DVD HARDY VIDEO CLASSIC
“Elisir d'amore” di Donizetti
Firenze 2 luglio 1967
(Gavazzeni, Scotto, Bergonzi, Taddei, Cava)
Davvero un anno d'oro per i “fiorentini” quel lontano 1967 da cui è tratto questo stupefacente DVD della Hardy Classic.
Il Teatro Comunale infatti aveva rappresentato a maggio una Maria Stuarda di Donizetti con la “mitica” doppia performance di Leyla Gencer (Stuarda) e di Shirley Verret (Elisabetta), mentre a giugno vi era stato il debutto “italiano” di Montserrat Caballè nel Pirata di Bellini.
La terza proposta di luglio è quella ripresa da questo ottimo per qualità filmato RAI in bianco e nero che riproduce una recita di Elisir d'amore di Donizetti diretta da Gianandrea Gavazzeni.
Si tratta, è bene subito anticiparlo, di una esecuzione che non si fatica a definire “storica” e che verrà replicata l'anno successivo al Comunale di Bologna con la medesima coppia protagonista di cui esisteva una famosa registrazione pirata che non mi risulta sia mai stata trafusa in CD.
La “storicità” della esecuzione fortunatamente ripresa da questo imperdibile DVD sta non soltanto nella davvero elettrizzante e ispirata come non mai direzione di Gianandrea Gavazzeni da sempre (vd. Anna Bolena del 1957) tra gli interpreti più accreditati del “conterraneo” Donizetti, ma nell'invero sontuoso quartetto vocale riunito per la occasione.
Se mai vi fosse stato qualcuno pronto a sostenere contro ogni logica che la cd. opera buffa non richiederebbe necessariamente cantanti di spessore vocale “serio”, potendosi anche affidare capolavori del melodramma quali appunto Elisir, Barbiere, Don Pasquale et similia, a vocine striminzite o povere di colori e di accenti (tipo sopranini soubrette, tenorini leggeri, bassi moineschi) questo DVD ne fornisce la più eclatante delle definitive smentite.
La coppia di protagonisti vede quale Nemorino Carlo Bergonzi un tenore lirico spinto celebre per le sue raffigurazioni verdiane di Radames di Aida e di Alvaro della Forza del destino e Renata Scotto uno dei più talentuosi soprani lirici di agilità del dopoguerra che già a quei tempi era una straordinaria Traviata e Butterfly e che a breve avrebbe esteso il proprio repertorio a Straniera e Lombardi alla prima crociata e in seguito financo a Gioconda e Macbeth, notoriamente ruoli per soprano drammatico.
Quale coppia di cd. buffi troviamo il Belcore del baritono Giuseppe Taddei celebrato Scarpia, Rigoletto e Jago e futuro idolo assoluto alla Statsooper di Vienna, e il Dulcamara di Carlo Cava un basso profondo che avrebbe inciso ruoli come Zaccaria da Nabucco.
In pratica un cast vocale da piena opera verdiana altro che un cast di vocine leggere per un'operetta buffa e divertente da gustarsi tra quattro risate e qualche sottile acutino fuori ordinanza.
E infatti l'effetto è memorabile e Elisir opera in assoluto tra le vocalmente più bistrattate del melodramma riassurge così a vero e proprio capolavoro del melodramma come accade ogni qualvolta si affidano grandi opera a grandi cantanti e qui almeno due, ovvero i due protagonisti, sono non solo due grandi cantanti ma due assoluti fuoriclasse e per di più quella sera in autentico stato di grazia, cosa che si capisce sin da subito.
L'aria di sortita di Nemorino (quanto è bella) diventa nella accuratissima e magistrale esecuzione di Bergonzi una straordinaria romanza degna di un “Celeste Aida” o di un “La rivedrò nell'estasi” e la cadenza di chiusa è una vera e propria colonna di suono compatto con tanto di impeccabile smorzando di chiusa che al termine scatena una giusta ovazione nel pubblico presente.
Passa la inquadratura sulla Adina della Scotto la quale già nell'avvio del recitativo di presentazione realizza appieno tutte le diverse corde emotive del personaggio (una giovane ragazza femminile e civettuola ma non certo petulante o querula) ricorrendo a finezze di fraseggio da scuola imperitura, basti sentire come accenna quella risatina nervosa prima del malizioso "benedette queste carte" che scandisce leggermente scurendo il timbro di natura più chiaro o a come indugia leggermente sulla "u" di "fortuna" per poi, dopo leggera pausa, recuperare l'attacco morbido della "crudel isotta" per la successiva aria che conduce con una arte del legato che fa sembrare la sua voce un vero e proprio violoncello e che chiude da grande virtuosa ma di grande effetto espressivo, insomma la Scotto si conferma la più grande maestra del canto di conversazione dopo la Callas e una delle migliori fraseggiatrici della intera storia dell'opera.
