeologiche o più o meno contemporanee, ne ho piene le bisacce.
Con tutto il rispetto per la gloriosa scenografia (perché di questo si dovrebbe parlare, NON di regia), qual'è lo scopo di un'operazione tanto sciocca?
Far vedere, confermare che quella del 2006 era una pacchianata inutile, tanto più avendo in soffitta uno spettacolo che, volendo, funzionava già bene? Di vecchi allestimenti di Zeffirelli funzionanti ce ne sono: prendiamo per esempio la Bohème.
E invece, l'ineffabile dirigenza della Scala è solo riuscita a dimostrare che Oksana Dyka canta peggio di chi la precedette sullo stesso palcoscenico quasi cinquant'anni fa. Mi spiace: io non sbatto via i miei soldi né perdo il mio tempo. Di Aide di Zeffirelli sono già sazio e quella del 2006, kitsch in un modo per me insopportabile e assemblata - quanto a cantanti - come peggio non si sarebbe potuto, credo anche peggio di questa.
Abbiamo già detto che questo è un modo sbagliato di allestire opere italiane.
Abbiamo già manifestato le nostre perplessità su queste strane idee di Lissner nella gestione del grande repertorio.
Ora, se la presenza fissa di cantanti di medio livello come la Dyka fa pensare che la Scala voglia cercare di allestire una propria "compagnia fissa", c'è da rilevare che non puoi dare in pasto questi cantanti alla solita orda di gente che ti aspetta col mitra spianato perché i cantanti di oggi non sono quelli di ieri.
Se decidi di allestire Aida, opera mesmerizzante e nazional-popolare:
devi chiamare i cantanti di rilievo. Ce ne sono. Altrimenti non fai Aida e, se vuoi stare a Verdi, fai piuttosto Macbeth o Simon Boccanegra, opere meno comprensibili alla torma che si nutre traviaterigolettitrovatori. Un Macbeth non all'altezza il melomane medio te lo perdonerà: tanto, per lo più non lo capisce. Un'Aida senza le voci grosse così, no, perché la tradizione di Aida si è formata anche e soprattutto nelle grandi arene, dove andava bene anche un Beccaria, bastava che urlasse a pieni polmoni ma tanto riempiva il teatro...
devi darla a un regista vero. E questo, tanto per essere chiari, esclude gente come Tcherniakov, e proprio per gli stessi motivi che ho detto prima. La gente si lamenta, ma in Aida si aspetta le sfingi, i cavalli, i cammelli, gli elefanti, i nani e le ballerine
E qui apro un ulteriore inciso: se i due moderatori di questo forum non fossero le chiaviche che invece sono, vi racconterebbero che sono andati a Amsterdam a vedere uno spettacolo epocale, il
Kitezh di Rimsky Korsakov, con la regia di Tcherniakov, spettacolo - tra l'altro - coprodotto anche dalla Scala.
Spettacolo epocale, di cui non sentite parlare da nessuna parte in Italia (nemmeno qui, a quanto sembra), perché è molto più comodo occuparsi dell'ennesima Aida di Zeffirelli andata a puttane: è più vicina a casa e ci si mette molto meno tempo.
Se alla Scala fossero furbi, affiderebbero al debutto di Tcherniakov proprio uno spettacolo del genere.
Invece no: la Traviata. L'opera che chiunque conosce a memoria. Quella del Brindisi che viene ritmato dagli applausi degli spettatori di Capodanno che a Venezia pensano di essere nella sala d'oro degli amici della musica di Vienna. L'opera nella quale contestarono persino Luchino Visconti perché aveva fatto togliere le scarpe alla Callas!
Muti - che era immensamente più scaltro - la fece fare alla Cavani che fece uno spettacolo pieno di crinoline, stucchi, frac e tappezzerie, talmente didascalico da far arrossire persino Francesco Maria Piave! E questo gli permise di far passare il cast dei giovani, che altrimenti non sarebbe mai passato: potete scommetterci gli zebedei.
Dare la Traviata a Tcherniakov vuol dire mettere sulla graticola la candidata-Violetta (se non sbaglio, la Damrau) e bruciare sulla piazza di Milano uno dei più geniali registi attuali.
Perché non introdurlo proprio con
Kitezh? O con
Khovanshchina?
Ci sarebbe anche uno splendido
Don Giovanni, ma temo che sia un po' troppo difficile per le capacita medie di comprendonio di quelli che la sanno lunga, per cui mi limiterei alle prime due. O, in alternativa, allo splendido spettacolo dei
Dialogues des Carmelites, ove la ggente accettò Carsen non tanto per la bellezza meravigliosa dello spettacolo (a tutt'oggi, il più bello cui abbia mai assistito), ma - sono convinto - per la mancanza di termini di paragone.
Ma Traviata no!
Piuttosto, se vogliamo proporre la Violetta della Damrau, meglio riproporre nomi più rassicuranti come Pizzi o Ronconi; o, al limite, la Cavani. Andranno bene per quelli che vogliono essere rassicurati