Vanessa di Samuel Barber

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Vanessa di Samuel Barber

Messaggioda VGobbi » mar 30 dic 2014, 18:42

Ispirato dal thread aperto dall'esimio Flipperin sul lutulento racconto di Elena (Mefistofele) :twisted: , ho voluto aprire l'argomento sul lavoro più noto del compositore americano Barber, libretto di Menotti.

La parte principale del titolo fu proposta niente po' di meno che alla Callas, la quale rifiuto', si dice per l'importanza relativa della protagonista (Vanessa appunto), rispetto al personaggio secondario (ma ben più interessante di Erika).

Qualcuno di voi l'ha mai ascoltata? Io so che esiste un live dal Met con un cast semplicemente pauroso, sia chi stava in scena (Steber, Resnik, Elias, Gedda e Tozzi!!!), sia in buca (niente po' di meno che Mitropoulos).

P.s.: mi sono accorto di aver sbagliato a scrivere il titolo del thread (Sanuel anziche' Samuel). Qualcuno può correggere? :oops: Grazie!
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Re: Vanessa di Sanuel Barber

Messaggioda mattioli » mar 30 dic 2014, 19:02

E' la registrazione della prima assoluta, al Met nel '58.
Io però non l'ho mai ascoltata... :oops:
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Re: Vanessa di Samuel Barber

Messaggioda DottorMalatesta » mar 30 dic 2014, 19:50

VGobbi ha scritto:P.s.: mi sono accorto di aver sbagliato a scrivere il titolo del thread (Sanuel anziche' Samuel). Qualcuno può correggere? :oops: Grazie!


Corressi.

Opera di cui conosco solo il titolo :oops:

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Re: Vanessa di Samuel Barber

Messaggioda fadecas » mer 31 dic 2014, 13:32

Conosco l’edizione citata da Vittorio nella ripresa della prima newyorkese fatta, nello stesso anno e con i medesimi interpreti, al Festival di Salisburgo.
Non segna certo una pietra miliare nella storia della musica né del melodramma, questa Vanessa, però io l’ho da tempo scoperta come un’opera godibilissima, proprio in virtù del suo fascino “demodé” in piena seconda metà del ‘900 (la prima rappresentazione, infatti, è del 1958).
Trovo anzitutto abbastanza singolare la sua matrice di pièce teatrale di ambientazione aristocratico-decadente alla Cehov ,con qualche occhieggiamento ai conflitti psicologici intrafamiliari focalizzati sui situazioni a triangolo con due forti presenze femminili a confronto che dominano la drammaturgia di Ibsen e di Strindberg, o magari vicina a certi film del migliore Bergman - atmosfere crepuscolari,le ambiguità emotive sospese e mai pienamente messe a fuoco all’interno del triangolo Vanessa/Erika/Anatol, fra i quali aleggia un perpetuo non-detto simboleggiato dall’ostinato e pressoché costante “silenzio” della severa figura della nonna, il cui rifiuto a commentare i drammi dei “giovani” suona come interdizione e censura delle tortuosità sentimentali sia della figlia Vanessa che della nipote Erika. Accanto a queste componenti, azzeccati anche i personaggi nostalgico-grotteschi di contorno, come il fedele medico di famiglia o il maggiordomo che apre e chiude l’opera nella grande casa familiare isolata dal mondo, che sembrano entrambi provenire idealmente dal palcoscenico del Giardino dei ciliegi …
Pur mancando della zampata del leone, la musica di Barber, nel suo solido impianto di ascendenza “menottiana” (evidente è la matrice del compositore del Console, a sua volta di derivazione genericamente primo novecentesca, fra Puccini, Strauss e la giovane scuola) fa da colonna sonora efficace allo snodarsi delle situazioni, risolte sempre con ritmo teatrale ben sostenuto, e tutt’altro che “lutulento” (!) - anche per un sapiente impiego contrappuntistico delle musiche esterne fuori scena (ballabili, corali ecc.) nel sottolineare alcune svolte più drammatiche della vicenda (penso soprattutto all’episodio del terzo atto nel tentato suicidio di Erika sullo sfondo dei festeggiamenti per il fidanzamento di Vanessa e di Anatol).
Con un picco di genialità nella scena conclusiva del IV atto, decisamente il migliore, dove il lungo quintetto di ascendenza straussiana con cui i personaggi commentano amaramente il momento dell’addio di Vanessa e Anatol dalla casa natia sospende e dilata il tempo dell’azione in una lunga pausa di ripiegamento malinconico, preludendo alla svolta involutiva del finale, quando Erika decide di ripiegarsi a ripetere quasi coattivamente la scelta che aveva compiuto Vanessa nei vent’anni precedenti al primo atto, quella di recludersi al mondo e di attendere chiusa in sé stessa il ritorno della persona amata e non corrisposta.
Quanto alle interpreti femminili, credo che nel ’58 difficilmente si sarebbero potuto trovare due cantanti/attrici migliori di Eleanor Steber e di Rosalind Elias per i rispettivi ruoli, se non attingendo forse a qualche interprete della scuderia “menottiana” (penso in particolare a Clara Petrella, che avrebbe potuto ben sostenere con la sua scabra teatralità il ruolo conversativo ma anche pieno di asperità drammatiche di Vanessa) mentre ho delle piccole riserve su Nicolai Gedda , troppo elegantemente belcantista per un ruolo che, nella sua leggerezza, si gioverebbe di una fatuità un po’ più guascona, anche se forse è il più sacrificato e il meno approfondito dall’autore fra quelli protagonistici.
Per finire, una curiosità che mi proviene da cimeli teatrali familiari: non conosco la fortuna di quest’opera, che mi risulta essere stata piuttosto limitata, però qualche anno dopo (nel 1961) essa venne eseguita in versione ritmica italiana al Verdi di Trieste, sempre con la regia di Menotti, la direzione di Franco Patanè, e il duo femminile di Ivana Tosini e della giovanissima e pucciniana Mietta Sighele. Anatol, invece, era il tenore Alvinio Misciano.
Saluti a tutti e buon anno, Fabrizio
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Re: Vanessa di Samuel Barber