Inutile dire cosa riescono poi a creare due voci del genere nel solitamente “stucchevole” duettone "chiedi all'aura" quando i due finalmente si incontrano, al punto che non faccio mistero di non avere mai udito quell'abusato duetto valorizzato in siffatta maniera.
Ma anche il Belcore di Taddei acquista una rilevanza tutta nuova perchè il legato impeccabile di un baritono di stampo verdiano assistito dalla giusta tecnica al servizio di una voce di una certa caratura, consente la piena valorizzazione di alcuni momenti di canto spianato di grande presa quali l'aria di entrata "Come Paride vezzoso" e soprattutto quel meraviglioso duetto con Nemorino "Venti scudi, Ho ingaggiato il mio rivale" del secondo atto che nella intepretazione di Bergonzi e di Taddei diventa una sorta di "Invano Alvaro" dalla Forza di Verdi in stile primo-ottocento, ovvero l'invettiva rabbiosa del primo atto "va via buffone", dove finalmente si sfidano e si giocano alla pari l'amore di Adina due uomini fatti e finiti e non due maschere da avanspettacolo, mentre il terzetto del primo atto “intanto o mia ragazza” è in assoluto il più vocalmente teatrale che mi sia capitato di vedere e sentire.
Anche il basso Cava realizza ottimamente il fondamentale ruolo di Dulcamara (magari sospinto nel grande duettone del secondo atto dalla incredibile verve del "Una tenera occhiatina" di una scatenata Scotto) anche se magari il suo sillabato così contenuto e sobrio fa talvolta rimpiangere la vis comica ed irresistibile di un Dara o l'intimo afflato di un Bruscantini, ma non dimentichiamo che Elisir è opera anche dai grandi concertati di insieme su una orchestra che ha dei crescendo quasi rossiniani, e così sentire i due finali di atto sostenuti da quattro voci così piene e timbrate finisce con l'essere la migliore delle risposte teatrali alle notevoli sollecitazioni di Gavazzeni che infatti mostra per primo un certo qual compiacimento a quanto gli sta accadendo di condurre.
Quanto poi riescano davvero sensazionali alcuni momenti dolenti e straziati dell'opera (in quei momenti assai poco buffa....) come "Adina credimi" o le due malinconiche arie finali riservate ai due protagonisti "una furtiva lagrima" e "Prendi per me sei libero" con due calibri come Bergonzi e la Scotto di allora lo lascio alla vostra immaginazione, aggiungo solo che l'aria finale della Scotto è talmente bella e struggente che si perdona il sacrilego taglio dell'allegro "il mio rigor dimentica" di certo non attribuibili a sue supposte carenze vocali (infatti l'anno dopo a Bologna il taglio viene riaperto).
Insomma e in conclusione esistono in CD e anche in DVD tanti Elisir d'amore alcuni dei quali anche notevoli, ma questo del maggio musicale fiorentino del 1967 non credo possa essere in alcun modo superato e così delle tre straordinarie poposte di quel maggio 1967 la meno accreditata sulla carta finisce, e mi costa dirlo.... con l'essere addirittura la più memorabile.
P.S: Del resto anche prima di questa grandiosa conferma le avvisaglie che per realizzare a dovere un'opera come Elisir d'amore fosse preferibile ricorrere a voci piene e ricche di armonici piuttosto che ai soliti tenorini di grazia o sopranini di coloratura c'erano tutte, giacchè è pur vero che i più celebrati Nemorini del dopoguerra si chiamano Giuseppe Di Stefano o Luciano Pavarotti (perchè il "Venti scudi" o il "volo tosto" accennati da voci sbiancatelle perdono gran parte del loro significato), e così pure le tante Adine cimentatesi nella parte non han certo raggiunto i vertici di una Freni o di una Sutherland (in disco) e ancora è stato proprio nella parte di Blecore che il nostrano Leo Nucci, da tempo applaudito applaudito Rigoletto, ha realizzato una delle sue prove più apprezzate.