Messaggioda DocFlipperino » mer 31 dic 2014, 14:28

grazie fabrizio delle bellissime note su Vanessa.
Credo che Barber sia la testimonianza più vivida di come il luogo di nascita e di vita influenzi anche l'arte.
Chi più di lui può rappresentare l'antitesi al musicista americano sperimentale, influenzato dal jazz e dalla cultura locale?
Nessuno infatti più di Barber ha incarnato il figlio della buona borghesia degli usa della costa orientale (Philadelphia e Boston, città a lui carissima). E ovviamente solo lui poteva assumere il ruolo di "continuatore musicale" nel nuovo mondo della cultura straussiana, ed anche pucciniana i cui echi sono avvertibili in tutte le composizioni.
Ovviamente non è un giudizio di merito, anzi. Le arcate melodiche delle sue composizioni sono affascinanti e sensuali, il celeberrimo "Adagio per archi" ha una struggente malinconia "cinematografica" che non può non catturare e soggiogare.


Tornando strettamente in argomento, come diceva Fabrizio, la prima di Vanessa risale al 1958, Met Opera House con la bacchetta di Dimitri Mitropoulos.
Nel cast Eleonor Steber (che sostituì Sena Jurinac poche settimane prima della première) nel ruolo di Vanessa, Rosalind Elias in Erika, Regina Resnik nel ruolo della Vecchia Baronessa e Nicolai Gedda in quello di Anatol.

Al mezzosoprano è affidata la prima vera aria: "must the winter come so soon"


Ricordiamo poi l' aria della protagonista del primo atto "Do not utter a word, Anatol" quando Vanessa crede di incontrare l'Anatol amato vent'anni prima


Anatol racconta ad Erika il suo pensiero sulla vita: "outside this house the world has changed"


Mitropoulos, grande estimatore e sponsor dell'opera, esalta le linee melodiche dell'intermezzo


Il quintetto è davvero una reminiscenza straussiana:


Insomma un'opera che probabilmente non merita l'oblio europeo. se però cercate qui - come un po' tutto Barber - la musica del novecento americano, avete sbagliato indirizzo
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Re: Vanessa di Samuel Barber

Messaggioda VGobbi » mer 31 dic 2014, 21:36

Gli spunti interessantissimi proposti da Fabrizio (e scritti con una prosa di linearità e facilità di comprensione stupefacente, anche quando si parla di argomenti di non facile lettura) ed i clip audio del grande Flipperin, rendono più avvincente questo lavoro, che non è sicuramente un capolavoro ma non merita decisamente l'oblio.

Grazie a Spotify ho ascoltato più volte l'opera. Francamente, più che della parte vocale, sono rimasto decisamente affascinato dallo strumentale, complice un Mitropoulos ispirato, che ha davvero reminiscenze di certo Puccini ma sopra tutto Strauss. Bello ad esempio l'interludio orchestrale che chiude il secondo atto.

Comunque con un cast del genere, avrebbe aiutato molto la presenza del video.
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